CRITERI DENTARI PER LA STIMA DELL’ETÀ NEGLI ADULT
CAPITOLO 7: RISULTATI, CONSIDERAZIONI E DISCUSSIONE VALUTAZIONE CRITICA DELLE METODOLOGIE APPLICATE
I) Il metodo dell’area del carpo e delle ossa carpal
La metodologia risulta semplice da apprendere e da applicare e sfrutta come indicatore d’età una delle regioni anatomiche maggiormente indagate per l’accertamento nei soggetti in fase di accrescimento.
Il principio alla base del metodo è che con il trascorre del tempo lo sviluppo delle otto ossa carpali veda un incremento nelle dimensioni di queste piccole ossa, che si traduce in spazio che viene occupato all’interno dell’area del palmo della mano. Per questo motivo il rapporto tra l’area del carpo e l’area delle ossa carpali (considerate insieme alle epifisi distali di ulna e radio) può essere utilizzato per stimare l’età del soggetto.
Le immagini radiografiche risultano chiare e di facile lettura; risulta abbastanza semplice ed intuitivo, dopo aver visionato un certo numero di immagini, riconoscere le radiografie che presentano una lieve o marcata rotazione della mano.
Le letture del campione di radiografie sono state effettuate da tre operatori, tutti e tre con nozioni di base relative alla metodologia e senza alcuna esperienza pratica pregressa nella misurazione di radiografie della mano. L’attività di coordinamento è avvenuta tramite mail, utilizzando immagini esemplificative che sono servite per fornire a tutti gli operatori le informazioni di base relativamente alle difficoltà riscontrate. Si può perciò affermare che la metodologia risulta semplice e chiara una volta messe a fuoco le criticità.
L’unica difficoltà rilevata, fin dalla fase iniziale, è stata quella relativa alla definizione dell’area del palmo. Non si tratta infatti di un elemento scheletrico visibile e ben identificato, ma di un’area che, sebbene possa variare di poco, necessita di essere chiaramente definita e uniformata nelle misurazioni.
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Mancando delle chiare linee guida in questo senso, nell’applicazione effettuata per lo studio del campione di Burlington, il limite distale dell’area del palmo (quello che costituiva il reale problema di delimitazione), è stato definito tracciando una linea sinuosa che è andata a ricalcare parzialmente la forma arrotondata delle estremità prossimali delle ossa metacarpali (Fig. 32).
Tuttavia si deve costatare a questo proposito, che mentre era in corso di svolgimento lo studio delle radiografie di Burlington, veniva pubblicato un articolo (De Luca et al. 2016) in cui, a giudicare dall’immagine riportata (Fig. 33), il limite distale dell’area del palmo è stato definito da una linea spezzata che lambisce la parte più prossimale delle epifisi distali dei metacarpali (o forse il punto centrale della base di ciascun metacarpale).
Nonostate sia evidente che il margine d’errore riscontrabile tra le due modalità comporti una variazione minima nel calcolo dell’area, si ritiene che trattandosi di una metodologia relativamente “nuova”, sia necessaria una precisazione in merito da parte degli autori.
Figura 32: delimitazione dell’area del palmo in una delle screenshot relative al campione di Burlington.
Figura 33: la definizione dell’area del palmo (da De Luca et al. 2016).
A proposito dell’area del carpo c’è inoltre da segnalare la possibilità di riscontrare, in alcuni soggetti già adolescenti, alcune ossa carpali che fuoriescono per piccoli tratti dall’area del carpo (indipendentemente da come venga delimitata, sia tramite una linea spezzata che tramite una linea sinuosa). C’è quindi da tenere presente che l’area delle
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ossa carpali che viene presa in considerazione deve essere interna allo spazio delimitato dall’area del carpo (a tal proposito si veda Fig. 26).
La seconda criticità riscontrata nell’applicazione tecnica, è emersa in fase di rielaborazione statistica dei dati.
Il metodo prende il considerazione lo sviluppo delle ossa carpali all’interno dell’area del carpo, ma quando lo sviluppo è completo, le ossa del carpo non vanno ad occupare completamente l’area del palmo, pertanto non è stato possibile utilizzatre la misura dell’area del palmo come se fosse il 100% dell’area che le ossa carpali devono andare ad occupare. È stato perciò necessario definire e misurare, utilizzando le radiografie di alcuni soggetti già completamente sviluppati, quale fosse l’area di massimo sviluppo che i carpali potevano raggiungere (in percentuale rispetto all’area del carpo) e utilizzarla come percentuale massima del loro sviluppo.
