2. Altre esperienze: l’influenza del Patto nel contesto nazionale
2.1 I progetti Madreperla e la centralità del tema della formazione e
Particolare attenzione, in questo frangente, meritano i tre progetti Madreperla 1, Madreperla 2 e Madreperla 3, promossi a partire dal 2002 in alcune province della Regione Emilia-Romagna97.
Il presupposto da cui, nel 2002, aveva preso avvio il primo dei progetti Madreperla era la consapevolezza che la scelta di assumere un assistente familiare avrebbe potuto garantire reciproci vantaggi sia per le famiglie che per gli
96 La posizione secondo cui un efficiente sistema di gestione della cura debba partire dal territorio è avallato da consistente dottrina nel merito. Qui si veda, in particolare, la posizione di A. M.
Battisti, Le politiche di cura per gli anziani, cit. p. 20, che sostiene che per poter superare almeno parzialmente le criticità ad oggi esistenti nel settore della cura sia «opportuno innanzitutto colmare gli squilibri territoriali, creando un sistema di servizi di prossimità per la domiciliarità a livello di territorio/quartiere, in grado di garantire all’anziano una continuità di cura adeguata alle sue condizioni, evitando che venga sottoposto a costrizioni o discontinuità traumatiche per il suo equilibrio psico-fisico. In altri termini, occorre dar vita ad una grande rete di relazioni, fatta di tutte quelle realtà che, a vario titolo, gravitano attorno alla persona non autosufficiente: la famiglia, il volontariato, gli amici e i conoscenti, il vicinato, la platea dei servizi pubblici e privati del territorio, come l’assistenza sociale comunale e i servizi delle strutture socio sanitarie e residenziali».
97 E. De Marchi, R. Sarti, Assistenza pubblica e privata, cit., p. 16 parla del progetto Madreperla come di un progetto pilota nell’ambito della gestione della non autosufficienza su scala locale.
assistiti98 e che, per tale ragione, avrebbero dovuto essere ridefinite le modalità di fruizione di questi servizi, su scala locale. Tra le tre diverse iniziative, merita sicuramente un dettagliato approfondimento in particolare il Progetto Madreperla 2, sviluppato tra aprile 2005 e dicembre 2006 grazie ad un finanziamento FSE-Bando regionale Emilia-Romagna. Specificatamente dedicato al settore dell’assistenza domiciliare, vedeva coinvolti diversi soggetti tra cui, ancora una volta, il Comune e la Provincia di Modena, oltre che Modena Formazione in qualità di soggetto capofila, il Comune e la Provincia di Bologna e di Reggio Emilia e le varie cooperative che offrivano servizi di cura e assistenza.
L’iniziativa, che rappresentava, sotto alcuni punti di vista, una prosecuzione di quanto avviato alcuni anni prima, aveva preso avvio a seguito della presentazione di diverse istanze per la regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari, che avevano portato alla luce la dimensione del problema del lavoro sommerso nel settore99. Si ambiva così a favorire in particolare l’empowerment sociale e organizzativo, a vantaggio del lavoro di assistenza ad anziani e disabili svolto dagli assistenti familiari.
Anche nell’ambito di questo progetto, veniva riconosciuto grande valore al tema della formazione e, accanto alla specifica preparazione richiesta per attività sociosanitarie e socioassistenziali, era previsto che gli operatori acquisissero anche idonee capacità comunicative e di relazione. Veniva in questo senso valorizzato non solo l’aspetto tecnico strettamente connesso ai servizi svolti, ma
98 Sempre E. De Marchi, R. Sarti, Assistenza pubblica e privata, cit., descrive il presupposto su cui si basava il progetto.
99 Come verrà di seguito meglio prospettato (infra, § 3), le dimensioni del lavoro sommerso nel settore di cura iniziavano in quegli anni a risultare preoccupanti, in ragione di una serie di studi portati avanti nel settore. In particolare, in questa sede si rimanda a R. Sarti, Servizio domestico, migrazioni e identità di genere in Italia: uno sguardo storico, Intervento realizzato nell’ambito del Seminario “La catena globale della cura”, Torino, 6 giugno 2004, all’interno del quale vengono presentati dati secondo cui, già nei primi anni Duemila, il fenomeno del lavoro domestico irregolare stava assumendo dimensioni preoccupanti. L’A., a p. 2, evidenzia come secondo i dati Istat, i lavoratori domestici e di cura irregolari avevano toccato la 800 mila unità.
anche la componente relazionale normalmente inscindibile dalle prestazioni di cura, per la loro peculiarità100. Ai professionisti, pertanto, erano richieste oltre che capacità sanitarie e assistenziali in senso stretto, anche competenze relazionali e di interazione non scontate e, al tempo stesso, indispensabili per ottenere il benessere psicofisico della persona assistita. Sotto un altro punto di vista, veniva incoraggiato da ultimo anche il ruolo del tutor dell’assistenza familiare, quale coordinatore con il compito principale di facilitare le connessioni tra pubblico e privato, incoraggiando così l’incontro tra domanda e offerta nel settore.
