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Il diritto all’indennizzo nelle fonti europee

Quale giustizia per l’offeso “fuori” dal processo?

2. Il diritto all’indennizzo nelle fonti europee

Bisogna ora mettere a fuoco l’obiettivo, abbandonando la visione d’insieme e scendendo nel dettaglio.

Il risarcimento del danno subito dalla vittima costituisce senza dubbio uno dei profili più pregnanti della tematica in esame, e ciò non è sfuggito al legislatore sovranazionale.

Si riscontra, infatti, una notevole attenzione nei confronti del tema della victim-

compensation, declinato secondo una duplice prospettiva: da un lato, in taluni

provvedimenti, si rintracciano strumenti di compensazione a carico del condannato; dall’altro, si prevedono fondi di solidarietà statale di natura surrogatoria, attivabili nei casi di insolvenza del reo.

È la nota distinzione fra Restitution programs, ove la compensazione del danno è a carico del colpevole, e i Compensation programs, predisposti esclusivamente dallo Stato nei confronti della vittima571.

Ora, con riferimento al primo profilo, la direttiva 2012/29/UE (e, se pur meno incisivamente, anche la precedente Decisione Quadro del 2001) prevede, ex art. 16, un triplice adempimento, in quanto: riconosce alla vittima il diritto a ottenere una decisione in merito al risarcimento del danno da reato da parte dell’autore

569 Le parole sono di PARISI, Il diritto penale tra neutralizzazione istituzionale e umanizzazione

comunitaria, cit., 13.

570 Sul tema, autorevolmente, FIANDACA, Gli obiettivi della giustizia penale internazionale: tra

punizione e riconciliazione, in La mediazione penale nel diritto italiano e internazionale, a cura di

Palazzo-Bartoli, Firenze, 2011, passim.

571 MANNOZZI, La giustizia senza spada. Uno studio comparato su giustizia riparativa e

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nell’ambito del processo penale, salvo che la stessa non sia devoluta ad altro procedimento giudiziario; richiede che la decisione sia conseguita entro un ragionevole lasso di tempo; sollecita la promozione di misure che incoraggino il reo a prestare adeguato risarcimento572.

La norma mira a garantire, sul piano prasseologico, un livello minimo di effettività, che si sostanzia nello specifico vincolo posto dal comma 2 dell’art. 16 di addivenire ad una decisione tempestiva573.

E se l’autore del reato rimane ignoto o risulta insolvente?

Questi interrogativi introducono il secondo profilo della materia de qua, ossia i meccanismi di compensazione monetaria statali.

È, questo, un tema assai caro al legislatore UE, che sin da tempi risalenti ha sottolineato la necessità di istituire fondi pubblici a favore delle vittime574.

572 Sostanzialmente, si riproduce quanto già previsto dall’art. 9 della decisione quadro n. 220 del

2001, salvo alcune modifiche linguistiche e la scorporazione della parte relativa alle restituzioni, oggetto specifico dell’art. 15 della direttiva.

Per uno sguardo complessivo sulla protezione della vittima nella normativa europea, v. VENTUROLI, La tutela della vittima nelle fonti europee, in Dir.pen.contemp., 2012, 3-4, 86 ss.

573 Il risarcimento, per soddisfare la vittima, deve intervenire entro un termine ragionevole. Così,

DI CHIARA, La premura e la clessidra. I tempi della mediazione penale, in Dir. pen. proc., 2015,

4, 377 ss.

574 Innanzitutto, il riferimento va alla Risoluzione del 28 settembre 1977, n.(77), 27 sul

risarcimento delle vittime del reato adottata dal Consiglio d’Europa, cui si aggiunge la Convenzione europea del 24 novembre 1983 sul risarcimento alle vittime dei reati violenti. Come risulta chiaramente dal rapporto esplicativo (punto 11) che accompagna la convenzione, essa persegue essenzialmente due obiettivi ben distinti, anche se complementari.

In primo luogo, essa punta a garantire un’armonizzazione delle differenti norme nazionali in materia di indennizzo delle vittime di reato. A tal fine, le disposizioni del primo titolo della convenzione impongono agli Stati aderenti di tenere indenne ogni vittima (o, se deceduta, le persone a suo carico) che abbia subìto gravi pregiudizi al corpo o alla salute causati direttamente da un reato violento intenzionale. Tale indennizzo, a carico dello Stato laddove non possa essere garantito dall’autore del reato, deve essere riconosciuto ad ogni cittadino di uno Stato parte alla convenzione, nonché ai cittadini di uno Stato membro del Consiglio d’Europa residenti permanentemente nello Stato sul cui territorio il reato è stato commesso. Inoltre, vengono fissati principi uniformi per quanto riguarda l’individuazione delle voci di danno indennizzabili.

In secondo luogo, la convenzione intende porre in essere opportuni meccanismi di cooperazione fra Stati al fine di assicurare una sua efficace applicazione in situazioni transfrontaliere, ovvero in casi in cui una vittima residente in un dato Stato parte richieda un indennizzo ad un diverso Stato parte in ragione di un reato ivi commesso. A tal proposito, le disposizioni del secondo titolo prevedono in particolare la designazione in ogni Stato parte di un’autorità centrale incaricata di ricevere le domande d’assistenza provenienti da altri Stati e di darvi seguito (art. 12).

