• Non ci sono risultati.

Il possibile ruolo delle relazioni industriali

Nel documento ORGANIZZAZIONE E DISCIPLINA (pagine 135-148)

Alla luce delle criticità fin qui prospettate, la presente analisi non può specularmente prescindere dalla valutazione di come le relazioni industriali

180 Questo tema è trattato, nell’ambito di una discussione più ampia rispetto alla on-demand economy nel settore dei servizi di assistenza anche in J. Ticona e A. Mateescu, Trusted strangers:

Carework platforms’ cultural entrepreneurship in the on-demand economy, in New Media &

Society, Vol. 20(11), 2018, pp. 4384-4404.

181 Del rischio che le piattaforme digitali vadano ad implementare un sistema di commodification del lavoro offerto sulle stesse, intesa nell’accezione negativa del termine, viene ricostruito in B.

Bergvall-Kareborn, D. Howcroft, Amazon Mechanical Turk and the commodification of labour, in New Technology, Work and Emplyment, Vol. 29, Issue 3, 2014, pp. 213-223, all’interno del quale viene assunta, come punto di partenza, la descrizione del meccanismo di funzionamento di una delle piattaforme più popolari di crowdsourcing, Mechanical Turk. L’intento è quello di chiarire come, a detta delle AA., Amazon finisca col consentire a una serie di aziende di accedere a lavoro digitale a basso costo, con conseguente riduzione delle tutele per i lavoratori coinvolti. Sebbene si parta dall’analisi del settore della logistica, apparentemente lontano da quello di cura, il meccanismo prospettato e i rischi ad esso collegati risultano essere facilmente replicabili anche nell’ambito della fornitura dei servizi di assistenza. Infatti, in entrambi i settori, è facile imbattersi in manodopera scarsamente qualificata, maggiormente esposta ad abusi e più disposta di altre ad accettare compromessi riguardo le tutele minime indispensabili.

182 Nel merito si esprime anche OIL, Care work and care jobs, cit., p. 193, quando afferma che è indispensabile approcciarsi con cautela al fenomeno dell’intermediazione tramite piattaforma digitale, poiché potrebbe avere effetti negativi rispetto alla tutela dei lavoratori.

potrebbero contribuire ad individuare regole certe per la costruzione di nuovo un mercato del lavoro di cura, svincolato dalle descritte logiche fordiste e capace di favorire un efficace incontro tra domanda ed offerta di lavoro, nonostante nel dibattito giuridico italiano ancora oggi si faccia raramente riferimento al possibile (e determinante) ruolo che le stesse potrebbero giocare nel ridefinire i perimetri di mercati del lavoro che siano virtuosi e funzionanti. Perché ciò sia possibile, tuttavia, un punto di partenza imprescindibile risiede nella valutazione della possibilità di superare la convinzione, a lungo diffusa in dottrina, secondo cui l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro ruoti esclusivamente intorno allo strumento giuridico del contratto di lavoro. Deve infatti ormai essere riconosciuto che una visione del mercato del lavoro quale «attività di compensazione della domanda e dell’offerta di lavoro mediante lo strumento giuridico del contratto di lavoro», avvalorata da studiosi quali Luigi Mengoni183, è almeno in parte riduttiva, in quanto finisce con l’escludere dal dibattito sul tema alcuni strumenti essenziali per il governo del mercato del lavoro, tra cui possono essere citati, non da ultimo, quelli finalizzati all’emersione del sommerso e tutte quelle forme di lavoro senza contratto184.

A fronte dei limiti prospettati, allora, non è possibile sottrarsi all’interrogativo relativo a come il riconoscimento di un rinnovato e determinante ruolo per i sistemi di relazioni industriali, potrebbe almeno in parte contribuire a cogliere e a

“dominare” i cambiamenti in atto nel mercato del lavoro di cura -e non solo-, provando così, in via definitiva, a colmare anche il vuoto lasciato dai moderni

183La posizione secondo cui strumento prevalente per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro risieda principalmente nel contratto di lavoro è sostenuta in L. Mengoni, Innovazioni nella disciplina giuridica del mercato del lavoro, Atti delle giornate di studio di Chianciano Terme, 21-22 aprile 1979, Giuffrè Editore, Milano, 1980.

