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2.2 Visione e Visualizzazione

2.3.1 Il perspective taking

A caratterizzare fortemente l’orientazione spaziale `e il cosiddetto perspective taking, ovvero l’atto di percepire una situazione o di comprendere un concetto da un punto di vista diverso dal proprio. Uno dei pi`u interessanti studi volti ad analizzare il ragionamento dei bambini durante il cambiamento del punto di vista `e stato quello condotto da Jean Piaget. Particolarmente impegnato nell’ambito della psicologia dello sviluppo, Piaget ha studiato la capacit`a che si possiede in et`a infantile di tenere conto del punto di vista di qualcun altro. Quello che in psicologia `e noto come “esperimento delle tre montagne” , `e stato ideato dallo psicologo francese ma modificato e riproposto da diversi ricercatori dopo di lui.

Di seguito, oltre alla prova originale di Piaget, `e descritta la versione ideata da Martin Hughes, psicologo infantile ed educatore. Seguono considerazioni

sulle conclusioni che sono state tratte dalla somministrazione di entrambe le prove.

L’idea di Piaget

Per condurre questo studio Piaget ha utilizzato un plastico con 3 montagne, distinte l’una dall’altra per il colore e per alcuni particolari (la neve sulla prima, una casa in cima alla seconda, una croce rossa sulla sommit`a della terza). Il bambino viene fatto sedere a un lato del tavolo su cui si trova il plastico, quindi lo sperimentatore prende una bambina e la mette in un’altra posizione attorno al tavolo. La domanda a cui il bambino `e chiamato a rispondere `e: cosa vede la bambola? Poich´e fornire una descrizione verbale della situazione risulterebbe relativamente difficile per il bambino, a seconda della sua et`a, in una versione di questo esperimento gli viene fornita una serie di dieci fotografie del plastico scat- tate da angolazioni differenti e gli viene chiesto di scegliere quella che mostra ci`o che vede la bambola. In una seconda versione, invece, al bambino vengono date tre ”montagne” di cartone e gli viene chiesto di sistemarle in maniera che rap- presentino quello che si vedrebbe in un’istantanea scattata dalla posizione della bambola. Si `e osservato che i bambini di otto e nove anni non sono generalmente in grado di svolgere correttamente il compito, e vi `e una evidente tendenza tra i bambini al di sotto dei sei o sette anni a scegliere l’immagine (o a ricostruire il plastico) che rappresenta il proprio punto di vista, vale a dire esattamente ci`o che vedono con i propri occhi. I risultati ottenuti da Piaget gli hanno permesso di concludere che i bambini sono incapaci di “decentrare” con l’immaginazione. In particolare egli osserva che i bambini sono perfettamente a conoscenza del fatto che l’aspetto di un oggetto cambia quando ci camminiamo intorno, eppure essi sembrano essere bloccati da quello che egli chiama l’“illusione egocentrica” non appena sono chiamati a formare una rappresentazione mentale di una ve- duta che in realt`a non hanno mai visto. Ci`o che mancherebbe al bambino `e la capacit`a di pensare al proprio punto di vista momentaneo come uno fra tanti possibili punti di vista e di coordinare queste diverse possibilit`a in un unico sistema coerente, in maniera da comprendere i possibili modi in cui le diverse prospettive sono collegate fra loro.

L’idea di Hughes

Nella versione pi`u semplice di questo compito, vi sono due “muri” che si inter- secano a formare una croce e due pupazzetti che rappresentano rispettivamente un poliziotto e un ragazzo. Il poliziotto veniva inizialmente sistemato come in figura 2.6, in maniera che potesse vedere le aree indicate con B e D, mentre la vista delle aree A e C era impedita dal muro. La prova prevedeva una fase preliminare in cui il pupazzo raffigurante il ragazzo veniva sistemato nella se- zione A e veniva chiesto al bambino se il poliziotto potesse vedere il ragazzo dalla sua posizione. La stessa domanda veniva poi ripetuta per le sezioni B, C e D. Successivamente il poliziotto veniva sistemato sul lato opposto, di fronte al muro che divide A da c, e al bambino si chiedeva di nascondere il pupazzo in

2.3. IL PENSIERO SPAZIALE E IL PERSPECTIVE TAKING 33

Figura 2.6: Rappresentazione schematica dell’esperimento di Hughes vista dall’alto corrispondente al momento precedente all’introduzione del pupazzo raffigurante il ragazzo.

maniera che il poliziotto non potesse vederlo. Se il bambino compiva qualche errore in queste fasi preliminari, gli veniva fatto notare lo sbaglio e la domanda veniva ripetuta finch´e non arrivava alla risposta giusta. Il test vero e proprio iniziava al momento dell’introduzione di un altro poliziotto; i due presenti sulla scena venivano collocati come mostrato in figura 2.7. Al bambino veniva chiesto di nascondere il ragazzo alla vista di entrambi i poliziotti, risultato che si sareb- be potuto ottenere solo prendendo in considerazione e coordinando due diversi punti di vista. Versioni pi`u difficili della prova ideata da Hughes prevedevano l’utilizzo di tre poliziotti e la disposizione dei muri in maniera pi`u complessa.

Considerazioni finali

Al fine di trarre conclusioni considerevoli riguardo la capacit`a di perspective ta- king le due prove sono state sottoposte a bambini e adulti, dunque soggetti di fasce d’et`a completamente diverse. Risultati contrastanti hanno sollevato accesi dibattiti riguardo la capacit`a dell’individuo di “decentrare” un oggetto; in mo- tivazione al fatto che il compito di Hughes `e risultato in molti casi pi`u semplice da svolgere per i bambini, `e stata sollevata un’ipotesi relativa alla presenza di un aspetto “umano” poich´e la richiesta si baserebbe sulla comprensione di due intenzioni complementari di tipo molto elementare (fuggire e inseguire). Mar- garet Donaldson, impegnata nell’ambito della psicologia dello sviluppo, ha de- dicato diversi studi alla probabile evoluzione della capacit`a di perspective taking e conclude che la capacit`a di “decentrare” non si acquisisce mai totalmente.

Figura 2.7: Rappresentazione schematica dell’esperimento di Hughes relativa al momento dell’inserimento del secondo poliziotto.

In altre parole, l’“egogentrismo” si ritiene impossibile da superare completa- mente, dunque; non `e possibile porre limitazioni temporali che prevederebbero l’abbattimento di tale limite.

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