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Il diritto del capo di casa (das Hausherrenrecht)

I. Il diritto della società domestica nella Rechtslehre

1. Il diritto della società domestica

1.4. Il diritto del capo di casa (das Hausherrenrecht)

Il legame tra genitori e figli ha un termine; legato al pro- cesso formativo del figlio, finisce con esso anche dal punto ––––––––––

I. Il diritto della società domestica nella Rechtslehre

39 di vista giuridico. L’essere bambino decade con la maggiore età, e la determinazione di questo momento ricade sotto il titolo del diritto del capo di casa. Il paragrafo 30 definisce tale passaggio:

I figli della casa, che con i genitori hanno costituito una famiglia [Familie], diventano maggiorenni (maiorennes), cioè signori di sé stessi [ihre eigene Herren] (sui iuris) anche senza un contratto che disdica la loro precedente di- pendenza, col semplice raggiungimento delle capacità del proprio sostentamento (così come avviene in parte come naturale maggiore età secondo il corso generale della natura, in parte secondo le loro particolari caratte- ristiche naturali), e acquistano questo diritto senza alcun atto giuridico particolare, quindi semplicemente secon- do la legge (lege) – non devono niente ai genitori per la loro educazione, così come questi ultimi a loro volta si liberano proprio nello stesso modo del loro obbligo nei confronti di quelli, di conseguenza entrambi conquista- no la loro libertà o la riconquistano – ma la società do- mestica, che era necessaria secondo la legge, d’ora in poi si scioglie36.

Il termine famiglia compare qui per la prima volta, ad in- dicare il rapporto di comunità tra genitori e figli. La condi- zione della maggiore età viene raggiunta dal minore senza alcun contratto, ma lege, non appena il figlio è autonomo, e ciò avviene sia sulla base della naturale maggiore età, vale a dire secondo un criterio generalmente valido, sia in relazione alle particolari qualità della persona: non viene dunque defi- nita un’età precisa, ma la maturità è dipendente anche da una componente soggettiva. Come l’età, anche il sesso del mino- re non è definito in alcun modo.

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Dal momento in cui i figli non sono più minori, entrambe le parti sono liberate da ogni obbligazione e responsabilità, sia per il passato, sia per il futuro.

Entrambe le parti possono ora veramente conservare proprio la stessa casa, ma in un’altra forma di impegno, cioè in quanto associazione del padrone di casa con la servitù (i servi e le serve), dunque proprio questa socie- tà domestica, ma ora come società del capo di casa [hau- sherrliche] (societas herilis), attraverso un contratto secondo il quale il primo con i figli diventati maggiorenni, o, se la famiglia non ha figli, con altre persone libere (la co- munità domestica [Hausgenossenschaft]37) istituiscono una

società domestica, che sarebbe una società ineguale (di colui che comanda, o del potere e di coloro che ubbidi- scono, cioè della servitù (imperantis et subiecti domestici))38.

È possibile che le parti ricostituiscano tramite contratto tale società, che diviene la “società del capo di casa”, o, se i coniugi stipulano un contratto con persone libere ed esterne alla famiglia, una comunità domestica (Hausgenossenschaft) fondata sulla mutua solidarietà dei suoi membri. Si pone qui, nuovamente, la necessità del diritto personale di specie reale, trattandosi di relazioni strutturalmente ineguali. Kant deve di nuovo risolvere un problema di ineguaglianza fondante, che è più complesso dei precedenti, in quanto non sembra, nep- pure dalla sua definizione, necessario quanto gli altri.

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37 Il termine Genossenschaft, da Genossen, significa, letteralmente, cooperati-

va. Il Grimm indica con Genossenschaft, una comunità di mutua solidarietà, anche spirituale. Con Hausgenosse si intende “Mitbewohner desselben Hau- ses” (Goethe), contrapposto al proprietario di casa. J.L. Grimm, Deutsches

Wörterbuch, 1854. Hausgenossenschaft compare anche in Religion (Rel B 144 A

136; cfr. capitolo terzo, paragrafo secondo).

I. Il diritto della società domestica nella Rechtslehre

41 La servitù fa parte ora del patrimonio del padrone e precisamente, per quel che riguarda la forma (lo stato patrimoniale) proprio come secondo un diritto reale; in- fatti il padrone può ricondurre la servitù, se essa fugge, in suo potere con un atto di arbitrio unilaterale; per quel che riguarda la materia però, cioè quale uso egli possa fare di questa sua cooperativa domestica, egli non può comportarsi come un padrone della stessa (dominus servi): poiché egli l’ha portata in suo potere soltanto at- traverso contratto; un contratto però, con il quale una parte rinuncia a tutta la sua libertà a vantaggio dell’altra, quindi cessa di essere una persona, di conseguenza non ha neanche l’obbligo di rispettare un contratto, bensì ri- conosce solo il potere, contraddice se stesso, cioè è nul- lo e non valido. (Qui non si parla del diritto di proprietà nei confronti di chi abbia perduto la sua personalità a causa di un crimine.)39.

La soluzione che Kant sembra trovare è, come in prece- denza, di diritto: il domestico non potrebbe mai concludere un contratto in cui rinunci alla propria personalità, poiché ogni azione successiva a tale contratto non avrebbe alcun valore, essendo compiuta appunto da un essere senza perso- nalità. Per tale ragione prosegue affermando che tale contrat- to, non può trasformare l’uso (Gebrauch) dei domestici in a- buso (Verbrauch).

A garanzia di ciò pone una serie di condizioni particolari; la prima di esse è che entrambe le parti coinvolte nel contrat- to possano giudicare in merito al comportamento del capo di casa40. In secondo luogo, il contratto deve poter essere re-

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39 Ibidem.

40 Sulla correttezza del trattamento riservato ai domestici, infatti, precisa

che “il giudizio non spetta semplicemente al capo di casa, bensì anche ai domestici (che dunque non possono mai essere servi della gleba [Leibeigen-

scindibile dalle parti, e dunque non può essere concluso per tutta la vita; a questo proposito, nella prima edizione dell’opera Kant aveva ritenuto sufficiente tale condizione, ammettendo la possibilità di concludere il contratto anche per un tempo indeterminato; tuttavia, la seconda edizione aggiunge un ulteriore limite, ove tale contratto è possibile “al massimo solo per un tempo determinato”41. Il domestico

presta un lavoro di cura retribuito e vive all’interno della fa- miglia cui appartiene, e ciò contraddistingue la sua posizione dalla semplice condizione del lavoratore dipendente.

La necessità del titolo misto trova infine conferma anche nel terzo caso, poiché se il capo di casa è autorizzato a ri- prendere il domestico fuggito prima ancora che sia possibile verificare le ragioni di tale fuga e l’eventuale fondamento del diritto del fuggiasco, la condizione della servitù nella comu- nità domestica ha bisogno di particolari garanzie, a tutela delle quali i diritti reali e i diritti personali non sono suffi- cienti.