184 Per un approfondimento rispetto a quella che è la principale critica nei confronti della posizione di Mengoni si veda in particolare M. Tiraboschi, Mercati, Regole, Valori, cit., pp. 45-46, che meglio argomenta per quale ragione la posizione prospettata alla fine degli anni Settanta possa oggi, alla luce delle trasformazioni in atto, essere ritenuta a tratti addirittura deludente.

sistemi di welfare185. Nonostante, è evidente, molto dipenda dal quadro istituzionale e giuridico in cui è inserita, è infatti importante provare a comprendere in che modo la contrattazione collettiva possa guadagnare sempre maggiore spazio186, riuscendo così nell’intento di promuovere la diffusione di (rinnovati) sistemi di relazioni industriali assoggettati a regole certe187, che possano contribuire all’affermazione di un lavoro che sia sempre più sostenibile188. Tale esigenza si manifesta in modo ancora più significativo in un contesto quale quello del nostro Paese (e più in generale, di tutta l’Europa continentale), in cui non solo le norme statutarie del diritto del lavoro, ma anche i contratti collettivi sono ancora fortemente condizionati dalle logiche della produzione industriale189. Come si avrà modo di vedere in seguito (infra, § 5), sono infatti ancora molto diffusi modelli organizzativi e schemi contrattuali predefiniti190, quanto mai obsoleti se calati nell’ambito dei nuovi mercati del lavoro emergenti, tra i quali figura indubbiamente quello dell’assistenza e della cura alla persona.

Con specifico riferimento al settore in esame, nel silenzio del legislatore sul tema che, oltre che occuparsi del caregiving familiare, ha provveduto alla

185 D. Schiek, Collective Bargaining and Unpaid Care as Social Security Risk: An EU Perspective, in International Journal of Camparative Labour Law and Industrial Relations 36, n. 3, 2020, pp.387-408 affronta il tema del possibile ruolo che le relazioni industriali potrebbero giocare nel contribuire a ridisegnare i sistemi di welfare odierni, sostenendoli e sgravandoli di alcuni pesi che non sono più in grado di portare.

186 A. M. Battisti, Lavoro sostenibile. Imperativo per il futuro, Giappichelli Editore, Torino, 2018, p. 236.

187 Il tema è affrontato in T. Treu, Il lavoro nella legislatura: bilanci e proposte, in Nuovi Lavori, 2018, reperibile al seguente link: http://www.nuovi-lavori.it/index.php/sezioni/1253-treu in cui viene posto in evidenza come le relazioni industriali in Italia siano ancora ampiamente prive, uniche in Europa, di regole certe e fondamentali.

188 Di “lavoro sostenibile” e di come le relazioni industriali possano contribuire ad incoraggiarlo parla A. M. Battisti, ult. op. cit., p. 236.

189 M. Biagi, M. Tiraboschi, Creating new markets and new jobs, cit., p. 375.

190 Sul punto sempre M. Biagi, M. Tiraboschi, Creating new markets and new jobs, cit., pp. 375 ss., affronta il tema dei limiti che ancora oggi il diritto del lavoro incontra nel nostro Paese e non solo.

regolamentazione del lavoro domestico unicamente con una normativa del 1958 (Legge 2 aprile 1958, n. 339)191, la disciplina è attualmente regolamentata, in via principale, dalla contrattazione collettiva192. Un aspetto, quest’ultimo, da non sottovalutare se si considera che all’inizio del secolo scorso, con il Regio Decreto n. 1130 del 1926, era stata sancita l’esclusione, poi “trasmigrata” anche nell’art.

