Il problema delle usurae usurarum viene preso in considerazione da Ulpiano dopo aver illustrato la disciplina delle usurae oltre il limite legale del 12% e supra duplum. In quest’ambito sembra che Ulpiano esamini le usurae usurarum insieme alle usurae supra
duplum perché esse rappresentano i casi più gravi di usurae illicitae, tanto che, a
differenza del paragrafo precedente, il giureconsulto afferma perentoriamente che non possono essere oggetto di stipulatio né può essere richiesto in giudizio quanto previsto in un negozio del genere352.
Nell’ambito della disamina delle usurae illicitae di Ulpiano emerge dunque una sorta di climax ascendente di ipotesi di usurae in base all’onerosità per il debitore: è stato esaminato il regime delle usurae supra legitimum modum e successivamente quello delle usurae supra duplum e delle usurae usurarum dedotte in stipulatio. La maggiore delicatezza e gravità degli ultimi due casi presi in esame da Ulpiano risulta, oltre che dalla specificità della trattazione, che fa riferimento altresì al negozio mediante il quale i divieti vengono violati ed elusi, dall’utilizzo della particella avversativa autem, che sottolinea il fatto che, una volta concluso l’esame della violazione del limite della
centesima, si passi all’esame di situazioni più complesse che necessitano una disciplina
più rigorosa353.
Di conseguenza, per quel che riguarda l’oggetto dei divieti esaminati in D. 12.6.26.1, risulta forse affrettata l’ipotesi della dottrina più recente, che ha ritenuto che il divieto di usurae usurarum sia stato preso in considerazione da Ulpiano in via meramente incidentale, in relazione al più ampio divieto delle usurae supra duplum354.
La trattazione del divieto di usurae usurarum potrebbe essere stata affiancata a quella del divieto di usurae supra duplum perché entrambi si riferiscono ad ipotesi in cui si sarebbe verificata una forte sperequazione ai danni del debitore, dal momento che costui sarebbe risultato obbligato a corrispondere interessi molto più elevati rispetto al
352 L. SOLIDORO MARUOTTI, Sulla disciplina, cit., 563 s..
353 Il testo contenuto in D. 12.6.26.1 è stato di sovente interpretato dalla dottrina in funzione del divieto supra duplum, un esempio è dato dalla traduzione di A.PIKULSKA, Anatocisme, cit., 442, nt. 28 «on ne peut ni demander, ni stipuler les intérêts, ni les intérêts des intérêts au-delà du
duplum, ainsi que les intérêts qui ne sont pas exigibles», A. MURILLO VILLAR, Anatocismo, cit., 502; G. CERVENCA, Sul divieto, cit., 291; L. SOLIDORO MARUOTTI, Sulla disciplina, cit., 564.
354 F. FASOLINO, Studi, cit., 42; A. MURILLO VILLAR, Anatocismo, cit., 502 s.; A. PIKULSKA,
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12%, anche se, come già visto, la violazione del divieto di usurae supra duplum non implica in automatico una violazione del divieto di superare il 12%.
Invero, le ipotesi prese in esame da Ulp. D. 12.6.26.1 vengono equiparate dal punto di vista della disciplina: è infatti vietato dedurre usurae supra duplum e usurae
usurarum in stipulatio, tuttavia il giureconsulto non specifica le caratteristiche della stipulatio conclusa in violazione di questi divieti, asserisce piuttosto che non se ne può
esigere l’adempimento e, se gli interessi vengono comunque pagati, possono essere ripetuti dal solvens attraverso la condictio indebiti355.
Il riferimento alle futurarum usurarum usurae risulta utile per intendere il divieto di usurae usurarum in modo autonomo: il passo specifica che le usurae calcolate sulle
usurae scadute sono vietate come le usurae calcolate sulle usurae non ancora scadute;
sembra dunque che tale assimilazione abbia lo scopo di sottolineare che le usurae calcolate sugli interessi scaduti sono riprovevoli allo stesso modo di quelle sugli interessi non ancora scaduti356.
