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L’affido dei figli nella separazione dei genitori

2. L’interesse del minore all’affido condiviso

2.1. L’affido dei figli nella separazione dei genitori

A seguito della riforma intervenuta nel 2013, ma anche prima con la l. n. 54/2006, è venuta meno ogni distinzione esistente in passato, in ordine all'affidamento della

110Cass., 18 aprile 2005, n. 8007, in Giur. It., 2005, pag. 15. 111Cass., 22 giugno 2016, n. 12952, in Giur. It., 2016, pag. 30. 112 Cass., 16 ottobre 2003, n. 15481, in Giur. It., 2003.

prole nelle diverse ipotesi di crisi familiare, sia essa disposta in relazione alla famiglia unita in matrimonio che al di fuori di essa.

Nel regime precedente alla riforma del 2006, l’ordinamento giuridico applicava la regola dell’affidamento esclusivo (era il modello applicato nel 99% dei casi), ad uno solo dei genitori, prevedendo ipotesi di affidamento residuali, quali:

 l’affidamento congiunto;  l’affidamento alternato;

 l’affidamento nei confronti di terzi113.

L'affidamento esclusivo consisteva nell'affidamento della prole ad uno soltanto dei genitori, solitamente la madre, con possibilità dell'altro genitore di vedere e tenere con sé il figlio in tempi e per periodi preordinati.

Nel caso di affidamento esclusivo, l'esercizio della potestà da parte del genitore non affidatario è limitato ai singoli poteri attribuitigli dal giudice al fine di far salvi, i "diritti" del minore, ma nel caso in cui possa prospettarsi un disaccordo tra i genitori, spetterà al giudice dirimerlo, anziché attribuire la decisione a uno dei genitori114.

La nuova disciplina della spettanza della potestà si poneva in contrasto con quanto previsto dall'art. 317 bis c.c. Secondo tale disposizione l'esercizio della potestà spettava congiuntamente ad entrambi i genitori naturali (che abbiano riconosciuto il figlio) solo se siano conviventi. In caso contrario l'esercizio della potestà spetterebbe al solo genitore con cui il figlio convive o, se il figlio non convive con alcuno dei genitori, al primo che ha riconosciuto il figlio stesso. Il giudice potrebbe disporre diversamente (art. 317 bis, 2° comma, c.c.). Al genitore che non eserciterebbe la potestà, secondo il 3° comma dell’art. 317 bis, spetterebbe solo un potere di vigilanza sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore115.

113 A. Anceschi, Separazione personale dei coniugi (I agg.), cit., pag. 346.

114 Bugetti, L'affidamento dei figli nella crisi della famiglia, a cura di Sesta-Arceri, Torino, 2012, pag. 72.

L'affidamento congiunto ed alternato erano disciplinati dall'art. 6, 2° comma della l. sul divorzio, così come modificato dalla l. n. 74/1987, andando a ricomprendere anche le ipotesi diverse dal divorzio116.

L’altra forma di affidamento era quella disposta nei confronti di terzi, generalmente soggetti legati da un rapporto di parentela, attuata con particolari cautele tese a garantire il rispetto degli obblighi e delle responsabilità genitoriali. Attraverso la riforma dell’affidamento condiviso del 2006 si è diffuso un modello finalizzato a conservare l’esercizio della responsabilità genitoriale ad entrambi i genitori, anche a seguito della separazione o di altri eventi d’interruzione della vita familiare tra gli adulti. Il figlio rimane principalmente collocato presso uno dei genitori, normalmente quello assegnatario della casa familiare, ma entrambi i genitori esercitano “congiuntamente” i poteri connessi alla responsabilità genitoriale117.

Mediante l’affidamento condiviso si rende attuabile, laddove il rapporto tra i genitori non sia a tal punto conflittuale da essere pregiudizievole per lo sviluppo della personalità del minore e per il buon andamento dei rapporti personali con il figlio stesso, un esercizio comune e non limitato alle questioni di maggior interesse per i figli118.

L’affidamento condiviso costituisce una nuova concezione dell’istituto volta a salvaguardare il diritto del figlio, come recita l’art. 337-ter, 1°comma, c.c., a “mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione ed istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con altri membri della famiglia”.

Per quanto riguarda il collocamento privilegiato del minore presso soggetti diversi dai genitori, può essere applicato solo con l'accordo di entrambi i genitori, oltreché del terzo affidatario, quando soddisfi un concreto interesse del figlio, oltreché nelle ipotesi previste dall'art. 2 legge n. 184/1983, ove è disciplinato l’istituto dell’affido familiare.

