CRITERI DENTARI PER LA STIMA DELL’ETÀ NEGLI ADULT
CAPITOLO 6: APPLICAZIONI PRATICHE
III) LA RIDUZIONE DELLA CAVITÀ PULPARE E L’APPLICAZIONE AD UNA COLLEZIONE DI ETÀ NOTA
Grazie ad una collaborazione tra il Laboratorio di Antropologia Fisica dell’Università di Venezia e l’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Macerata, la metodologia relativa alla stima dell’età degli adulti è stata applicata a materiali scheletrici provenienti da contesti archeologici33. Per fare questo è stato possibile usufruire di un radiologico dentale portatile in dotazione all’Università di Venezia (Rextart X Compact) e di un palmare radiografico (WDS X-POD, MyRay) munito di sensore radiografico, in dotazione invece all’Istituto di Medicina Legale di Macerata.
Le apparecchiature sono state utilizzate congiuntamente per effettuare le radiografie: l’operazione risulta semplice dato che l’apparecchio è abbastanza facile da maneggiare, non è troppo pesante ed è elementare nelle funzioni: occorre solamente selezionare il tempo di esposizione, a meno che non si voglia utilizzare le funzioni preimpostate.
Il radiografico non è munito di cavalletto, e per la corretta acquisizione della radiografia bisogna cercare di posizionare l’apparecchio in posizione perpendicolare rispetto al sensore.
Figura 30: il radiografico portatile ed il sensore.
33 Nello specifico il metodo Cameriere basato sulla riduzione della dentina secondaria è stato oggetto di una
tesi di laurea magistrale in Scienze dell’Antichità: letterature, storia e archeologia, discussa presso l’Università Cà Foscari di Venezia dal titolo: “Il cimitero di Formigine (MO). Nuovo studio tra metodi
tradizionali e metodo Cameriere” discussa nell’anno accademico 2014-2015. In merito a questo lavoro lo
scrivente si è occupato della selezione e del campionamento del materiale e ha coadiuvato il lavoro del laureando nella fase di misurazione delle radiografie.
Un successivo studio è stato effettuato, sempre in collaborazione con l’Università di Venezia, applicando la stessa metodologia allo studio di alcuni scheletri recuperati nel relitto del Mercure. I risultati dello studio sono confluiti nell’articolo dal titolo: “Osteological analysis of the crew“ ad opera degli autori: Bertoldi F, Bestetti F, Cameriere C, Sisalli C, in corso di pubblicazione in: Beltrame C (ed), The Mercurio. A Bring of the Regno Italico Sunk During the battle of Grado (1812), The Breast.
All’interno della stessa collaborazione sono in corso di svolgimento ulteriori studi su materiali provenienti da altri scavi archeologici, come quelli relativi al sito di Jesolo (VE).
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Il sensore è costituito da una piccola piastrina delle dimensioni di pochi centimetri, adatta giusto all’acquisizione della radiografia di un dente, sebbene l’apparecchio per rx in realtà possa essere utilizzato anche per radiografare aree leggermente più grandi. Il sensore ha collegato il cavo che permette la comunicazione con il computer o il palmare; data la presenza di questo cavo nella porzione posteriore, il sensore non rimane facilmente in posizione orizzontale; per questo è stato realizzato un piccolo supporto in materiale plastico che consente il mantenimento in posizione piana.
Al di sopra del sensore può essere appoggiato il dente.
Per acquisire la radiografia basta posizionare l’apparecchio radiografico in posizione perpendicolare rispetto al sensore, e procedere come per una normale fotografia. Nel giro di pochi secondi l’immagine è disponibile e visibile sul display del palmare (o sullo schermo del computer se il sensore è attaccato ad un PC).
Il palmare è molto pratico perché è di dimensioni ridotte e risulta facilmente trasportabile; funziona con touchscreen e permette di visualizzare nell’immediato l’immagine e di memorizzarla su una scheda di memoria estraibile, selezionando la tipologia di file su cui si desidera lavorare.
