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Verso una definizione più ampia

Chiarito quali siano le principali definizioni tecnologiche del fe-nomeno è fin da subito importante ricordare come, seguendo P.

BIANCHI, S. LABORY, Industrial Policy for the Manufacturing Revolu-tion. Perspectives on Digital Globalisation, Edward Elgar, 2018, p. 15,

«la struttura del sistema sociale si trasforma nelle rivoluzioni in-dustriali e questo inevitabilmente cambia la cultura e le norma prodotte da uno specifico sistema sociale». Questo poiché i si-stemi sociali non sarebbero altro che «individui che interagisco-no e queste interazioni implicainteragisco-no la creazione di una società che produce un linguaggio, una cultura, uno Stato e le sue leggi» (ivi, p. 16). Ma soprattutto «il cambiamento tecnologico non è il solo fattore che influenza le rivoluzioni industriali», prova ne è che

«le medesime innovazioni tecnologiche possono avvenire in di-versi Paesi ma con impatti differenziati» (ivi, p. 18) questo per-ché le rivoluzioni industriali hanno origini «complesse e multi-dimensionali: i cambiamenti demografici, sociali, culturali e poli-tici si combinano per creare le premesse per le rivoluzioni indu-striali» (ivi, p. 19). A tal proposito è ricca la letteratura che ri-guarda la I Rivoluzione Industriale, tra tutti si veda E. H OB-SBAWM, Industry and Empire. The Birth of the Industrial Revolution, New Press, 1968, p. 12-37.

Anche il concetto di IV Rivoluzione Industriale si inserirebbe dunque all’interno di un più ampio insieme di trasformazioni di natura tecnologica, demografica, economica e sociale osservata da più punti di vista dalla letteratura negli ultimi anni. Tra i primi ad avviare una riflessione olistica su questo paradigma K. S CH-WAB, op. cit. (più in generale si deve al World Economic Forum, animato sempre da Schwab, la diffusione, a partire dal 2016, nel dibattito pubblico del concetto stesso di una nuova rivoluzione industriale non solo tecnologica) nel quale non si valutano uni-camente i macro-trends tecnologici ma anche alcuni profondi cambiamenti sociali legati, ad esempio, alle crescenti disugua-glianze sociali, i nuovi fenomeni di urbanizzazione letti ad esem-pio in chiave di smart cities, il progresso scientifico in ambito me-dico e bio-meme-dico e altro ancora. Le trasformazioni sarebbero in corso sia nell’ambito di «nuovi modelli d’impresa e dalla messa in discussione o dal ripensamento degli attuali sistemi di produ-zione e di consumo, di trasporto e di spediprodu-zione», ma vi sarebbe-ro anche impatti «relativamente all’ambito sociale, è in atto un

cambio di paradigma che sta investendo il modo in cui lavoria-mo e comunichialavoria-mo, ma anche il lavoria-modo in cui accedialavoria-mo alle in-formazioni, ci esprimiamo e trascorriamo il tempo libero» (ivi, p.

14). La IV Rivoluzione Industriale sarebbe caratterizzata da al-cune caratteristiche tali per cui si possa parlare di rivoluzione e non come «conseguenze della terza rivoluzione industriale». La prima è la «velocità esponenziale» con la quale starebbe avve-nendo la trasformazione e «trova il suo fondamento nella natura eterogenea del mondo in cui viviamo, che è costantemente in-terconnesso», la seconda è il fatto che la rivoluzione digitale

«combina diverse tecnologie» ed ha così una portata tale da dare luogo «a cambi di paradigma senza precedenti sia a livello indi-viduale, sia in termini economici, aziendali e sociali», la terza è il fatto che saremmo di fronte alla «trasformazione di interi siste-mi, Paesi, aziende, settori e le società in generale» (ivi, p. 16).

Come ha scritto Pfeiffer, in un articolo nel quale critica la genesi

“politica” della visione tecnologica di Industria 4.0 come rivolu-zione, non dovremmo «perdere di vista il fatto che Industrie 4.0 è al massimo un fenomeno all’interno di una ampia gamma di tra-sformazioni globali distruptive» (S. PFEIFFER, The Vision of “Indu-strie 4.0” in the Making – a Case of Future Told, Tamed and Traded, in NanoEthics, 2017, vol. 11, n. 1, p. 119).

