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Il destinatario della nomina e l’attività da svolgere

5. Il coordinatore genitoriale

5.3. Il destinatario della nomina e l’attività da svolgere

L’esperto che viene nominato come coordinatore genitoriale, sia in fase endoprocessuale che con il provvedimento conclusivo del procedimento, non integra una nuova figura professionale in senso stretto, ma bensì una diversa attività di supporto alla co-genitorialità in situazioni di elevata conflittualità, con il

161 Danovi, Il coordinatore genitoriale: una nuova risorsa nella crisi della famiglia, Giuffrè, Milano, pag. 798.

162Gorgoni, Filiazione e responsabilità genitoriale, Cedam, 2017, pag. 194.

163 A. La Spina, La coordinazione genitoriale quale tecnica di gestione del conflitto familiare, cit., pag. 32.

fine di affiancare le parti nella gestione del conflitto, nell’adempimento della responsabilità genitoriale in sede di affidamento condiviso.

L’attività di questo esperto appare corrispondente al profilo professionale di diverse figure quali psicologi, psichiatri, psicoterapeuti variamente specializzati, assistenti sociali, giuristi esperti nel settore della famiglia.

La scelta da parte dell’autorità giudiziaria dovrà ricadere su un professionista c.d. sanitario o su un assistente sociale, come spesso le stesse parti richiedono e i consulenti tecnici d’ufficio consigliano, su un giurista o su un soggetto con altra qualifica professionale, purché altamente competente nel settore di intervento, quale un esperto in mediazione familiare164.

Il ruolo del coordinatore genitoriale deve mantenersi autonomo e disgiunto dalle altre figure che a vario titolo partecipano, in modo da garantire la realizzazione del percorso intrapreso.

Se si volesse ritenere ipotizzabile la realizzazione di una nuova figura professionale, nel silenzio del legislatore, l’ordinamento non consentirebbe la predisposizione di un vero e proprio albo. Basta osservare come anche il mediatore familiare, il quale è espressamente menzionato in diverse disposizioni di legge165, non integra una figura professionale.

Tuttavia, è configurabile che il ricorso alla coordinazione genitoriale si diffonda nella prassi dei nostri tribunali, in quanto lo strumento è avvertito dalle coppie destinatarie dell’affidamento condiviso come una misura di sostegno a garanzia del rapporto che intercorre tra figlio e il genitore coaffidatario non collocatario. In queste ipotesi è frequente una richiesta di nomina della figura proveniente dal genitore stesso e ricorso alla coordinazione genitoriale pare rispondere ai solleciti giunti all’Italia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, in ordine alla necessità di

164 La nomina del coordinatore genitoriale è avvenuta su suggerimento del C.T.U. sia in Trib. Mantova, 5.5.2017, cit., sia in Trib. Milano, 29.7.2016, cit., e sia in Trib. Civitavecchia, 20.5.2015, cit., a favore di uno psicoterapeuta o un assistente sociale.

165 In particolare: l'art. 337 octies, comma 2°, cod. civ. autorizza il giudice a rinviare l'adozione del provvedimento con cui dispone l'affidamento della prole per consentire ai coniugi di tentare una mediazione mediante l'ausilio di esperti; l'art. 342-ter cod. civ. autorizza il giudice a disporre l'intervento di un centro di mediazione familiare al fine di ricostituire un rapporto fisiologico scevro da abusi dopo l'emissione di un ordine di protezione; l'art. 6, comma 3°, d.l. 12.9.2014, n. 132 (conv. in l. 10.11.2014, n. 162 - Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile) fa obbligo agli avvocati che assistano le parti nella procedura di negoziazione assistita di separazione, divorzio o modifica delle condizioni di separazione e divorzio, di informarle della possibilità di esperire la mediazione familiare; l'art. 4, lett.

disporre ogni misura idonea a garantire in modo effettivo il rapporto tra il genitore, anche non convivente, e i figli166.

Dall’analisi fino a qui condotta emerge la idoneità della coordinazione genitoriale ad assolvere una funzione deflattiva del contezioso giudiziario, ma non a costituire, in Italia, uno strumento di ADR in senso stretto.

Per potersi definire come strumento di risoluzione delle controversie alternativo al giudizio, l’atto conclusivo del procedimento di coordinazione genitoriale dovrebbe essere dotato di efficacia vincolante, tali da impedire alle stesse parti di invocare l’autorità giudiziaria per la risoluzione della stessa controversia definita in sede stragiudiziale con il sostegno del coordinatore genitoriale167.

La coordinazione genitoriale fuori dal processo e dopo la sua conclusione, seppure tecnicamente non osta ad un nuovo ricorso al tribunale, svolge un’incisiva funzione deflattiva, in quanto diretta a evitare che le parti si rivolgono frequentemente all’autorità giudiziaria, rimettendo ad essa, ex art. 709-ter, c.p.c., l risoluzione di controversie relative a decisioni da assumere nell’esercizio della responsabilità genitoriale.

In questo senso, il coordinatore si presenta come una figura di supporto alla famiglia e quindi può costituire, in collaborazione con gli avvocati delle parti, nel rispetto dei ruoli, uno strumento efficace per garantire una maggiore tutela all’interesse dei figli a mantenere un equilibrato rapporto con ciascuno dei genitori, indipendentemente dal rapporto personale esistente tra questi168.

