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La soddisfazione delle vittime nella prospettiva comunitaria Primi cenni.

Quale giustizia per l’offeso “fuori” dal processo?

1. La soddisfazione delle vittime nella prospettiva comunitaria Primi cenni.

“L’indennizzo negato”. Profili critici nella disciplina risarcitoria nazionale. - 3. Restorative Justice: gli impulsi europei e le resistenze italiane. - 4. La giustizia riparativa innanzi al Giudice di Pace. - 5. La mediazione nella giustizia penale minorile. - 6. Una nuova finestra per la mediazione penale nella disciplina della sospensione del procedimento con messa alla prova. - 7. Il ristoro della vittima parte dalle condotte riparatorie del condannato.

1. La soddisfazione delle vittime nella prospettiva comunitaria. Primi cenni.

L’analisi della dimensione europea della vittima da reato ha svelato una molteplicità di profili critici made in Italy.

L’uomo che patisce sulla propria pelle le conseguenza dannose di un evento criminoso avanza una duplice pretesa: partecipare al processo e ottenere protezione548.

Il legislatore, in palese affanno549, risponde all’eterogeneità degli inputs sovranazionali, con un’”idea attuativa”550 snella, che sicuramente pone rimedio a

548 Cfr., REDING, Believing in people – Balancing the scales in European Criminal Law, in

European Criminal Law Review, 2014, 1, 81.

549 Tanto con riguardo all’”ansia da importazione” (deadline: 16 novembre 2015), quanto con

riferimento alla risposta “a pioggia” dell’ultimo triennio (per cui si permetta il rinvio a Cap. III, par. 6).

550 Si ricorda che al momento è all’esame della Commissione del Senato lo schema di d.lgs. di

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talune aporie del sistema551, ma al contempo è ben lontana da quell’opera di revisione sistematica che da più parti veniva invocata552.

In ogni caso, al di là delle scelte legislative in progress o di quelle “frettolose” già prese553, può dirsi conquistato un dato importante: si è ormai diffuso quell’atteggiamento culturale di empowerment degli spazi partecipativi della vittima e delle sue istanze di protezione, nel chiaro tentativo di dare forza e voce agli offesi, valorizzandone il ruolo554.

La direttiva 2012/29/UE, però, va oltre.

Centralità della vittima, ascolto del vissuto emozionale, soddisfazione di aspettative e bisogni, cura delle ferite e dei traumi cagionati dal reato, trasformazione del conflitto: l’Europa vuole anche questo.

Siamo abituati a confrontarci con documenti europei che impongono modifiche al nostro codice di rito che richiedono inserti circoscritti, operazioni mirate di micro- chirurgia legislativa; siamo invece meno avvezzi a normative, come la direttiva de

qua, che ci chiedono di guardare con occhi nuovi il modo di rendere giustizia, che

impongono una prospettiva antitetica rispetto alla tradizione giuridica nazionale555.

551 Prevedendo, ad esempio, ex novo l’art. 143-bis c.p.p. sull’assistenza linguistica per l’offeso, su

cui v. supra, Cap. II, par. 2.1

552 Così si è espresso il Guardasigilli Orlando al Convegno Giustizia. Più diritti meno vittime. La

tutela della vittime nel solco delle indicazioni europee, 12 dicembre 2014, Roma. La politica si fa

così interprete dei dubbi avanzati ormai da tempo dalla dottrina, fra cui, per tutti, LUPARIA,

Standard europei e ruolo della vittima nel processo penale italiano: premesse per un recepimento

della Direttiva n. 29/2012, intervento al Convegno Giustizia. Più diritti meno vittime. La tutela della vittime nel solco delle indicazioni europee, 12 dicembre 2014, Roma.

553 Il riferimento va alla decretazione d’urgenza dell’ultimo triennio, sintomo inequivocabile del

senso di inadeguatezza del legislatore dinanzi all’allarme sociale dei cittadini. In argomento, SCALFATI, Legislazione “a pioggia” sulle cautele ad personam: l’effervescente frammentarietà di

un triennio, in Proc. Pen. Giust., 2014, 6, 1, secondo cui «gli interventi messi a punto qui e là

registrano l’interesse a tamponare esigenze occasionali o, peggio, a realizzare piccole novità a scopo di propaganda. Ne deriva un tessuto normativo “mobile”, dal quale è difficile cogliere e riorganizzare le direttrici».

