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1.6. I fondamenti costituzionali del principio d‟indisponibilità

1.6.1 Il principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost

1.6. I fondamenti costituzionali del principio d’indisponibilità.

Fallito così il tentativo di trovare un fondamento positivo al principio d‟indisponibilità, l‟avvento della Costituzione del 1948 ha aperto nuovi orizzonti per gli studiosi della materia. A seguito del mutato contesto normativo sono state proposte diverse tesi che, con varietà di argomentazioni, hanno ritenuto di poter ancorare direttamente alla Carta costituzionale il principio in esame, richiamando tre articoli principali: l‟art. 53, l‟art. 23 e l‟art. 97 Cost. Tali disposizioni sono state invocate ora singolarmente, ora cumulativamente, mettendo in evidenza, in quest‟ultimo caso, il carattere c.d. pluridimensionale della tutela che la nostra Costituzione riconoscerebbe al suddetto principio70.

1.6.1 Il principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost.

Cominciando ad analizzare nello specifico le teorie prospettate, una posizione di primo piano, anche per l‟autorevolezza degli esponenti che la sostengono71

, va riservata a quelle

A. GUIDARA, Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, cit. 126 ss, sottolinea come, a ben vedere, il tentativo, compiuto da una parte della dottrina, di ancorare il principio dell‟indisponibilità a una pluralità di parametri costituzionali nasca dalla consapevolezza che nessuna delle norme richiamate, prese singolarmente, è in grado di giustificare adeguatamente tale principio. L‟esigenza di garantire una copertura “rafforzata” al dogma dell‟indisponibilità, invocando il carattere pluridimensionale della tutela offerta dalla Costituzione, rivela, secondo l‟Autore, la debolezza delle argomentazioni proposte dalle diverse elaborazioni dottrinali.

 La tesi che ravvisa il fondamento del principio d‟indisponibilità dell‟obbligazione tributaria nell‟art. 53 Cost. è espressa da G. FALSITTA, Natura e funzione dell’imposta con speciale riguardo al fondamento

della sua “indisponibilità”, cit., 61 ss. La teoria, pur con diversità di sfumature, è proposta in varie opere

dell‟Autore, tra cui segnaliamo: I condoni fiscali tra rottura di regole costituzionali e violazioni

comunitarie, in Fisco 2003, 1786 ss.; Profili della tutela costituzionale della giustizia tributaria, in AA.VV., Diritto tributario e Corte Costituzionale (a cura di L. Perrone e C. Berliri), Napoli, 2006, 96 ss;

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tesi che riconducono l‟indisponibilità del tributo al dovere generale di contribuire alle spese pubbliche secondo capacità contributiva, sancito dall‟art. 53 Cost.

Il riferimento all‟art. 53 è corroborato da un duplice ordine di argomentazioni; la prima fa riferimento- di nuovo- alla natura pubblicistica dell‟obbligazione tributaria, espressione della sovranità finanziaria dello Stato o di altro ente impositore, e, come tale, inderogabile, pena la violazione del principio fondamentale di uguaglianza, sancito dall‟art. 3 Cost., di cui l‟art. 53 costituirebbe una specificazione in ambito tributario. Interpretato in questi termini, tuttavia, il richiamo all‟art. 53 è apparso fin da subito piuttosto generico e, soprattutto, inconferente ai fini della ricerca sul fondamento costituzionale del principio d‟indisponibilità: si è messo in evidenza, infatti, che il rispetto del principio di uguaglianza può essere invocato non solo in ambito tributario, ma in tutti i casi in cui la pubblica amministrazione esercita funzioni e poteri che le consentono di incidere unilateralmente nella sfera giuridica dei privati. La specificità dell‟art. 53 Cost. si può cogliere non in rapporto all‟uguaglianza72

, che rappresenta un canone generale che deve presiedere a qualunque attività dell‟Amministrazione in veste di Autorità, ma con riferimento al criterio di riparto della spesa pubblica individuato nella capacità contributiva manifestata dal singolo contribuente.