Questo riferimento potrebbe essere stato aggiunto dai compilatori giustinianei357
ma l’accostamento delle usurae usurarum alle futurarum usurarum usurae è comunque utile per intendere il modo in cui i compilatori percepirono ed interpretarono la
355 A. MURILLO VILLAR, Anatocismo, cit., 502 s.; A. PIKULSKA, Anatocisme, cit., 442. In dottrina si è sviluppata anche una diversa ipotesi che sostiene che nel caso in cui fossero richiesti in giudizio interessi supra duplum o usurae usurarum operasse il rimedio della riduzione conservativa degli interessi. Non viene tuttavia chiarito il funzionamento processuale di questa ipotesi. L. SOLIDORO MARUOTTI, Sulla disciplina, cit., 565 ha infatti sostenuto, attraverso una lettura combinata di Ulp. D. 12.6.26.1, Pap. D. 22.1.9 pr e Marc. D. 22.1.29 , che «l’inutilità della
stipulatio è soltanto parziale: il debitore è tenuto a corrispondere il capitale e…gli interessi al
tasso legale. È dunque chiaro che, secondo l’opinione del giureconsulto, la convenzione avente ad oggetto usurae supra modum è nulla, nei limiti in cui essa risulta incompatibile con il precetto normativo. La tendenza giurisprudenziale a rendere utilizzabili le stipulazioni di interessi supra
modum si evince con chiarezza ancora maggiore da: D 22.1.17 pr…».
356 Una parte della dottrina ritiene infatti che dovette verificarsi con una certa frequenza che il debitore, al momento dell’accordo sul prestito, si obbligasse tramite stipulatio a corrispondere ulteriori interessi nel caso scadessero quelli semplici.C. VITTORIA, Le ῾usurae usurarum᾿, cit., 311.
357 A. GUARINO, Diritto, cit., 800, nt. 66.5.1. sottolinea che «l’interpolazione è resa evidente dalla lettura di Iust. CI. 4.32.28 (a. 529) – il fenus improbum, cioè ogni ipotesi di usure illecite, di eccesso nel tasso degli interessi e di approfittamento usuraio, dette luogo quantomeno al diritto alla ripetizione del quantum pagato»; B. BIONDI, Il diritto romano cristiano, I. Orientamento religioso
della legislazione, Milano, 1952, 247 ritiene che il divieto di anatocismo si riferisse esclusivamente
all’anatocismo legale; in senso contrario M. KASER, Das römische Privatrecht, cit., 497, nt. 32; G. BILLETER, Geschichte, cit., 271 s.; mentre G. CERVENCA, Sul divieto, cit., 293; L. SOLIDORO MARUOTTI, ῾Ultra sortis᾿, cit., 172; F. FASOLINO, Studi, cit., 41 ritengono il passo sostanzialmente genuino.
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disciplina vigente in ordine al divieto di anatocismo tra il II ed il III secolo d.C.: nel senso dell’esistenza di un divieto autonomo degli interessi sugli interessi e non in relazione al limite del duplum.
Non ci è dato sapere a quale periodo risalga l’introduzione del divieto di usurae
usurarum a Roma. Come abbiamo visto, dalle fonti extragiuridiche risulta che Lucullo,
durante il suo proconsolato in Asia Minore, tra il 72 e il 70 a.C. vietò l’anatocismo in modo assoluto, pena la perdita del credito358.
Cicerone invece, che fu proconsole in Cilicia a partire dal 51 a.C., sancì l’ammissibilità dell’anatocismo anniversario e in tal modo trovò una soluzione di compromesso per bilanciare gli interessi della classe dei cavalieri e permettere alla città di Salamina di liberarsi da un debito eccessivamente oneroso, ma non risulta che tale ῾Kompromißvorschlag᾿ ricevette effettiva applicazione. Lo stesso Cicerone racconta all’amico Attico dell’esistenza di un senatusconsultum del 51 a.C. che potrebbe aver vietato l’anatocismo, di cui purtroppo non abbiamo altre notizie359.
Dunque nessuna fonte testimonia chiaramente l’avvenuta introduzione del divieto di usurae usurarum a Roma e possiamo limitarci prospettare ipotesi e cogetture360.
Non c’è traccia nelle fonti di riferimenti alla portata del divieto, tuttavia il fatto che gli interessi sugli interessi non siano mai menzionati in relazione al limite del 12% ed invece siano di sovente affiancati al divieto generale del supra duplum induce a ritenere che il limite della centesima non fosse operativo nei confronti di essi361.
