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La parodia di Young Frankenstein come interazione dinamica

YOUNG FRANKENSTEIN

II.1 La parodia di Young Frankenstein come interazione dinamica

La peculiarità del regime parodico rispetto a quello dei testi non parodici è di rafforzare e rendere esplicita l’importanza e la necessità della cooperazione tra il parodista e il lettore/spettatore. In primo luogo si tratta di un regime discorsivo nel quale non solo il parodista si presenta in modo esplicito come conoscitore di testi e tradizioni precedenti (generi compresi), ma anche come lettore attivo di questi ultimi, i quali per essere rielaborati nella parodia devono essere necessariamente osservati con una distanza critica minima. Rimanendo nell’esempio della tradizione gotica che abbiamo discusso nel precedente capitolo, nella parodia di quest’ultima proposta da Young Frankenstein non abbiamo solo a che fare con un autore come Mary Shelley che si confronta con la tradizione dei testi romantici e gotici precedenti e contemporanei per riproporre gli stilemi del genere112, non abbiamo solo a che fare con un regista come James Whale che recupera una tradizione letteraria (quella romantico-gotica) e una cinematografica (l’Espressionismo tedesco) per creare un film dell’orrore, ma anche con un artista che, pur riprendendo con grandissima precisione queste tradizioni, assume quella distanza critica necessaria all’interno di un regime comico e parodico. La stessa etimologia torna in qualche modo utile per capire questa condizione che differenzia radicalmente la creazione e successivamente la ricezione del testo parodico, poiché come abbiamo visto il prefisso παρα ha anche significato di “di fianco, vicino a”. Quindi, si può dire che il parodista non si pone propriamente all’interno di una tradizione o di un genere, bensì “di fianco”, ad una distanza sufficientemente ravvicinata per conoscerne i meccanismi e decostruirli con la comicità del suo testo, come osserva Margaret Rose:

The ambivalence of great parody – from Aristophanes to today – of apparent empathy with and distance from the text imitated – can be said to be implied in the classical understanding of it as a song sung ‘in imitation of, and as both ‘next to’ and ‘different from’ another […]113.

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111 Si osservi che il saggio Lector in fabula del 1979 molto deve all’opera di Iser, che assieme a Hans Robert Jauss sviluppò la “Scuola di Costanza”, che portò avanti riflessioni interessanti riguardo la ricezione estetica, gli orizzonti di attesa e la poetica cognitiva.

112 Tale osservazione è volutamente provocatoria e tiene in considerazione il fatto che i generi siano delle categorie costruite e applicate esclusivamente a posteriori, a fronte di un numero sufficiente di opere con determinate caratteristiche comuni per giustificare la creazione e l’attribuzione di questi.

Su questa stessa linea di pensiero, ricordiamo le già citate parole di Linda Hutcheon, “A critical distance is implied between the backgrounded text being parodied and the new incorporating work”114, ribadite poco più avanti nel suo saggio, “Unlike imitation, quotation, or even allusion, parody requires that critical ironic distance”115.

In secondo luogo – e di conseguenza – il ruolo del lettore, oltre ad avere un’importanza ontologica fondamentale per l’esistenza stessa di un testo/film, viene messo in particolare evidenza dalla pratica parodica in quanto all’interno della strategia discorsiva egli deve decodificare un codice complesso, che già formalisti russi come Yurij Tynjanov per primo e successivamente anche Michail Bachtin avevano definito come una struttura doppia (“double-coded structure”). Già Tynjanov prima di Bachtin aveva riconosciuto “the peculiarly ‘double’ structure of parody which results from its ‘wearing’ of the refunctioned words of others”116, ma si può dire che Bachtin abbia approfondito e ampliato l’argomentazione sulla presenza di una struttura retta da un doppio codice:

In actual fact, in parodic discourse two styles, two ‘languages’ (both intra-lingual) come together and to a certain extent are crossed with each other: the language being parodied (for example of the heroic poem) and the language that parodies (low prosaic language, familiar conversational language, the language of the realistic genres, ‘normal’ language, ‘healthy’ literary language as the author of the parody conceived it). This second parodying language, against whose background the parody is constructed and perceived, does not – if it is a strict parody – enter as such into the parody itself, but invisibly present in it117.

