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1.7 Il percorso giurisprudenziale in tema d’indisponibilità del tributo.

A completamento della nostra indagine sul principio d‟indisponibilità nel settore tributario, è necessario soffermarsi ad esaminare la produzione giurisprudenziale, con l‟obiettivo di tracciarne il percorso evolutivo e individuare un punto d‟approdo. Una panoramica d‟insieme delle pronunce giurisprudenziali sul tema ci restituisce un quadro frastagliato e disomogeneo della categoria dell‟indisponibilità, che riproduce le medesime incertezze emerse dall‟analisi delle varie posizioni dottrinali95. La consueta formula utilizzata, “indisponibilità dell‟obbligazione tributaria”, viene, infatti, declinata in una pluralità di accezioni, che riflettono una diversità di opinioni in merito alla sua portata concettuale, all‟individuazione dei referenti normativi e alla descrizione del suo contenuto.

A complicare ulteriormente l‟opera di ricostruzione contribuisce la circostanza che la giurisprudenza si è occupata raramente del tema ex professo, ma l‟ha trattato per lo più in via incidentale, affermando il principio d‟indisponibilità, o l‟opposta natura disponibile del tributo, tra le pieghe di questioni di varia natura. Volendo procedere ad una ricognizione sommaria dell‟elaborazione giurisprudenziale, si possono individuare tre filoni principali riconducibili direttamente o indirettamente alla problematica in oggetto, trattati dalla magistratura ordinaria: si tratta delle controversie in materia di concessione agevolazioni fiscali, di acquiescenza al contenzioso, di modificazione/estinzione dell‟obbligazione tributaria. Infine, un altro ambito di emersione del tema dell‟indisponibilità è rappresentato dalle pronunce della Corte dei Conti in tema di responsabilità contabile del funzionario pubblico agente.

Per un quadro complessivo degli orientamenti giurisprudenziali sul tema dell‟indisponibilità del credito tributario si rinvia ad A. CUVA, Conciliazione giudiziale ed indisponibilità dell’obbligazione tributaria, cit. 16 ss.; A. GUIDARA, Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, cit., 82 ss.; si rinvia inoltre (anche se la rassegna giurisprudenziale è, ovviamente, aggiornata sino al 1995) a M. REDI,

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La prima categoria di controversie aveva ad oggetto principalmente esenzioni, totali o parziali, o agevolazioni fiscali concesse dall‟autorità amministrativa, di solito rappresentata da un Ente locale96, ma, in un caso specifico dalla stessa Amministrazione centrale97, a

Una delle prime controversie in materia di accordi tra privato e amministrazione, su cui si è pronunciata la Cassazione, aveva ad oggetto un‟esenzione dal pagamento dell‟imposta di consumo sui materiali di costruzione, concessa dal Comune di Napoli a un‟impresa edilizia: vedi Corte Cass. 26 febbraio 1937, n. 574, in Riv.it. dir. fin.,1937, II, 55 ss., con nota ivi di G.TESORO, Il principio dell’inderogabilità nelle

obbligazioni tributarie della finanza locale; negli anni successivi la Cassazione,con sentenza del 12 gennaio 1942, n. 66, in Foro.it., 1942, I, 396, si è occupata della sorte di una clausola contrattuale, inserita in un accordo stipulato tra un Comune e una società privata, che prevedeva “il rimborso di tutte le tasse, di qualsiasi specie, presenti e future, commisurato nel tempo all‟indeterminata durata dell‟esercizio dell‟attività della società”. La pattuizione, pur avendo tecnicamente ad oggetto un obbligo di rimborso, è stata riqualificata dalla Cassazione come una forma di esenzione indebita concessa dall‟ente locale, e, pertanto dichiarata nulla. Un altro caso singolare, risolto dalle Sezioni Unite, traeva origine da un contratto stipulato nel lontano 1492 tra un Comune ed un privato cittadino, che riconosceva a quest‟ultimo un titolo generale di esenzione dal pagamento di alcuni tributi locali. La Corte, chiamata a pronunciarsi sulla validità attuale di questo accordo, lo ritenne radicalmente nullo e inefficace alla luce della mutata realtà giuridica e della sopravvenuta vigenza del principio generale d‟indisponibilità dell‟obbligazione tributaria, che dovrebbe considerarsi immanente nell‟ordinamento tributario: vedi Cass. SS. UU. Civ. 9 luglio 1949, in Riv. dir. fin. sc. fin. 1950, II, 51, con nota di R. POMINI, L’inderogabilità dell’obbligazione tributaria

tra privato e Comune, ivi, 52 ss. La questione delle esenzioni dai tributi concesse in via pattizia dagli enti

locali è stata affrontata anche recentemente dalla Cassazione: cfr. Cass. 30 maggio 2002, n. 7945 in

