• Non ci sono risultati.

La testimonianza di Tacito in materia di prestiti ad interesse (Tac Ann VI.16): le

Se si ammette la concordanza tra le asserzioni di Livio e quelle di Appiano e si leggono queste ultime alla luce di quanto affermato da Tacito negli Annales, emerge un ineludibile quesito: perché Tacito utilizza il termine versura anziché foenus o foeneratio? Forse egli intendeva far riferimento ad un concetto diverso da quello di prestito oneroso?

L’indizio fondamentale per intendere versura nel senso di foenus è l’incalzante successione dei provvedimenti che Tacito rammenta: in un primo momento fu stabilito l’interesse massimo dell’unciarium fenus, poi ridotto alla metà, ed infine fu vietata la

versura148. Sembrerebbe trattarsi, prima facie, di una serie di provvedimenti nati

dall’aggravamento della situazione dei debitori e dalla volontà dei governanti di porvi rimedio tramite una serie di limitazioni normative nei confronti delle usurae149.

Ciò è confermato dalle parole di Tacito: multisque plebis scitis obviam itum

fraudibus, quae totiens repressae miras per artes rursum oriebatur, lo storico riporta infatti

che molte altre norme furono emanate successivamente al fine di reprimere le frodi150.

Il termine versura nel periodo fra la fine della Repubblica e l’inizio del Principato non si ritrova nelle fonti giuridiche ma esclusivamente in contesti extragiuridici151. Esso

deriva dal verbo verto, che significa in primo luogo volgere o rivolgere, ma altresì cambiare, mutare o trasformare152. L’analisi del significato di questa espressione è stata

collegata all’attività del debitore che potrebbe determinare il cambiamento del creditore, in quanto questi avrebbe potuto prendere in prestito una somma di denaro da un terzo per pagare un debito contratto in precedenza con altro creditore. È assai probabile che questo meccanismo fosse utilizzato quando non era ancora rifinito lo schema della delegazione di pagamento153.

148 K. WILLE, Die Versur, cit., 133 s. 149 Tab. 8.18 a: FIRA, I, 61, nt. 18.B. 150Tac. Ann. VI.16, parte finale del §2.

151 Cic. ad Att. IV.4.3; V.1.2; V.5.2; V.6.2; V.9.2; V.10.4; V.12.2; V.13.3; VII.3.11; VII.8.5, X.15.4; XV.20.4; XVI.2.2; XVI.15.5; inoltre in Verr. LXXVI.186; Tusc. I.42.100; e in altri Autori: Nepo, De

vir. ill., Att. (XXV).II.4 e IX.5; Sen. Ad Lucil. XIX.10; De benef. V.8; Plin. Nat. Hist. XIX.4.19.

152 Vocabularium Iurisprudentiae Romanae, V, Berlin, 1939, 1312, riporta come significato primario di verto: mutare, transferre.

153 Depongono parimenti in tal senso tre lemmi del commento di Aelius Donatus al Phormio di Terenzio (V.2.15): 1. Versuram solves creditorem mutas. 2. Versuram solvere versuram facere dicitur,

cum quis alienum aes aere alieno solvat. 3. Dicitur etiam versuram facere, qui cum minore faenore acceptam pecuniam maiore occupat. Donato individua l’essenza della versura nel cambiamento del

52

Da questo concetto iniziale di prestito contratto per pagare un altro debito, il termine versura passò probabilmente a delineare l’assunzione di un prestito ad un determinato tasso d’interesse al fine di effettuare con la somma di denaro ricevuta, un altro prestito ad un tasso d’interesse maggiore. Si tratta di due significati diversi ma affini.

La definizione data nel de verborum significatu di Festo conferma queste diverse sfumature semantiche: versuram facere, mutuam pecuniam sumere, ex eo dictum est, quod

initio qui mutuabantur ab aliis, non ut domum ferrent, sed ut aliis solverent velut verterent creditorem154.