La preferenza dell'affidamento condiviso si deduce dall'applicazione del principio costituzionale secondo il quale il minore ha diritto a crescere ed essere educato

116 MAZZEO, L'affidamento dei figli nella separazione e nel divorzio, in Trattato sulla

responsabilità civile e penale in famiglia, Padova, 2004, pag. 2268

117 A. Anceschi, Separazione personale dei coniugi (I agg.), cit., pag. 347. 118 F. Ruscello, La tutela del minore nella crisi coniugale, Giuffrè, 2002, pag. 112.

nell'ambito della propria famiglia (art. 1, 1° comma., legge n. 184/1983) e mantenere rapporti affettivi significativi con entrambi i genitori nonché con gli altri membri della propria famiglia (artt. 5 e 18 Conv. New York 1989, rat. legge n. 176/1991).

Alla luce di quanto detto, non si esclude la possibilità di applicare, in via residuale, l'affidamento esclusivo in capo a uno soltanto dei genitori quando sia ritenuto preferibile al solo interesse del figlio minore (art. 337 quater, 1° comma. c.c.). Infatti, ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando l’affidamento all’altro genitore è contrario all’interesse del minore.

L’affido esclusivo può essere disposto in due ipotesi:

 quando l’affidamento condiviso risulterebbe oggettivamente pregiudizievole per il minore;

 quando risulta che un genitore è manifestamente incapace o non idoneo ad assumere il compito di curare ed educare il minore. Questo presupposto ricorre in caso di grave inidoneità educativa, di condotta di vita anomala e pericolosa o ancora in caso di rifiuto categorico del minore di avere rapporti con un genitore.

Nei casi di cui sopra, il Giudice può disporre l’affidamento esclusivo al genitore che ne faccia richiesta, perché in tal caso l’affidamento condiviso risulterebbe in contrasto con l’interesse del minore. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il Giudice può considerare il comportamento del genitore istante, ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, fermo restando l’applicazione dell’art. 96 c.p.c. (art. 337-quater, 2° comma, c.c.).

Il Giudice può irrogare una sanzione amministrativa ed una condanna al risarcimento del danno in caso di gravi violazione al regime di affidamento disposto giudizialmente (art. 709-ter, 2° comma, c.c.)119. L’art. 709-ter, 2° comma, c.c., introdotto ex novo dalla legge n. 54/2006, prevede che “In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore

inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.”.

Il primo strumento, la richiesta di ammonimento, ha la funzione di richiamare il genitore inadempiente al rispetto dei doveri che la legge gli assegna, in ragione delle situazioni giuridiche soggettive, sia di natura materiale che esistenziale. Dunque, opera come vero e proprio deterrente, oltre che come stimolo all’adempimento.

Difatti, l’eventuale seconda ammonizione legittima il giudice a modificare il regime dell’affido ed a ricorrere al supporto dei Servizi Sociali per indagare la capacità e l’idoneità genitoriale dell’ammonito e, nei casi più gravi, anche a provvedimenti restrittivi o ablativi della potestà genitoriale.

La condotta del genitore non affidatario, che sistematicamente trascuri di adempiere i propri doveri, impostando frequentazioni non adeguate rispetto al regime di visita previsto, comporta la produzione di un danno ingiusto nei confronti della prole minorenne, consistente nella lesione della propria serenità personale e del diritto a perseguire un corretto sviluppo della propria personalità. Danni talvolta scaturenti dal confronto del minore con altri coetanei, inseriti in un quadro di relazioni familiari stabilmente costituite o comunque in grado di rapportarsi continuativamente con la figura paterna e/o materna.

Inoltre, il diritto-dovere di visita del genitore non collocatario è anche espressione del dovere di solidarietà che lega i componenti del nucleo familiare, seppur disciolto, derivandone come conseguenza che l’ingiustificato inadempimento costituisce un illecito che può dar luogo ad una responsabilità nei confronti del coniuge affidatario, allorquando si determini un concreto pregiudizio nei confronti dell’altro genitore.

Infine, la sanzione amministrativa pecuniaria da corrispondersi in favore della Cassa delle ammende, prevista nella misura minima di euro 75 fino ad un massimo di euro 5.000, può essere comminata congiuntamente all’ammonimento ed anche d’ufficio dal giudice, che rilevi i presupposti del pregiudizio e della

gravità della violazione. Ha una funzione deterrente, che, però, incide specificamente sul profilo patrimoniale dell’inadempiente120.