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Il testo più maturo sul tema è rappresentato dalla più volte menzionata direttiva 2004/80/CE del Consiglio del 29 aprile 2004575, che è intervenuta drasticamente al preciso fine di garantire alle vittime nell’Unione un indennizzo adeguato576. Il provvedimento rappresenta una sorta di “codificazione normativa” del principio sancito dalla Corte di Giustizia nel caso Cowan577 (peraltro richiamato nel

Attualmente la convenzione è stata ratificata da 25 dei 33 Stati firmatari, tra i quali non figura l’Italia. Pietra miliare del cammino intrapreso a livello comunitario in tema di indennizzo è il “Libro Verde” sul risarcimento alle vittime di reati di criminalità transfrontalieri.

La Commissione tenta di stimolare fra gli Stati un riflessione più matura in tema di ristoro economico della alla vittima, onde elaborare un’azione a livello comunitario sul punto. Dopo aver ribadito il principio di non discriminazione ed il diritto ad essere sentiti in giudizio, il provvedimento enuncia gli elementi necessari al riconoscimento del beneficio, che può spettare sia alle vittime dirette, sia a quelle indirette e a coloro i quali hanno assistito la vittima, hanno aiutato le forze dell’ordine a impedire un reato o a catturarne l’autore. Il diritto al risarcimento sorge qualora il reato sia stato perpetrato intenzionalmente e/o con violenza. Ribadendo quanto già statuito dalla Convenzione, si afferma che è possibile tenere indenne la vittima dalle spese mediche, dal mancato guadagno, dai danni a beni di sua proprietà, ed ovviamente dalle ipotesi di invalidità permanente, nonché dal vulnus non materiale

Individuano questi testi sovranazionali come i precedenti normativi immediati della successiva Dir. 2004/80/UE, BAIRATI, La condanna dello Stato italiano al risarcimento dei danni di una

vittima di reato per violazione della Dir. 2004/80/CE, in Giur. It., 2011, 4, 827; BONINI,

L’attuazione della direttiva in tema di indennizzo delle vittime di reato e le perduranti inadempienze dello Stato italiano (d.lgs. 9.11.2007 n. 204), in Leg. Pen., 2008, 28, 6 ss.

Sulla Risoluzione del 1977 e la successiva Convenzione del 1983 si vedano più nel dettaglio AMODIO, Solidarietà e difesa sociale nella riparazione alle vittime del delitto, in AA.VV., Vittime

del delitto e solidarietà sociale, Milano, 1975, 41 ss.; CASAROLI, La Convenzione europea sul

risarcimento alle vittime dei reati violenti: verso la riscoperta della vittima del reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1986, 563 ss.

575 Sulla direttiva, CASTELLANETA, Indennizzo per reati intenzionali violenti: da Torino una

completa attuazione delle regole comunitarie, in Guida al diritto, 2010, 14 ss.; CONTI, Vittima di

reato e obbligo di indennizzo a carico dello Stato: really?, in Corr. Giur., 2011, 249 ss.;

ID., Vittime di reato intenzionale violento e responsabilità dello Stato. Non è ancora tutto

chiaro, ivi, 2012, 668 ss.; DI NAPOLI, La controversa portata applicativa della direttiva

2004/80/CE in tema di indennizzo delle vittime di reato, in La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 2014, 553 ss.; MASTROIANNI, Un inadempimento odioso: la Direttiva sulla tutela

delle vittime dei reati, in Quaderni Costituzionali, 2008, 406 ss.

576 Siamo dinanzi ad un atto adottato dalla Comunità, e non dall’Unione, in quanto non finalizzato

a predisporre misure di tipo penale, che tuttavia appare dotato di una buona spinta dinamica all’armonizzazione.

577 CdGUE, 2 febbraio 1989, Cowan c. Tresor Public, ove la Corte ebbe a precisare che il

principio di libera circolazione delle persone destinatarie di servizi all’interno della Comunità ostava ad una legislazione penale come quella francese, che negava ogni indennizzo ad una vittima di reato avente cittadinanza di un diverso Stato membro (nel caso di specie inglese) e non residente in Francia. Infatti, allorché «il diritto comunitario garantisce la libertà per le persone fisiche di recarsi in un altro Stato membro, la tutela dell’integrità personale in detto Stato membro

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considerando n. 2), in virtù del quale la tutela dell’integrità personale delle

persone fisiche costituisce il corollario della loro libertà di circolazione negli Stati comunitari e deve, dunque, essere garantita inibendo qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità.

La base giuridica del provvedimento è costituita dall’art. 308 CE (oggi art. 352 TFUE): tra gli obiettivi della Comunità rientra, infatti, l’«abolizione degli ostacoli tra gli Stati membri alla libera circolazione delle persone e dei loro servizi»578, nonché l’elaborazione di misure volte a facilitare l’indennizzo delle vittime di reato nelle situazioni transfrontaliere579.