2068 del Codice Civile, del lavoro domestico dall’area della contrattazione collettiva193. Tale estromissione, che ha indubbiamente contribuito ad una vera e propria «sterilizzazione della contrattazione nel settore»194, è stata superata solo molti anni dopo, grazie alla sentenza della Corte Costituzionale 9 aprile 1969, n.

68. La Corte ha provveduto a sancire l’illegittimità della summenzionata previsione, rettificando sostanzialmente la sua precedente pronuncia (Corte Cost.

16 luglio 1968, n. 101) nella quale era stata dichiarata inammissibile -per difetto di rilevanza- la stessa questione, sollevata solo con specifico riferimento all’art.

39, comma 4, Cost. Nella sentenza del 1969, invece, di fronte a una questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento all’art. 3, oltre che all’art. 39, la Corte arriva ad osservare come «la limitazione posta dall’art. 2068, comma

191 Per un approfondimento rispetto ai contenuti della l. n. 339/1958 si veda in particolare F.

Basenghi, La legge 339/1958: continuità e innovazioni, in R. Sarti (a cura di), Lavoro domestico e di cura: quali diritti?, Ediesse, Roma, 2010, p. 207 ss., all’interno del quale risulta essere particolarmente interessante la riflessione secondo cui «la logica sottrattiva è quella che meglio spiega e qualifica la costruzione della disciplina riservata alla figura del lavoratore domestico» (p.

208). In altri termini, il regime applicato al lavoratore domestico è spesso risultante dalla disapplicazione di frazioni o parti di norme che invece, normalmente, regolano il rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 2094 cod. civ. Questo fa sì, dice l’A., che nel momento in cui il legislatore è chiamato ad intervenire su una specifica materia, la deroga per il lavoratore domestico è dietro l’angolo, a volte espressa in modo esplicito, a volte sotterranea, a volte declinata sul piano della compatibilità con il tipo ordinario, secondo il paradigma di cui all’art. 2239 cod. civ. In questo modo, quella che viene definita dall’A. una logica sottrattiva ha avuto costi evidenti in termini di sviluppo e di evoluzione della disciplina, che è ancora oggi ancorata ad una normativa degli anni Cinquanta del secolo scorso.

192 S. Borelli, Who cares? Il lavoro nell’ambito dei servizi di cura alla persona, p. 171.

193 Del tema dell’esclusione del lavoro domestico dall’area della contrattazione collettiva si occupa G. De Simone, La dignità del lavoro tra legge e contratto, Relazione alle giornate di studio AIDLASS “Persona e lavoro tra tutele e mercato”, Udine, 13-14 giugno 2019, p. 46-47.

194 F. Basenghi, op cit., p. 210.

secondo, cod. civ., valutata in riferimento all’art. 3 Cost., si risolva in un trattamento della categoria dei lavoratori domestici differenziato nei confronti degli altri lavoratori subordinati e privo di una razionale e adeguata giustificazione». Pur lasciando sullo sfondo il tema della dignità della persona, neppure richiamato, a vantaggio piuttosto della valorizzazione della violazione del principio di uguaglianza195, tale decisione ha in ogni caso contribuito a spezzare definitivamente qualcosa «nel sottile diaframma che ha separato a lungo così nettamente il lavoro domestico dalle altre figure di lavoro dipendente», contribuendo significativamente a fare in modo che lo stesso iniziasse ad uscire da una sorta di “zona di nessuno”196, in cui in parte è ancora oggi relegato. In questo modo la contrattazione collettiva, dapprima modesta e rudimentale (si consideri, nel merito, che il primo CCNL del lavoro domestico arriverà solo anni dopo, nel 1974, a causa delle numerose difficoltà riscontrate sia da parte sindacale che datoriale197), poi sempre più “sofisticata”, ha finito con il diventare lo strumento

195 Sul punto si veda ancora G. De Simone, ult. op. cit., p. 47, che, nel ricostruire la posizione della Corte Costituzionale nel merito, richiama il commento di F. Mancini, Lavoro domestico e contrattazione collettiva, nota a Corte Cost. 2 luglio 1968, n. 101, in Giur. Cost. n. 1, 1968, pp.