Dialoghi tributari, 2004, 21 ss., con nota di R. LUPI, Sull’impossibilità del comune di rinunciare alla TARSU nel quadro di una convenzione per lo svolgimento di un servizio pubblico. A proposito di disponibilità del credito tributario, ivi, 21 ss.

 Si fa riferimento alla controversia che ha visto protagonisti, nell‟immediato dopoguerra, lo Stato italiano e alcuni armatori italiani ai quali furono cedute alcune navi mercantili, acquistate dagli Stati Uniti. Il contratto conteneva una specifica clausola contrattuale che prevedeva l‟esonero degli acquirenti dal pagamento dei tributi collegati all‟atto di cessione. La vicenda sollevò un contrasto giurisprudenziale tra le corti di merito che ebbero occasione di pronunciarsi sul caso: da una parte, infatti, il Tribunale di Roma qualificò come nulla la pattuizione in base alla quale il Ministero del Tesoro si era obbligato ad esonerare dal versamento delle imposte dovute i naturali soggetti passivi; dall‟altra, il Tribunale di Genova giunse

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soggetti privati incaricati di svolgere lavori pubblici o di prestare servizi pubblici, mediante la stipula di un comune contratto di diritto privato.

La giurisprudenza, chiamata a pronunciarsi sulla sorte di tali pattuizioni, ha optato per la più grave delle patologie negoziali, la nullità per contrarietà all‟ordine pubblico, invocando l‟esistenza di un principio generale d‟indisponibilità dell‟obbligazione tributaria, in base al quale è precluso all‟Amministrazione riconoscere a singoli contribuenti trattamenti fiscali differenziati rispetto a soggetti portatori di identica capacità contributiva. In ossequio a tale regola, dunque, qualunque soggetto pubblico, titolare di un credito di natura tributaria, non può rinunciare al potere- dovere di accertare e riscuotere l‟imposta, ovverosia abdicare all‟esercizio della funzione pubblica d‟imposizione, espressione della sovranità statuale. A fondamento dell‟esistenza nell‟ordinamento tributario di un generale principio d‟indisponibilità, elevato a principio di ordine pubblico e dunque inderogabile, vengono addotte argomentazioni sostanzialmente coincidenti con quelle classiche, espresse dalla dottrina tradizionale, alle quali a volte la giurisprudenza rinvia direttamente98, attraverso

alla conclusione opposta, riconducendo l‟accordo nell‟ambito degli schemi contrattuali ordinari, e ritenendolo legittimo alla stregua di un comune contratto di diritto privato stipulato tra soggetti paritari. La divergenza interpretativa è stata successivamente composta dalla Cassazione che ha ritenuto corretta la soluzione del tribunale di Roma, accolta anche dalla dottrina maggioritaria. Le sentenze cui si fa riferimento sono: Trib. Roma 8 ottobre 1952 e Trib. Genova 29 novembre 1952, entrambe in Riv. dir. fin.

sc. fin., 1953, II, 291, con nota di A.D. GIANNINI, Circa l’inderogabilità delle norme regolatrici dell’obbligazione tributaria. In generale sull‟argomento, si veda V.M. ROMANELLI GRIMALDI, Invalidità e validità di patti contrattuali fra Stato contraente e privati intesi a regolare gli oneri tributari derivanti da un negozio giuridico di diritto privato, in AA.VV., Studi in onore di Achille Donato Giannini, Milano, 1961, 743 ss.

 Cfr., ex multis, Cass. civ. 27 febbraio 1979, n. 1276, in Dir. prat. trib., 1980, 921 ss, con nota di P. PERUGGIA, Concordato fiscale ed indisponibilità dell’obbligazione tributaria, in Dir. prat. trib., 1980, 921 ss: nella sentenza la Suprema Corte afferma che “la dimostrazione del carattere indisponibile del credito tributario non richiede un lungo discorso” e che “il principio dell‟indisponibilità della potestà impositiva è accolto dalla dottrina tributaristica.”

