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Il principio della neutralità e gli obiettivi dell’imposta

LA TASSAZIONE SUGLI IMMOBILI 1 Il sistema impositivo italiano

2. I principi cardine dell’imposta

2.6. Il principio della neutralità e gli obiettivi dell’imposta

Negli stati moderni, e in quello italiano attuale, si ritiene che il sistema tributario non deve interferire con le scelte di mercato o creare distorsioni; ciò in altre parole sta a significare che “il prelievo non deve interferire con

l’allocazione ottima delle risorse (intesa nel senso paretiano) che si ottiene sul mercato in base ai giudizi dei singoli operatori e si deve quindi evitare “che un’influenza, non voluta, delle imposte nel meccanismo di mercato possa provocare un eccesso di onere”109.

Il principio della neutralità è collegato al concetto di finanza neutrale, a sua volta connessa all’idea che l’imposizione da una parte e le spese pubbliche dall’altra, devono lasciare invariate le posizioni economiche relative dei                                                                                                                          

107 Smith A. (2005), op.cit.,p.999. 108 Nitti F. (1922), op.cit., p. 361. 109 Cosciani C. (1990), op.cit., p. 390

contribuenti e che l’intervento dello Stato è possibile solo per rimuovere le cause dell’inefficienza del funzionamento di mercato110.

Tuttavia va ricordato che una finanza neutrale nel senso ricordato non è concepibile per vari motivi111 ed infatti oggi si parla di finanzia funzionale o congiunturale.

Oggi si ritiene tuttavia che sono maggiori le possibilità che l’azione degli enti pubblici abbia una portata rilevante, in senso positivo o negativo, nel determinare l’incremento nel tempo delle risorse a disposizione della collettività e la produttività del loro impiego112.

Si riconosce cioè che la finanza pubblica possa interferire e modificare l’equilibrio di mercato, ma se tale interferenza si avvera, in tal caso occorre che ciò avvenga esclusivamente per conseguire un obiettivo ben preciso, diverso dalla mera copertura del costo dei servizi pubblici113.

Il concetto di neutralità così inteso è ben evidenziato da Richard A. Musgrave114, il quale riconosce innanzitutto che non esiste un insieme di principi ovvero un comportamento normativo uniforme, che possa essere utilizzato come linea guida nelle dinamiche della economia pubblica; nell’analisi dell’attività finanziaria pubblica ci si trova cioè ad affrontare, secondo l’Autore, tutta una serie di questioni in ordine a funzioni distinte di competenza dell’ente pubblico, che se anche sono interconnesse, richiedono soluzioni e comportamenti diversi. Perciò il primo obiettivo da perseguire in                                                                                                                          

110 Cosciani C. (1990), op. cit.

111 Cosciani C. (1990), op. cit, p. 345. A tal proposito l’Autore precisa che “la cosiddetta

neutralità del bilancio potrebbe venire conseguita in due modi: o per compensazione nei confronti di ciascun soggetto degli effetti positivi del servizio reso con quelli negativi del prelievo o per le dimensioni del bilancio che per esser molto ridotte praticamente non influenzano la distribuzione”. Nel dettaglio “la neutralità per compensazione, in pratica non realizzabile, si avrebbe se lo Stato restituisse ai singoli contribuenti sotto forma di servizi pubblici lo stesso ammontare di utilità che essi hanno sacrificato sotto forma di p.amento dei tributi e la restituzione avvenisse contemporaneamente al prelievo”; mentre

“la neutralità per dimensione si può conseguire quando l’incidenza dell’attività finanziaria

sull’economia privata, date le modeste dimensioni del bilancio pubblico rispetto al reddito nazionale, è di un livello così irrilevante da non influire, in modo sensibile, sulla distribuzione precedente dei redditi”. La conclusione che ne deriva è che “si tratta di due ipotesi che praticamente non possono venir realizzate negli Stati moderni”.

112 Steve S. (1976), Lezioni di scienza delle finanze, Padova, p. 12. 113 Cosciani C. (1990), op.cit., p. 345.

114 Musgrave R.A. (1959), The theory of Public Finance, p. 5. Testualmente: “there is no

simple set of principles, non uniform rule of normative behavior, that may be applied to the conduct of public economy. Rather, we are confronted with a number of separate, though interrelated, functions that require distinct solutions. Our first task is to sort out these objectives, to state the issues, and to see how objectives and issues are related”.

tale studio è, per Musgrave, individuare quali sono gli obiettivi dell’ente pubblico, e quindi ricavare quali sono gli aspetti problematici che deve affrontare, in particolare in relazione all’obiettivo prefissato.

Al fine di ottenere una completa, anche se estremamente semplificata, analisi della questione, Musgrave ipotizza l’esistenza di uno Stato immaginario, nel quale dominano norme efficaci di pianificazione fiscale, ed osserva in esso quali siano le determinanti ultime della politica di bilancio pubblico115.

In questo Stato immaginario, l’Autore riconosce la presenza simultanea di tre diverse categorie di obiettivi che l’organo preposto alla funzione fiscale dovrebbe perseguire: l’uso di strumenti fiscali è quindi finalizzato ad assicurare gli adeguati aggiustamenti nella ripartizione delle risorse, oppure ha un effetto nella distribuzione del reddito e della ricchezza, o ancora può tendere alla tutela della stabilità economica.

Date queste premesse Musgrave suddivide questo astratto sistema fiscale in tre distinte sezioni: quella della allocazione dei servizi (c.d. allocation

branch), nella quale ci si occupa della scelta dei servizi pubblici ritenuti

necessari per la collettività e delle modalità di copertura del loro costo; quella della distribuzione (c.d. distribution branch) in cui si analizzano le modalità di redistribuzione del reddito o della ricchezza onde ottenere una più equa ripartizione dei beni tra i singoli; quella della stabilità (c.d.

stabilization branch) nella quale il compito è quello di garantire la stabilità a

livello di prezzi e la piena occupazione116.

Definita questa tripartizione, lo stesso Musgrave puntualizza quindi che il problema della neutralità, nello Stato moderno, comporta soltanto che non devono essere confusi strumenti diversi, atti a conseguire obiettivi distinti, e che conseguentemente la politica di bilancio pubblica è il risultato di tre ordini di “problemi” posti su piani interdipendenti, ognuno dei quali coinvolge diversi obiettivi e principi di azione.

                                                                                                                         

115 Musgrave R.A. (1959), op.cit. p. 5. Testualmente: “in order to obtain a comprehensive,

if highly simplified, view of the problem, let us observe the determination of budget policies in an imaginary state, where efficient standards of fiscal planning prevail”.

È proprio alla luce di questo principio che vanno interpretati sia il principio del beneficio che il principio della capacità contributiva, intesi come criteri di distribuzione del carico impositivo tra i contribuenti, ritenuti oggi sia lo strumento più importante per la coperture delle spese pubbliche e la ripartizione del loro onore sia forze regolatrici del volume e della distribuzione del reddito nazionale.

È peraltro opportuno anticipare che, se si considera la tripartizione della sfera fiscale pubblica realizzata da Musgrave, il principio della controprestazione o del beneficio, mentre è utile per spiegare i problemi riguardanti la sezione dell’allocazione dei servizi, non permette di spiegare le altre due sezioni corrispondenti agli altri obiettivi dello Stato: quella della distribuzione e quella della stabilità117.

Dunque, la finalità di un’imposta così strutturata è quella di finanziare l’offerta di servizi e beni pubblici, mentre non sono contemplate finalità redistributive.

                                                                                                                         

117  Cosciani C. (1990), op.cit., p. 391