554Così il Presidente della Camera Boldrini al Convegno Giustizia. Più diritti meno vittime. La

tutela della vittime nel solco delle indicazioni europee, 12 dicembre 2014, Roma.

555 LUPARIA, Standard europei e ruolo della vittima nel processo penale italiano: premesse per un

recepimento della Direttiva n. 29/2012, cit. L’Autore insiste sulla necessità di un’attuazione non

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Perché se è vero che la direttiva persegue un rafforzamento di specifici diritti per le vittime, risulta altrettanto indubitabile come essa - in via principale - esiga che alla persona offesa venga riconosciuta giustizia.

Ecco allora che accanto ai lemmi «informazione», «assistenza», «partecipazione» e «protezione», va annoverata anche la «soddisfazione»556.

Soddisfare la vittima significa umanizzare la giustizia, depotenziando la dimensione normativa del reato, per adottare una dimensione umana557, che guardi alle conseguenze patite da persone in carne ed ossa, ivi comprese le componenti emotive correlate all’esperienza vissuta558.

556 Invero, l’attenzione per la soddisfazione della vittima ha origini risalenti. La Raccomandazione

R (85) 11, adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il 28 giugno 1985, che ha affrontato, per la prima volta, in termini generali, il tema della «posizione della vittima nell’ambito del diritto e della procedura penale». Nei consideranda, infatti, il Consiglio constatata la tendenza del sistema tradizionale della giustizia penale ad accrescere, più che a ridurre, la sofferenza della vittima, afferma che «una funzione fondamentale della giustizia penale deve essere quella di soddisfare le esigenze e salvaguardare gli interessi della vittima», di cui è necessario «tenere maggiormente in conto[…] il danno fisico, psicologico, materiale e sociale subito».

557 In realtà, a ben vedere, il processo di riscoperta delle emozioni e dei sentimenti sta filtrando in

varie branche delle scienze extrapenalistiche. Si può, ad esempio, ricordare come in ambito sociologico sia soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni ’70 che prende corpo, in Nord America, la corrente della c.d. sociologia delle emozioni. Nel terreno delle neuroscienze, le scoperte sui c.d. neuroni specchio hanno risvegliato un interesse via via crescente per lo studio della trasmissione inferenziale di sentimenti come l’empatia. Sul piano filosofico è soprattutto all’opera di Martha Nussbaum che si deve il tentativo di rintracciare la componente cognitiva delle emozioni e di individuarne selettivamente i margini di applicazione nel diritto . Ora, con riferimento specifico alla materia penale, non può dubitarsi che il diritto penale moderno si trovi in una situazione paradossale nel confrontarsi con il tema delle emozioni e dei sentimenti: e cioè, quella di vivere in uno spazio necessariamente intriso di componenti emozionali di forte intensità, ma di dover (voler) ansiosamente trovare meccanismi di raffreddamento delle emozioni, capaci di ricondurre quest’ultime a valori standard e di sottoporle a parametri di giudizio razionalmente predeterminati. A partire dagli anni ’90, però, sembra risvegliarsi nel diritto penale un certo interesse per i meccanismi normativi emotivamente condizionati: ne deriva una rivalutazione del sentimento di vergogna all’interno di alcune forme di procedura penale (c.d. reintegrative

shaming), o nel ricorso alle pene di pubblica umiliazione; l’emersione di politiche penali sempre

più severe ed emozionali; la presenza della vittima all’esecuzione della pena (specie nei casi di pena capitale) o nei resoconti di vittimizzazione (victim impact statements). La questione è molto delicata, e richiederebbe ulteriori approfondimenti anche sui rischi di derive populistiche e antigarantiste che parrebbero derivare da una ristrutturazione in chiave sensazionalistico- emozionale delle politiche pubbliche di criminalizzazione. Sulla svolta emozionale del diritto penale, FIANDACA, Sul ruolo delle emozioni e dei sentimenti nella genesi e nell’applicazione delle

leggi penali, intervento al Convegno Diritto penale e neuroetica, Foggia, 21-22 maggio 2012;

nonché, DI GIOVINE, Un diritto penale empatico?, Torino, 2009, passim.

558 Cfr., PARISI, Il diritto penale tra neutralizzazione istituzionale e umanizzazione comunitaria, in

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La soddisfazione della vittima ruota intorno ad una triade essenziale: compensazione-mediazione-riparazione.