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richiami generici, spesso neppure circostanziati con riferimento alla fattispecie concreta, a testimonianza di un appiattimento quasi completo sugli orientamenti espressi in dottrina. In altre occasioni l‟accordo concluso tra le parti si è tradotto in un contratto a carattere sinalagamatico con cui l‟ente impositore si obbligava a ridurre l‟entità della pretesa fiscale nei confronti di un singolo contribuente, in cambio della rinuncia a un‟istanza di rimborso già presentata, o dell‟abbandono di un contenzioso ancora pendente. In tali ipotesi la giurisprudenza ha ravvisato gli elementi tipici della transazione, ovverosia la presenza di reciproche concessioni- il c.d. aliquid datum e aliquid retentum- al fine di prevenire l‟insorgere di una controversia, o porre fine a un giudizio in corso, rilevandone, però, la nullità per violazione di norma imperativa, costituita dall‟art. 1966, 2 comma, cod. civ. che, come noto, vieta la transazione avente ad oggetto diritti sottratti alla disponibilità giuridica delle parti. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, “la potestà tributaria è una potestà vincolata, e non discrezionale; tale vincolatività, con l‟indisponibilità e l‟irrinunciabilità che vi si correlano, sta a dimostrare che l‟amministrazione, cui è certamente vietato disporre, con proprio regolamento e con circolari, agevolazioni ed esenzioni non previste dalla legge, a maggior ragione non potrebbe, nel caso concreto con provvedimento specifico transattivo, ridurre l‟ammontare del tributo99”.

Il secondo campo d‟interferenza con il principio d‟indisponibilità, che ha dato modo alla giurisprudenza di esprimersi sull‟argomento in esame, è rappresentato dalle controversie in merito alla possibilità di applicare l‟istituto dell‟acquiescenza nell‟ambito del processo tributario. In questo caso l‟orientamento della giurisprudenza è stato oscillante: in una prima fase, infatti, la Cassazione ha escluso l‟operatività dell‟acquiescenza100

, sia espressa che tacita, manifestata dall‟Ufficio finanziario, proprio a causa del carattere indisponibile e irrinunciabile del credito tributario. Secondo il ragionamento espresso dalla Corte, l‟Amministrazione è chiaramente libera di valutare la fondatezza della propria pretesa e,

Cfr. Cass. sez. civ. 27 febbraio 1979, n. 1276, cit.

Vedi Cass. sez. civ. 6 dicembre 1974, n. 4041 in Giur. delle imposte, 1974, 229 ss.; e Cass. sez. civ. 23 aprile 1981, n. 2397, in Riv. di legislazione fiscale, 1981, 1888 ss.

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ove la riconosca illegittima, ha il potere- dovere di rinunciarvi; tale rinuncia, maturata nel contesto processuale, non può considerarsi irretrattabile, alla stregua di un ordinario atto di acquiescenza, in quanto all‟Amministrazione Finanziaria non può essere preclusa la facoltà di riesaminare la valutazione del proprio operato, proprio a tutela del credito erariale e in vista dell‟interesse pubblico alla riscossione delle imposte, fino a quando non maturi il termine di prescrizione o decadenza o intervenga un giudicato idoneo a cristallizzare il rapporto oggetto della controversia.

Successivamente, a partire dal 1988 101, i giudici di legittimità hanno rivisitato il precedente orientamento, e affermato che il principio dell‟indisponibilità dell‟obbligazione tributaria non può sottrarre l‟amministrazione alle ordinarie regole del processo, frustrando così l‟affidamento ingenerato nel contribuente dal contegno processuale tenuto dalla parte pubblica e alterando il fondamentale principio di parità delle armi tra le parti in giudizio. Nella fattispecie in concreto scrutinata la Corte di Cassazione ha qualificato il comportamento dell‟Amministrazione come una manifestazione di acquiescenza tacita, che integra, sul piano sostanziale, la rinuncia definitiva alla pretesa, sostenendo che l‟immanenza nell‟ordinamento del principio d‟indisponibilità non è ostativa, in via di principio, all‟operatività dell‟acquiescenza nel processo tributario. Il nuovo corso giurisprudenziale inaugurato da questa sentenza accoglie, dunque, un‟interpretazione restrittiva e, per certi versi contraddittoria del principio d‟indisponibilità: da un lato, infatti, la Corte ne conferma la validità generale, ma, dall‟altro, ne attenua in concreto la portata precettiva, nella misura in cui ammette la possibilità di sacrificarlo rispetto ad esigenze di carattere processuale.

