Contesto italiano
1.9. Il panorama legislativo
Nella tradizione di civil law l’introduzione di un sistema che sancisse la responsabilità da reato degli enti era da tempo avvertita per far fronte ai cambiamenti economici e sociali che fenomeni legati all’europeizzazione e allo sviluppo di nuove tecnologie nonché al progetto di un mercato unico dell’Unione avevano portato nel modo di fare impresa, causando nuovi pericoli sottesi alle innovative dinamiche che regolano la vita delle società.
Tuttavia, a differenza di quanto avvenuto negli Stati Uniti, questo processo ha incontrato non pochi ostacoli nelle obiezioni avanzate dalla dottrina rispetto alla conformità della responsabilità penale delle persone giuridiche con le Costituzioni dei Paesi occidentali. Nella Costituzione italiana, per molto tempo l’art. 2747 è stato considerato un baluardo insormontabile48, in
particolare rispetto al principio della personalità della responsabilità penale, sia sotto il profilo del divieto di responsabilità per fatto altrui, sia sotto il profilo della responsabilità colpevole49.
47 https://www.senato.it/1025?sezione=120&articolo_numero_articolo=27: “La
responsabilità penale è personale.
L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.
48
M.ROMANO, Societas delinquere non potest. (Nel ricordo di Franco Bricola), in
Riv. It. Dir. Proc. Pen. 1995, 1931 e ss.
49
Si sostiene che il brocardo latino societas delinquere non potest sia costituzionalizzato da questa norma: destinatari unici della normativa penale sarebbero le persone fisiche, in quanto unici soggetti forniti di capacità psico-fisiche tali da consentirgli di autodeterminarsi. Solo la persona fisica è infatti capace di compiere delle valutazioni di merito che permettano al giudice di verificare la
Per tali ragioni può dirsi che la previsione della responsabilità degli enti nel nostro ordinamento sia di derivazione internazionale, l’Italia non ha più potuto temporeggiare e ha dovuto far fronte ai vari obblighi internazionali che imponevano agli Stati coinvolti, tra cui il nostro, di elaborare un sistema di imputazione per gli enti.
Un primo impulso si è avuto dalla Raccomandazione 20.10.1998 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sulla promozione dell’adozione
di misure (anche di natura penale) finalizzate a rendere le imprese responsabili per i reati commessi nell’esercizio della loro attività, presenza dell’elemento soggettivo, essenziale perché la condotta criminale possa essere imputata al soggetto che ha commesso il fatto nel rispetto del principio di colpevolezza. Differentemente le persone giuridiche sarebbero solo degli strumenti creati ad hoc dal legislatore per agevolare l’espressione di una volontà comune di un gruppo di individui, pur sempre però a questi ultimi attribuibile.
Questo orientamento fa perno sulla teoria della colpevolezza su cui è costruito il diritto penale in Italia che abbraccia una concezione assolutamente antropomorfica. Si veda FIANDACA-MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Zanichelli, 2014, 313 e ss.: « Perché sia punibile il fatto commissivo deve essere non solo tipico e antigiuridico ma anche colpevole: la colpevolezza è dunque il terzo elemento costitutivo fondamentale del reato. […]. Considerata da un punto di vista antropologico, l’affermazione del principio penalistico nulla poena sine culpa presuppone l’accettazione, anche implicita di un modello di personalità umana come entità costituita da più “strati” posti in rapporto di successione evolutiva. Si muove cioè dal presupposto che […] l’uomo sia in grado, grazie ai suoi poteri di signoria (.c.d. strati superiori della personalità), di controllare gli istinti e di reagire agli stimoli del mondo esterno in base a scelte fra diverse possibilità di condotta, nonché di orientarsi secondo sistemi di valori. È proprio dando per presupposta questa capacità di scelta che è possibile considerare il reato come “opera” dell’agente, e rivolgergli un rimprovero per averlo commesso». Dalle parole riportate si intuisce chiaramente come il principio della personalità della responsabilità penale sia pensato facendo riferimento alla persona umana ed è possibile cogliere anche che esso non va inteso soltanto nel significato minimo di “divieto di responsabilità per fatto altrui”, ma nel senso più pregnante di “responsabilità per fatto proprio colpevole”. In altre parole, il Costituente vuole che al soggetto agente sia attribuita la paternità psicologica della condotta giuridicamente anti-doverosa tenuta.
indipendentemente dai regimi di responsabilità in vigore50. Successivamente la
Convenzione O.C.S.E. del ’97 ha introdotto l’obbligo per gli Stati contraenti di assumere le misure necessarie a stabilire la responsabilità delle persone
morali51. Ma il passaggio decisivo si è avuto con il secondo protocollo della
Convenzione PIF52 del 1997 che dettava direttive più puntuali rispetto alla Convenzione OCSE in modo da orientare i legislatori nazionali sulle misure da adottare in concreto53.
In attuazione di tali vincoli internazionali, il Legislatore italiano ha promulgato la l.d. n. 300/2000 che all’art. 11 delegava il Governo ad articolare un sistema «di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalità giuridica». La delega ha ricevuto attuazione con il d.lgs. 231/2001, in vigore dal 4.08.2001, il quale disciplina la responsabilità
degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (art.1, 1° comma).
Occorre segnalare che già la Commissione Grosso aveva affrontato il problema della responsabilità degli enti in occasione della stesura della Relazione della Commissione Ministeriale per la riforma del Codice Penale54.
50
Raccomandazione del comitato dei ministri del Consiglio d’Europa n. 18 del 20.10.1998 .
51
Convenzione OCSE sulla lotta contro la corruzione dei funzionari pubblici stranieri nelle transazioni commerciali internazionali, 17.10.1997, art. 2.
52
II protocollo della Convenzione sulla protezione degli interessi finanziari della Comunità Europea adottato a Bruxelles il 19 giugno 1997.
53
LATTANZI, Reati e responsabilità, cit., p.8: «Sebbene non fornisse indicazioni
specifiche, ad esempio, in ordine alla natura della responsabilità degli enti, l’art.3 del secondo protocollo […] distingueva due ipotesi, a seconda che il reato fosse stato commesso da soggetti in una posizione dominante[…] ovvero da soggetti in posizione subordinata».
54
Commissione Grosso - per la riforma del codice penale (1 ottobre 1998) -
Relazione 15 luglio 1999,
http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.wp?facetNode_1=4_57&facetNode_2 =3_1&previsiousPage=mg_1_12&contentId=SPS31493: «L’ introduzione di un sistema di sanzioni applicate direttamente alle persone giuridiche sia sollecitata da ragioni interne al sistema penale. Solo l’introduzione di una responsabilità (penale o