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Il percorso dell'ecosostenibilità-altre realtà Comunali

scolastico spesso non discostandosi da un'impronta comune, ma inserendovi delle novità proprie, originate dall'attenta comprensione delle esigenze specifiche del proprio territorio. Questi contributi interessanti potrebbero ispirare un auspicabile regolamento nazionale che ancora non esiste.

Forte dei Marmi:

Il servizio mensa del rinomato Comune versiliese è davvero molto esemplare, grazie anche alle grandi entrate garantite dal turismo, più consistenti dei Comuni limitrofi litoranei, quali Pietrasanta o Camaiore e soprattutto dei Comuni interni ( ad esempio Seravezza).

Come illustrato dall’Assessore della Scuola e Pubblica Istruzione di Forte dei Marmi Dott.ssa Anna Corallo, il Comune dispone di due servizi mensa per le due scuole elementari: uno con cucina interna e uno veicolato, ma con il centro cottura ad un minuto dalla scuola.

Rispetto ai capitolati di Collecchio e Capannori si nota la presenza di uno staff mensa stipendiato dal Comune che segue i bambini dalle materne fino alle elementari.

Lo staff conosce perfettamente i bambini tanto da essere un forte riferimento di fiducia per gli alunni che devono imparare tanti nuovi piatti e usi: questo stimola di più il bimbo a mangiare. Un'altra peculiarità del capitolato di Forte dei Marmi è l'istituzione della ludoteca: è un’area che permette ai bambini che non hanno il rientro pomeridiano di poter restare a scuola fino alle 16.30, in attesa dei genitori. Qui sono seguiti dai maestri che, dopo la mensa, li fanno fanno giocare e li aiutano nei compiti.

Tale servizio è gratuito per i residenti di Forte dei Marmi mentre gli altri alunni pagano un contributo.

Lo stesso criterio tariffario è applicato per i pasti mensa( 3,20 euro per i residenti e 4,20 per gli altri, come tariffa massima): molti residenti di altri comuni iscrivono i figli a Forte dei Marmi per il servizio legato al tempo pieno e alla ludoteca.

Montechiarugolo:

È un Comune della Pedemontana parmense, distante 23 km da Parma e con oltre 10000 abitanti, in un contesto socioeconomico simile a Collecchio.

Da quest'anno il Vicesindaco Dott. Daniele Friggeri, in qualità di responsabile dei servizi educativi, scolastici e culturali del Comune, ha inserito in una delle tre scuole elementari comunali il servizio mensa self service, con l'obiettivo di favorire l'autonomia degli alunni e la convivenza civile ( il rispetto della fila, la condivisione e il rispetto del bene comune ecc). L'attuazione del progetto, non dissimile dal modello di Capannori, non ha richiesto dei rincari tariffari, pur dovendo sostenere le spese di adattamento della struttura a questo tipologia di servizio. La somma necessaria è stata attinta dal fondo cassa alimentato dal margine di 5-10 centesimi, calcolato per ogni pasto erogato.

Il progetto self service, nato come esigenza colta nelle riunioni del comitato mensa,è stato dapprima presentato agli insegnanti per concertare un opportuno approccio didattico e poi alle famiglie.

Un altro piccolo grande risultato è stato introdurre la frutta a merenda già pulita e tagliata , agevolando così il consumo da parte dei bambini: con una piccola operazione di cucina, a costo nullo, si è ottenuto un interessante risultato.

Unione Valdera: Riunisce i sette Comuni pisani di Pontedera, Buti, Bientina, Calcinaia, Capannoli, Casciana Terme-Lari e Palaia.

Creando una sinergia di intenti si è cercato, pur concedendo uno spazio di autonomia ai singoli Comuni, di redigere un unico capitolato per il servizio mensa.

Questo si traduce nella possibilità di disporre di un'unica ditta di ristorazione, di una sola rete di fornitori, di applicare le stesse tariffe e le stesse modalità di pagamento del servizio. Prima dell’Unione vi erano sette capitolati diversi e sette diverse modalità di attuazione del servizio, con livelli di qualità e di efficienza differenti. ( per il rifornimento di prodotti Dop o Igp, per la gestione degli scarti , per la praticità di pagamento del servizio ecc).

Unificando il sistema, si è potuto disporre di prezzi più bassi per l'acquisto dei rifornimenti, riconducibili ad un’unica ditta appaltatrice.

