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1.6. I fondamenti costituzionali del principio d‟indisponibilità

1.6.2 Il principio di legalità e riserva di legge ex art. 23 Cost

Riletto in questa nuova prospettiva, l‟art. 53 Cost., lungi dall‟attribuire valenza costituzionale al principio d‟indisponibilità, rappresenterebbe “soltanto un limite, sicuramente il più significativo, alle scelte che può compiere il legislatore tributario, delle quali vuole garantire coerenza e razionalità intrinseche e sistematiche”, ma esso “non esclude che, compatibilmente con tali obiettivi, scelte che riguardino il tributo possano essere demandate all‟Amministrazione”78.

1.6.2 Il principio di legalità e riserva di legge ex art. 23 Cost.

Una seconda teoria riconduce il principio d‟indisponibilità all‟art. 23 Cost., ovvero alla riserva di legge in esso contenuta, operando il collegamento con tale norma su due piani distinti.

Con la prima argomentazione, si sostiene che il vincolo d‟indisponibilità deve essere considerato alla stregua di un semplice corollario della regola della riserva di legge, traendo la sua giustificazione dal principio stesso di gerarchia delle fonti normative79. Una volta preso atto, infatti, che l‟art. 23 Cost. riconosce solo la legge, e gli atti ad essa equiparati, quale unica fonte normativa idonea ad imporre prestazioni patrimoniali ai cittadini80, appare

conciliazione giudiziale, sembrano in grado di travalicare tali istituti per assumere una portata generale: cfr. sul punto A. GUIDARA, Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, cit. 161, nota n. 222.

Queste le parole di A. GUIDARA, Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, cit. 124. La tesi che identifica il fondamento costituzionale del principio d‟indisponibilità nell‟art. 23 Cost, è

riconducibile ad A. CUVA, Conciliazione giudiziale ed indisponibilità dell’obbligazione tributaria, cit. 22 ss.; l‟Autore osserva che il vincolo d‟indisponibilità deriva dalla stessa gerarchia delle fonti normative, in base alla quale un atto promanante dalla pubblica amministrazione non potrebbe mai porsi in contrasto con precetti di legge.

E‟ noto come l‟art. 23 Cost. contenga una riserva di legge di carattere relativo, intesa nel senso che le prestazioni patrimoniali imposte, e quindi i tributi, non devono essere disciplinate in via esclusiva dalla

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evidente che l‟Amministrazione non potrà né emanare atti che incidono sui presupposti impositivi delineati dal legislatore, né, tantomeno, creare fattispecie di esenzione o di esclusione tributaria. Esse, infatti, integrerebbero un‟attività dispositiva che si porrebbe in insanabile contrasto con precetti contenuti in norme di legge, chiamate in via esclusiva ad individuare almeno l‟oggetto e i soggetti passivi dell‟imposizione, traducendosi in un‟inammissibile invasione di campo da parte dell‟Amministrazione, ossia del potere esecutivo, in un‟area rigidamente riservata al legislatore. Il divieto di disponibilità in ambito tributario, dunque, affonderebbe le sue radici nella riserva di legge costituzionalmente garantita, che “ rappresenta, pertanto, in relazione al potere dispositivo dell‟obbligazione tributaria, un vincolo riferito a ragioni interne al sistema delle fonti, e dunque alla ripartizione delle potestà all‟interno dell‟ordinamento.”81

La giustificazione dell‟indisponibilità quale conseguenza necessitata della riserva legislativa viene confutata da altra parte della dottrina che sottolinea l‟inconferenza del riferimento all‟art. 23, individuando il nucleo del precetto costituzionale nella “coattività”

legge (come avviene in caso di riserva assoluta), ma quest‟ultima può limitarsi a definire gli elementi essenziali del tributo, demandando a fonti sub-primarie il compito di completarne la disciplina, attraverso norme di dettaglio, introdotte con regolamento: cfr. G. MELIS, Lezioni di diritto tributario, cit., 42. Non potendo in questa sede soffermarci sulla ratio e sui diversi significati attribuiti dalla dottrina alla riserva di legge in materia tributaria, né sulle questioni problematiche sollevate dall‟identificazione in concreto di quegli elementi essenziali non delegabili al potere esecutivo, pena la violazione dell‟art. 23 Cost., ci possiamo limitare a richiamare (consapevoli dell‟esistenza di una letteratura copiosa) solo alcune delle principali opere dedicate espressamente al tema della riserva di legge in ambito fiscale: A. FEDELE,