Dall’altro lato la trattazione simultanea del divieto di anatocismo e di quello di usurae
supra duplum, come visto in precedenza, aveva probabilmente lo scopo di associare i
due fenomeni dal punto di vista delle conseguenze giuridiche, in quanto costituivano
358 V. supra 58 ss.
359 Così afferma Cicerone.: Cic. Ad Att. V.21.12, VI.1.15 e VI.2.7, v. supra 74 ss.
360 Per quanto riguarda il divieto del duplum, e solo in via di ipotesi le usurae usurarum, L. SOLIDORO MARUOTTI, ῾Ultra sortis᾿, cit., 172 e 179 ritiene che siano stati introdotti a Roma da una lex imperfecta, da un senatoconsulto o da una costituzione imperiale. Infine propende per la
costituzione imperiale argomentando che «un primo indizio di carattere generale a favore di questa congettura è costuito dalla frequenza delle disposizioni emanate dalla Cancelleria in materia di usurae, a partire dai primi decenni del III sec. d. C.», come ulteriore indizio l’A. cita proprio D. 12.6.26 pr che riporta un rescritto di Settimio Severo. A favore della vigenza del divieto del supra duplum nell’età dei Severi depone il frammento di Papiniano contenuto in Pap. D. 22.1.9 pr G.CERVENCA,Sul divieto, cit., 297, giustamente ritiene che il divieto era riferito
esclusivamente alle usurae convenzionali per tutta l’età classica e oltre, sino a Giustiniano, che lo avrebbe esteso anche alle usurae legali; in senso contrario: B. BIONDI, Diritto, cit., 247.
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violazioni più gravi rispetto al superamento del limite della centesima. In tal senso si esprime il passo dei Basilici corrispondente a D. 12.6.26.1.
B. 24.6.26.1: Ὺπὲρ τò διπλοῦν οὐκ ἐπερωτᾶται τόκος, οὔτε ἀπαιτεῖται∙ οὔτε τόκος τόκου, ἢ τῶν μελλόντων τόκων τόκος· καὶ καταβληθεὶς ἀναλαμβάνεται362.
Il passo separa le tre diverse situazioni: anzittutto prende in considerazione i τόκος ὑπὲρ τò διπλοῦν, poi gli interessi sugli interessi (τόκος τόκου) ed infine gli interessi sugli interessi futuri (τῶν μελλόντων τόκων τόκος). Il riferimento agli interessi composti non è accanto al limite del duplum (ὐπὲρ τò διπλοῦν) ma si coordina (οὔτε... οὔτε) come un divieto autonomo. Anche nei Basilici compare l’accostamento tra interessi sugli interessi scaduti e interessi sugli interessi futuri.
Ciò trova ulteriore riscontro nel modo in cui i divieti sono tra loro coordinati: mentre il divieto di τόκος ὑπὲρ τò διπλοῦν è accostato al divieto di τόκος τόκου attraverso la congiunzione negativa οὔτε, perché entrambi non possono essere dedotti in stipulatio (οὐκ ἐπερωτᾶται) né essere richiesti in giudizio (οὔτε ἀπαιτεῖται), il τόκος τόκου ed il μελλόντων τόκων τόκος sono coordinati dalla particella disgiuntiva ἢ. È dunque probabile che il divieto di anatocismo costituisse un divieto autonomo nel diritto romano classico, disciplina riportata senza alterazioni dalla traduzione bizantina dei Basilici.
Il senso complessivo del passo è dunque questo: gli interessi sugli interessi scaduti o non scaduti sono vietati, non possono essere oggetto dell’obbligo del
promissor, né esigersi in giudizio, e se pagati possono essere ripetuti (καὶ καταβληθεὶς
ἀναλαμβάνεται)363. Esso corrisponde sostanzialmente al contenuto di Ulp. D.
12.6.26.1, ma permette di dedurre con maggiore sicurezza che i divieti analizzati fossero tra loro autonomi.
362 H.J. SCHELTEMA, Basilicorum Libri LX, A III, Groningen, 1960, 1167; C.G.E. HEIMBACH,
Basilicorum Libri LX, III, Lipsiae, 1843, 35, Ultra duplum usurae in stipulatum non deducuntur, neque exiguntur: neque usurae usurarum, vel futurarum usurarum usurae: et solutae repetuntur.
363 G. CASSIMATIS, Les intérêts, cit., 61 ss.; M. KASER, Das römische Privatrecht, cit., 497, nt. 32; G. BILLETER, Geschichte, cit., 271 s.; . CERVENCA, Sul divieto, cit., 293; L. SOLIDORO MARUOTTI, ῾Ultra sortis᾿, cit., 172; R. HERRERA BRAVO, ῾Usurae᾿, cit., 56; in senso contrario F. FASOLINO, Studi, cit., 42; A. MURILLO VILLAR, Anatocismo, cit., 502 s.; A. PIKULSKA, Anatocisme, cit., 442.
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5. Le conseguenze giuridiche derivanti dalla violazione del divieto di usurae