1609-1619, in cui viene offerto uno spaccato interessante sul dibattito giuslavoristico che all’epoca si era sviluppato intorno al tema. In particolare, l’A. a p. 1612 pone in evidenza che l’esclusione del lavoro domestico dall’area della contrattazione collettiva era stata fortemente condizionata dal regime di convivenza in cui normalmente il lavoratore domestico verteva e che finiva con il generare atteggiamenti di protezione e di devota fedeltà e di reciproca cooperazione, da tempo scomparsi all’interno della fabbrica. Tali caratteri, secondo l’A., osservati in un determinato e peculiare periodo storico, quale poteva essere proprio l’epoca fascista, sono apparsi al legislatore dell’epoca come elementi da difendere e, per tale ragione, da sottrarre alle logiche della contrattazione collettiva, che avrebbero potuto, secondo la percezione dell’epoca, influenzare negativamente il settore.

196 In questi termini si esprime F. Basenghi, op. cit., p. 211.

197 Sul punto si veda A. Ioli, Dal primo contratto collettivo sul lavoro domestico ai giorni nostri, in R. Sarti (a cura di), Lavoro domestico e di cura: quali diritti?, Ediesse, Roma, 2010. L’A.

fornisce, nel corso del contributo, una puntuale ricostruzione dell’evoluzione della contrattazione nel settore. In particolare, a p. 193, viene chiarito come le difficoltà riscontrate negli anni Settanta siano, da parte sindacale, riconducibili alla mancanza di una anche minima sindacalizzazione della categoria oltre che per la sua frammentazione, mentre, da parte imprenditoriale, la causa va ricercata nell’assenza di una controparte rappresentativa del settore

di trasformazione più dinamico nel settore198, seppur condizionato da quelle che sono ancora oggi delle evidenti criticità. Lo spazio occupato dalla stessa è cresciuto a tal punto che, ad oggi, nel database del CNEL risultano registrati ben ventuno contratti collettivi vigenti per il lavoro domestico199.

Nel variegato panorama nazionale, risulta particolarmente rilevante, per la presente indagine, l’analisi delle novità introdotte dal rinnovo del Contratto Collettivo per il lavoro domestico sottoscritto nel settembre 2020 dalla Federazione Italiana Datori di Lavoro Domestico (FIDALDO) - costituita da Nuova Collaborazione, Assindatcolf, ADLD e ADLC- e dall’Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico (DOMINA), con FILCAMS-CGIL, FISASCAT CISL, UILTuCS-UIL e Federcolf, che rappresenta il contratto collettivo di riferimento nel settore, in quanto firmato dalle federazioni che appartengono alle principali confederazioni nazionali, insieme a un importante sindacato del settore e alle associazioni datoriali più attive sul lavoro domestico200. L’analisi del CCNL, sotto un’altra prospettiva, appare importante anche in ragione del fatto che lo stesso viene spesso ripreso in misura più o meno estesa anche dagli altri contratti collettivi201, i quali, deve essere evidenziato, stanno contribuendo sempre più all’espansione di quella che viene definita una

“pseudo contrattazione collettiva”, generata da contratti “fotocopia” in tutto e per tutto tra loro identici salvo per una o poche clausole. In altre parole, «contratti emulativi, che riproducono per relationem in modo camaleontico il campo di

198 Sul punto si veda ancora F. Basenghi, op. cit., p. 211.

199 Tale dato è presente in S.Borelli, Who cares? Il lavoro nell’ambito dei servizi di cura alla persona, cit., p. 171.

200 S Borelli, Who cares? Il lavoro nell’ambito dei servizi di cura alla persona, cit., p. 173.

201 Sul punto si esprime in particolare S. Borelli Who cares? Il lavoro nell’ambito dei servizi di cura alla persona, cit., p. p 174, che nell’analizzare la questione rimanda a S. Ciucciovino, Fisiologia e patologia del pluralismo contrattuale tra categoria sindacale e perimetri settoriali, in Lavoro e diritto, n. 2, 2020.

applicazione dei contratti ai quali intendono fare intenzionalmente e spudoratamente concorrenza»202.