Tale concetto si ritrova nella teoria di Siegrfried J. Schmidt con un ulteriore ampliamento concettuale veicolato dall’espressione “two text-worlds”, che secondo Margaret Rose è particolarmente utile per sottolineare il ruolo della parodia all’interno della letteratura e il fatto che i testi in questione possano essere accompagnati dai “worlds” degli autori e dei lettori con le loro rispettive aspettative118. Seguendo questa terminologia, si possono riconoscere dunque due TW (“text worlds”): quello del parodista, TW1, e quello dell’ipotesto così come viene riprodotto dal parodista, TW2, che vengono recepiti da un lettore nella sua propria dimensione ermeneutica (reader’s world, o RW) in un determinato contesto spazio-temporale. Benché questa formulazione possa suonare piuttosto generalizzante, è utile nella misura in cui ci permette di includere un altro fattore fondamentale per la ricezione del testo parodico e la sua interpretazione: la ricezione della parodia da parte del lettore/spettatore è influenzata dal suo grado di conoscenza (dell’esistenza di e) dell’ipotesto. Per questo motivo Margaret Rose giustamente propone una casistica di quattro gradi !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

114 L. HUTCHEON, A Theory of Parody. The Teachings of Twentieth-Century Art Forms, Methuen, Londra 1986, p. 32.

115 Ivi, p. 34.

116 M. ROSE, Parody: ancient, modern, cit., pp. 119-120.

117 Ivi, p. 153: Rose cita a sua volta le parole di Bachtin da “From the Prehistory of Novelistic Discourse”, in The

Dialogic Imagination, ed. Michael Holquist, trad. Caryl Emerson e Michael Holquist, Austin and London 1981, p. 75.

di conoscenza diversi dell’ipotesto da parte del lettore, il quale può essere più o meno capace di cogliere i segnali presenti nella parodia, affermando che

the reception of the parody by its external reader will depend upon the latter’s reading of the ‘signals’ given in the parody text which relate to or indicate the relationship between the parody and the parodied text and its associations119.

Tornando a Young Frankenstein queste proposte teoriche divengono particolarmente chiare. Si tratta di un testo che come abbiamo visto nel capitolo precedente si dimostra estremamente fedele all’ipotesto del genere gothic horror a livello semantico-sintattico-pragmatico e che riprende una storia – quella di Frankenstein di Mary Shelley – conosciuta se non direttamente, pur sempre a grandi linee. Pertanto, con un grado d’informazione di questo tipo da parte dello spettatore, il testo viene recepito come una parodia piuttosto indipendente della storia di Mary Shelley. Tuttavia, l’esperienza di Young Frankenstein cambia radicalmente alla luce della conoscenza degli ipofilm, cioè la serie di film degli anni ’30 che abbiamo già menzionato, qui oggetto di parodia. In questo modo, il film assume di conseguenza un significato radicalmente diverso, molto più ampio e interessante.

L’analisi proposta in queste pagine assume a mio parere una maggiore rilevanza se consideriamo la parodia come una delle strategie estetiche che pone programmaticamente in risalto il ruolo del lettore/spettatore, perché quest’ultimo è chiamato attivamente in causa nel processo di significazione, che varia necessariamente a seconda della competenza dell’ipotesto. La buona riuscita della parodia e la sua forza comica non risiedono quindi soltanto nell’efficacia dell’effetto comico utilizzato dal parodista, ma dipendono anche dalle conoscenze che il lettore/spettatore possiede. La parodia in questo senso si presenta come una strategia che veicola una forte istanza meta-discorsiva ed ermeneutica ed il caso di Young Frankenstein è più che mai utile per mostrare come l’esperienza del testo cinematografico varia a seconda della conoscenza dei film e del genere gothic horror parodiati. Alla luce della sua competenza, il ruolo dello spettatore dovrebbe essere più che mai attivo nel cogliere i riferimenti agli ipofilm e al genere parodiato. In questo capitolo, dunque, cercherò di mostrare quanto la competenza degli ipofilm influisca sull’esperienza di Young Frankenstein, specialmente nel momento in cui la ripresa di questi ultimi sia usata per creare aspettative che vengono programmaticamente disattese.