Un‟altra tipologia di controversie nelle quali la giurisprudenza si è confrontata col principio d‟indisponibilità della pretesa fiscale ha avuto ad oggetto le vicende dell‟obbligazione

 Si fa riferimento a Cass. sez. civ. 6 luglio 1988, n. 4429, in La tributaria e delle imposte dirette, 1999, 397 ss.

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tributaria102, in particolare l‟istituto dell‟estinzione per confusione, ex art. 1253 cod. civ. In un caso specifico, sottoposto all‟esame della magistratura tributaria, la questione ha tratto origine dalla decisione di sopprimere un ente pubblico ospedaliero, al quale, per legge, doveva subentrare il Comune territorialmente competente, assumendo la titolarità di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, compreso l‟obbligo del pagamento delle imposte dovute dall‟ospedale nei confronti del Comune stesso. L‟Amministrazione Comunale, tuttavia, ha rifiutato il versamento, eccependo l‟avvenuta estinzione del debito per confusione, a seguito della riunione, in capo al medesimo soggetto, della posizione debitoria e creditoria, invocando l‟applicazione dell‟art. 1253 cod. civ. La Commissione Tributaria Centrale che si è occupata del caso, pur riconoscendo la fondatezza delle argomentazioni addotte dalla parte pubblica, ha ritenuto nello specifico non operante la generale disposizione codicistica, a causa del superiore principio dell‟indisponibilità, dal lato attivo, del rapporto obbligatorio, vigente in materia tributaria103.

A conferma dell‟incertezza del quadro giurisprudenziale, si deve sottolineare un recente orientamento, avviato da una pronuncia della Cassazione del 2009104 che, occupandosi sempre del rapporto tra disciplina civilistica delle obbligazioni e principio d‟indisponibilità tributaria, giunge a conclusioni diverse. La sentenza risolve in senso positivo la questione del riconoscimento al contribuente dei danni da svalutazione monetaria maturati su importi

Per un approfondimento sul tema delle modalità di estinzione dell‟obbligazione tributaria e, in particolare, del rapporto di compatibilità tra le singole cause estintive e la disciplina generale codicistica, si rinvia a M.C. FREGNI, Obbligazione tributaria e codice civile, cit. 429 ss.; con riferimento all‟istituto della remissione del debito, si segnala una importante pronuncia della Corte di Cassazione, sez. civ. 21 dicembre 2007 n. 27045, che ne dichiara espressamente la non applicabilità al settore tributario, qualificando nulla la clausola contrattuale di rinuncia preventiva alla riscossione del credito, per contrarietà al principio, ritenuto di ordine pubblico, d‟indisponibilità dell‟obbligazione tributaria.

Questa controversia è espressamente presa in esame da A. CUVA, Conciliazione giudiziale ed

indisponibilità dell’obbligazione tributaria, cit. 18, nota 43.

 Vedi Cass. sez. civ. n. 552/1999, seguita da Cass. sez. civ. n. 9273/1999 e da Cass. sez. civ. 15314/2002. Per un approfondimento sull‟argomento si rinvia a G. MELIS, Lezioni di diritto tributario, cit., 523.

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indebitamente versati e trattenuti dall‟Erario, dando per presupposto “che la presenza della Pubblica Amministrazione in qualità di creditore o debitore non altera la struttura del rapporto obbligatorio; sicché l‟obbligazione resta assoggettata, per ciò che concerne gli aspetti di diritto sostanziale, alla disciplina di diritto comune contenuta nel codice civile, al pari di quelle che intercorrono tra soggetti privati, salvo deroghe testualmente previste”. Contrariamente, dunque, a quanto sostenuto in tema di estinzione del rapporto obbligatorio per confusione, in questo caso le peculiarità del credito tributario e la natura pubblicistica e indisponibile dell‟obbligazione fiscale non autorizzano alcuna deroga al trattamento ordinario riservato al diritto di credito e ai suoi accessori.

