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Il problema dei tempi di calcolo

4.3 Inserimento della levitazione radiativa nel nostro codice

4.3.3 Il problema dei tempi di calcolo

Un altro problema di notevole rilevanza che mi sono trovato ad affrontare `e stato quello dovuto ai tempi di calcolo. Le routine per il calcolo delle accelerazioni ra- diative effettuano calcoli complessi, tanto che, per ogni elemento, il calcolo della sua accelerazione radiativa in tutta la stella pu`o richiedere un paio di secondi o pi`u. L’elaborazione completa dei dati relativi alla nostra mistura pu`o richiedere, dunque, anche 20-30 secondi per ciascun passo temporale; ne consegue che una simulazione completa, comprensiva di accelerazioni radiative, pu`o richiedere molte ore per seguire l’evoluzione temporale dalla presequenza fino al termine della se- quenza principale. Tale problema appare generalizzato: anche il codice evolutivo MESA (Paxton et al. 2011), con cui effettuer`o confronti nel proseguo del lavoro

-6 -5 -4 -3 -2 -1 0 log(mext/M) -30 -20 -10 0 log(g rad ) HHe C N O Fe

Figura 4.5: Accelerazione radiativa per gli elementi indicati in funzione della profondit`a stellare, dove mext `e la massa esterna al punto considerato. Modello

di 1.2 M e metallicit`a Z = 0.02, a 1 Gyr.

e che usa anch’esso i dati e le routine OP, richiede ore di lavoro per portare a termine una simulazione di evoluzione di un modello stellare nelle stesse fasi evo- lutive. In un primo momento abbiamo valutato la possibilit`a di costruire delle tabelle di accelerazioni radiative su cui agire tramite interpolazioni; una tabella di questo tipo dovrebbe contenere valori di accelerazioni per diversi intervalli di densit`a, temperatura e composizione chimica (quest’ultima per ciascuno degli ele- menti di cui si calcola la grad). Sono richiesti valori di grad per 10 elementi; per

ciascuno `e necessario un tabulato di densit`a, a sua volta tabulato (per ciascun valore di densit`a) in temperatura. Per ogni temperatura, a propria volta si devono tabulare un insieme di valori di composizione chimica. La grande variet`a di valori necessari rende tuttavia tale strada proibitiva dal punto di vista computazionale e di tempo, per cui non avrebbe comportato vantaggi significativi; tale procedura `

e stata dunque necessariamente scartata.

Alla ricerca di una possibile soluzione ho dunque testato un approccio alternativo. Come accennato, per il calcolo dell’accelerazione radiativa il database OP fornisce dati per un certo numero di elementi, ma non tutti gli elementi che compongono la mistura usata nel FRANEC sono inclusi nel database di opacit`a monocromatiche OP. Pi`u in dettaglio, riporto in tabella 4.1 il confronto tra gli elementi presenti nella nostra mistura e la corrispondente presenza o meno nella lista di elementi le cui opacit`a monocromatiche sono incluse in OP. Inoltre, tra gli elementi presenti nella mistura solare la nostra routine di calcolo di diffusione microscopica esegue calcoli precisi per 10 elementi, mentre gli altri metalli sono assunti diffondere come

Z elemento inclusione OP 1 X 2 n 3 n 4 n 5 n 6 X 7 X 8 X 9 n 10 X 11 X 12 X 14 X 26 X

Tabella 4.1: Presenza o meno nel database OP per il calcolo dell’accelerazione radiativa degli elementi della mistura solare usata nel nostro codice evolutivo.

il ferro ((equazione3.17, paragrafo 3.3.2); degli elementi seguiti con precisione, solo 5 (H, C, N, O, Fe) sono inclusi nel database OP.

La routine che calcola le accelerazioni radiative elemento per elemento deve calco- lare, come gi`a discusso nel paragrafo 1.4, il contributo all’opacit`a monocromatica dovuto agli altri elementi componenti la mistura presa in considerazione dalla sub- routine (equazioni1.48 e1.49); per far questo riceve in ingresso, fra gli altri input, i dati sulla composizione chimica della mistura, per ciascun punto della stella. Il calcolo sull’opacit`a monocromatica di ciascun elemento incluso nella mistura ov- viamente implica l’utilizzo di ulteriore tempo di calcolo. Tenendo conto di ci`o, e del fatto che alcuni elementi non sono inclusi nel database di opacit`a monocroma- tiche OP, ho eseguito alcune prove per ridurre il numero di elementi nel calcolo delle opacit`a monocromatiche e ridurre i tempi di calcolo senza commettere errori apprezzabili. L’idea di base si fonda su due punti:

1. Nella formula per il calcolo dell’accelerazione radiativa (si vedano le equazioni

1.48 e 1.49) non possono essere inseriti i dati della chimica relativi a tutti gli elementi presenti nella nostra mistura, in quanto alcuni di essi non sono appunto inclusi nel database OP;