L’aspetto satisfattivo si risolve innanzitutto nella compensazione economica per danni patiti: nel quadro della generale valorizzazione della figura dell’offeso del reato nella politica di armonizzazione giudiziaria europea, la particolare attenzione al profilo “risarcitorio” costituisce da tempo uno dei capisaldi in punto di vittima559.

Orbene, la direttiva 2012/29/UE si inserisce nel solco già tracciato dai suoi antecedenti normativi560, e incoraggia gli Stati membri a promuovere misure per sollecitare l’autore del reato a prestare adeguato risarcimento alla vittima, sottolineando, altresì, la necessità di provvedere in tempi ragionevoli561.

Rispetto alla decisione quadro ormai superata, la direttiva de qua sembra voler sottolineare l’esigenza che il soggetto obbligato al risarcimento debba essere in ogni caso il “colpevole” del reato (e non soggetti terzi, tra cui lo Stato), benché la pronuncia relativa al risarcimento possa essere oggetto di un procedimento giudiziario autonomo e diverso dal processo penale562.

559 Questa consapevolezza pare oggi essere stata adottata anche dalla dottrina unanime, Cfr., per

tutti, CHIAVARIO, La parte dei privati: alla radice (e al di là) di un sistema di garanzie, in

Procedure penali d’Europa, a cura di Chiavario, Padova, 2a ed., 2001, 536 ss., che specifica come

la vittima goda anche di «diritti connessi all’esito del processo», fra i quali spicca quello al risarcimento.

560 Il riferimento corre alla Decisione quadro 220 del 2001, che all’art. 9 disponeva: « 1. Ciascuno

Stato membro garantisce alla vittima di un reato il diritto di ottenere, entro un ragionevole lasso di tempo, una decisione relativa al risarcimento da parte dell'autore del reato nell'ambito del procedimento penale, eccetto i casi in cui il diritto nazionale preveda altre modalità di risarcimento. 2. Ciascuno Stato membro adotta le misure atte a incoraggiare l'autore del reato a prestare adeguato risarcimento alla vittima. 3. Tranne quando il procedimento penale imponga altrimenti, i beni restituibili appartenenti alla vittima e sequestrati nell'ambito del procedimento penale sono restituiti alla vittima senza ritardo».

561 Invero, nella direttiva si prevedono altri meccanismi di ristoro economico: si pensi all’art. 14,

che attribuisce alla vittima il diritto al rimborso delle spese sostenute nel corso del procedimento penale; o all’art. 15, che riconosce il diritto alla restituzione tempestiva dei beni eventualmente sequestrati, salvo che le esigenze investigative non lo impediscano.

562 Del resto, lo stesso Guidance document relativo alla trasposizione ed implementazione della

direttiva del 2012, redatto dal Dipartimento di Giustizia della Commissione europea, sottolinea come l’art. 16 si occupi esclusivamente dell’obbligo di risarcimento posto in capo al reo e non di quello eventualmente ascrivibile allo Stato

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Accanto a questi obblighi compensativi “individuali” si affianca, poi, il risarcimento surrogatorio statale, che costituisce una sorta di rete di protezione nei casi di insolvenza – invero assai frequenti- del reo563.

L’aspetto compensativo è sicuramente preponderante e si inquadra idealmente fra gli strumenti che il legislatore UE predispone per ottenere soddisfazione dal processo; ma non è il solo toccato dalla direttiva, che, invece, innescando una prospettiva protezionistica avanzata, prevede che il soggetto che ha subito un danno criminale possa trovare giustizia anche fuori dal processo, tramite la mediazione e/o la riparazione.

Anche su questo aspetto le “norme minime” contenute nella direttiva 2012/29/UE scolpiscono non più solo cosa l’Europa propone, ma cosa oggi ritiene indefettibile, ed infatti a più riprese e in contesti diversi ribadisce la necessità di implementare strumenti di risoluzione del conflitto alternativi, che avvicinino la vittima al suo carnefice, permettendo a quest’ultimo di riparare il torto causato. In tale prospettiva, si riconosce che «i servizi di giustizia riparativa […] possono essere di grande beneficio per le vittime»564, ma impone agli Stati membri di adottare misure tali da garantire che «la vittima» che «scelga di partecipare a procedimenti di giustizia riparativa» sia «protetta» da «vittimizzazione secondaria o ripetuta» (anche) all’interno di questi percorsi565.