Proprio la seconda argomentazione posta a sostegno del riferimento all‟art. 53 Cost. valorizza la particolare natura del tributo, inteso come obbligazione di riparto delle spese collettive. Come già anticipato nel paragrafo precedente, quando ci siamo occupati della natura dell‟obbligazione tributaria, secondo una teoria autorevolmente sostenuta, il debito

Obbligazione tributaria , in Dizionario di diritto pubblico diretto da S. Cassese, Milano, 2006, IV, 3838

ss.; Lotta ad oltranza alla piaga dell’evasione fiscale ma senza moratoria delle garanzie costituzionali in

Corr. giur. 2007, 5 ss; Funzione vincolata di riscossione dell’imposta ed intransigibilità del tributo, in Riv. dir. trib. 2007, 1056 ss. Il pensiero dell‟Autore su questo tema appare efficacemente compendiato in Giustizia tributaria e tirannia fiscale, Milano, 2008, passim.

 Sul rapporto esistente tra gli artt. 3 e 53 Cost. ed, in particolare, sulla rilevanza autonoma del principio di capacità contributiva, che non può considerarsi assorbito da quello di uguaglianza, cfr. F. MOSCHETTI,

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d‟imposta avrebbe una natura sui generis, in quanto non si esaurisce nel rapporto bilaterale tra creditore e debitore, come avviene nelle normali relazioni di stampo privatistico, ma coinvolge l‟intera platea dei consociati, tra i quali deve essere ripartito il carico tributario nel rispetto di rigorosi indici di riparto, collegati al principio di capacità contributiva di cui all‟art. 53 Cost.

Tale peculiarità dell‟obbligazione tributaria determina, secondo la tesi in esame, conseguenze rilevanti ai fini dell‟indagine sul principio d‟indisponibilità. Se si prende atto che l‟obbligazione del singolo rappresenta solo una quota, una frazione di una totalità, costituita dalla spesa pubblica complessiva, destinata ad essere suddivisa tra i tutti i membri della collettività portatori di capacità contributiva, ne deriva che le posizioni in conflitto d‟interessi sono destinate ad aumentare. Appare evidente, infatti, che al tradizionale conflitto esterno tra lo Stato, proteso alla massimizzazione del gettito fiscale, e il contribuente, la cui azione è orientata alla riduzione legittima del carico fiscale, si aggiunge un conflitto interno tra i singoli consociati obbligati al finanziamento della spesa pubblica. Per ciascuno di essi, infatti, non può risultare indifferente che gli altri contribuenti paghino o meno la loro quota, o che il criterio di riparto sia equo e corretto, dal momento che il vantaggio attribuito a taluni si tradurrebbe in un danno a carico di altri. In quest‟ottica, dunque, si può comprendere agevolmente il riferimento all‟art. 53 Cost. a fondamento dell‟indisponibilità del credito tributario: essa deriverebbe proprio dall‟esigenza di assicurare il giusto e perequato riparto dei carichi pubblici tra i consociati, in ragione della capacità contributiva manifestata da ciascuno. Secondo tale orientamento, dunque, non potrebbero mai essere ammessi atti dispositivi o di rinuncia del credito tributario da parte dell‟Amministrazione Finanziaria che volesse ingiustamente avvantaggiare taluno. Il mancato incasso di una frazione della totalità provocherebbe una perdita di gettito che si tradurrebbe in un pregiudizio immediato per gli interessi dell‟Erario, ma finirebbe per

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ripercuotersi indirettamente anche sulla posizione di chi, non avendo beneficiato della riduzione o rinuncia, sarebbe ingiustamente discriminato73.

