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Il luogo di lavoro nella IV Rivoluzione Industriale

4. I nuovi spazi di lavoro

4.1. Il luogo di lavoro nella IV Rivoluzione Industriale

problematici e risvolti ben più profondi rispetto a singole fatti-specie disciplinate nel nostro ordinamento (come lo smart wor-king), sembra avere notevoli ricadute su tutto il sistema, sebbene ancora non regolate dalla normativa vigente. A tal proposito an-che la società stessa, grazie agli sviluppi indotti dalla tecnologia informatica, dalla digitalizzazione e dalla robotica, si è ormai evoluta e sta continuando a farlo a ritmi incessanti: stiamo so-stanzialmente passando da una società della informazione – che, come affermato da M. WEISS, Digitalizzazione: sfide e prospettive per il diritto del lavoro, in DRI, 2016, n. 2, p. 651, è «sempre più carat-terizzata da forme di lavoro connesse alla tecnologia, il che ha come conseguenza la delocalizzazione (il lavoro può essere pre-stato da un luogo qualsiasi e non necessariamente predetermina-to) e la globalizzazione dei processi produttivi» – ad una società della conoscenza – basata sulla presenza di conoscenze altamen-te qualificaaltamen-te o di lavoratori creativi, molti dei quali sono attratti dalle comodità, dallo stile di vita e dalle opportunità commerciali che si trovano nei grandi centri urbani (A.C. JAMAL, Coworking spaces in mid-sized cities: A partner in downtown economic development, in Environment and Planning A: Economy and Space, 2018, vol. 50, n. 4, p. 773) – e da una società della conoscenza ad una società della

“conoscenza ubiqua”. In una società “ubiqua” (sullo stesso con-cetto si veda anche P.MASKELL, A.MALMBERG, The Competitive-ness of Firms and Regions: ‘Ubiquitification’ and the Importance of Local-ized Learning, in European Urban and Regional Studies, 1999, vol. 6, n. 1; B. MORISET, Building new places of the creative economy. The rise of the coworking spaces, paper presentato alla 2nd Geography of Innova-tion InternaInnova-tional Conference 2014, Utrecht, 23-25 gennaio 2014, pp.

3 ss.) le persone comunicano tra di loro, le macchine comunica-no con le persone ma, al tempo stesso, anche con altre macchi-ne, portando così all’avvento, già da tempo ipotizzato, del c.d.

“internet delle cose” come affermato nel rapporto J. KAIVO

-OJA, Il futuro del lavoro: la robotica, Documento di discussione EU-OSHA, 2015. «Le persone, che appartengono alla società della conoscenza e già vivono nei luoghi sociali della produzione della novità, presentano alcune caratteristiche che le differenziano in modo sostanziale da quelle che hanno abitato e continueranno ad abitare prevalentemente nelle altre società». Così in S. B A-GNARA, Il lavoro nella società della conoscenza, in L.GUAGLIANONE, F.MALZANI (a cura di), Come cambia l’ambiente di lavoro: regole rischi, tecnologie, Giuffrè, 2007, pp. 35 ss., in cui si afferma anche che i lavoratori della conoscenza necessitano in primis accesso facile e continuo alle “tecnologie della conoscenza” che costituiscono, sempre più spesso, il loro ambiente di lavoro. In questa prospet-tiva – afferma l’A. – «il posto di lavoro e il lavoro stesso sono in-stabili. […] Il comportamento delle persone nella società della conoscenza è caratterizzato proprio dalla flessibilità fra lavori, e dalla mobilità fra luoghi». In tale contesto rileva il contenuto in-formatico e intellettuale della prestazione, cioè quello che viene definito (richiamando un neologismo dottrinale accolto dalla giurisprudenza, si veda Cass. 7 giugno 2003, n. 9168, in RIDL, 2004, n. 1, II, p. 41) “lavoro mentefatturiero” in L.NOGLER, Gli spazi di lavoro nelle città tra innovazioni tecnologiche e “regressioni” inter-pretative, in A. OCCHINO (a cura di), Il lavoro e i suoi luoghi, Vita e Pensiero, 2018, p. 38, «al punto che uno dei maggiori pericoli per la salute dei lavoratori consiste ormai nell’insufficiente mo-vimento svolto durante il lavoro».