7.Una polemica attuale: il servizio mensa e i “bambini panino”

La figura del “bambino panino”, nata nel 2013 in seguito alla Deliberazione del Comune di Torino del 30 settembre 2013 n. 2013/03524/007, è allusiva, in tono velatamente polemico, a quegli alunni che non scegliendo il servizio mensa, consumano il loro pasto portato da casa, a scuola (solitamente un panino).

Nella stessa Deliberazione, il Consiglio Comunale di Torino ha approvato gli indirizzi del sistema tariffario per i servizi educativi dell'anno scolastico 2013/2014 stabilendo “di

rimodulare in aumento le tariffe del servizio di ristorazione scolastica, al fine di «contribuire ad una maggiore copertura dei costi sostenuti dall'Amministrazione nell'erogazione dei servizi alla cittadinanza» e ciò a causa dell'«attuale e perdurante scenario di contrazione dei trasferimenti statali e regionali destinati al finanziamento di tali servizi». ( Luigino, 2016) In particolare, per le scuole elementari e medie è previsto un incremento dei costi di servizio variabili tra i 2 e i 10 euro mensili, con un tetto massimo di 7,10 euro a pasto per la fascia più alta, sollevando la protesta di molti genitori che hanno accusato il Comune di non aver offerto, ad iscrizione ultimata, un’alternativa come il pasto portato da casa. (Luigino, 2016) “Con ordinanza n. 63/2014 del 24 gennaio 2014, il Tar Piemonte ha respinto la domanda cautelare proposta dai genitori ricorrenti, ritenendo insussistenti i profili di danno paventati” anche se, nell’udienza del 10 luglio del 2014, l’Amministrazione comunale ha dovuto

presentare l’intera documentazione relativa ai parametri normativi ed economici adottati per il tariffario scolastico dell’anno 2013/2014. (Luigino, 2016)

Il collegio del Tar ha quindi precisato, secondo il punto n. 10 del Decreto Ministerale dell'Interno 31 dicembre 1983, che il servizio di ristorazione pubblico, in quanto attività pubblica, è tenuto per legge a fissare i prezzi secondo “il principio del pareggio del bilancio”. (Luigino, 2016).

Il Comune deve comunicare il costo complessivo del servizio, specificando i costi sostenuti dall’Amministrazione e quelli richiesti all’utenza, ma non è obbligato a offrire un servizio esterno alternativo alla refezione scolastica, in quanto tale servizio pubblico non è ritenuto giuridicamente essenziale.

Il “bambino panino” nasce come alternativa al pranzo della mensa scolastica senza obbligare le famiglie a ritirare da scuola alla fine delle lezioni mattutine.

Tuttavia il dibattito sul “bambino panino” coinvolge non solo l’aspetto economico, ma anche l’aspetto igienico-sanitario, la stabilità del servizio mensa, il ruolo educativo scolastico e i costi da ammortizzare da parte del Comune, ostacolando il riconoscimento di questo servizio. Sulla polemica grava anche la posizione della Comune, che rivendica il il valore educativo della refezione scolastica discordante con quella dei genitori, che reclamano invece il loro

diritto per una libera scelta dell’indirizzo scolastico dei propri figli, senza gli oneri aggiuntivi di un servizio non richiesto.

Attraverso varie cause legali, è stato decisiva per l’attuale legittimazione a Torino del “bambino panino” la sentenza della Corte d'Appello di Torino del 21 giugno 2016. In tale sede è riconosciuto il diritto di scelta tra refezione scolastica e il pasto da casa, da consumarsi all’interno dell’ambiente scolastico e nell’orario di mensa, ribaltando la sentenza dell'anno precedente del Tribunale cittadino. (Vecchione,2017)

A questa conclusione si è arrivati, in virtù del Decreto Ministeriale del 31 dicembre 1983, per cui viene riconosciuto che “il servizio di refezione scolastica è un servizio locale a domanda individuale, facoltativo per l’utente, che non può mai diventare obbligatorio e, quindi, non essendo ipotizzabile il digiuno degli studenti, occorre reinventare una soluzione”.

