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2.2 La levitazione radiativa

2.2.2 Il problema del litio

Un ulteriore problema aperto in astrofisica `e rappresentato dalle abbondanze os- servate di litio. Spite & Spite (1982) hanno effettuato il primo studio signifi- cativo dell’abbondanza di litio nelle stelle di alone, rilevando che, per stelle con

Teff > 5600 K, l’abbondanza superficiale di litio in funzione di della temperatura

efficace (e dunque della massa) presenta un andamento pi`u o meno costante, indi- pendente dal valore della metallicit`a; questo andamento prende dunque il nome di plateau del litio o plateau di Spite (figura 2.9). L’antichit`a di queste stelle, insie- me alla presenza del plateau, indusse a ritenere che l’abbondanza di lito osservata nel plateau corrispondesse all’abbondanza derivante dalla nucleosintesi primordia- le; tale ipotesi sarebbe supportata dal fatto che, essendo le stelle di alone poco metalliche, non hanno inviluppi convettivi abbastanza estesi da portare il litio nelle zone in cui viene nuclearmente processato. Tuttavia le previsioni teoriche sull’abbondanza di litio derivante dalla nucleosintesi primordiale forniscono valori sensibilmente superiori a quelli osservati; le misurazioni di Wilkinson Microwave

Anisotropy Probe (WMAP) forniscono una previsione sull’abbondanza primordiale

di litio (Cyburt et al. 2003) pari a

N (7Li)

N (H) = 3.82

+0.73

Figura 2.9: Abbondanza superficiale di litio in funzione della temperatura efficace. Figura tratta da Spite & Spite (1982).

dove N (i) `e il numero di atomi della specie i. Questo valore `e 2-3 volte pi`u alto di quello osservato per le stelle di Popolazione II. Un alto livello di incertezza nei dati potrebbe essere parte della soluzione al problema, ma tutt’ora la questione rimane aperta. La situazione presenta ulteriori complicazioni quando si osserva che l’abbondanza di litio presenta una certa dispersione, per stelle molto simili per et`a, metallicit`a e Teff; in figura 2.10 sono mostrati dei dati pi`u recenti sulle

abbondanze di litio in funzione di Teff, ottenuti da Charbonnel & Primas (2005)

al variare della metallicit`a e per diversi campioni osservativi che si distinguono per numero di stelle e valutazioni fotometriche. L’esistenza di tale dispersione suggerisce l’esistenza di qualche meccanismo che agisca in modo da giustificare queste diversit`a tra stelle simili.

Secondo i modelli standard la nucleosintesi primordiale dovrebbe aver prodotto praticamente solo 7Li, mentre il 6Li viene prodotto per spallazione dai raggi co-

smici galattici. L’osservazione di 6Li `e comunque importante in quanto brucia a temperature pi`u basse rispetto al 7Li (2× 106 K contro 2.5× 106 K), e la sua

osservazione aiuta a comprendere l’entit`a di rimescolamenti convettivi esterni o di altri fenomeni fisici; per esempio l’eventuale presenza di6Li nelle atmosfere stellari suggerisce che il7Li non possa aver subito distruzione apprezzabile. Il6Li `e stato

osservato in alcune stelle di Popolazione II (Cayrel et al., 1999), comunque solo in fase di turnoff o leggermente dopo; ci`o suggerisce che il 7Li presente in queste stelle possa essere stato ridotto solo ad opera della diffusione microscopica. Inoltre la presenza di6Li suggerisce che anche una quota di7Li possa essersi originata dai

raggi cosmici galattici.

Alcuni autori suggeriscono che sia necessario introdurre nei modelli un rimesco- lamento extra al di sotto della zona convettiva; tuttavia una semplice estensione dell’inviluppo convettivo nei modelli non risolve il problema perch´e, se l’inviluppo

Figura 2.10: Abbondanza superficiale di litio A(Li) = log(n(Li)/n(H)) + 12 in funzione della temperatura effettiva, per diversi campioni osservativi e per

diverse metallicit`a. Figura tratta da Charbonnel et al. (2005).

convettivo `e sufficientemente profondo da ridurre la sedimentazione del litio nelle stelle calde, causa per`o (tramite trasporto nelle regioni interne) eccessivo brucia- mento nucleare nelle stelle pi`u fredde (Proffitt et al. 1991b). Il problema `e quindi ancora aperto e studiato con modelli che includono diffusione, extramescolamenti e levitazione radiativa.

Fisica stellare e codice evolutivo

3.1

Le equazioni di struttura stellare

Una stella `e un ammasso autogravitante di gas che per la maggior parte della sua vita `e sostenuta dall’energia prodotta dalle reazioni termonucleari. Una stella si trova quindi in equilibrio tra due forze opposte: la forza gravitazionale, che tende a comprimere la struttura, ed il gradiente di pressione del gas, che tende a farla espandere. La stella per`o `e calda e quindi irraggia perdendo energia; per la maggior parte della sua vita le reazioni nucleari forniscono l’energia necessaria per sopperire alle perdite per irraggiamento. Una stella si trova in realt`a in uno stato di quasi-equilibrio, in quanto la serie di reazioni nucleari che avvengono nel suo nucleo trasformano elementi in altri cambiando la composizione chimica; dunque cambia la configurazione di equilibrio della struttura, che reagisce adeguandosi al cambiamento su tempi scala molto minori di quelli richiesti per la variazione di composizione chimica. Di particolare importanza il fatto che, diminuendo il numero di particelle, affinch´e la struttura rimanga all’equilibrio deve aumentare la propria temperatura, in virt`u della legge dei gas perfetti (che vale con buona approssimazione almeno per la fase di sequenza principale).