La precisazione del concetto di versura ha causato una vivace querelle dottrinale, che ha portato all’elaborazione di diverse ipotesi sul suo significato155:

1) addizione al capitale degli interessi scaduti per il calcolo di ulteriori interessi (Niebhur, Billeter, Pandettistica)156;

2) prestito di una somma di denaro da un terzo per pagare un debito precedentemente contratto o prestito contratto ad un determinato tasso d’interesse e mutuato ad interesse superiore (Sacconi, Bianchini, Thür)157;

3) novazione del contratto tra debitore e creditore, mediante la quale si effettua la capitalizzazione degli interessi ovvero l’addizione degli interessi scaduti al capitale. Si

darlo al suo creditore iniziale. Inoltre la parola versura è individua l’operazione con la quale si prende in prestito una somma ad un certo interesse e la si dà in prestito ad un interesse maggiore, come si evince dal punto 3 del commento di Elio Donato. Il passo commentato è il seguente: Phormio V. 2.15: Quid fiet? In eodem luto haesitas; versuram solves...; G. SACCONI, Ricerche

sulla delegazione in diritto romano, Milano, 1971, 11 ss., deduce che «versura ha quindi il significato

di prestito ottenuto per pagare un debito. Versura può inoltre significare l’operazione con cui si prende in prestito una somma a un determinato interesse, concedendola poi a mutuo a un interesse maggiore».

154 Epitome di Paolo Diacono del de verborum significatu di Festo: Pauli excerpta ex l. Pompei Festi

de sign. verb. 520.3 (ed. Lindsay).

155 G. POMA, Il plebiscito, cit., 73, ha ritenuto che il concetto di versura fosse in realtà assai semplice, infatti «chi ricorre alla versura per chiudere un buco ne apre un altro, mutando solo il creditore».

156B.G. NIEBUHR, Römische Geschichte, cit., 46 ss.; G. BILLETER, Geschichte, cit., 138 s.; F. GLÜCK,

Commentario, cit., 69.

157 G. SACCONI, Ricerche, cit., 12 ss.; M.G. BIANCHINI, Cicerone e le singrafi, cit., 271 ss; P. JOUANIQUE, Rec. a K. WILLE, Die Versur. Eine Rechtshistorische Abhandlung über die

Zinskapitalisierung im alten Rom, Berlin, 1984, in RHDFE, LXIII, 1985, 371 ss.; G. THÜR, Rec. a K. WILLE, Die Versur. Eine Rechtshistorische Abhandlung über die Zinskapitalisierung im alten Rom, in

53

tratterebbe di un espediente per eludere le norme limitatrici del tasso d’interesse attraverso l’utilizzo di promesse astratte di pagamento (Wille, Pikulska)158;

4) sinonimo di foenus ovvero prestito ad interessi (Tilli, Capone, Vittoria, Fasolino)159.

Da queste diverse concezioni si deduce che probabilmente la versura nacque come pratica di assumere un debito ad interessi elevati per saldare un debito pregresso ed ebbe una tale diffusione che finì per indicare qualsiasi prestito con interessi molto elevati. Questo processo di ampliamento semantico potrebbe essere stato verosimilmente influenzato dalla prassi dei creditori di annotare l’assunzione del prestito in una nuova linea della rubrica dell’acceptum rispetto al debito precedente160.

Ragionando in questi termini, le parole riportate negli Annales potrebbero essere intese da un lato come prova che già nel IV sec. a.C. fosse stato vietato l’anatocismo, altresì nella forma dell’anatocismus coniunctus, dall’altro lato come una proibizione generale del prestito ad interesse161.