Benché la teoria sia stata apprezzata per la ricchezza delle argomentazioni e per la linearità del ragionamento, non sono mancate le obiezioni, tese a smontare l‟impianto complessivo della tesi che, a ben vedere, riconosceva un fondamento quasi ontologico, prima ancora che normativo- costituzionale, al principio d‟indisponibilità del tributo. In primo luogo viene ribadita, su un piano generale, la circostanza che l‟art. 53 Cost., collegando il dovere astratto di contribuzione all‟esistenza di una capacità contributiva, non si occupa dei singoli rapporti d‟imposta e delle loro vicende modificative-estintive, e quindi non è in grado di assurgere a fondamento del divieto d‟indisponibilità di un debito d‟imposta già sorto e definito nell‟an e nel quantum74

.

Sotto questo profilo, le conclusioni cui giunge la dottrina tradizionale con riferimento al preteso conflitto d‟interessi interno tra i contribuenti, rinvenendo in esso proprio il fondamento del principio d‟indisponibilità del credito tributario, sono state confutate da quegli Autori che, come abbiamo avuto modo di vedere (sul punto si rinvia a quanto esposto infra, pag. 25, nota n. 40), in epoca recente hanno disconosciuto la teoria dell‟imposta come obbligazione di riparto; secondo D. STEVANATO – R. LUPI,

Determinazione della ricchezza, “obbligazione di riparto”, e ricchezza non registrata, in Dialoghi tribut.,

2013, 13, infatti, non esisterebbe “alcun automatismo tra i tributi rimasti non pagati da taluni contribuenti (…) e la ripartizione del relativo peso tra i consociati. Il minor gettito di un tributo, rispetto alle attese, potrebbe infatti dar luogo ad una pluralità di reazioni, non necessariamente implicanti una ripartizione delle “quote inevase” sui contribuenti che non si sono sottratti all‟imposta”. In quest‟ottica, dunque, sussisterebbe, a loro avviso, soltanto un mero “interesse di fatto di ciascun consociato ad un elevato livello di diffusa fedeltà fiscale, posto che è nel vantaggio di tutti e di ciascuno che allo Stato pervengano le risorse necessarie a finanziare le spese e i servizi pubblici”.

 Secondo il pensiero di P. RUSSO, Indisponibilità del tributo e definizione consensuale delle controversie, cit., 116, una rapida rassegna dei diversi contributi offerti dalla dottrina, in vista dell‟individuazione della disposizione da cui far discendere, in via generalizzata, l‟indisponibilità del credito tributario, “non suggerisce spunti soddisfacenti.” Per quanto attiene al riferimento all‟art. 53 Cost., in particolare, si osserva come tale precetto “collegando la prestazione d‟imposta all‟esistenza di una capacità contributiva, non si occupa affatto delle vicende che accompagnano lo svolgimento dei singoli rapporti d‟imposta.” Anche F. BATISTONI FERRARA, Accertamento con adesione, in Enc. dir., Agg. II, Roma, 1998, 22 ss.

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La replica forse più penetrante, tuttavia, muove dal dato letterale dell‟art. 53, 1 comma, Cost.: esso, per un verso, enuncia il dovere di tutti di contribuire alle spese dello Stato, e, per altro verso, indica la capacità contributiva quale criterio in base al quale ripartire tali spese tra i consociati. Nessuno dei due enunciati appare, invero, decisivo a fondare l‟indisponibilità del tributo: dalla c.d. natura comunitaria del tributo, che, in quanto collegato al dovere di contribuzione di tutti i consociati, appartiene alla generalità dei contribuenti, non potrebbe ricavarsi automaticamente un divieto assoluto di disposizione in capo all‟Amministrazione Finanziaria, ma solo l‟obbligo di disporne in conformità agli interessi della collettività75. In altri termini, ad essere censurato è proprio il presupposto di

esclude che l‟art. 53 Cost. possa valere a fondare il principio d‟indisponibilità del credito tributario e, in particolare, a conferirgli rango costituzionale; l‟Autore, tuttavia, arriva a tale conclusione seguendo un altro percorso, ovverosia valorizzando la giurisprudenza della Corte Costituzionale in tema di provvedimenti di clemenza, che ha in più occasioni ammesso la possibilità di sacrificare la corretta commisurazione del prelievo in conformità al principio di capacità contributiva, espresso dall‟art. 53 Cost., all‟esigenza della pronta definizione del rapporto tributario e del rapido adempimento. Su tale aspetto e sulla duplice funzione assegnata dalla Corte Costituzionale all‟art. 53 Cost. quale norma che, da un lato, costituisce espressione ed attuazione del principio di uguaglianza nel campo della contribuzione obbligatoria alle spese pubbliche e, dall‟altro, tutela l‟interesse primario dello Stato alla riscossione dei tributi, avremo occasione di tornare più avanti, occupandoci del condono fiscale.

