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Progettare la famiglia

L’organizzazione della vita familiare nelle democrazie oc- cidentali ha subìto nell’ultimo quarto di secolo mutamenti sostanziali. Si registrano un forte incremento delle unioni non fondate sul matrimonio e l’acquisto di visibilità delle relazioni omosessuali; così come emergono composizioni familiari che esulano dalla tradizionale famiglia eterosessuale e monogamica, siano le cosiddette famiglie allargate o fami- glie multietniche; fatti a partire dai quali l’opinione pubblica, e con essa giuristi e filosofi delle scienze sociali riconoscono comunemente la necessità di un ripensamento del concetto stesso di famiglia. In che misura è possibile definire la fami- glia o le famiglie in maniera più comprensiva nonostante e attraverso i cambiamenti in corso nell’organizzazione delle forme di aggregazione sociale?

Tali questioni sono tanto più complesse quando chiama- no in causa temi legati alla riproduzione (quali la regolamen- tazione della riproduzione assistita, dalla riproduzione artifi- ciale alla clonazione) e problemi implicati nella definizione della genitorialità, in particolare nella formulazione dei requi- siti della famiglia ideale nel “miglior interesse per il bambi- no”. La discussione pubblica sulle forme della prima comu- nità a fondamento dell’organizzazione sociale, così come l’analisi giuridica e filosofica dell’istituzione domestica, si in- contra e si scontra su un punto nodale, ovvero la definizione del concetto di famiglia naturale.

È ancora possibile parlare di una società domestica natu- rale senza che tale concetto sia prima analizzato ed, even- tualmente, riformulato? Tale tema trova nel femminismo il terreno di un ricco dibattito nella forma di una vasta produ-

zione teorica. Le diverse correnti del movimento politico femminista, sviluppatesi a partire perlomeno dagli anni Set- tanta del secolo appena trascorso, si pongono come obietti- vo comune l’eliminazione della subordinazione delle donne1

riconoscendo nella famiglia tradizionale il luogo principale in cui tale subordinazione ha origine. Il femminismo funge così da vero e proprio motore delle trasformazioni all’interno della vita familiare e contribuisce in modo consistente al di- battito teorico sulla famiglia.

1. Famiglia privata e famiglia pubblica

Mettendo criticamente in discussione la forma della fami- glia tradizionale eterosessuale e fondata sul matrimonio mo- nogamico, la teoria femminista contribuisce ad una riformu- lazione della sua stessa definizione. Di tale definizione discu- te criticamente i valori sottostanti e tradizionalmente fondati, spesso in modo implicito, su quattro presupposti: la naturali- tà della famiglia legittima, il canone dell’eterosessualità, l’opposizione tra status e contratto e, infine e più in generale, i valori propri delle democrazie occidentali, pur sempre me- no omogenee dal punto di vista culturale2.

Se non è questa la sede per una ricostruzione approfondi- ta delle origini e degli sviluppi del movimento femminista, ci preme tuttavia sottolineare che a partire dalla produzione teorica dei primi anni Settanta è possibile rintracciare alcuni elementi di un processo, che ai fini di questa ricerca è utile, ––––––––––

1 Cfr A. Jaggar, Feminist Politics and Human Nature, Rowman and Allan-

held, Totowa 1983, p. 5.