Per poter modellizzare una stella `e necessario scrivere le equazioni che ne descri- vono l’equilibrio, sia meccanico che energetico. Nella modellizzazione classica si assume la simmetria sferica della struttura, in modo che tutte le grandezze fisiche siano funzione della sola coordinata radiale r. Questa condizione `e vera quando si trascurano gli effetti di campi magnetici e di rotazione, ipotesi plausibile per la maggior parte delle stelle singole, escluse alcune molto massicce o nane bianche e pulsar con forti campi magnetici.

La prima condizione `e che la struttura sia in equilibrio idrostatico. Siano P e ρ rispettivamente la pressione totale (dunque gas e radiazione) e la densit`a del gas,

r la coordinata radiale, m(r) la massa contenuta entro una sfera di raggio r; vale

allora la condizione di equilibrio idrostatico (vedere ad es. Castellani 1985)

dP

dr =−G

r2 . (3.1)

La seconda equazione da includere `e quella di continuit`a, che esprime la conserva- zione della massa:

dm

dr = 4πρr

2. (3.2)

A queste relazioni va aggiunta l’equazione di stato, che fornisce una serie di quan- tit`a termodinamiche punto per punto nella stella in funzione della composizione chimica e di due variabili fisiche, ad esempio densit`a e pressione:

P = P (ρ, T, µ) (3.3)

dove il parametro µ, detto peso molecolare medio, `e legato alla composizione chi- mica del gas stellare. Sia X(H) l’abbondanza in massa di idrogeno, X(He) l’ab- bondanza di elio e Xi quella del metallo i (in astrofisica si indicano con la parola

metalli gli elementi pi`u pesanti dell’elio); si dimostra che nel caso di completa ioniz- zazione della materia stellare il peso molecolare medio `e legato alla composizione chimica dalla relazione

µ = 1 2X(H) +3 4X(He) +i Xi Ai + ∑ i XiZi Ai . (3.4)

dove Zi e Ai sono rispettivamente la carica nucleare ed il numero di massa del

metallo i-esimo. Nel caso di materia parzialmente ionizzata il calcolo di µ `e invece pi`u complesso e viene fornito dall’equazione di stato utilizzata. L’aggiunta dell’e- quazione di stato ha introdotto una nuova incognita, la temperatura T . Ad un gradiente di temperatura `e associato un flusso di energia; producendo infatti la stel- la energia al suo interno, questa sar`a trasportata alla superficie e dunque bisogna includere il meccanismo di trasporto energetico. L’energia pu`o essere trasportata per conduzione, convezione, irraggiamento. Il primo meccanismo `e trascurabile eccetto che per il caso di materia stellare degenere elettronicamente; il trasporto radiativo `e invece sempre presente in una stella, e per esso si ha (Castellani, 1985)

dT dr rad = 3 4ac kRρ T3 ϕ (3.5)

essendo a la costante di corpo nero, c la velocit`a della luce e kR l’opacit`a media

di Rosseland (paragrafo 1.1.1 e appendice A). Negli interni stellari l’energia pu`o essere trasportata per convezione; ci`o si verifica quando viene soddisfatto il noto criterio di Schwarzschild (appendice B)

dTdr rad > dT dr ad (3.6) essendo dT

dr rad il gradiente di temperatura radiativo e dT

dr ad il gradiente di tem-

peratura adiabatico. Poich´e il gradiente di temperatura radiativo `e proporzionale al prodotto dell’opacit`a per il flusso, si ricava che la convezione si innesca quando una o entrambe di queste quantit`a assumono valore elevato. Nel caso di convezione il trattamento adottato per il trasporto energetico cambia (appendice B).

distanza r dal centro:

Lr = 4πr2F. (3.7)

La stella `e un sistema in equilibrio termico: se ci immaginiamo di dividere la stella in tante shell sferiche di piccolo spessore, l’energia che entra in ciascuna shell per unit`a di tempo `e uguale a quella uscente pi`u l’energia eventualmente prodotta all’interno della shell stessa, meno quella sottratta ad opera dei neutrini. Questo viene espresso dall’equazione della conservazione dell’energia: definendo ε la produzione di energia per unit`a di massa e per unit`a di tempo si ha:

dLr

dr = 4πρεr

2. (3.8)

La funzione ε include diversi contributi: la produzione di energia per reazioni nucleari, il termine dovuto all’energia gravitazionale, ed infine il termine di perdita energetica dei neutrini, che a causa della loro bassa sezione d’urto di interazione sfuggono dalla stella sottraendo energia alla struttura:

ε = εnucl + εgrav − εneutr. (3.9)

Anche se queste equazioni sono scritte usando come variabile indipendente il rag- gio, nella pratica le equazioni vengono scritte come funzione della coordinata in massa, perch´e la variazione delle grandezze fisiche `e pi`u intimamente legata alla coordinata in massa che non alla coordinata geometrica; quello che si cerca `e una variabile lagrangiana, che sia collegata ad un elemento di materia indipendente- mente da variazioni di dimensioni geometriche della struttura. Dall’equazione di continuit`a 3.2 si vede che

∂r = ∂m ∂r ∂m = 4πr 2ρ ∂m (3.10)

da cui si ottengono le equazioni di equilibrio stellare in massa:

dP dm = Gm 4πr4 dr dm = 1 4πρr2 dT dm = 3kRLr 64acπ2r4T3 oppure f (kR, L, T, ρ, r) dL dm = ε(ρ, T, µ)

Dobbiamo inoltre saper valutare, punto per punto nella stella, le funzioni P (ρ, T, µ),

ε(ρ, T, µ) e kR(ρ, T, µ). Il set di equazioni viene integrato numericamente,

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