Commento all’art. 23 della Costituzione, in AA.VV., Commentario della Costituzione (a cura di Branca),

Bologna-Roma, 1978, 21 ss.; Id, Prestazioni imposte, in Enc. giur., Roma, 1991, 1 ss.; Id., La riserva di

legge, in AA.VV., Trattato di diritto tributario (diretto da A. Amatucci), I, tomo I, Padova 1994, 157ss;

G. MARONGIU, I fondamenti costituzionali dell’imposizione tributaria, Torino,1995,73ss.; S. CIPOLLINA, La riserva di legge in materia fiscale nell’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, in AA.VV., Diritto tributario e Corte Costituzionale (a cura di L. Perrone e C. Berliri), Napoli, 2006, 163 ss. Così si esprime A. CUVA, Conciliazione giudiziale e indisponibilità dell’obbligazione tributaria, cit. 22.

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della prestazione patrimoniale82. La norma, nel riconoscere il potere impositivo quale prerogativa esclusiva del legislatore, assolve a una precisa finalità di garanzia nei confronti dei contribuenti: il necessario e pregnante intervento della legge, infatti, ossia di un atto che esprime la volontà del corpo elettorale, per il tramite delle assemblee elettive, imprime una connotazione democratica a decisioni, come quelle in materia tributaria, particolarmente restrittive della sfera giuridica dei destinatari83.

La ratio protettiva della norma, tuttavia, secondo questa tesi, si esaurisce nel riservare alle fonti normative di rango primario il potere di definire i presupposti fondamentali delle singole fattispecie d‟imposta, demandando poi a fonti subordinate il compito d‟integrare la disciplina legislativa con norme di dettaglio. Secondo questa impostazione, la portata precettiva della norma costituzionale non può dilatarsi oltre il divieto delle prestazioni patrimoniali non imposte per legge, fino a ricomprendere, nel suo ambito applicativo,

Evidenzia la fragilità delle argomentazioni espresse dall‟indirizzo interpretativo che individua nella riserva di legge di cui all‟art. 23 Cost. il fondamento dell‟indisponibilità M.VERSIGLIONI, Accordo e

disposizione nel diritto tributario, cit. 394: secondo il pensiero dell‟Autore, “la questione andrebbe

affrontata coinvolgendo direttamente il nucleo dell‟art 23Cost., cioè “la coattività.” Infatti non può neppure ipotizzarsi un possibile riflesso di questa norma, se non nelle situazioni caratterizzate da tale profilo della prestazione patrimoniale richiesta al contribuente. Ma sia l‟accertamento con adesione sia la conciliazione giudiziale si caratterizzano proprio per la mancanza di “coattività”. Analoga posizione di dissenso è assunta da M. MICCINESI, Accertamento con adesione e conciliazione giudiziale, cit., 5, per il quale “tale principio affonda le sue radici non tanto nella tutela della riserva di legge, prevista dall‟art. 23 Cost., bensì in altri referenti costituzionali dell‟attività dell‟amministrazione”.

 Il c.d. principio del consenso al tributo o “dell‟autoimposizione”, altrimenti noto come “no taxation

without representation” riveste un‟importanza fondamentale nel diritto tributario ed è considerato alla

base della nascita del moderno Stato di diritto: per lo studio della genesi del principio, della sua evoluzione e delle connesse implicazioni dogmatiche si rinvia, anche per i riferimenti bibliografici ivi contenuti, a S. BARTHOLINI, Il principio di legalità dei tributi in materia di imposte, Padova, 1957, 49 ss; A. FEDELE, Commento all’art. 23 della Costituzione, cit., 21 ss; G. MARONGIU, I fondamenti

costituzionali dell’imposizione tributaria, cit., 29 ss.; D. MORANA, Libertà costituzionali e prestazioni personali imposte. L’art. 23 Cost. come norma di chiusura, Milano, 2007, passim.