Per orientarsi fra queste differenti opinioni è opportuno tener conto dello stato dell’economia nel momento storico al quale si fa riferimento. La situazione economica

158 Tale ipotesi fu teorizzata nei primi anni del 1900 dal Karlowa, O. KARLOWA, RRG. II.1, Leipzig, 1901, 558; di recente seguito da: K. WILLE, Die Versur, cit., 56, conclude che «die versura ist eine Vereinbarung zwischen den Parteien eines verzinslichen Darlehens, mit der die nicht bezahlten Zinsen bei Fälligkeit dem Kapital hinzugeschlagen und das so aufgestocke Kapital erneut zinstragend vereinbart wird. Die zur Kapitalisierung verwendete syngrapha hebt das ursprüngliche Darlehen auf und ersetzt es durch ein auf eine höhere Schuldsumme lautendes neues Darlehen, hat also die Wirkung einer Novation»; A. PIKULSKA, Anatocisme, cit., 437, nt. 17, ritiene che la contrapposizione di significati sia in realtà sterile, in quanto si tratterebbe in realtà di due diverse sfumature di significato, «dans les textes juridiques relevants, versura peut prendre deux sens. D’une part, elle peut décrire un prêt contracté à un tiers pour payer l’ancienne dette (comme chez Cicéron) ou, comme le soutient K. Wille, une novation de la capitalization des intérêts. En fait il ne s’agit pas de duex sens distincts, mais de deux nuances sémantique. Dupoint de vue de la logique, nous avons affaire à un prêt comportant le principal augmenté d’ intérêts échus, où le nouveau créancier apparaît dans le premier cas, tandis que, dans le second, il n’apparaît pas».

159 G. TILLI, …῾Postremo᾽, cit., 152; P. CAPONE, Gli interventi, cit., 229;F. FASOLINO, Studi, cit., 28 ss.;C. VITTORIA, Le ῾usurae usurarum᾿, cit., 300.

160 P. CAPONE, Gli interventi, cit., 233; F. FASOLINO, Studi, cit., 30.

161 Nei commentari a Tacito l’utilizzo di questa espressione viene generalmente riferito al prestito ad interessi in generale: H. FURNEAUX, The Annals of Tacitus, I, London, 1934, 615, osserva in proposito «we know of law which can be here referred to other than cited by Livy from some chronicles as a ῾lex Genucia᾿ of 412, B. C. 342, ῾ne faenerare liceret᾿, which must be taken as forbidding not payment of fresh loan (the strict sense of ῾versura᾿), which would frequently involve paying compound interest, but all loans on interest whatsoever…»; altresì il R. MARTIN, Tacitus - Annals V&VI, Warminster, 2001, 136 che traduce semplicemente «finally interest was forbidden».

54

di Roma aveva subito una stagnazione nella metà del V sec. a.C. in seguito alla caduta dei re etruschi: l’assenza di vasi attici risalenti a questo periodo testimonia l’interruzione dei commerci con la regione ellenica. Ad essa seguì una fase di ripresa nel IV sec. a.C., dimostrata da ritrovamenti di vasellame in stile etrusco di produzione campana risalente alla metà del secolo. Questi ritrovamenti confermano un ampio sviluppo delle città di mare limitrofe rispetto a Roma che portò una nuova espansione dei traffici marittimi ed un maggior benessere economico per i soggetti in essi coinvolti162.

In questo contesto è probabile che i contatti con culture giuridiche differenti, in particolare con quella greca, abbiano portato alla diffusione del prestito feneratizio, che diventò un fenomeno incontrollabile da parte dei governanti, che intrapresero pertanto una politica di proibizione e di contenimento delle usurae, provata dalla frequenza e dalla quantità delle norme antifeneratizie emanate nel corso del IV secolo a.C.163

Questa peculiare situazione economica quasi certamente causò per i debitori l’impossibilità di pagare i debiti già contratti e la necessità di prendere altro denaro in prestito ad un tasso di interesse elevato per adempiere i debiti scaduti ed evitare che diventassero ancora più onerosi per il decorso degli interessi164.