L’insieme di questi cambiamenti non può però non essere ana-lizzato senza fare riferimento alla vasta letteratura che ha indaga-to la crisi del sistema fordista e il nascere del c.d. post-fordismo nelle sue varie definizioni e caratterizzazioni che andranno prese brevemente in rassegna. Questo poiché è stato notato da più au-tori (C. CROUCH, Exit or Voice: Two Paradigms for European Indu-strial Relations after the Keynesian Welfare State, in European Journal of Industrial Relations, 1995, vol. 1, n. 1) come il fatto stesso che si adotti ancora il concetto di post-fordismo, con l’utilizzo del suf-fisso post, indichi già di per sé l’assenza di individuazione di un paradigma successivo e la difficoltà di caratterizzare un modello che si sviluppi a partire dalle conseguenze di questa crisi. Una delle definizioni più celebri del post-fordismo e delle sue

caratte-rizzazioni è quella di Ulrich Beck che ha descritto una società del rischio contrapponendola alla società di classe della prima moderni-tà. Questa seconda modernità» sarebbe caratterizzata dal fatto che «la distribuzione della ricchezza va di pari passo con la di-struzione del rischio, e questa sarebbe la conseguenza del supe-ramento del problema della scarsità di risorse tipica della prima modernità grazie alle tecnologie, e ai contesti sociali e normativi»

(U.BECK, op. cit., pp. 19 ss.). La società contemporanea sarebbe quindi riflessiva in quanto si trova ad affrontare rischi generati da essa stessa (tecnologie, processi produttivi, ordinamenti sociali, economici, politici ecc.) e infatti il rischio è definito come una

«un modo sistematico di trattare le insicurezze e le casualità in-dotte e introin-dotte dalla modernità stessa» (ivi, p. 21). Anche Giddens individua nel rischio uno degli elementi centrali della modernità nella sua fase evoluta (rifiuta infatti il concetto di post-modernità), ci sarebbe un «rischio specifico della moderni-tà» che si declina in diverse forme come ad esempio la «globaliz-zazione del rischio» intesa come «numero crescente di eventi contingenti che interessano ogni persona o almeno grandi masse di persone in tutto il pianeta» e porta come esempio la struttura ormai globale del mercato del lavoro (A.GIDDENS, Le conseguen-ze della modernità, Il Mulino, 1994, p. 25). Ma ancor più interes-sante, ai fini della nostra ricerca, è quella che viene definita la

«consapevolezza del rischio come tale» ossia il fatto che le «lacu-ne di sapere «lacu-nei rischi non possono essere convertite in certezze dal sapere religioso o magico» che va di pari passo con «la con-sapevolezza dei limiti del sapere esperto» intesa come impossibi-lità di una conoscenza totale delle conseguenze degli atti e dei processi. Tali concezioni del rischio si inseriscono all’interno della letteratura che, a partire da A. TOURAINE, La società post-industriale, Il Mulino, 1970, e poi con D. BELL, The coming of post-industrial society, New York Books, 1973 (seppur con accenti di-versi, il primo più sul superamento dell’industrialismo, il secon-do sul riconoscimento della sua definitiva vittoria e mutazione), ha osservato la nascita della c.d. società postindustriale caratterizzata

da profonde mutazioni nella struttura dei rapporti di lavoro, del potenziamento del ruolo del tecnico e del venir meno della soli-dità (per lasciar spazio alla liquisoli-dità di cui ha parlato Z. BAUMAN, Modernità liquida, Laterza, 2002) che accompagnava la società in-dustriale. Solidità che W. STREECK, Le relazioni industriali oggi, in R.CARAGNANO, E.MASSAGLI (a cura di), Regole, conflitto, parteci-pazione. Letture di diritto delle relazioni industriali, Giuffrè, 2013, p.

45, ha definito un «compromesso storico» tale per cui «i lavora-tori accettarono la proprietà privata e la forma di lavoro dipen-dente, mentre le imprese dovettero imparare a convivere con un rapporto di lavoro regolato in maniera stringente, che rispec-chiava il desiderio dei lavoratori di stabilità e sicurezza». I cam-biamenti tecnologici introdotti dalla IV Rivoluzione Industriale si innestano quindi in una lunga coda dello scenario post-fordista analizzato nelle sue evoluzioni dalla letteratura.

2. Le tecnologie e i loro rischi