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l‟inammissibilità di atti di disposizione del credito tributario da parte dell‟Amministrazione Finanziaria. Disponendo dell‟obbligazione tributaria, in realtà, l‟Amministrazione non si troverebbe ad imporre prestazioni impositive, sul piano astratto e generalizzato, in luogo della fonte legislativa, e quindi in violazione dell‟art. 23 Cost., ma piuttosto a riesaminare, in concreto, il contenuto di una determinata pretesa che, nell‟an e nel quantum, rimane integralmente disciplinata dalla legge stessa. Tale circostanza è sufficiente per ritenere rispettato il precetto costituzionale dell‟art. 23 il quale si rivela pertanto, sotto quest‟aspetto, inidoneo a fondare il principio d‟indisponibilità84

.

Il secondo criterio di collegamento con l‟art. 23 Cost. fa leva sulla natura vincolata dell‟attività dell‟Amministrazione Finanziaria rispetto alla legge, desumibile dal principio della riserva legislativa, rilevando, in astratto, un‟incompatibilità di fondo tra potere di disposizione del credito tributario e carattere vincolato dell‟azione amministrativa85.

Partendo dall‟assunto che il potere di disposizione è uno degli attributi fondamentali del diritto soggettivo e, più in generale, di tutte le situazioni giuridiche di vantaggio, tra cui rientrano senz‟altro le potestà pubbliche, si nota che, cosi come occorre generalmente essere titolare di un diritto per poterne legittimamente disporre, allo stesso modo non si può rinunciare a un potere pubblico o trasferirlo a terzi, qualora l‟attività, attraverso cui esso si esprime, sia totalmente vincolata nell‟esito finale. Ove, infatti, la valutazione di compatibilità tra l‟interesse pubblico primario e gli altri interessi eventualmente confliggenti sia compiuta a monte dal legislatore, e non residuano ulteriori margini di

Cfr. sul punto M. MICCINESI, Accertamento con adesione e conciliazione giudiziale, cit. 5 ss., il quale, affrontando il problema dei rapporti tra accertamento con adesione e indisponibilità dell‟obbligazione tributaria, afferma che “disponendo dell‟obbligazione, così come derivante dalla legge (o dall‟attuazione vincolata della legge) l‟amministrazione non si troverebbe, infatti, ad imporre prestazioni impositive in luogo della fonte legislativa, e quindi in violazione all‟art. 23 Cost.; piuttosto, verrebbe a rinunciare parzialmente ad una determinata pretesa, nell‟an e nel quantum già integralmente disciplinata dalla legge stessa.”

 Per una disamina approfondita della questione si rinvia a M. VERSIGLIONI, Accordo e disposizione nel

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apprezzamento discrezionale lasciati, nel caso concreto, all‟Amministrazione procedente, il provvedimento amministrativo non può che avere un unico contenuto, già predeterminato al ricorrere di determinati presupposti. Ciò vuol dire che un potere dispositivo si può ammettere solo in presenza di un‟attività discrezionale in cui sia demandato all‟Amministrazione il compito di scegliere, tra più soluzioni astrattamente percorribili, quella in grado di soddisfare meglio l‟interesse pubblico nella fattispecie concreta; atti di disposizione, al contrario, non si conciliano con una potestà rigidamente vincolata, qual è quella di imposizione tributaria.

Anche tali argomentazioni non sono apparse insuperabili a quella parte della dottrina contraria ad attribuire una dimensione costituzionale al principio d‟indisponibilità. Essa ha posto in evidenza come la teoria, che configura l‟indisponibilità del credito quale riflesso diretto del carattere vincolato dell‟azione amministrativa, prenda le mosse da un presupposto indimostrato, ovverosia l‟assenza di discrezionalità con riferimento all‟attività dell‟Amministrazione Finanziaria.