2 Cfr. per una lettura di questi temi da un punto di vista giuridico M.R.

Marella, Family Inside/Out. Tensioni nel diritto occidentale,

V. Progettare la famiglia

197 pur brevemente, delineare3. Sul piano di fatto il femminismo

riconosce e mostra chiaramente che nonostante le donne abbiano ottenuto quasi dappertutto la cittadinanza formale, esse restano svantaggiate perché per lo più destinate alla sfe- ra domestica, la quale si configura come un luogo di priva- zione di diritti. È certo possibile osservare che molte donne oggi godono, non solo formalmente, degli stessi diritti degli uomini; tuttavia la fondazione della società domestica riposa, più o meno esplicitamente, sull’assunto non discusso che le donne siano responsabili in via principale della gestione della casa e della cura dei figli; e tale postulato genera un processo di aspettative che condizionano la vita delle donne fino a costituire per esse una reale limitazione alla libertà di scelta. Tale limite, viceversa, solo in via secondaria condiziona gli uomini. Il movimento ha così legato alle proposte politiche per la liberazione e l’emancipazione delle donne la questione teorica, più ampia e più complessa, dei modi in cui si struttu- rano le abitudini ed i costumi nella vita privata e familiare. Germaine Greer afferma che “il personale è politico”. A par- tire da una critica radicale alla costruzione dei ruoli maschili e femminili e della stessa sessualità, lo slogan della Greer a- pre la strada che porta la filosofia femminista, principalmen- te nordamericana, a sostenere che per mettere in discussione la privatezza della sfera familiare e per sottrarla dalla zona d’ombra in cui è stata confinata è necessario discutere criti- camente la ben più pervasiva dicotomia tra “pubblico” e ––––––––––

3 Tra le opere femministe degli anni Sessanta-Settanta che sono state e

sono tuttora considerate un punto teorico di comune riferimento ricordia- mo: B. Friedan, The Feminine Mystique, New York, 1963; G. Greer, L’eunuco

femmina, cit.; K. Millet, Sexual Politics, Doubleday & Company Inc.,1970; S.

Firestone, The Dialectic of Sex, Morrow, New York 1970; L. Irigaray, Speculum.

“privato”4. Il fuoco di questo dibattito si sposta così dalle

donne alla società domestica, assumendo che la famiglia, tra- dizionalmente considerata “privata”, è in realtà forgiata dal pubblico e in primo luogo dal diritto. Per tale ragione diritto e politica non possono esimersi dal riconsiderarne il proces- so di definizione, ovvero dall’affrontare il problema di come il diritto definisce i rapporti familiari; ciò, in particolare, alla luce del fatto che tali relazioni restano in varie forme escluse dalla regolamentazione. Significativamente, le lesioni dei di- ritti umani che nelle democrazie occidentali trovano spazio, in misura maggiore di ogni altra, nella forma di violenze fa- miliari, le disuguaglianze legate alla divisione di ruoli sessuali nella distribuzione del carico di lavoro domestico, e le ingiu- stizie rese note ogni anno dai dati sulla femminilizzazione della povertà, indicano che il problema della giustizia nella famiglia resta da secoli per alcuni soggetti deboli (le donne e i bambini) un problema attuale e trasversale alle diverse cul- ture e società5, tanto da non potere essere ulteriormente elu-

so.

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4 Come sostiene Carol Pateman, “la dicotomia pubblico/privato è al cen-

tro di quasi due secoli di letteratura e di lotta femministe; essa è, in ultima istanza, ciò di cui si occupa il movimento femminista” (C. Pateman, Feminist

Critiques of the Public/Private Dichotomy, in A. Phillips (a cura di), Feminism and Equality, Blackwell, Oxford 1987, p.103). Si vedano anche, su questo, le ri-

cerche di Laura Balbo e di Chiara Saraceno in Italia (cfr. L. Balbo, Stato di

famiglia. Bisogni, privato, collettivo, Franco Angeli, Milano 1976; S. Piccone Stella,

C. Saraceno, Genere. La costruzione sociale del maschile e femminile, Il Mulino, Bo- logna 1996). L’analisi più esauriente e più recente sul tema resta quella di S.M. Okin, Le donne e la giustizia, cit.

5 Molti sono i dati delle Nazioni Unite, emersi anche nel corso delle Confe-

renze Mondiali delle Donne, l’ultima delle quali si è svolta a Pechino nel 1995, che mostrano che le donne sono, in ogni cultura, generalmente svantaggiate (per i documenti originali, cfr. <http://www.iisd.ca/linkages/4wcw/>; cfr.