Da ultimo, a conferma del sostegno al ricostruito modello familista della cura, era ribadita la centralità della famiglia, oltre che degli effettivi fruitori dei servizi di assistenza. Per la riuscita del progetto era infatti ritenuto indispensabile che anche i familiari acquisissero maggiore consapevolezza riguardo il proprio ruolo, i propri diritti e doveri, accanto a quelli che avrebbero dovuto essere riconosciuti, specularmente, ai lavoratori professionalmente impiegati nelle attività di cura e assistenza. Attraverso il maggiore coinvolgimento anche delle famiglie nell’ambito della relazione di cura, Madreperla 2 sperava di riuscire a instaurare un più virtuoso sistema di relazioni professionali tra le parti, implementando al tempo stesso il senso di appartenenza alla comunità.
Per poter perseguire tali obiettivi, il progetto era stato suddiviso in tre fasi, tra loro distinte. La prima, concentrata principalmente sull’implemento della qualificazione del lavoro di cura privato e a domicilio, prevedeva azioni formative sviluppate su quattro differenti binari, rivolti ciascuno ad ognuno degli attori coinvolti: gli assistenti familiari, i tutor, le famiglie e i membri del patronato. Per quanto riguarda in particolare i primi, l’obiettivo principale della formazione era quello di riuscire a incoraggiare l’ingresso e la permanenza nel mercato del lavoro di soggetti che, altrimenti, ne sarebbero rimasti esclusi a causa della loro scarsa
100 OIL, Care work and care jobs, cit., su tutti, sottolinea l’importanza dell’inscindibilità delle attività di cura “in senso stretto” e delle relative attività relazionali.
professionalizzazione e della carenza di competenze specifiche. Per tutor, famiglie e patronato, sotto un’altra prospettiva, venivano invece promosse azioni di sensibilizzazione e di formazione e informazione di diverso tipo, con l’intento primario di contrastare, ancora una volta, le distorsioni presenti nel settore.
La seconda fase vedeva il proprio punto focale nella progettazione di strumenti informativi in grado di migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Alla base di questa azione di intervento vi era la presa di coscienza che fosse necessario implementare sistemi a supporto dell’intermediazione e del collocamento delle assistenti presso le famiglie, da estendere alle organizzazioni di servizio. Detta funzione, secondo quanto previsto da Madreperla 2, ancorché collocabile presso altri soggetti autorizzati e definiti in sede di concertazione locale, non avrebbe potuto che essere governata e coordinata dai Centri per l’Impiego e dagli Sportelli comunali per il Lavoro.
Da ultimo, la terza fase si concentrava sulla creazione di connessioni con altri progetti, sviluppati prevalentemente nel territorio regionale, anch’essi mirati alla creazione di un mercato del lavoro di cura maggiormente qualificato. Alla base dell’interazione tra le diverse realtà locali, vi era l’obiettivo ultimo di riuscire a creare un vero e proprio “laboratorio” di scambio di nuove pratiche, che potesse così incoraggiare la creazione di un sistema di governance capace di integrare diversi livelli di programmazione, oltre che diverse fasi di intervento101.
Anche in questa circostanza, come nel caso del Patto Modenese per l’assistenza domiciliare agli anziani, lo sforzo progettuale adottato a livello locale nella Regione Emilia-Romagna era stato considerevole. Tuttavia, sebbene le linee di intervento avessero permesso, in quegli anni, di avviare un dialogo costruttivo riguardo tematiche quali la formazione professionale, l’acquisizione di competenze e l’esigenza di un mercato del lavoro di cura a più alta qualificazione,
101 Per un approfondimento nel dettaglio di quelle che sono state le linee di intervento promosse dal Progetto Madreperla 2, qui richiamate in termini generali, si veda in particolare Staff Sistema Documentale, Buone Prassi e Benchmarking (a cura di), Madreperla 2. Azione di mainstreaming per lo sviluppo del lavoro di cura, Italia Lavoro S.p.A., 2007.
le sfide avviate risultano ancora oggi aperte e i modelli attualmente replicati su scala locale e regionale, oltre che nazionale, sembrano molto lontani dal riuscire a promuovere un modello realmente innovativo ed in grado di rivoluzionare un settore in costante sviluppo.