(Vecchione,2017)

L'attuazione di questo diritto non può risolversi nel consentire indiscriminatamente agli alunni di consumare il pasto domestico presso la mensa scolastica, ma implica l'adozione di una serie di misure organizzative, in funzione degli aspetti igienico-sanitari e in relazione alla

situazione logistica dei singoli istituti interessati. ( Luigino, 2016)

Questo comporta che gli insegnanti devono sorvegliare i “bambini panino”, evitando che avvengano scambi di cibo con gli altri bambini che usufruiscono del servizio mensa. (Santarpia,2017)

Nonostante la sentenza della Corte d’Appello, diversi istituti scolastici del capoluogo piemontese si sono rifiutati di acconsentire a questa modalità di refezione scolastica, bandendo così il “bambino panino”.(Venturi,2017)

A Benevento, invece, nell’aprile 2017 una Delibera comunale ha vietato in tutte le scuole il pasto da casa per l'ora del pranzo, a partire dall’anno scolastico 2017-18, con l’intento di tutelare la salute degli alunni, fornendo condizioni igienico-sanitarie ottimali e il massimo rispetto delle condizioni di ristorazione fissate nell'appalto.( Longhin,2017)

Come a Torino è nato un contenzioso con i genitori: inizialmente i verdetti del Tribunale di Napoli hanno dato ragione al Comune di Benevento, in data 25 maggio 2017 e del 10 luglio 2017.

Al momento, il Tar Campania, con Decreto del 25 settembre 2017, ha però congelato la sentenza, accogliendo l'istanza cautelare contro la Delibera del Consiglio Comunale della città sannita.( Redazione Orizzonti Scuola,2017)

Il Tar ha così riconosciuto gli estremi per bloccare l’iniziativa comunale, abrogando il divieto di consumare cibi differenti da quelli della ditta appaltatrice del servizio mensa nei locali di refezione scolastica. (Iorio,2017)

Alle scuole spetta la responsabilità di dettare le norme igieniche da seguire per i “bambini panino”, consentendo il consumo nel rispetto delle disposizioni igieniche fornite. (Iorio,2017) La sentenza definitiva, fissata per l'11 ottobre 2017, è stata poi rinviata al marzo 2018,

permettendo la permanenza dei “bambini panino”, ma l’Amministrazione comunale di Benevento ha scelto, nell’attesa, di sospendere il servizio mensa scolastico, ripristinato poi in data 20 febbraio 2018. (Iorio,2017), (Redazione Ntr,2018)

Il Comune ha sostenuto i principi della Delibera, difendendo il servizio di ristorazione scolastica e i rischi di natura igienico-sanitaria a cui gli alunni sono esposti. ( Redazione Ntr,2017)

Sul territorio nazionale, nell'anno scolastico corrente, si sono registrate varie disdette al servizio mensa, più o meno numerose a seconda delle realtà locali: nel caso di Torino l'Amministrazione comunale attuale non nasconde timori verso questo fenomeno, in quanto “Più di un terzo dei rinunciatari appartiene alle fasce di reddito più basse: 2.089 famiglie hanno un Isee inferiore ai 15mila euro”. (Venturi,2017)

Un caso recente si è registrato in Friuli dove, ad Udine e in alcuni comuni limitrofi, si è presa la decisione di rendere obbligatorio il servizio mensa, vietando il consumo di cibo portato da casa. (Vicedomini,2017)

La motivazione è quella di sostenere il servizio di ristorazione scolastica, come garanzia di sicurezza igienica, di educazione alimentare e di tutela della salute, mentre il “bambino panino” comprometterebbe, con la sua legittimazione, quel diritto collettivo ad usufruire della refezione scolastica con tutte le sue garanzie. (Vicedomini,2017)

Il pasto da casa, in quanto non regolamentato da nessuna norma, contraddice con il piano di gestione della ditta appaltatrice, operante in mensa, tenuta ad assumersi le responsabilità previste dalla legge (dall’esecuzione del pasto alle garanzie igieniche).

Inoltre il pasto da casa comporta dei costi aggiuntivi non indifferenti per predisporre questo tipo di servizio che richiede comunque attrezzature da cucina, tecnologie per conservare e preparare gli alimenti in condizioni di sicurezza, nonché personale addetto alla sorveglianza dei “bambini panino”.(Vicedomini, 2017)

Con il pasto portato da casa si rischia anche di vanificare la funzione sociale della mensa,delle lezioni di classe e delle iniziative di educazione alimentare e ambientale, venendo a mancare il riscontro pratico con l’esperienza della mensa scolastica.