Una parte della dottrina ha sostenuto l’inammissibilità per quei tempi di una disciplina che vietasse qualsiasi forma di prestito oneroso poiché la situazione economica non sarebbe stata matura per un provvedimento così drastico. In particolare è stato sostenuto che «un divieto del genere, se fosse stato osservato, non avrebbe potuto produrre altro che un esaurimento totale delle possibilità di credito monetario, salvo che quello derivante da vendita di prodotti con pagamento differito nel

162 F. DE MARTINO,Storia, cit., 29 ss.

163 F. DE MARTINO,Storia, cit., 145, con riferimento al provvedimento che determinò il passaggio

dall’aes signatum all’aes grave, ovvero la moneta di bronzo coniata, sottolinea «il fatto che poco

tempo dopo la data del 342 cui si attribuisce il plebiscito Genucio sul divieto dell’interesse, fosse introdotta una importante riforma monetaria non è senza significato. Vi erano problemi nuovi nell’economia, cui lo Stato era chiamato a far fronte, anche se il governo non era molto attentoai bisogni dei cittadini di disporre di mezzi monetari adeguati e si lasciava guidare da preoccupazioni relative ai suoi compiti diretti. Forse è anche in conseguenza di queste vicende che ricominciarono vigorose agitazioni, le quali ottennero con la lex Poetelia emanata nel 326 l’abolizione delle crudeli forme di esecuzione personale per i debitori insolventi».

164G. BILLETER, Geschichte, cit., 143 ss.;C. APPLETON, Le taux, cit., 529 ss.; G. TILLI, …῾Postremo᾽, cit., 147 ss.; G. POMA, Il plebiscito, cit., 74; P. CAPONE, Gli interventi, cit., 229;F. DE MARTINO,

Storia, cit, 24 ss.; L. FASCIONE, La legislazione, cit., 183; F. FASOLINO, Studi, cit., 30.;C. VITTORIA, Le ῾usurae usurarum᾿, cit., 300.

55

tempo»165. Secondo tale opinione la lex Genucia non stabilì tout court una proibizione

assoluta in relazione al prestito oneroso, ma introdusse un limite legale per gli interessi molto più basso di quello ammesso in precedenza ed il calcolo annuale anziché mensile degli stessi166.

Questa ricostruzione non coincide con le informazioni riportate da Tacito, dalle quali emerge la consapevolezza della differenza tra abbassamento del tassi d’interesse e totale proibizione degli stessi, e neanche con il significato che la parola versura assunse nei secoli successivi. Si tratta dunque, probabilmente, di una mera eleganza stilistica, utilizzata da Tacito per non ripetere il termine foenus167.

L’altra dottrina, che individua nel termine versura il significato di novazione del contratto volta a celare la capitalizzazione degli interessi, sostiene che con la lex Genucia fu finalmente vietato l’anatocismo, anche nella forma della capitalizzazione degli interessi scaduti168. Tale tesi sembra precorrere i tempi ed attribuire allo sviluppo

economico e finanziario della Roma del primo periodo repubblicano caratteristiche in realtà successive. Basti pensare che in quel periodo era stata appena introdotta la moneta mediante un processo lento e graduale di passaggio dall’aes rude all’aes

signatum, fino all’emissione dell’aes grave, la moneta coniata di bronzo e d’argento, che

si ritiene generalmente databile intorno al 338 a.C.169, dunque pochi anni prima rispetto

al plebiscito Genucio, ipotizzato intorno al 342 a.C. È assai improbabile che nel

165 F. DE MARTINO, Riforme, cit., 65.

166 P.A. BRUNT, Classi e conflitti sociali nella Roma repubblicana, Bari, 1972, 88 ss; F. DE MARTINO,

Storia, cit., 145 ss.

167 R. SYME, Tacitus, I, Oxford, 1958, 342 osserva infatti «Tacitus likes his words to be hard and fierce, heavy and ominous. The selections develops almost predictably - poetic, archaic, and elevated. Despite marked prefereces, he is abundant and varied, avoiding monotony (Sallust was not always successful), and risking innovations. Many Tacitean words are portentously rare; and the choice vocabulary is supported by free extensions of meaning».