Analizzando gli articoli di riferimento della metodologia si è potuto verificare che le formule presentate, che determinano l’età usando i diversi denti monoradicolati, sono state messe a punto servendosi di campioni diversi, e non risultano mai applicate tutte insieme su uno stesso soggetto. Poiché una delle critiche rivolte alle metodologie è che i risultati siano influenzati dalla composizione del campione utilizzato per effettuare lo studio pilota, l’idea di partenza era quella di applicare il metodo ad un unico campione, determinando l’età di ciascun soggetto tramite tutti i denti monoradicolati disponibili e verificando quindi la precisione di ciascuna formula.
Oltre a questo, il progetto iniziale prevedeva la creazione di una “popolazione equilibrata” costituita da un numero uguale di soggetti, per ciascuna classe d’età. Questa accortezza sembrava necessaria, perché nel caso in cui dalla rielaborazione delle misurazioni fosse stata dedotta una nuova formula, questa avrebbe potuto determinare l’età in maniera equilibrata, mentre quando si usano campioni non omogenei (nel numero dei soggetti che costituiscono le diverse classi d’età) per derivarne delle formule, è scontato che queste riflettano la composizione della popolazione usata come riferimento.
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Per fare un esempio pratico si può ipotizzare di sviluppare una formula basata sulle misurazioni della cavità pulpare e dell’area di canini e incisivi insieme. Se il campione di riferimento dello studio vede un’elevata presenza di soggetti della casse 30-40 e una minima presenza di soggetti della classe 40-50 e 50-60 è probabile che la formula risultante da questo studio sia influenzata da questa composizione non equilibrata.
Per effettuare questa applicazione è stato possibile accedere alle collezioni osteologiche di sesso e di età nota conservate presso il Museo d’Antropologia e l’Università di Bologna. Si tratta di materiali scheletrici raccolti tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900; i materiali conservati sono costituiti da più collezioni, relative a diverse aree geografiche. In accordo con i responsabili di queste collezioni è stato possibile avere accesso ai materiali delle collezioni di Sassari, Cagliari e Bologna.
Non è stato possibile effettuare una selezione del materiali a priori, utilizzando gli elenchi delle collezioni, in quanto in essi era riportato soltanto il sesso e l’età del soggetto; questi quindi sono serviti solo per effettuare una preselezione, in base alla quale sono stati scartati i soggetti sub-adulti e i soggetti di cui non era sicura l’identificazione.
Dopo di che, non essendo presente un database relativo alle porzioni scheletriche conservate per ciascun soggetto, è stato necessario aprire la cassetta di ciascun individuo per verificare se erano presenti, o meno, i denti necessari allo studio. Talvolta i denti erano presenti, ma presentavano delle anomalie che hanno reso necessaria la loro eliminazione dal campione; anche i soggetti affetti da patologie evidenti, sono stati scartati.
Inizialmente sono stati selezionati solo gli individui che presentavano tutti i denti, procedendo all’acquisizione delle rx di: premolari, canini e incisivi inferiori (denti 35, 34, 33, 32, 31, 41, 42, 43, 44, 45) e canini e incisivi superiori (denti 13, 12, 11, 21, 22, 23). Ben presto ci si è resi conto dell’impossibilità di rinvenire individui di età matura o senile con tutti i denti, perciò sono stati selezionati i soggetti che presentavano un buon numero di denti, preferibilmente uno per tipo, indipendentemente dalla lateralità, dato che dagli studi precedenti non è risultato essere un elemento discriminante, se non nell’elaborazione della formula dei premolari inferiori (Cameriere et al. 2012a).
Tendenzialmente, visto che il canino risulta il dente più analizzato con questa metodologia, i soggetti dovevano presentare almeno un canino superiore ed uno inferiore.
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Fin dalle prime operazioni di selezione dei materiali si è dovuto far fronte ad una serie di problematiche, prima tra tutte il fatto che alcuni soggetti fossero stati oggetto di una operazione di preconsolidamento o restauro che sostanzialmente aveva fissato la maggior parte dei denti negli alveoli: non è stato quindi possibile estrarre buona parte dei denti presenti.