2. La nostra routine di diffusione, come `e stato detto, calcola la variazione di composizione chimica in modo dettagliato solo per alcuni elementi della mistura, scalando opportunamente gli altri; dunque, nel trattamento dell’o- pacit`a che serve a calcolare le accelerazioni radiative, si possono trascurare gli elementi che, sia pur presenti nella nostra mistura e nel database OP, non rientrano nel calcolo diffusivo dettagliato seguito dalla routine di diffusione.

n elementi

3 {H, He, C}, {H, He, N}, {H, He, O}, {H, He, Fe} 4 C, N, O, Fe

5 H, C, N, O, Fe 6 H, He, C, N, O, Fe

10 H, He, C, N, O, Ne, Na, Mg, Si, Fe

Tabella 4.2: Tipi di misture

Per esempio, l’elemento Z = 10 (Ne) `e incluso nella nostra mistura stellare e nella lista OP, ma fa parte di quegli elementi la cui variazione di abbondanza per diffusione viene calcolata in modo approssimato. Questo significa che nel calcolo diffusivo (e dunque nel calcolo dell’opacit`a totale necessario alla grad) il Ne pu`o

essere concettualmente trattato come assente; quindi, nel passare alla routine op ax i dati sulla composizione chimica, non inserir`o il neon.

Ho quindi provato a calcolare le accelerazioni radiative utilizzando misture com- poste solo da un numero ridotto di elementi; ciascun elemento ha abbondanza numerica frazionaria fi calcolata tenendo conto, nella (4.13), dei soli elementi se-

lezionati per formare la mistura ridotta. L’idea `e che se i valori dell’accelerazione radiativa non sono sensibili in maniera significativa all’inclusione di uno o pi`u ele- menti nel calcolo dell’opacit`a monocromatica, tali elementi possono essere esclusi dal suddetto calcolo.

In tabella 4.2 sono riportati i tipi di misture usate per le prove. Il caso n = 3 si referisce a misture ternarie, in cui di volta in volta il terzo elemento `e quello di cui si calcola l’accelerazione radiativa.

I risultati di questi test sono riportati nelle figure 4.6, 4.7, 4.8, 4.9, che illustra- no l’andamento dell’accelerazione radiativa in funzione della coordinata in massa rispettivamente per C, N, O e Fe. Per ciascun elemento le varie misture di ta- bella 4.2 sono usate per un modello stellare di massa 1.2 M al tempo di 1 Gyr. L’introduzione di idrogeno ed elio in questi calcoli non crea problemi: essi so- no infatti inclusi unicamente come fonte di opacit`a, ed ho verificato che ci`o non produce risultati anomali. Per tutti gli elementi notiamo degli andamenti grosso modo simili, in cui una diminuzione si alterna ad una risalita. Come anticipato nel capitolo 1, l’andamento di grad `e una funzione complessa di temperatura, den-

sit`a e abbondanza chimica dei vari elementi; in linea generale la dipendenza dalla temperatura `e dovuta al fatto che, al variare della temperatura, cambia lo stato di ionizzazione. Laddove l’elemento si trova in configurazione elettronica da gas nobile l’accelerazione radiativa cala, perch´e questo stato possiede bassa opacit`a e quindi assorbe meno fotoni.

Per tutti gli elementi considerati vediamo che il caso n = 5 e n = 6 hanno an- damenti simili; questo `e un risultato da attendersi, in quanto queste due misture contengono almeno uno fra idrogeno ed elio, dunque i maggiori componenti (e dunque contributori di opacit`a) di un plasma stellare.

-6 -5 -4 -3 -2 -1 log(mext/M) 1 2 3 4 5 6 log(g rad ) n=3 n=4 n=5 n=6

Figura 4.6: Confronto fra le accelerazioni radiative del carbonio per le misture indicate (vedere tabella4.2); simulazione per una 1.2 M a 1 Gyr.

Il caso n = 4 porta ad una sensibile discrepanza rispetto ai due casi precedenti a causa della scomparsa di idrogeno ed elio. In tal caso l’abbondanza di ciascun elemento ha maggiore influenza sull’opacit`a totale, oltre che sulla frazione di im- pulso radiativo assorbito dall’elemento stesso. Da notare inoltre che il profilo di

grad si mantiene spesso pi`u in basso rispetto ai casi n = 5 e n = 6. La ragione di

questi comportamenti sta in quanto detto nel paragrafo 1.4 con riferimento alle formule 1.49 e 1.50: a causa della scomparsa delle principali specie chimiche si ha che, per ciascun elemento, la propria abbondanza relativa alla miscela cresce, dunque per ciascun elemento i fotoni devono distribuirsi su un maggior numero di atomi dell’elemento stesso, portando ad un calo dell’accelerazione radiativa. Il caso n = 3 vede i profili di grad riavvicinarsi a quelli di n = {5, 6} in corri-

spondenza della superficie, mentre si ha maggior discrepanza verso l’interno. Il modello su cui `e stato testato ha progredito, con diffusione inclusa, per 1 Gyr; di conseguenza nelle regioni superficiali si `e accresciuta l’abbondanza di idrogeno mentre `e diminuita quella di elio, rendendo la situazione pi`u simile al caso n = 5 in cui l’idrogeno rappresenta appunto la parte maggioritaria della miscela. Ulteriori dettagli dipendono ovviamente dalla densit`a, temperatura e dai dati di opacit`a monocromatica.