In conclusione l'Italia presenta realtà molto differenti , tra le quali spicca il senso di rinnovata fiducia dei genitori verso il servizio mensa, come è accaduto a Firenze, con solo 13 “bambini panino” in tutte le scuole comunali. (Benedetti, 2017).

7.1 Il Ddl 2037: la proposta governativa per un unico regolamento di refezione scolastica Anche per risolvere la questione dei “bambini panino” , è stato presentato in Senato,il 4 agosto 2015, il Disegno di Legge 2037 per normare il servizio di ristorazione collettiva a livello nazionale.

La proposta pone l'attenzione sugli enormi cambiamenti dello stile di vita di molte famiglie e dei singoli che spingono sempre più persone a consumare almeno un pasto fuori casa al giorno. (Saggese,2015)

“Secondo i dati Istat del 2013 almeno undici milioni di italiani mangiano fuori casa almeno per un pasto e oltre un 50% di loro si serve del servizio mensa che può essere intesa come scolastica, aziendale, ospedaliera ecc.”(Saggese,2015)

“Appare pertanto di tutta evidenza come la ristorazione collettiva, propria per la dimensione dei pasti prodotta, possa essere uno straordinario veicolo per incidere positivamente sulle scelte e le tendenze alimentari dei cittadini e dunque un servizio con forte valenza pubblica”. (Saggese,2015)

Il problema dell'Italia attuale, secondo il Ddl 2037, è l'assenza di un regolamento nazionale che sappia rendere uniforme la gestione del servizio mensa pubblico invece dell'attuale contesto dove le amministrazioni locali dispongono di un'eccessiva libertà di scelta e d'azione venendo così a creare un'infinità di capitolati “vanificando la reale possibilità di un

miglioramento significativo del sistema e delle abitudini alimentari”.(Saggese,2015)

Viene anche denunciato un eccessivo spreco da parte della ristorazione collettiva nazionale, di ben oltre 87.000 tonnellate di cibo buttato all’anno: questi sprechi sono dovuti a porzioni eccessive, ad una qualità scadente e a perdite lungo la filiera. (Saggese,2015)

Inoltre, come già evidenziato dalle politiche alimentari di molte nazioni dell’Occidente, viene proclamata l’importanza del legame tra il servizio mensa e l’ attività agroalimentare, come la certificazione di qualità, la sicurezza e la rintracciabilità di una filiera corta, la valorizzazione del prodotto locale e la possibilità di dare sbocchi economici ad un determinato territorio: un servizio mensa inserito nel territorio, attento alle realtà economiche locali e ambientali. (Saggese,2015)

Gli obiettivi del Ddl 2037 sono:

• Disciplinare il servizio di ristorazione collettiva in conformità alla normativa

dell’Unione Europea vigente nonché alle disposizioni del codice dei contratti pubblici relativi ai lavori, ai servizi e alle forniture.

• Promuovere, tramite le linee guida stilate dal Ministero della Salute, dell'Istruzione e delle Istituzioni pubbliche, l’educazione alimentare, la riduzione degli sprechi

alimentari e il valore culturale ed economico del cibo nel territorio. • Creare un sistema di valutazione di capitolati uniforme e chiaro.

• Responsabilizzare le aziende appaltatrici così da garantire alti livelli di qualità e la massima trasparenza della filiera alle utenze per i controlli, le analisi e le revisioni del servizio.

• Garantire che le ditte appaltatrici siano sempre efficienti e aggiornate.

• Assicurare ai consumatori l'assoluta legalità dell’operato delle ditte appaltatrici tramite l'intervento dell'Anac, delle ispezioni di organi competenti e della registrazione nell'albo regionale dei fornitori.

Tra i vari articoli del Ddl 2037, vi sono:

Articolo 3: Prevede che il Ministero della Salute elabori, ogni due anni, le linee guida per la ristorazione collettiva con la collaborazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con le associazioni di rappresentanza del settore agroalimentare e con

l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani. L’obiettivo è quello di “definire i requisiti di qualità minimi necessari, il contributo nutrizionale degli alimenti e dei pasti, le indicazioni dietetiche atte a contrastare patologie quali sovrappeso, obesità, diabete, ipertensione, allergie e intolleranze alimentari, nonché i criteri standard minimi per il corretto svolgimento del servizio di ristorazione collettiva.” (Saggese,2015)

Articolo 4: Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca deve promuovere, in collaborazione con il Ministero della Salute e le istituzioni pubbliche, l’educazione

alimentare, in tutti i suoi aspetti, su tutto il territorio nazionale con iniziative mirate, azioni e messaggi uniformi.