La tesi che, muovendo dall‟inconsistenza del dato letterale dell‟art. 53 Cost. riconosce in capo all‟Amministrazione la facoltà di disporre del credito, purché ciò avvenga in conformità agli interessi della comunità, è sostenuta da A. GUIDARA, Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, cit., 123. A tali argomentazioni replica, tuttavia, di nuovo G. FALSITTA, Natura e funzione dell’imposta, con

speciale riguardo al fondamento della sua “indisponibilità”, cit. 68, nota 35, il quale rileva che il

ragionamento proposto dal citato Autore “sembra confondere l‟attività di prelevamento coattivo del tributo (che per noi è ripartizione coattiva di carichi) con la ben distinta attività di “spesa” delle somme prelevate. E‟ chiaro che l‟ente può disporre delle somme prelevate e che tale potere non incontra limiti negli artt. 2, 3, 53, 97 Cost. Altri sono i limiti costituzionali al riguardo. Ma il potere dispositivo non sussiste affatto nella fase del prelevamento o, per meglio dire, è sottomesso a limiti stringenti, quelli stessi riassunti dal vocabolo “indisponibilità” o da altri vocaboli equivalenti. Questi limiti sussistono, in primo luogo, per lo stesso legislatore. Negarlo è lo stesso che negare l‟evidenza. Limiti e vincoli sussistono, a fortiori, per gli

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partenza da cui si sviluppa il ragionamento proposto, ovvero la certezza che la rinuncia dell‟Amministrazione all‟apprensione di singole frazioni del complessivo credito tributario si traduca sempre e comunque in un danno sia per l‟Erario che per i componenti della comunità chiamati al riparto dei carichi pubblici.

Tale assunto infatti appare indimostrato ai sostenitori della tesi opposta76, i quali prendono in esame l‟ipotesi in cui la pretesa vantata nei confronti del contribuente sia incerta e il relativo credito sia oggetto di contestazione da parte del contribuente di fronte agli organi giudiziari. In tali casi la rinuncia all‟esercizio della potestà impositiva trarrebbe origine non da un atto arbitrario di volontà dell‟Amministrazione che intende così avvantaggiare taluno a scapito di altri senza alcuna ragione giustificativa, ma sarebbe il frutto di una mera valutazione di convenienza. In quest‟ottica, la rinuncia, totale o anche solo parziale, alla pretesa originaria, potrebbe risultare maggiormente conveniente, se adeguatamente motivata all‟esito di una analisi comparativa delle diverse opzioni, rispetto all‟alternativa di coltivare un contenzioso giudiziale lungo, dispendioso e dall‟epilogo incerto.

Questa logica, sottesa, come vedremo, agli istituti di deflazione del contezioso, tende a guardare all‟interesse pubblico in una dimensione concreta e sostanziale. L‟esigenza di

organi dell‟Amministrazione finanziaria. Il plurisecolare dibattito sulla giustizia nell‟imposta ha come oggetto la ricerca di regole per la giusta ripartizione dei carichi e non concerne affatto il distinto problema del “come”, da “chi”, e “perché” si possa disporre dei “gettiti” delle imposte. Accorpare i due problemi, come ci sembra faccia il Guidara, non giova alla chiarezza delle idee in questo delicato dibattito sull‟indisponibilità”.