L’analisi del contenuto del contratto, sebbene non possa essere negato lo sforzo progettuale messo in campo dalle parti sociali, pone in evidenza come, accanto a diverse (e positive) novità, siano “sopravvissute” al rinnovo una serie di problematiche, che erano in verità già state rilevate all’interno del CCNL precedentemente in vigore203. Per quanto riguarda gli aspetti innovativi del rinnovo in esame, è stata operata una revisione innanzitutto a livello lessicale e terminologico, che ha portato ad eliminare le diciture colf, badanti e baby-sitter, tutte ricondotte oggi all’interno dell’omnicomprensiva definizione di assistente familiare. Tale revisione sembrerebbe confermare, seppur indirettamente, la consapevolezza delle parti sociali riguardo l’esigenza di valorizzare la professionalità degli operatori e, specularmente, di ripensare e riprogettare le attività a cui gli stessi sono demandati, anche attraverso l’introduzione di un ulteriore profilo professionale nel livello D Super del contratto. A tal proposito, l’assistente familiare educatore formato è chiamato, ora, a svolgere attività di reinserimento o inserimento di persone affette da difficoltà psichiche oppure da disturbi relazionali e dell’apprendimento. Da ultimo, non possono essere trascurati anche gli evidenti sforzi operati nel tentativo di implementare ed accrescere le agevolazioni, anche di tipo economico, nei confronti delle famiglie, che costituiscono un datore di lavoro “atipico” spesso in condizione di difficoltà. Per le stesse, infatti, una maggiore sostenibilità anche in termini di spesa potrebbe contribuire a rendere più accessibile il ricorso a contratti di lavoro domestico regolari204.

202 Sul tema della cosiddetta pseudo contrattazione collettiva si esprime S. Ciucciovino, op. cit., pp. 187-188.

203 Per un approfondimento dettagliato di quelle che erano le criticità riscontrate nel precedente CCNL per il lavoro domestico, in gran parte ancora oggi perduranti all’interno del rinnovato contratto collettivo, si veda in particolare S. Borelli, Who cares? Il lavoro nell’ambito dei servizi di cura alla persona, cit., pp. 177 ss.

204 Del tentativo di sostenere le famiglie in questo settore si occupa in particolare A. Lupi, op. cit.

Sotto un’altra prospettiva, tuttavia, come sommariamente anticipato, le parti sociali sembrerebbero non essere però riuscite ad intervenire in modo sufficientemente incisivo su quelli che risultano (e risultavano anche in passato) essere gli aspetti più problematici rilevati nel settore. Il rinnovo del 2020, infatti, ancora in parte vincolato all’idea fordista di un lavoro che si identifica con il tempo che una persona dedica alla prestazione, sembrerebbe non aver apportato significative modifiche in materia di orario di lavoro, nonostante anche il precedente contratto avesse dato adito a molteplici perplessità nel merito. La previsione contenuta nell’art. 15 del CCNL scaduto nel 2016, che prevedeva per i lavoratori conviventi una durata massima dell’orario normale di lavoro pari a 10 ore giornaliere, per un totale di 54 ore settimanali, è stata inserita, invariata, anche nell’art. 14 del contratto attualmente vigente. Parallelamente, anche l’art. 15 dell’attuale CCNL, che disciplina oggi il lavoro straordinario prevede oggi che al lavoratore domestico possa essere richiesta una prestazione oltre l’orario stabilito, sia di giorno che di notte, salvo suo giustificato motivo per impedimento. Queste previsioni, che sembrerebbero in primo luogo violare l’art. 10 della Convenzione OIL n. 189 del 2011 sul lavoro domestico, non fanno che confermare la resistenza delle relazioni industriali nel superare un’idea di lavoro che si muove dentro gli schemi fissi dell’orario di lavoro, che hanno connotato la produzione industriale del secolo scorso. In ragione delle peculiari attività del settore, considerando le perduranti criticità che la contrattazione collettiva mostra nel superare le logiche dei mercati “del tempo di lavoro” (supra, § 1), i lavoratori domestici e di cura si ritrovano, in questo modo, a sostenere orari di gran lunga superiori rispetto a quelli previsti in altri settori. Per il rispetto integrale della disciplina, sarebbe infatti richiesta l’assunzione di un ulteriore collaboratore per sostituire l’assistente durante i suoi giorni di riposo. Un’opzione che risulta essere spesso impraticabile in termini economici per le famiglie che, anche qualora abbiano assunto regolarmente un lavoratore domestico, sono spesso costrette ad accordarsi per un