Le pubbliche Amministrazioni si impegnano quindi a definire i criteri da rispettare nei vari capitolati di appalto “al fine di garantire il rispetto delle norme in materia di libera

circolazione delle merci, i requisiti di qualità, di quantità e di prezzo in relazione alle derrate alimentari richieste.”(Saggese,2015)

Articolo 5: Vengono indicate le norme specifiche per i servizi di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, definiti come “servizi pubblici essenziali”, in quanto contribuiscono a “garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla salute, all’assistenza e all’istruzione.”(Saggese,2015)

Nel comma 2 e 3 del suddetto Articolo, le Amministrazioni hanno la facoltà di scegliere il criterio di aggiudicazione del servizio di ristorazione pubblica in base al prezzo e alla qualità o, solamente, di quest’ultimo, ma non della sola offerta economica.

Infatti, grazie alla Direttiva europea 2014/24/Ue del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio sugli appalti pubblici, sono fissati i requisiti di qualità sul servizio da erogare e sul monitoraggio della filiera di refezione così da garantire massimo accesso e trasparenza alle utenze per controlli, analisi e revisioni del servizi.

Il comma 4 stabilisce che, nella valutazione delle proposte all’appalto della ristorazione pubblica, al prezzo non possono essere attribuiti più di 30 punti. I restanti 70 sono riservati alla valutazione del progetto in tutte le sue caratteristiche.

Nel comma 5 vengono fissati i parametri di qualità per valutare l’offerta, quali:

• Il rispetto dei criteri stabiliti dal Ministero della Salute nelle tabelle per la ristorazione scolastica nazionale del 29 aprile 2010 e fissati come obbligatori.

• La valorizzazione di filiere corte.

• L’acquisto di prodotti alimentari a ridotto impatto alimentare come quelli derivanti da produzione biologica.

• La valorizzazione di imprese agricole che dispongano di autonome piattaforme alimentari.

• L’ utilizzo di prodotti non alimentari a ridotto impatto ambientale, come materiali biodegradabili o riciclati.

• La manutenzione ordinaria di locali, degli arredi e delle attrezzature nonché piani di ristrutturazione dei locali e sostituzione dei materiali.

• La formazione e la sensibilizzazione del personale verso progetti di promozione della salute.

• La preparazione di diete e di menù, con attenzione alle intolleranze e alle questioni etico-religiose.

• Il monitoraggio dei cibi prodotti in eccesso e non utilizzati.

• L’attuazione di procedure per monitorare la qualità del servizio e la soddisfazione dell’utenza.

Il comma 7 sancisce che l’Anac (Autorità Nazionale AntiCorruzione) approvi, annualmente, un bando di riferimento obbligatorio per tutte le ditte di ristorazione pubblica.

Tra i requisiti obbligatori per esercitare la pubblica ristorazione, figurano: • Il mantenimento di un fatturato minimo annuo

• Un numero minimo di tecnici (nutrizionisti, tecnologi ecc) assunti a tempo indeterminato

• Un livello standard di investimenti in tecnologie e attrezzature • Il governo diretto della filiera produttiva

• Investimenti minimi, previsti nell’arco di tre anni, per lo sviluppo e la formazione del personale, delle capacità tecnologiche e delle strategie ambientali.

Ogni anno, come riporta il comma 9, l’Anac è tenuta ad elaborare e pubblicare i prezzi medi del pasto a seconda del tipo di ristorazione pubblica e a seconda delle aree territoriali.

I prezzi stimati devono essere considerati un riferimento per le amministrazioni che istituiscono la gara d’appalto per il servizio, così da evitare anomalie d’offerta.

Articolo 6: Prevede la creazione in ogni Regione di un albo dei fornitori risultati “virtuosi” in termini di rispetto della concorrenza, di moralità, di capacità tecnica e imprenditoriale.

Tale albo è continuamente aggiornato e controllato dall’Anac e, ogni sei mesi, gli operatori, tramite un’apposita autocertificazione, devono confermare il totale rispetto dei parametri fissati dell’Articolo 38 del D.lgs n.163 del 2006.