Volendo solo anticipare questioni che saranno trattate con maggiore precisione nel paragrafi che seguiranno, appare importante sottolineare le finalità del procedimento di giustizia riparativa: innanzitutto l’incontro fra vittima e reo

563 La creazione di fondi di solidarietà statale, che possano risarcire la vittima nei casi in cui il

colpevole non possa adempiere alle sue obbligazioni pecuniarie, è un aspetto che il provvedimento UE del 2012 non tocca, stante la Dir. 2004/80/CE che è ad esso precipuamente dedicata. Sul punto, v. infra par. 2.

564 Cons. n. 46 565 Art. 12, comma 1.

Ed è parimenti al fine di garantire un’effettiva protezione della vittima che la direttiva raccomanda inoltre di introdurre nella comunità servizi di sostegno e assistenza (anche specialistica) della vittima (art. 8 ss.), e di alimentare un percorso di adeguata formazione per i funzionari e gli operatori pubblici che entrino in contatto con la vittima (forze di polizia, personale giudiziario e magistratura, avvocati, gli stessi operatori dei servizi di assistenza e di giustizia riparativa: art. 25). In tema, v. amplius Cap. II, par.1.1

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diviene occasione per ottenere le scuse e una riparazione»566; al contempo la mediazione stimola negli autori del reato il senso di responsabilità e li spinge ad adoperarsi per fare ammenda, onde facilitarne la reintegrazione e la riabilitazione in vista di epiloghi «più costruttivi e meno repressivi» della giustizia penale567.

Le questioni sul tappeto, se pur tratteggiate a linee grosse, anticipano al lettore la complessità dell’argomento.

Dare spazio alle esigenze satisfattive della vittima significa muoversi sul campo di una giustizia emotiva, che mette in crisi il processo “neutrale”, così come lo abbiamo conosciuto sino ad ora568.

La permeabilità emozionale significa riconoscimento e ascolto dei protagonisti del reato, cura delle conseguenze negative dei fatti criminali, capacità dei servizi di giustizia riparativa di prendere seriamente in considerazione il reale vissuto dei protagonisti del reato: sono queste gli elementi che “umanizzano” il sistema penale.

Una strada non esclude l’altra: «non si tratta di dover scegliere tra vuota violenza istituzionale del diritto penale moderno e mite dolcezza riconciliante della RJ, o al contrario tra tutela dei diritti di garanzia e sregolata privatizzazione della giustizia. Ci si può e deve chiedere, invece, se possa abbozzarsi un disegno unitario d’insieme: una regia armonica in cui RJ e giustizia tradizionale, umanizzazione e

566 I risultati di alcuni studi antropologici che mostrerebbero come il contenimento della vendetta

privata non sia stata sempre e solo affidata al potere punitivo, bensì anche a meccanismi di natura conciliativa: l’intervento del mediatore, soggetto terzo rispetto al conflitto, avrebbe avuto la funzione di stemperare le reazioni emotive determinate dal reato e di ridurre le pretese retributive della vittima. Così, BELLIA, Pena e riconciliazione nel mondo biblico, in Punire Mediare

Riconciliare. Dalla giustizia penale internazionale all’elaborazione dei conflitti individuali, a cura

di Fiandaca-Visconti, Torino, 2009, 63 ss.

567 ROSSI, La direttiva 2012/29/UE: vittima e giustizia riparativa nell’ordinamento penitenziario,

in Arch. Pen. online, 2015, 2, 9.

568 Il modello penale illuministico ha vissuto nell’illusoria convinzione di poter neutralizzare le

passione degli individui e di poterle razionalizzare in uno schema coerente di diritti e di doveri, è anche vero che è proprio grazie a quel sistema che sono entrati nella nostra tradizione penalistica principi fondamentali di garanzia, quali il principio di proporzione, il principio di legalità, la tutela dei diritti fondamentali ecc. Sul tema, VISCONTI, Mediazione penale e giustizia minorile. Appunti

critici a margine dell’esperienza palermitana, in SottoTraccia. Saperi e percorsi sociali, 2011, 6,

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neutralismo del diritto dialoghino vicendevolmente e si intersechino in funzione di sintesi»569.

Ci si muove nel campo di una giustizia emotiva, ma non per questo meno giusta570.