Dopo aver effettuato numerosi tentativi e dopo aver costatato che risultava abbastanza complessa l’acquisizione della radiografia dei denti in situ per molti soggetti (soprattutto femminili) che presentavano un palato piccolo, stretto e poco profondo, si è deciso di rivolgere l’attenzione ai soli denti estratti/estraibili. La difficoltà riscontrata nei soggetti con palato piccolo e stretto è legata al fatto che non è possibile posizionare correttamente il sensore, che, a causa della scarsa profondità del palato non può essere collocato completamente dietro al dente e, a causa di ciò, la radiografia risultava tagliata. Inoltre, anche i casi di malposizione e rotazione dei denti, non hanno agevolato l’acquisizione delle radiografie dei denti in situ, in molti casi risultate distorte e quindi inutilizzabili per lo studio. Si è pertanto deciso di concentrarsi sui denti che era possibile estrarre.
Oltre alle problematiche pratiche relative all’acquisizione delle rx dei denti infissi, è stata fatta la considerazione che per poter usare, all’interno di uno stesso studio, sia radiografie di denti estratti (che evidentemente risultano più facili da acquisire e danno maggiore sicurezza circa la corretta posizione del dente) che radiografie di denti in situ, sarebbe stato necessario dimostrare che nelle radiografie effettuate con dente in situ non era intervenuta alcuna alterazione dell’immagine dovuta a distorsione. In pratica quindi sarebbe stato necessario reperire un certo numero di denti facilmente estraibili dall’alveolo e analizzarli acquisendo una doppia radiografia: sia in situ che del dente estratto. Effettuate poi le misurazioni sulla cavità pulpare e sull’area del dente di queste radiografie e verificata la coincidenza del rapporto tra le due misure, sarebbe stato possibile procedere in questa direzione ed utilizzare entrambe le tipologie di immagine nello studio.
Poiché questa ipotesi risultava abbastanza complessa, si è deciso di proseguire selezionando solo i soggetti con denti “liberi”.
Il campione analizzato risulta costituito da 61 soggetti (33 femmine e 28 maschi), così suddivisi:
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-20 femmine della collezione di Bologna -22 maschi della collezione di Bologna -5 femmine della collezione di Cagliari -8 femmine della collezione di Sassari -6 maschi della collezione di Sassari
Il numero delle radiografie disponibili per ciascun soggetto è variabile, perché si è dovuto fare i conti con denti danneggiati o assenti, talvolta affetti da carie o da grave patologia. Al termine della raccolta delle radiografie, relativamente ai 61 soggetti era disponibile una discreta quantità di radiografie, così suddivise:
mascellare superiore dente 23 = 39 rx dente 22 =27 rx dente 21 = 34 rx dente 11 = 35 rx dente 12 = 28 rx
dente 13 = 40 rx per un totale di 203 radiografie. mandibola dente 35 = 35 rx dente 34 = 32 rx dente 33 = 43 rx dente 32 = 29 rx dente 31 = 34 rx dente 41 = 29 rx dente 42 = 34 rx dente 43 = 42 rx dente 44 = 28 rx
dente 45 = 37 rx Per un totale di 343 radiografie Il totale complessivo delle radiografie effettuate è stato di 546.
Tutte le radiografie sono state catalogate con il numero di ciascun dente e suddivise in cartelle in base al numero identificativo del soggetto.
È stata inoltre predisposta una tabella Excel all’interno della quale sono state riportate tutte le misurazioni effettuate dell’area della cavità pulpare e dell’area totale del dente.
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Relativamente a ciascuna radiografia analizzata è stata salvata una screenshot dell’immagine (Fig. 31) e delle misure rilevate. Essendo la screenshot di fatto una fotografia della schermata del computer, attraverso di essa è quindi facilmente archiviabile il dato relativo all’area selezionata (nello specifico è l’area della cavità pulpare che presenta maggiori difficoltà) e al suo valore, che risulta visibile nella tabella dei risultati).
Figura 31: screenshot relativa ad uno dei denti analizzati. Nel riquadro a destra i valori dell’area del dente (misura 1) e dell’area della cavità pulpare (misura 2)
La screenshot doveva risultare utile per poter analizzare le misurazioni di un altro operatore (verifica errore inter-osservatore) o per confrontare le misurazione effettuate in momenti diversi (verifica dell’errore intra-osservatore).
Oltre a questo, anche nel caso di dubbio o di incertezza relativamente ad un valore che potrebbe essere erroneamente trascritto nella tabella Excel, l’archiviazione della screenshot costituisce una garanzia.
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