Secondo D.GAROFALO, Lavoro, impresa e trasformazioni organizza-tive, in AA.VV., Frammentazione organizzativa e lavoro: rapporti indivi-duali e collettivi. Atti delle Giornate di studio di Diritto del lavoro. Cassi-no, 18-19 maggio 2017, Giuffrè, 2018, p. 171, la trasformazione del lavoro comporta una nuova dimensione caratterizzata dall’interazione uomo-macchina (o algoritmo) che presuppone

«un nuovo ambiente, tutto da regolamentare, che è stato em-blematicamente chiamato da Floridi: “the infosphere”». Tuttavia, i mutamenti registrati non si esplicano soltanto a causa delle

nuo-ve tecnologie introdotte nell’ambiente lavorativo, bensì si incar-dinano nel concetto stesso di luogo di lavoro, sempre più sog-getto a trasformazioni. La digitalizzazione del lavoro, infatti, in-veste anche il concetto di luogo di lavoro: come sottolineato in M. MAGNANI, I tempi e i luoghi del lavoro. L’uniformità non si addice al post-fordismo, Working Paper CSDLE “Massimo D’Antona” – IT, 2019, n. 404, p. 2, tradizionalmente – da un punto di vista socio-logico – «l’essenza del lavoro subordinato è sempre stata ravvisa-ta nel trascorrere la giornaravvisa-ta in un luogo cui il lavoratore era (sravvisa-ta- (sta-to) estraneo (la fabbrica) mettendo a disposizione altrui, per un lasso di tempo uniforme e pre-determinato, le proprie energie lavorative». Oggi, invece, «non conta più solo lo spazio fisico di lavoro (c.d. biosfera), peraltro anch’esso rivoluzionato, ma anche quello aggiuntivo chiamato suggestivamente “infosfera” (con il cloud, i social network, ecc.)». Così anche in L.NOGLER, op. cit., p. 38, che, richiamando Floridi, sostiene anch’esso che «non conta più solo lo spazio corrispondente all’ambiente fisico (bio-sfera), ma anche quello aggiuntivo suggestivamente chiamato dell’infosfera», affermando altresì che la digitalizzazione ha rivo-luzionato la tradizionale organizzazione dello spazio di lavoro:

«il telefono fisso è scomparso a favore di soluzioni più efficienti gestite attraverso il computer, il fax è stato sostituito dai PDF che possono essere inviati via mail. I documenti non vengono più archiviati in forma cartacea nei contenitori di plastica o car-tone bensì ordinati nelle finestre digitali il cui ordine è figlio di quello che era il vecchio ufficio che ospitava il materiale carta-ceo». Nella stessa prospettiva si pone anche F. BUTERA, Uffici virtuali e uffici reali, Working Paper Fondazione Irso, 2018, affer-mando che sono tre i tipi di luoghi che tradizionalmente vengo-no associati all’idea di ufficio: l’ufficio-fabbrica (in cui impiegati e capi-ufficio scrivevano, archiviavano, calcolavano, spedivano, ecc.), l’ufficio direzionale (dell’imprenditore, manager, segretarie, grazie al quale era facile comunicare e riunirsi), l’ufficio laborato-rio/studio (popolato da ricercatori, professionisti, artisti che stu-diavano, elaboravano e creavano): «L’immagine tradizionale