L’esigenza deflattiva che riguarda la coordinazione genitoriale può riguardare anche controversie in cui gli interessi in conflitto non sempre paiono meritevoli di tutela. Quelle che si affidano alla gestione del coordinatore genitoriale per sottrarle al giudice sono decisioni relative ad aspetti non essenziali della vita del

166 Ruo, Tutela dei figli e procedimenti relativi alla crisi della coppia genitoriale nella

giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, in Dir. fam. e pers., 2011, pag. 1004 ss.

167 Com'è stato già evidenziato, anche le procedure inserite nel nostro sistema dal d.l. 12.9.2014, n. 132, convertito in l. 10.11.2014, n. 162, pur non costituendo metodi alternativi al giudizio in senso tecnico, si concludono, ai sensi degli artt. 6, comma 3°, e 12, comma 3°, con un accordo che produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

168 A. La Spina, La coordinazione genitoriale quale tecnica di gestione del conflitto familiare, cit., pag. 45

minore che, in fase fisiologica del rapporto di coppia, non generebbero in nessun caso un procedimento giudiziario.

Basta osservare come l’art. 145 c.c. che offre la possibilità ai genitori di rivolgersi all’autorità giudiziaria al fine di delegare al giudice l’assunzione di decisioni, sulle quali essi non riescono a trovare soluzioni di comune accordo, anche se la norma ha trovato scarsa applicazione, in quanto le rare questioni prospettate sono state ritenute prive di rilievo169.

Si ritiene, pertanto, che la coordinazione genitoriale, più che una funzione propriamente deflattiva, in queste ipotesi, verrebbe destinata a consentire l’affidamento condiviso in ipotesi in cui ne manca il presupposto ontologico, consistente proprio nella condivisione delle scelte.

La dottrina non manca di rilevare, con riguardo a quelle situazioni in cui l’alta conflittualità genitoriale è resa insuperabile anche dalle peculiarità dei singoli componenti che riguardano la coppia, cioè per immaturità sentimentale o disturbi psichici o personologici, sarebbe opportuno scegliere per l’affidamento ad un solo genitore, piuttosto che insistere sull’affidamento condiviso, dove le condizioni di base rendono impossibile la realizzazione della condivisione170.

Anche nel Dd.L. S/735171, c.d. decreto Pillon, ormai respinto dalla Camera, all’art. 5, prevedeva come opportuna l’introduzione della figura del coordinatore genitoriale.

Si riteneva che la vita dei genitori separati, che attraversano un conflitto, relativo alla responsabilità genitoriale, fosse caratterizzata da uno scontro continuo su questioni anche banali della vita quotidiana. Questo conflitto deve essere gestito altrimenti va a danneggiare la vita dei minori. La quotidianità dello scontro e delle ragioni di lite, spesso assolutamente insignificanti singolarmente considerate, impediscono che il conflitto sia portato all’attenzione del giudice del procedimento in corso (sempre che un procedimento in corso vi sia).

Per questo, l’assunzione di un ruolo di gestione del conflitto e anche l’assunzione di minime funzioni decisionali in capo ad un terzo neutrale, è assai utile.

169 A. La Spina, La coordinazione genitoriale quale tecnica di gestione del conflitto familiare, cit., pag. 47.

170 Mantovani, Immaturità, fragilità dei genitori e affidamento dei figli, Mondadori, 2016, pag. 26. 171 C. Rimini, Sul disegno di legge Pillon e sugli altri Dd.l. in materia di responsabilità

E’ opportuno che la nomina del coordinatore genitoriale sia effettuata dal giudice anche senza il consenso delle parti, in tutti i casi in cui il giudice ritenga opportuno attribuire ad un terzo neutrale il compito di gestire e risolvere la conflittualità quotidiana, che è spesso la causa dei più gravi disastri che si riverberano sui minori.

Il disegno di legge 735 si componeva di ventiquattro articoli e prevedeva che le disposizioni introdotte, una volta entrate in vigore, si applicassero anche ai procedimenti pendenti. Le riforme al diritto di famiglia che il ddl introduce sono principalmente quattro:

 mediazione obbligatoria e a pagamento. Il ddl Pillon, per evitare che il conflitto familiare arrivi in tribunale, introduceva alcune procedure di ADR, ovvero metodi stragiudiziali di risoluzione alternativa delle controversie, e ne fanno parte sia la mediazione che la coordinazione genitoriale.

 Equilibrio tra entrambe le figure genitoriali e tempi particolari (art. 11 ddl.). Indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori il minore ha diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e la madre, a ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali e a trascorrere con ciascuno dei genitori tempi adeguati, paritetici ed equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale.

 Mantenimento in forma diretta senza automatismi. Oltre che il tempo, si prevedeva che, anche il mantenimento, sia ripartito tra i due genitori. Si prevedeva un mantenimento dunque diretto (ciascun genitore contribuirà per il tempo in cui il figlio gli è affidato) e il piano genitoriale conteneva la ripartizione per ciascun capitolo di spesa, sia delle spese ordinarie che di quelle straordinarie.

 Alienazione genitoriale. Il ddl vuole contrastare la cosiddetta “alienazione parentale” o “alienazione genitoriale”, intesa come la condotta attivata da uno dei due genitori (definito “genitore alienante”) per allontanare il figlio dall’altro genitore (definito “genitore alienato”). Nella scheda di presentazione del ddl al Senato si dice che “nelle situazioni di crisi

familiare il diritto del minore ad avere entrambi i genitori finisce frequentemente violato con la concreta esclusione di uno dei genitori (il più delle volte il padre) dalla vita dei figli e con il contestuale eccessivo rafforzamento del ruolo dell’altro genitore”.