“fuori busta” da corrispondere come compenso extra, su cui non vengono pagati

tasse e contributi205. Si arriva in questo modo ad alimentare le distorsioni presenti nel settore: orari eccessivamente lunghi, scarsa programmazione delle prestazioni lavorative e, non di rado, retribuzioni basse206 fino ad arrivare, nell’ipotesi più estrema, al lavoro nero o grigio.

Accanto a questa problematica, legata alla gestione dell’orario di lavoro all’interno di un settore che, come si è potuto vedere, si adatta difficilmente alle logiche del “tempo di lavoro”, va peraltro evidenziato che, probabilmente condizionate dalla «mancanza di una definizione funzionale del concetto»207 di professionalità, le parti sociali hanno mostrato delle difficoltà anche nel ridisegnare i confini della figura professionale dell’assistente familiare. Investite di tale complesso compito, al di là della già richiamata revisione a livello lessicale, hanno infatti optato per quelli che sembrerebbero essere niente più che una serie di interventi “tradizionali”, incapaci però di riconoscere al tema la centralità che, al contrario, guadagnerebbe spontaneamente in un sistema di relazioni industriali in grado di cogliere la portata dei mutamenti in atto. Nella perdurante impossibilità di valorizzare la professionalità degli operatori nel suo complesso, le parti sociali sembrerebbero essersi limitate, infatti, ad un aggiornamento delle declaratorie o poco più, a cui è seguito un contestuale (e limitato) tentativo di rimodulazione di profili professionali ormai superati rispetto al contesto in cui sono collocati. Anche per il lavoro domestico e di cura

205 Di questa criticità, rilevabile nel precedente CCNL del lavoro domestico, e poi “trasmigrata”

anche nel rinnovo del settembre 2020, si occupa S. Borelli, Who cares? Il lavoro nell’ambito dei servizi di cura alla persona, cit., pp. 181-182.

206 Del tema dell’esigenza di ripensare il mercato del lavoro dei servizi di cura e assistenza alla persona, partendo proprio dalla ridefinizione del concetto di orario di lavoro per attività difficilmente adattabili al sistema fordista del Novecento industriale si occupa anche D. McCann, J. Murray, Prompting Formalisation Through Labour Market Regulation: A ‘Framed Flexibility’

Model for Domestic Work, in Industrial Law Journal, Vol. 43, n. 3, 2014, che ritiene che il lavoro domestico e di cura sia centrale nell’ambito della ridefinizione del funzionamento dei moderni mercati del lavoro, anche attraverso la riprogettazione della disciplina dell’orario di lavoro.

207 Tale espressione viene utilizzata in P. Tomassetti, Dalle mansioni alla professionalità? Una

207 Tale espressione viene utilizzata in P. Tomassetti, Dalle mansioni alla professionalità? Una

Nel documento ORGANIZZAZIONE E DISCIPLINA (pagine 135-148)