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LA STIMA DELL’ETÀ NEGLI ADULTI ALCUNE PREMESSE

LA PRATICA DELL’ACCERTAMENTO NEI PAESI EUROPE

CAPITOLO 4: LA STIMA DELL’ETÀ NEGLI ADULTI ALCUNE PREMESSE

Da un punto di vista antropologico l'età adulta viene raggiunta quando il processo di crescita delle ossa è stato completato e tutte le ossa lunghe presentano epifisi e diafisi saldate tra loro (Baccino e Schmitt 2006, p. 268).

La fusione completa di tutte le epifisi delle ossa lunghe, l'eruzione dei denti del giudizio e la fusione della sincondrosi sfeno-occipitale (sutura basilare) sono i criteri principalmente utilizzati come marcatori dell’età adulta. Questi marcatori infatti, indicano che la crescita e lo sviluppo sono completi, fatta eccezione per la fusione dell’estremità mediale della clavicola.

La stima dell’età dei soggetti adulti costituisce una grande sfida per la medicina legale, per l’antropologia e per la ricerca paleodemografica.

Studi macroscopici hanno permesso di sviluppare metodi in grado di determinare l’età dei soggetti adulti valutando i cambiamenti degenerativi che alcune superfici o aree scheletriche specifiche manifestano con il progressivo passare degli anni: ogni osso mostra evidenti segni del trascorrere del tempo, tuttavia queste evidenze dipendono dalla posizione dell’osso, dalla sua struttura e dalla sua funzione.

Il deterioramento di alcuni caratteri scheletrici e dentari che si osserva negli adulti è meno correlabile all’età cronologica poiché questi caratteri subiscono l’influenza dei fattori ambientali (tipo di attività svolta, condizioni di vita e di salute, patologie…). I processi di invecchiamento mostrano inoltre grande variabilità, sia all'interno di una stessa popolazione che tra popolazioni diverse.

La precisione che molti metodi di stima dell’età degli adulti raggiungono non è ritenuta soddisfacente, infatti non è per nulla paragonabile a quella ottenuta nella determinazione dell’età dei soggetti in accrescimento, per i quali si dispone di un maggior numero di indicatori biologici strettamente correlati all’età cronologica del soggetto. Proprio in virtù di questa limitata precisione, la ricerca continua a interrogarsi su come sviluppare nuove metodologie in grado di ottenere risultati più accurati.

La stima dell’età dei soggetti adulti è quindi molto più difficoltosa rispetto a quella dei soggetti subadulti e sostanzialmente le problematiche connesse con essa sono:

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-la presenza di indicatori scheletrici e dentari non strettamente correlati all’età cronologica del soggetto e altamente influenzati da numerosi fattori;

-la possibilità di determinare l’età attraverso classi d’età notevolmente dilatate (20-40 anni) o addirittura vaghe (>50 anni);

- la difficoltà ad identificare i soggetti over 50 anni e la tendenza che manifestano tutti i metodi nel sottostimare l’età dei soggetti più anziani del gruppo;

-la difficoltà che i metodi manifestano nel ripetere i risultati che hanno prodotto nelle collezioni di riferimento. Ciò significa che un metodo che è stato sviluppato su una determinata collezione, non riesce ad ottenere risultati paragonabili a quelli ottenuti nel campione di riferimento quando applicato ad altri campioni.

I metodi di stima dell’età danno quindi buoni risultati nella popolazioni in cui vengono sviluppati, ma quando vengono applicati a nuove popolazioni, risultano meno affidabili (Murray e Murray 1991; Saunders et al. 1992; Schmitt 2004; Schmitt et al. 1999); esattamente come non riescono a identificare in maniera chiara i soggetti appartenenti alla classe over 50 anni. Questi sono i due grandi limiti d’applicazione di queste metodologie.

La variazione nel processo di invecchiamento biologico ha profondi effetti sulla valutazione dell'età alla morte; la relazione tra l'età cronologica e gli indicatori dell'età scheletrica non è costante né tantomeno lineare. I cambiamenti scheletrici hanno relazione con l'età, ma altri fattori entrano in gioco a modificare questo processo.

The assumption that the underlying biological basis of the age/indicator relationship is constant across populations is erroneous (da Baccino e Schmitt 2006).

Da un punto di vista forense è necessario tener conto che i cambiamenti legati all’età non sono uniformi nelle popolazioni, si deve anche tenere presente però che la variabilità tra gli individui all'interno della stessa popolazione è un parametro spesso sottostimato (Baccino et al. 1991) e che alcuni limiti oggettivi possono impedire la corretta determinazione dell’area geografica d’origine del soggetto in esame (ad esempio nei casi in cui il corpo è scheletrizzato o parziale).

Un fattore chiave per la scelta del metodo appropriato per la stima dell’età degli adulti rimane lo stato di conservazione dei resti: trattare con un corpo integro e ben conservato

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è completamente diverso da cercare elementi utili alla stima dell’età in un corpo parziale e mal conservato (Ubelaker 1999).

Il sistema scheletrico subisce numerose trasformazioni con l'età, ma nell’analisi scheletrica degli adulti i metodi di invecchiamento sono tradizionalmente focalizzati su quattro regioni principali: la sinfisi pubica, la superficie auricolare dell’ileo, l’estremità sternale della IV costa e le suture craniche.

Studi che descrivono i cambiamenti che alcuni di questi distretti scheletrici manifestano in relazione all'età dei soggetti sono stati documentati fin dalla fine del XIX secolo (Broca 1861); da allora, i metodi che utilizzano questi elementi anatomici sono stati valutati, riesaminati e successivamente applicati a campioni diversi, al fine di testarne la precisione.

Con lo sviluppo di tecnologie adeguate, che hanno consentito di osservarne la struttura interna, anche i denti sono risultati altamente informativi, tanto da essere ritenuti attualmente il miglior indicatore d’età disponibile per gli adulti.

Nel tentativo di identificare le metodologie ritenute più affidabili, si potrebbe tentare di valutare quali siano i metodi che trovano più largo impiego a questo scopo; tuttavia sarebbe troppo semplicistico ritenere che le tecniche più diffuse siano necessariamente le migliori. Una verifica di questo genere è infatti sicuramente fortemente connessa all’ambito della formazione dei ricercatori del settore. Come osservato da Merrit (2013: p. 103) la maggior parte degli antropologi forensi e dei biologici viene addestrata usando i metodi illustrati da Buikstra e Ubelaker (1994) per la raccolta dei dati sui resti scheletrici e questo fa sì che questi specialisti tendano ad utilizzare queste metodologie anche sul campo, anche se queste non sono le tecniche che producono i risultati più accurati e precisi. Lo studio condotto da Garvin e Passalacqua (2012) ha infatti rivelato che i metodi più utilizzati sono: per la sinfisi pubica quello di Suchey-Brooks (Brooks e Suchey 1990), per la superficie auricolare dell’ileo quello di Lovejoy et al. (1985), per l’analisi della quarta costa quello proposto da Işcan et al. (1984; 1985) e per l’obliterazione delle suture craniche quello di Meindl e Lovejoy (1985).

Nel tempo sono stati proposti diversi metodi per la determinazione dell’età alla morte negli individui adulti, ciascuno però risente delle variabili individuali, popolazionistiche e sessuali.

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Anche per la determinazione dell’età di morte negli individui adulti sono state utilizzate tecniche di tipo multifattoriale, che hanno permesso di effettuare valutazioni più affidabili, anche in presenza di materiale scheletrico lacunoso.

Si presenterà di seguito una rassegna, non esaustiva, degli indicatori scheletrici d’età che possono essere utili nella stima dell’età degli adulti.