La metodologia applicata trova un limite oggettivo di applicazione nei soggetti maggiori di 14-16 anni (a seconda del sesso dei soggetti), età oltre la quale solitamente è già avvenuta la completa fusione tra le epifisi e le diafisi delle ossa dell’avambraccio34 e non
è quindi più possibile delimitare le epifisi di ulna e radio, prerogativa indispensabile per l’applicazione del metodo.
Questo limite è stato reso evidente nell’applicazione effettuata dal fatto che da un punto di vista statistico era stata fatta notare la mancanza di radiografie di soggetti di sesso femminile al di sopra dei 15 anni e questo era sembrato un gap nel campione. Tale mancanza invece, non era dovuta ad una reale assenza di questi soggetti dal campione in esame35, ma dall’impossibilità di effettuare le misurazioni sulle radiografie dei soggetti
per i quali era già avvenuta la fusione completa tra le epifisi (distali) e le diafisi di ulna e radio.
Va ricordato che la particolarità del campione di Burlington è legata al fatto che i soggetti siano stati sottoposti nel tempo a ripetute indagini radiologiche, per monitorare la
34 La fusione delle epifisi con le diafisi di ulna e radio avviene già intorno ai 14 anni per i soggetti di sesso
femminile, mentre nei soggetti di sesso maschile si riscontra intorno ai 16 anni.
35 In raltà il campione di radiografie della collezione Burlington è costituito anche da un certo numero di
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crescita. Il campione in esame ha permesso di misurare per ciascun soggetto il rapporto Bo/Ca in diverse fasi della crescita; questo ha permesso di valutare, oltre alla variabilità dei soggetti, anche la variabilità che lo stesso soggetto ha manifestato nel tempo. Si tratta di un elemento importante dato che con tutti gli altri campioni che non presentano questa caratteristica si effettuano stime dell’età prendendo come presupposto valido l’omogeneità, sia quella tra soggetti, sia quella interna a ciascun soggetto e questa è sicuramente una condizione che non corrisponde alla realtà.
Il campione analizzato risulta costituito da 68 soggetti (35 maschi e 33 femmine); sono stati inclusi i soggetti per i quali si disponeva di almeno 5 radiografie, relative all’intervallo di anni 3-16. Il totale delle radiografie analizzate è stato di 623.
Sebbene la parte statistca sia parte integrante e determinante di questo studio, si è scelto di non includerla nella discussione di questo lavoro, poiché la rielaborazione dei dati è stata eseguita da personale specializzato.
Tuttavia relativamente al campione in esame si segnalano due delle principali difficoltà riscontrate nella rielaborazione: la prima è relativa al numero delle radiografie, la seconda invece, riguarda le scansioni temporali con cui le radiografie son state acquisite. In pratica si è dovuto tenere presente che non si disponeva dello stesso numero di radiografie per ciascun soggetto: per gli individui analizzati il numero di radiografie variava da 5 a 13. Questo è dovuto a diversi fattori: i soggetti sono stati sottoposti con una certa regolarità agli esami, ma alcune radiografie sono state escluse dallo studio perché rovinate, tagliate o non leggibili.
L’altra difficoltà invece è stata riscontrata nella variabilità dei momenti in cui sono state effettuate le radiografie: per un soggetto le lastre sono relative ai 5, 7, 8, 11 e13 anni, mentre per un altro le radiografie disponibili sono state effettuate a 4, 6, 12 anni. Questa mancanza di regolarità nei tempi di acquisizione delle lastre ha quindi costituito un ulteriore problema a livello della rielaborazione statistica.
Per valutare la riproducibilità della metodologia, 50 radiografie sono state misurate una seconda volta dallo stesso operatore, trascorso un lasso di tempo di almeno due settimane. L’errore intra-osservatore è risultato molto basso, mostrando un livello ottimale (valore ottenuto 0.996).
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Per quanto riguarda invece l’errore di stima dell’età, anch’esso è risultato molto contenuto: quello associato ai soggetti di sesso maschile è stato di 1.07 anni, mentre quello per i soggetti femminili è risultato di 1.34 anni.