Obiettivo dichiarato del Consiglio è la creazione di «un sistema di cooperazione volto a facilitare alle vittime di reato l’accesso all’indennizzo nelle situazioni transfrontaliere»580, senza, però, operare alcuna armonizzazione dei sistemi di

indennizzo nazionali581.

costituisce, alla stessa stregua dei cittadini e dei soggetti che vi risiedano, il corollario della libertà di circolazione» (punto 17); la Corte concluse perciò che il principio di non discriminazione in base alla nazionalità «deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro, per quanto riguarda i soggetti cui il diritto comunitario garantisce la libertà di recarsi in detto Stato, non può subordinare la concessione di un indennizzo statale, volto alla riparazione del danno subito sul suo territorio dalla vittima di un’aggressione che le abbia cagionato una lesione personale», alle condizioni indicate (punto 20).

Per un commento alla sentenza, v.VOZZA, La “saga” della giurisprudenza europea sulla tutela

della vittima nel procedimento penale continua con la sentenza Guye, in www.penalecontemporaneo.it, 8 novembre 2011, 1 ss. Si veda anche CALÒ, Vittima del reato e

giustizia riparativa nello spazio giudiziario europeo post-Lisbona, in

www.penalecontemporaneo.it, 21 novembre 2011, 1 ss.

578 Cons. n.. 19 579 Cons. n. 2

580 Cons. n. 7: «facilitare l’accesso ad un indennizzo per i cittadini dell’Unione che, vittime di un

reato intenzionale e violento in uno Stato membro diverso da quello di residenza, non siano riusciti ad ottenere un risarcimento dall’autore del reato, in quanto questi non possiede le risorse necessarie oppure non può essere identificato o perseguito. La richiesta d’indennizzo può essere presentata dalla vittima alle autorità del proprio Stato di residenza, le quali procedono a trasmetterla alle competenti autorità dello Stato in cui il reato è stato commesso, che a sua volta provvede all’erogazione dell’indennizzo». Sulle finalità della Direttiva, PISAPIA, Riflessioni in

materia di indennizzo delle vittime di reato. Quale discrezionalità statale nella scelta dei reati?, in Cass. pen., 2014, 1, 357.

581 Nelle originarie intenzioni, la direttiva riproponeva un doppio binario armonizzazione-

cooperazione, mirando da una parte a «fissare norme minime per il risarcimento alle vittime di reato» e dall’altra ad istituire meccanismi di cooperazione fra Stati al fine di «facilitare l’accesso a tale risarcimento nelle situazioni transfrontaliere» (considerando 8). Tale struttura bipartita si rifletteva anche nell’articolato della proposta. La prima sezione, dedicata alla fissazione di norme minime, provvedeva infatti ad armonizzare l’ambito di applicazione dei meccanismi nazionali

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Eppure, al fine di garantire il proprio effetto utile, la direttiva non ha potuto disinteressarsi del tutto dei sistemi di indennizzo interni di ciascuno Stato membro ed infatti ha stabilito che «[l]e disposizioni della [...] direttiva riguardanti l’accesso all’indennizzo nelle situazioni transfrontaliere si applicano sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori», ma aggiunge anche che «tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime»582.

Ebbene, se da un lato viene confermato che il sistema di cooperazione stabilito dalla direttiva deve andare ad innestarsi sui singoli e differenti sistemi nazionali di indennizzo, così come regolati da ciascuna legislazione interna, senza alcuna armonizzazione degli stessi, è tuttavia evidente che un’eccessiva disomogeneità di tali meccanismi nazionali rischierebbe di compromettere gravemente l’efficacia del sistema di cooperazione basato su di essi, soprattutto in considerazione del fatto che alcuni ordinamenti nazionali non prevedono alcuna normativa in materia di indennizzo delle vittime di reato583.

Di qui, la scelta di un’armonizzazione ridotta ai minimi termini: il legislatore europeo, pur rinunciando a fissare delle norme minime comuni circa la quantificazione dell’indennizzo e le disposizioni procedurali applicabili, non si esime dall’imporre agli Stati almeno l’adozione di un sistema d’indennizzo

d’indennizzo delle vittime di reato, nonché le modalità di determinazione dell’importo dell’indennizzo e le norme procedurali per l’istruzione delle domande d’indennizzo. La seconda sezione della proposta regolava, invece, la cooperazione tra autorità nazionali (cc.dd. di assistenza e di decisione) al fine di trattare le domande d’indennizzo in situazioni transfrontaliere.

582 Art. 12

583 Si parla di «sistema di cooperazione volto a facilitare alla vittime di reato l’accesso

all’indennizzo nelle situazioni transfrontaliere» nel cons. n. 7, con ulteriori specificazioni nei conss. nn. 11, 12 e 13. Su questo aspetto, BONINI, L’attuazione della direttiva in tema di

indennizzo delle vittime di reato e le perduranti inadempienze dello Stato italiano (d.lgs. 9.11.2007 n. 204), cit., 3 ss.