168 K. WILLE, Die Versur, cit., 34 ss.

169 Il tema dell’introduzione della moneta a Roma è assai controverso in dottrina: il Mommsen ritiene che la monetazione iniziò in età decemvirale e basa questa affermazione sul fatto che la

lex Aterna Tarpeia del 451 a.C. prevedeva una multa in buoi e montoni mentre la successiva lex Iulia Papiria fissava una multa in denaro e le stesse XII Tavole fissavano le pene in valori

monetari; Alföldi ha invece spostato notevolmente in avanti tale data, ritenendo che debba farsi risalire al 269 a.C., in base al fatto che durante il periodo che precedette la guerra punica Roma vi sono testimonianze relative ad intensi traffici con gli alleati e con le colonie. Questa supposizione si scontra però col fatto che già nel IV sec. a.C. fosse stato introdotto il pagamento dello stipendium ai soldati ed è molto improbabile che esso venisse elargito in aes rude. Le fonti antiche in proposito non sono chiare: Plinio (Nat. Hist. XXXIII.3.43) e Livio (IV.59.2) concordano nel ritenere che la moneta d’argento fu coniata nel 269 a.C. ma prima di tale data la moneta circolava sicuramente in altre forme. Si veda per tutti:F. DE MARTINO, Riforme, cit., 55 ss.

56

frattempo il fenomeno della capitalizzazione degli interessi si sia diffuso a tal punto da esigere un provvedimento ad hoc.

I diversi contesti extragiuridici in cui si ritrova il lemma versura ne confermano la connotazione negativa. Ciò risulta da alcune testimonianze di Cicerone170 e di Seneca171,

fra le quali ad esempio:

Cic. Tusc. I.42.100: ..ego vero illi maxima gratiam habeo, qui me ea poena multaverit, quam

sine mutuatione et sine versura possem dissolvere;

Sen. De benef. V.8.3: ..Domi, quod aiunt versura fit et velut lusorium nomen statim transit;

neque enim alius quam accipit dat, sed unus atque idem. Hoc verbum ῾debere᾿ non habet nisi inter duos locum; quomodo ergo in uno consistet, qui se obligando liber.

Da questi frammenti emerge la contrapposizione tra il concetto di mutuatio, inteso come prestito gratuito, e quello di versura, inteso come prestito oneroso e

170 Tra le altre testimonianze di Cicerone: Cic. ad Att. V.1.2: ..que quidem ego utique vel versura facta

solvi volo, ne extrema exactio nostrorum nominum exspectetur; Cic. ad Att. V.15.3: mirifice delector hoc instituto. admirabilis abstinentia ex praeceptis tuis, ut verear ne illud quod tecum permutavi versura mihi solvendum sit; Cic. ad Att. V.21.2: cohorrui primo; etenim erat interitus civitatis. reperio duo senatus consulta isdem consulibus de eadem syngrapha. Salaminii cum Romae versuram facere vellent, non poterant, quod lex Gabinia vetabat; Cic. ad Att. VII.18.4: nec hoc tempore aut domi nummos Quintus habeat aut exigere ab Egnatio aut versuram usquam facere possit, miratur te non habuisse rationem huius publicae difficultatis; Cic. ad Att. X.15.4: de Quinto fratre scito eum non mediocriter laborare de versura sed adhuc nihil a L. Egnatio expressit; Cic. ad Att. XV.20.4: versuram scribis esse faciendam mensum quinque, id est ad Kal. Nov., HS C_C_; in eam diem cadere nummos qui a Quinto debentur; Cic. ad Att. XVI.2.2: non modo versura verum etiam venditione, si ita res coget, nos vindicabis; Cic. ad Att. XVI.15.5: non modo sed iniquissimo faenore versuram facere Aurelius coactus est; Cic. Cael. 17: Versuram numquam omnino fecit ullam; Cic. pro Cael. 38: Huic tristi ac derecto seni responderet Caelius se nulla cupiditate inductum de via decessisse. Quid signi? Nulli sumptus, nulla iactura, nulla versura; Cic. pro Flacc. 20: Duae rationes conficiendae pecuniae, aut versura aut tributo; nec tabulae creditoris proferuntur nec tributi confectio ulla recitatur; Cic. pro Flacc. 48: Fecit eadem omnia quae nostri debitores solent; negavit sese omnino versuram ullam fecisse Romae; Cic. pro Font.

