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YOUNG FRANKENSTEIN

II.2 Il paradosso della parodia

!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! 119 Ivi, p. 41.

Un interessante aspetto della teoria proposta da Linda Hutcheon sulla parodia, che riprende da Bachtin, è la presenza di un paradosso strutturale nella parodia stessa. Tale paradosso consisterebbe nella coesistenza all’interno della parodia di un’autorità e di una trasgressione. Secondo Bachtin il discorso parodico è infatti paragonabile al carnevale rinascimentale, il quale prevedeva una trasgressione e liberazione temporanea dalle norme sociali attraverso il loro ribaltamento, in un arco di tempo circoscritto. Ebbene, come spiega la Hutcheon, anche per la parodia si tratta di una trasgressione autorizzata poiché circoscritta in un preciso arco temporale e quindi non permanente. Cosa succede in questo arco temporale?

Even in mocking, parody reinforces; in formal terms, it inscribes the mocked conventions onto itself, thereby guaranteeing their continued existence. It is in this sense that parody is the custodian of the artistic legacy, defining not only where art is, but where it has come from. To be a custodian, however, as Post- Modernist architecture has revealed, can be a revolutionary position; the point is that is need not be. […] The presupposition of both law and its transgression bifurcates the impulse of parody: it can be normative and conservative, or it can be provocative and revolutionary. Its potentially conservative impulse can be seen in both extremes of the range of ethos, reverence and mockery: parody can suggest ‘complicity with high culture…which is merely a deceptively off-hand way of showing a profund respect for classical-national values’120.

Per quanto una parodia possa avere come intento programmatico quello di deridere pesantemente l’ipotesto, per quanto si conosca il potenziale violento della risata grazie alla teoria freudiana121, non credo che in Young Frankenstein venga costruita una parodia che miri alla completa trasgressione delle norme che regolano il genere cinematografico parodiato.

In che rapporto si trovano lo spettatore, la parodia e il genere parodiato gothic horror? Se da un lato l’autorità dei film di riferimento viene desacralizzata e ricondotta alla concretezza, alla fisicità dello spettatore ordinario, attraverso un generale e diffuso abbassamento alla dimensione più materiale, corporale e sessuale delle aspettative create dalla ripresa degli ipofilm, tuttavia non si verifica una completa distruzione e negazione dell’ordine offerto dai parametri del genere, ma piuttosto una riconferma di questi.

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120 L. HUTCHEON, op. cit., pp. 75-76. La Hutcheon a sua volta cita R. BARTHES, Critical Essays, trans. R. Howard, Evanston Ill., Northwestern University Press, 1972, p. 119.

121 Vedi S. FREUD, Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio, a cura di N. Cappelli, BUR Rizzoli, Milano 2010, pp. 116, 123-124: “Gli intenti del motto di spirito si possono facilmente individuare. Dove il motto non è fine a sé, ossia non è innocente, si pone al servizio di due tendenze soltanto, che possono a loro volta unificarsi. Esso è o un motto di spirito ostile (al servizio dell’aggressione, della satira o della difesa) o un motto di spirito osceno (al servizio della denudazione). […] Gli impulsi ostili al nostro prossimo soggiacciono, fin dalla nostra infanzia individuale come fin dall’infanzia della nostra civiltà umana, alle stesse restrizioni, alla stessa progressiva rimozione a cui sottostanno i nostri impulsi sessuali. […] Dacché abbiamo dovuto rinunciare a esprimere con i fatti la nostra ostilità – impediti dal terzo spassionato che ha interesse alla salvaguardia della sicurezza personale – abbiamo escogitato, esattamente come nell’aggressione sessuale, una nuova tecnica dell’oltraggio, che mira ad accattivarci questo terzo contro il nostro nemico. Dipingendo il nemico come un essere meschino, basso, spregevole, comico, procuriamo di godere per vie trasverse della sua sconfitta, che il terzo, il quale non ha fatto nessun sforzo, ci attesta con la sua risata”.

Il caso di Young Frankenstein è particolarmente interessante poiché si può osservare come la dinamicità dell’interazione risieda, come vedremo, nel punto di vista errante del lettore (così come quello di Mel Brooks122, essendo stato lui stesso lettore in un primo momento) e nel gioco di aspettative e ritensioni, ma anche in un rapporto con gli ipotesti, che rievoca da vicino le considerazioni della Hutcheon riguardo al paradosso della parodia.

Pensiamo ad un esempio che apparentemente si propone come un elemento semplicemente comico: la parentela del protagonista Frederick Frankenstein, problematizzata fin dal primo momento in cui il suo nome viene pronunciato nel modo presumibilmente corretto ([‘fræŋkenstain]) dallo studente presente alla sua lezione sul sistema nervoso centrale (05:47). Lo studente, come in seguito anche Igor (14:56) e Frau Blücher (21:17), viene smentito dal professore, che gli fornisce prontamente la pronuncia che egli considera giusta per se stesso, [‘frɔŋkCnstin], e gli fornisce una spiegazione del tutto personale e piuttosto eloquente:

FREDERICK: My name. It’s pronunced Fronkonsteen.

STUDENTE: But aren’t you the grandson of the famous Dr. Victor Frankenstein, who went into graveyards, who dug up freshly buried corpses and transformed dead components into…

FREDERICK: Yes, yes! We all know what he did. But I’d rather be remembered for my own small contributions to science and not because of my accidental relationship to a famous…cuckoo.