Il problema della natura indisponibile del tributo è stato affrontato anche dalla Corte dei Conti nelle pronunce in materia di responsabilità contabile di pubblici funzionari105. E‟ evidente, infatti, che ricostruire la funzione impositiva come totalmente vincolata in ogni sua manifestazione, piuttosto che ammettere limitati margini di discrezionalità nella gestione del singolo rapporto tributario già sorto, funzionali alla cura ottimale, in concreto, dell‟interesse pubblico, ha delle implicazioni rilevanti sul piano della valutazione delle condotte dei dipendenti pubblici, e delle conseguenze degli atti posti in essere. Come già accennato trattando dell‟art. 97 Cost. quale possibile fondamento costituzionale al principio d‟indisponibilità, l‟esercizio di una discrezionalità non ammessa o di un potere che travalica i limiti imposti dalla legge può esporre il soggetto che agisce per conto della Pubblica Amministrazione a responsabilità di tipo amministrativo-contabile.

Da una ricognizione generale delle sentenze in materia traspare che anche la Corte dei Conti, proseguendo nel solco dell‟orientamento maggioritario affermato dalla magistratura ordinaria, riconosce in termini generali l‟esistenza di un generale principio d‟indisponibilità, senza peraltro soffermarsi né sulla ricerca di una base normativa, né sull‟approfondimento dei risvolti teorici. Si rinvengono spesso, infatti, sentenze che

Per una panoramica generale della giurisprudenza della Corte dei Conti con riferimento al principio d‟indisponibilità dell‟obbligazione tributaria si rinvia a G. MELIS, Lezioni di diritto tributario, cit., 444 ss.

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contengono una mera affermazione di principio, e ribadiscono, in maniera automatica e tralatizia, “che l‟indisponibilità dell‟obbligazione tributaria, riconducibile agli artt. 53, 1°comma e 97 Cost., vale nei confronti di tutti i soggetti passivi dell‟obbligazione, pubblici e privati”106

. Nella medesima direzione si muovono quelle pronunce che, occupandosi dei profili di responsabilità del funzionario responsabile del procedimento con adesione, affrontano incidentalmente il tema della natura giuridica dell‟istituto dell‟accertamento con adesione, negando la sua natura transattiva e invocando, quale ragione ostativa, il principio d‟indisponibilità del credito tributario che non consentirebbe all‟Ente impositore di compiere atti dispositivi dei diritti nascenti dall‟obbligazione tributaria, in violazione dell‟art. 1965 cod.civ.107.

In atre occasioni, tuttavia, la Corte dei Conti ammette la possibilità di deroghe circoscritte, soprattutto nei casi in cui la discrezionalità dell‟Amministrazione si esaurisce in un limitato esercizio del potere dispositivo, astrattamente compatibile con l‟interesse pubblico, che non è in grado di alterare i presupposti essenziali del tributo inderogabilmente fissati dal legislatore. Ci si riferisce, in particolare, alla possibilità, riconosciuta agli enti impositori locali, di accettare una prestazione diversa da quella originaria in adempimento di un‟obbligazione tributaria, a condizione che “non vengano toccati gli aspetti della disciplina riservati comunque alla legge, ovverosia l‟individuazione e la definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell‟aliquota massima dei singoli tributi, e che l‟adempimento sia di valore non inferiore a quello originario, e che l‟Amministrazione in concreto proceda sulla base di una specifica motivazione con cui si dia atto della valutazione di tutti gli interessi coinvolti108”.

Anche questa breve panoramica, dedicata ai principali contributi offerti dalla giurisprudenza contabile alla ricostruzione della natura e dei tratti essenziali dell‟indisponibilità tributaria, conferma l‟impossibilità di tracciare un percorso di sviluppo

 Così si esprime sent. C. Conti, sez. contr. Reg. Piemonte, 28 giugno 2007, n. 7.

Aderisce a questa ricostruzione C. Conti, sez. giur. reg. Lombardia, 16 maggio 2002, n. 1701.  Così si esprime C. Conti, sez. contr. Reg. Lazio, 22 gennaio 2010, n. 3.

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lineare e di individuare un punto d‟approdo condiviso. Ciò è dovuto alla generale tendenza della magistratura a recepire passivamente le principali elaborazioni della dottrina, polarizzata su pozioni estreme e incapace di rinvenire una base normativa idonea a dare concreto spessore concettuale ad un principio dalla portata così generale, da risultare inconsistente.

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1.8 L’interferenza del principio d’indisponibilità con la disciplina dei patti