dell’ufficio è stata per lungo tempo quella di un luogo, immagine evocata dall’espressione “vado in ufficio”» (ivi, p. 1), oggi mutata grazie alle trasformazioni tecnologiche e organizzative, che han-no permesso di digitalizzare i processi produttivi (in sostituzione delle c.d. “scartoffie”, ormai assorbite da pc e piattaforme digita-li) e di effettuare le medesime attività lavorative ovunque e in qualsiasi momento, con possibili ricadute sulla tradizione sepa-razione della sfera privata e lavorativa in quanto, come affermato in J. MESSENGER ET AL., Working anytime, anywhere: The effects on the world of work, Eurofound, ILO Research Report, 2017, p. 30, il confine tra lavoro e vita personale diventerà sempre più sfoca-to. È così che viene introdotta, come affermato in M. RICCI, In-terventi introduttivi, in AA.VV., op. cit., p. 12, «l’idea di una smateria-lizzazione dell’impresa, in quanto essa non si colloca in un unico luogo definito, non comportano comunque la negazione di loca-lizzazione, organizzazione e, soprattutto, di integrazione con l’ambiente circostante». Come affermato anche in E. B ORGHET-TI, Il coworking “diffuso”: l’approccio di MYSPOT verso città

“workfriendly”, relazione alla X Conferenza ESPAnet Italia, Il Wel-fare e i perdenti della globalizzazione: le politiche sociali di fronte a nuove e vecchie disuguaglianze, Forlì, 21-23 settembre 2017, p. 3, «la mag-giore flessibilità concessa ai lavoratori sulla scelta di luogo e tempo di lavoro consente e consentirà una completa riconfigu-razione degli spazi di lavoro: dal concetto della “postazione fis-sa” all’interno di un ufficio, all’uso di postazioni interscambiabili, anche rispetto alla funzione di volta in volta necessaria; e una sempre maggiore razionalizzazione degli spazi per cui l’ufficio non sarà più associato al lavoro in senso proprio ma principal-mente ad un luogo in cui accrescere lo scambio, la conoscenza e la collaborazione tra lavoratori». In D. DEMARCO, I concetti di spazio e di luogo nell’immaginario occidentale contemporaneo. Per una defi-nizione dell’esperienza nella surmodernità, in Laboratorio dell’ISPF, 2018, n. XV, articolo n. 17, pp. 2-4, viene richiamato il concetto di “surmodernità” (introdotta da Marc Augé ormai quasi un trentennio fa) «essenzialmente caratterizzata dalla “figura

dell’eccesso”», sia di spazio «che corrisponde al salto da “locale”

a “globale”» che di tempo. «In un ambiente così mobile, così poco improntato alla permanenza» l’A. sostiene che si afferma la necessità di «ricostruire i nessi del rapporto tra uomo e ambiente per definire cosa sia un luogo, come si sia trasformato nel “no-stro” tempo e come esso si stia configurando nell’“esperienza”

dei contemporanei» (ivi, p. 4). L’A., riprendendo Foucault, so-stiene che «se la dimensione elettiva del XIX secolo è stata il

“tempo” (il tempo storico, il pensiero della storia, la filosofia della storia, lo storicismo), il XX secolo ha rotto gli schemi schiacciando tutta l’attenzione sull’istante ovvero lo “spazio”

della concretezza pura, della contingenza assoluta, dell’hic et nunc.

[…] Lo spazio contemporaneo, prosegue Foucault, non manife-sta una struttura limpida, intellegibile e lineare. Esso è percepito come qualcosa di “piegato”, “simile a un reticolo” o a “una ma-tassa”» (ivi, p. 5). Come affermato in F. BUTERA, Uffici virtuali e uffici reali, cit., p. 2, «oggi i processi principali in una organizza-zione (progettare, amministrare, comprare, vendere, gestire ecc.) sono sempre più processi trasversali che coinvolgono funzioni e ruoli diversi: essi non risiedono più in un solo ufficio». Gli uffici del futuro si muovo «fra virtuale e reale, fra gestione e innova-zione, fra difesa e sviluppo della persona, fra servizio e prodot-to» (ivi, p. 6).