I MODELLI ORGANIZZAT
2. La struttura dei compliance programs american
2.3. I riflessi sulla funzione preventiva
In entrambi i sistemi i compliance programs rivestono un ruolo chiave: si sostiene che l’adozione di efficaci modelli organizzativi possa prevenire la commissione di reati. Questo assunto è senz’altro vero, infatti l’introduzione di meccanismi di controllo, di informazione e di sistemi di gestione più sofisticati è in grado quanto meno di ridurre il rischio di comportamenti illeciti.
Il problema che si pone è come incentivare gli enti a dotarsi di questi modelli. È chiaro che la costruzione di un modello idoneo ed effettivo è alquanto onerosa sia in termini economici sia di dispendio di energie, le risorse impiegate a tal fine potrebbero essere spese in attività produttive nell’ottica di società a scopo di lucro, specialmente in quelle di piccole dimensioni, dove la relativa semplicità della struttura aziendale non fa sorgere esigenze particolari di organizzazione.
Pertanto è di importanza centrale trovare un incentivo che spinga le imprese ad investire nella compliance, così che ne ricavino un vantaggio.
Nel sistema statunitense questo vantaggio è rappresentato dalla riduzione delle sanzioni nell’ipotesi in cui un reato venga ugualmente commesso, mentre nel sistema italiano, a seconda dei casi, dalla possibilità che la responsabilità dell’ente venga esclusa del tutto. Apparentemente si tratta di incentivi molto forti ma vediamo in concreto come questi meccanismi operano. Nel contesto statunitense, a livello federale, la corporate liability non può essere evitata se un reato si verifica, ma l’adozione di un efficace sistema di compliance, insieme ad un atteggiamento collaborativo, può comportare la riduzione della pena applicata in una prospettiva per così dire “premiale”. Questo significa che la corporation sarà responsabile penalmente dei reati commessi dai suoi dipendenti anche quando avrà fatto tutto il possibile per evitare che ciò accadesse, senza quindi che le si possa muovere un rimprovero. Ecco allora che scatta il più forte dei disincentivi contro il quale nessuna prospettiva premiale può vincere: dopo aver impegnato le proprie risorse (sostenendo costi presumibilmente molto alti) nella costruzione di un
compliance program efficace, la corporation non solo non è in grado di
assicurare che nessun crimine verrà commesso ma sarà anche sicura che ne sarà ritenuta responsabile per effetto della vicarious liability120.
120
A. WEISSMANN, D. NEWMAN, Rethinking Criminal Corporate Liability. op. cit., 429 e ss.
Dunque che abbia investito in un sistema di compliance o abbia ignorato le
Guidelines sarà in ogni caso responsabile (ma non rimproverabile).
È vero che resta pur sempre la speranza di una riduzione della sanzione ma solo laddove non sia coinvolta una high-level person (altro fattore che non può essere controllato) e decida di collaborare con i prosecutors (rendendosi con ogni probabilità responsabile civilmente di violazione del segreto professionale e di rivelazione di dati sensibili o riservati).
Di fatto, l’adozione di un compliance program potrebbe addirittura rivelarsi controproducente e favorire una autoincriminazione121.
In altre parole, oltre al danno la beffa: non solo la corporation ha sostenuto onerosi costi per dotarsi di un compliance program (forse) efficace ma, al pari di chi ha preferito non adeguarsi a tale disciplina, sarà responsabile per i reati verificatisi e fornirà degli “indizi” maggiori che potranno essere usati contro di lei durante le indagini.
A parere di chi scrive, stando così le cose, l’incentivo appare troppo debole rispetto ai costi e alle controindicazioni che potrebbero derivarne, frustrando di conseguenza anche il vero obiettivo: la prevenzione.
Queste considerazioni hanno portato anche parte autorevole della dottrina statunitense a suggerire l’abolizione della funzione rimessa ai
compliance programs rielaborando le Sentence Guidelines nella parte in cui
intimano i giudici a tenere conto della presenza di compliance programs efficaci ai fini della riduzione della pena122.
Nel panorama italiano il meccanismo sembra essere più razionale, almeno formalmente: l’ente è chiamato a rispondere dei reati commessi dal
121
P.A. WELLNER, Effective compliance programs., op. cit., 509 e ss.
122
A sostegno di questa ipotesi L. K. EASTMAN, Revising the Organizational
Sentencing Guidelines to Eliminate the Focus on Compliance Programs and Cooperation in Determining Corporate Sentence Mitigation, Minnesota Law Rev.,
proprio personale se è rimproverabile, ovvero se è stato negligente e non si è dotato di un modello organizzativo idoneo ed efficace versando così in colpa organizzativa che ha favorito la commissione del reato presupposto123.
Al contrario di quanto avviene nel sistema statunitense, l’adozione di un Modello è sufficiente ad escludere l’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza e ad esimere quindi l’ente da responsabilità, soltanto però nel caso in cui il soggetto agente si trovi in una posizione subordinata.
Se il reato è stato commesso da un soggetto apicale la situazione cambia: in forza del rapporto di immedesimazione organica si presume che il Modello non sia efficace e l’unica possibilità che l’ente ha di “salvarsi” è dimostrare che l’apicale abbia eluso fraudolentemente il Modello.
Nella pratica è molto più frequente l’ipotesi che il reato presupposto sia stato commesso da un soggetto in posizione di vertice e pretendere che sia la società a fornire la prova di un’elusione fraudolenta del Modello è quasi impossibile124.
Ancora una volta l’accento è posto sulla condotta della persona fisica piuttosto che sugli sforzi di organizzazione compiuti dall’ente, il quale potrebbe avere il modello organizzativo più dettagliato, studiato, aggiornato del Paese ma che servirebbe a ben poco se non fosse in grado di provare che è stato “aggirato”. Succede allora che in effetti la situazione non è poi così diversa da quella negli Stati Uniti. L’organo dirigente ( che inoltre può fare affidamento su indicazioni molto più scarne rispetto al collega americano) non
123
MARINUCCI, La responsabilità delle persone giuridiche. Uno schizzo storico-
dogmatico, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, 13.
124
In questi termini V. MONGILLO, Il giudizio di idoneità del modello di
organizzazione ex d.lgs.231/2001: incertezza dei parametri di riferimento e prospettive di soluzione, Resp. amm. e soc. enti, Rivista 231, 2- 2011, 92: “Oggi l’ente è chiamato a fornire, nel caso di reato commesso da un apice, la probatio
diabolica di aver posto in essere ogni presidio adeguato e ragionevole ed, altresì, di
può per natura controllare tutte le condotte dei propri dipendenti e prevedere tutte le possibili violazioni che potrebbero verificarsi durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, verrebbe meno proprio il rapporto di fiducia che è alla base di ogni squadra produttiva e perderebbe più tempo e risorse nel cercare di controllare ogni singola fase aziendale piuttosto che fronteggiare una eventuale incriminazione, o per lo meno è fortemente disincentivato ad investire nella prevenzione se poi potrebbe essere ritenuto colpevole anche laddove avesse fatto quanto possibile per rispettare i parametri stabiliti dalla legge.
Nell’opinione di chi scrive una politica preventiva può essere realmente efficace solo se focalizzata a prevenire “l’illecito dell’ente”, cui seguirà come effetto la prevenzione di tutti i reati-base che potrebbero incorrere, risolvendo anche la questione inerente ai reati di natura colposa, difficilmente conciliabile con l’impostazione d’imputazione attuale basata sull’intenzione della persona fisica di agire nell’interesse dell’ente125.