11:..hoc praetore oppressam esse aere alieno Galliam. A quibus versuras tantarum pecuniarum factas esse

dicunt? a Gallis? Nihil minus; Cic. in Verr. II,2,186: Inspiciebamus Syracusis a Carpinatio confectas tabulas societatis, quae significabant multis nominibus eos homines versuram a Carpinatio fecisse qui pecunias Verri dedissent.

171 Sen. Ad Lucil. XIX, 10-11: Poterat tecum hac Mecenatis sententia parem faceret rationem. Sed

movebis mihi controversiam, si novi te, nec voles quod debeo, in aspero et improbo accipere. Ut se res habet ab Epicuro versura facienda est. 'ante' inquit, 'circuspiciendum est, cum quibus edas et bibas, quam quid edas et bibas. Nam sine amico visceratio leonis ac lupi vita est'. Hoc non continge, tibi, nisi secesserit: alioqui habebis convivas, quod ex tirba salutantium nomenclator digesserit.

57

vessatorio nei confronti del debitore; emerge altresì il significato del termine versura come debito contratto a condizioni molto svantaggiose per il bisogno impellente del debitore di pagare un altro debito172.

In conclusione risulta che probabilmente si verificò un ampliamento del significato della parola versura, che passò dall’essere intesa come prestito contratto ad interessi elevati per la necessità di pagare un debito anteriore, fino ad indicare qualsiasi prestito con interessi particolarmente gravosi. Questo processo è confermato da Cicerone e Seneca e dallo stesso Tacito, che quasi certamente usò il termine versura nel senso generale. Tale significato non si scontra con la possibilità che la versura potesse celare una capitalizzazione illecita degli interessi scaduti, ma non emerge con chiarezza che già nel IV secolo vi fosse una disposizione che vietasse l’anatocismo173.

172 Le testimonianze relative alla versura sono assia numerose. Alcune sono legate al nome di Attico: Nepo, De vir. ill., Att. (XXV).II.4: Nam praeter gratiam, quae iam in adulescentulo magna erat,

saepe suis opibus inopiam eorum publicam levavit. Cum enim versuram facere publice necesse esset neque eius condicionem aequam haberent, semper se interposuit atque ita, ut neque usuram umquam ab iis acceperit neque longius, quam dictum esset, debere passus sit; Nepo, De vir. ill., Att. (XXV).IX.5: Quin etiam, cum illa fundum secunda fortuna emisset in diem neque post calamitatem versuram facere potuisset, ille se interposuit pecuniamque sine faenore sineque ulla stipulatione credidit, maximum existimans quaestum memorem gratumque cognosci simulque aperiens se non fortunae, sed hominibus solere esse amicam.

173 Come prospettato dal Wille, che conclude il suo accurato approfondimento sulla versura affermando che «versura, quod nomen non invenitur in Corpore Iuris Civilis, neque ad mutationem

creditoris neque ad legem Gabiniam, sed ad anatocismum, qui nominatur coniunctus vel coniunctivus, pertinet. Qua versura conficitur anatocismus coniunctus, cum illa conventione usurae mutui faenebris dicto tempore non solutae in sortem rediguntur et creditor totius summae, id est et sortis et usurarum nondum solutarum, usuras stipulatur»,K. WILLE, Die Versur, cit., 142.

58

CAPITOLO SECONDO

LA FORMULAZIONE DEL DIVIETO DI ANATOCISMO IN AMBITO PROVINCIALE DURANTE IL I SECOLO A.C.

1. L'applicazione del divieto in ambito provinciale: la disciplina introdotta da Lucullo in Asia Minore tra il 72 e il 70 a.C. secondo la testimonianza di Plutarco.

È necessario attendere circa tre secoli prima di trovare dei documenti normativi