Al di là di un rapporto squisitamente edipico che peraltro è una delle linee interpretative principali del romanzo di Mary Shelley (la relazione tra il creatore e la creatura è infatti paragonabile a quella tra padre e figlio), Frederick nega la sua parentela naturale con il suo parente poiché non si riconosce nel suo operato. È da notare che la parentela non è affatto casuale poiché se prendiamo come punto di partenza il Frankenstein dell’omonimo film di James Whale, il protagonista di Son of Frankenstein è – appunto – il figlio dello scienziato, mentre Frederick è effettivamente suo nipote. La reiterazione della parentela è un elemento piuttosto diffuso nella parodia e non viene mai proposta come una scelta priva di significato, ma “in order to legitimize the main characters and to secure them as a point of reference in recalling past costructured characters”123. La parentela del protagonista è funzionale per esplicitare maggiormente la “parentela” tra l’iperfilm e gli ipofilm, che viene però problematizzata attraverso la disconferma del vero nome per tutta la prima parte del film, almeno fino alla conferma tardiva dell’effettiva discendenza (“My name is Frankenstein!”, 1:13:26) che avviene non casualmente nel momento in

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122 Nonostante nelle seguenti pagine si faccia riferimento solo a Mel Brooks, ricordiamo che la sceneggiatura è stata realizzata da una collaborazione tra Mel Brooks e Gene Wilder. Nell’analisi delle prossime pagine si farà dunque riferimento per praticità solo alla figura di Mel Brooks, ma nella piena coscienza del fondamentale contributo di Gene Wilder, senza il quale il film non sarebbe mai stato concepito.

cui creatore e creatura si riconciliano124. Da questo dettaglio peraltro non marginale del film, data la reiterazione comica del conflitto onomastico (e familiare), si osserva quel rapporto paradossale che la parodia ha nei confronti dei suoi ipotesti: Young Frankenstein riconosce come punto di riferimento quell’estetica del cinema dell’orrore di cui abbiamo parlato, ma il regime ludico e parodico impone allo stesso tempo una disconferma di quest’ultimo. Lo spettatore riconosce questo attrito a partire dalla figura stessa del protagonista, poiché – quanto meno – conosce il nome del personaggio più importante e la sua storia. Inoltre, lo stesso gioco parodico lo ritroviamo con il suo assistente Igor, il quale oltre a stupirsi della pronuncia diversa del nome del suo padrone (“You’re putting me on…!?”, 15:05), replica all’affermazione di Frederick “You must be Igor” con “No. It’s pronounced I-gor” e aggiunge in seguito “My grandfather used to work with your grandfather”. In questo caso la comicità della battuta è anche dovuta al fatto che [‘aigo:] è omofono di “eye-gore”, cioè “rivoltante”, laddove – si noti – “gore” può anche indicare uno specifico sotto-genere dell’horror caratterizzato da scene molto cruente, ma è soprattutto dovuta alla riproposizione di una situazione speculare. Nonostante gli aiutanti presenti negli ipofilm, quali Fritz e Ygor, non siano parenti né tra di loro né di Igor, la “parentela” tra i film viene sottolineata attraverso questa invenzione che, per quanto forzata sia, ribadisce la continuità con Young Frankenstein. D’altra parte, tutti gli aiutanti condividono il fatto di essere storpi, gobbi, ambiguamente malefici e fonte di guai per il proprio padrone. Anche in questo caso di parentela più anomala tuttavia il nome non è più pronunciato come quello del personaggio di Bela Lugosi [‘igor], il che ripropone una situazione di “parentela” turbata con gli ipotesti.

Bisogna inoltre ricordare che lo stesso autore Mel Brooks è stato in un primo momento lettore/spettatore degli ipotesti e ipofilm, dai quali ha elaborato una propria versione del codice del genere gothic horror per un film che presenta, come abbiamo detto prima, una struttura “double coded”, che lo spettatore è tenuto anche solo parzialmente a decodificare. Quanto più Mel Brooks sarà stato esplicito nei suoi riferimenti agli ipotesti e gli ipofilm e quanto più il lettore avrà la competenza adeguata per coglierli, tanto più la strategia parodica sortirà l’effetto desiderato: “Il piacere del lettore comincia quando egli stesso diventa produttivo, cioè, quando il testo gli consente di mettere in gioco le sue facoltà”125. E non si può negare, come la stessa Margaret Rose osserva, che tale piacere deriva proprio dalla presenza del paradosso che abbiamo finora discusso.

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124 Si noti che la parentela problematica è presente anche nell’ipofilm Son of Frankenstein, in cui il personaggio di Wolf von Frankenstein è non casualmente un professore universitario che, arrivando peraltro dall’America alla Transilvania, si mostra piuttosto scettico nei confronti del lavoro del padre, ma finisce per accettare appieno la sua effettiva parentela nel momento in cui riconosce il valore di ciò che il padre ha fatto: l’atto che sancisce la completa accettazione e interiorizzazione della parentela avviene infatti nel momento in cui Wolf cancella la parola “monsters” dalla frase scritta provocatoriamente sopra la tomba del padre “Creator of monsters” per sostituirla con “men”.

So, too, the parody often pleases because of the unexpectedness of its juxtapositions and the success of its combination of previously separate texts or ideas. It is, hence, possible to enjoy an attack to our normal way of perceiving literature, [o un testo cinematografico, N.d.A] or the world, but often, of course, such an attack becomes, as in the case of the grotesque, threatening. For all our praise of parody, it must also be admitted that, like many other literary forms, it has been used for destructive as well as creative purposes126.