L‟obiezione è mossa ancora da P. RUSSO, Indisponibilità del tributo e definizione consensuale delle

controversie, cit. 117 ss; secondo il pensiero dell‟Autore “è la stessa logica (per così dire) “circolare” che

sottende al soprarichiamato ragionamento ad essere viziata, nella misura in cui prova troppo l‟assumere che la rinuncia degli Uffici all‟apprensione di singole (contestate) “frazioni” del complessivo credito tributario dell‟Amministrazione si disveli necessariamente meno conveniente per quest‟ultima (e, suo tramite, per i componenti della comunità chiamati al riparto dei carichi pubblici) rispetto, ad esempio, all‟instaurazione di un contenzioso giudiziale dispendioso e che, infine, si risolva sfavorevolmente per l‟Erario.”

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pervenire alla definizione di una controversia in maniera rapida, rinunciando, se del caso, a una parte della pretesa tributaria, talvolta prevale, nel rispetto di vincoli predeterminati, sulla necessità di continuare ad oltranza una lite, che presenta rilevanti margini d‟incertezza e potrebbe esporre l‟Amministrazione a costi superiori; se la valutazione prognostica si rivelerà corretta, la scelta compiuta dall‟Amministrazione sarà in grado di soddisfare l‟interesse pubblico, in termini di maggior efficienza dell‟azione amministrativa, e si tradurrà in un vantaggio per l‟intera platea di contribuenti, chiamati a dover sopportare un minor carico fiscale.

Da queste considerazioni discende l‟impossibilità di ricavare dall‟art. 53 un‟incompatibilità assoluta e aprioristica tra il dovere di contribuzione secondo capacità contributiva e la facoltà di disporre del singolo credito tributario; viene così ammesso l‟esercizio del potere dispositivo non in termini assoluti, ma sul presupposto dell‟effettiva presenza di un riconoscibile interesse pubblico dell‟Erario, di cui l‟Amministrazione dovrà dare adeguatamente conto in sede di motivazione, comparando i vantaggi legati a tale opzione rispetto ai pregiudizi suscettibili di derivare dalla mancata composizione della controversia in via di accordo77.

 Queste considerazioni sono ampiamente sviluppate da P. RUSSO, Indisponibilità del tributo e definizione

consensuale delle controversie, cit., 110 ss., secondo il quale potrebbe, in astratto, risultare conveniente

per l‟Amministrazione Finanziaria fare “qualche concessione alla parte privata in cambio della desistenza totale o parziale di questa dalle sue pretese, di guisa da premunirsi sia contro l‟eventualità che la lite, portata in sede contenziosa, si risolva a suo sfavore, sia contro i maggiori danni suscettibili di derivare dalla mancata composizione della controversia in via di accordo; ciò naturalmente presupponendo, da un lato, l‟effettiva presenza di un riconoscibile interesse dell‟Erario a transigere e, dall‟altro, che la transazione realizzata dalle parti non sia tale da incidere su norme e principi inderogabili”. La tesi è condivisa anche da M. VERSIGLIONI, Accordo e disposizione nel diritto tributario, cit., 382 ss.: l‟Autore rileva come l‟esistenza di una lite, anche solo potenziale, ossia di una divergenza tra contribuente e amministrazione, imponga necessariamente a quest‟ultima una necessaria e ragionevole ponderazione dei vari interessi coinvolti, condotta seguendo il metodo di analisi economica costi/benefici, al fine di scegliere, tra più soluzioni alternative, quella più opportuna, ovvero più idonea alla cura dell‟interesse pubblico. Tali argomentazioni, pur se espressamente riferite all‟accertamento con adesione e alla

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Riletto in questa nuova prospettiva, l‟art. 53 Cost., lungi dall‟attribuire valenza costituzionale al principio d‟indisponibilità, rappresenterebbe “soltanto un limite, sicuramente il più significativo, alle scelte che può compiere il legislatore tributario, delle quali vuole garantire coerenza e razionalità intrinseche e sistematiche”, ma esso “non esclude che, compatibilmente con tali obiettivi, scelte che riguardino il tributo possano essere demandate all‟Amministrazione”78.