Senza voler addentrarci, in questa sede, sulla complessa problematica riguardante la natura dell‟attività impositiva86

, si può rilevare che, secondo gli autori che negano il fondamento costituzionale del principio, la vincolatezza dell‟azione amministrativa attiene solo alla determinazione dell‟an e del quantum debeatur del tributo, ovvero degli elementi essenziali

Il tema della natura dell‟attività d‟imposizione ha origini antiche: la difficoltà di distinguere, all‟interno della generale attività dell‟amministrazione finanziaria, tra profili rigidamente vincolati, predeterminati dal legislatore, e aree d‟intervento connotate da margini di discrezionalità, amministrativa o tecnica che sia, è alla radice di un dibattito dottrinario in continua evoluzione. Non essendo possibile darne conto in questa sede, ci si limita a richiamare la bibliografia essenziale sull‟argomento: F. GALLO, Discrezionalità

(diritto tributario) in Enc. Dir., Agg. II, Milano, 1999, 536 ss.; Id, Discrezionalità nell’accertamento tributario e sindacabilità delle scelte dell’Ufficio, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1992, I, 665 ss; L. PERRONE, Discrezionalità amministrativa (dir. trib.) in Dizionario di diritto pubblico (a cura di S. Cassese), Milano,

2006, III, 2003 ss.; G. ZINGALI, L’elasticità della norma e la discrezionalità dell’amministrazione in

campo tributario, in Dir. prat. trib. 1960, I, 3 ss.; R. LUPI, Società, diritto e tributi. Scienze giuridiche, discrezionalità e legislazione: profili generali e riflessi tributari, Milano, 2005, passim.

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della fattispecie d‟imposta, riservati in via esclusiva al legislatore; quest‟ultimi, infatti, non potrebbero essere modificati ad libitum dal potere esecutivo, pena la violazione del principio di riserva di legge e, con essa, la frustrazione della sua finalità protettiva. La pretesa di considerare vincolato ogni aspetto della funzione impositiva è frutto, a loro avviso, di una visione distorta del fenomeno tributario che, in primo luogo, non valorizza la distinzione tra la pluralità di attività svolte dall‟amministrazione finanziaria, che vanno dall‟accertamento del presupposto impositivo alla riscossione del tributo87

, passando per la fase (eventuale) del controllo. In secondo luogo, l‟assimilazione, mai del tutto abbandonata, dell‟obbligazione tributaria ad una normale relazione, di stampo civilistico, tra creditore e debitore, ha indotto parte della dottrina a ricostruire il rapporto tra Amministrazione e contribuente in termini di assoluta parità88, svalutando così le manifestazioni di discrezionalità insite nell‟esercizio della funzione impositiva.

Può, infine, essere mossa un‟ulteriore obiezione tesa ad evidenziare come, dietro la visione unitaria dell‟attività dell‟Amministrazione finanziaria, apparentemente vincolata, si cela un improbabile ritorno al passato, ovvero all‟epoca anteriore agli studi di Berliri che- come già visto- ha avuto il merito di introdurre per primo la distinzione tra astratto potere

 Rispetto all‟attività di accertamento, consistente nella determinazione autoritativa di esistenza ed entità del debito, tendenzialmente vincolata, l‟attività di riscossione, ossia di acquisizione coattiva dei tributi, già accertati e (salvo alcune ipotesi eccezionali di riscossione provvisoria) definiti nell‟an e nel quantum, è certamente connotata da profili di discrezionalità: la facoltà per l‟Amministrazione Finanziaria di concedere dilazioni di pagamento o di acconsentire, pur nel rispetto di parametri e vincoli fissati dal legislatore, a piani di rateazione dei debiti tributari, ne costituisce la manifestazione più evidente, insieme ad altri istituti affini egualmente espressivi di discrezionalità. Il tema è abbondantemente trattato da A. GUIDARA, Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, cit., 165 ss; Id, Gli accordi nella

fase della riscossione, in AA.VV., Autorità e consenso nel diritto tributario (a cura di S. La Rosa),

Milano, 2007, 347 ss.; M.T. MOSCATELLI, Moduli consensuali e istituti negoziali nell’attuazione della

norma tributaria, cit., 141ss.

 Per ulteriori spunti di approfondimento su questo aspetto si rinvia ad A. GUIDARA, Indisponibilità del

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d‟imposizione, espressione della supremazia e dell‟autorità dello Stato, vincolato nei presupposti e certamente indisponibile e irrinunciabile, e singola obbligazione tributaria, che non può considerarsi sottratta a priori al concreto potere dispositivo da parte dell‟Amministrazione Finanziaria, cui vengono concessi spazi, più o meno ampi, di discrezionalità.