Il caso n = 10 non `e riportato in quanto si sovrappone al caso n = 6. In conclu- sione, ridursi a 6 elementi diminuisce significativamente i tempi di calcolo e quindi ci fermiamo 6 elementi per non introdurre ulteriori motivi di incertezza, e perch´e rispetto al caso n = 5 `e incluso anche l’elio come fonte di opacit`a.

-6 -5 -4 -3 -2 -1 log(mext/M) 2 3 4 5 6 log(g rad ) n=3 n=4 n=5 n=6

Figura 4.7: Confronto fra le accelerazioni radiative dell’azoto per le misture indicate (vedere tabella4.2); simulazione per una 1.2 M a 1 Gyr.

La figura 4.10 mostra le accelerazioni radiative degli elementi indicati nello stesso modello stellare (M = 1.2 M, Z = 0.02), in funzione della coordinata in massa mext, all’et`a di 1 Gyr. Vediamo che a circa log(mext/M ) = −3 l’accelerazione

radiativa agente sul ferro supera la gravit`a; in zone pi`u esterne (log(mext/M )

−4) anche per gli altri elementi si eccede la gravit`a. In figura 4.11 abbiamo le accelerazioni radiative per lo stesso modello e gli stessi elementi, riportate in funzione della temperatura all’interno della stella; per il caso n = 4 abbiamo quanto riportato in figura4.12

Per dare un confronto pi`u immediato in termini diffusivi vediamo, in figura 4.13

le velocit`a diffusive nella stessa situazione della figura precedente. La levitazione radiativa provoca la risalita degli elementi nelle zone pi`u esterne della stella. La velocit`a diffusiva del ferro diviene positiva circa nello stesso punto in cui la sua ac- celerazione radiativa supera la gravit`a, a log(mext/M )≈ −3; per gli altri elementi

il fenomeno `e analogo.

In figura 4.14 vediamo le accelerazioni radiative di ossigeno e ferro in un modello di 1.5 M a 30 Myr per le due misture indicate; si pu`o notare la somiglianza di profilo con il grafico4.15 (Vick et al. 2010), per la stessa massa ed et`a, a conferma della plausibilit`a dei risultati ottenuti.

-6 -5 -4 -3 -2 -1 log(mext/M) 2 3 4 5 6 log(g rad ) n=3 n=4 n=5 n=6

Figura 4.8: Confronto fra le accelerazioni radiative dell’ossigeno per le misture indicate (vedere tabella4.2); simulazione per una 1.2 M a 1 Gyr.

-6 -5 -4 -3 -2 -1 log(mext/M) 3 3.5 4 4.5 5 5.5 6 log(g rad ) n=3 n=4 n=5 n=6

Figura 4.9: Confronto fra le accelerazioni radiative del ferro per le misture indicate (vedere tabella4.2); simulazione per una 1.2 M a 1 Gyr.

-6 -5 -4 -3 -2 -1 log(mext/M) 0 1 2 3 4 5 6 log(acc) gg rad(C) grad(N) grad(O) grad(Fe)

Figura 4.10: Confronto tra accelerazioni radiative per gli elementi indicati in un modello stellare di 1.2 M a 1 Gyr, con mistura a 6 elementi. Accelerazione

di gravit`a rappresentata dalla linea a punti.

5 5.5 6 6.5 7 log(T/K) 0 1 2 3 4 5 6 log(acc) gg rad(C) grad(N) grad(O) grad(Fe)

Figura 4.11: Accelerazione radiativa agente sugli elementi indicati in funzione della temperatura, per un modello stellare di 1.2 M a 1 Gyr; mistura a 6

5 5.5 6 6.5 7 log(T/K) 0 1 2 3 4 5 6 7 log(acc) (cgs) g g_rad(C) g_rad(N) g_rad(O) g_rad(Fe)

Figura 4.12: Accelerazione radiativa agente sugli elementi indicati in funzione della temperatura, per un modello stellare di 1.2 M a 1 Gyr; mistura a 4

elementi (tabella 4.2). -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 log(mext/M) 0 2e-07 4e-07 6e-07 8e-07 v diff (cm/s) C N O Fe C + g_rad N + g_rad O + g_rad Fe + g_rad

Figura 4.13: Confronto fra le velocit`a diffusive per gli elementi indicati in un modello stellare di 1.2 M a 1 Gyr, con mistura a 6 elementi.

-6 -5 -4 -3 -2 -1 log(mext/M) 2 3 4 5 log(acc) g grad(O), n=6 grad(Fe), n=6 grad(O), n=5 grad(Fe), n=5

Figura 4.14: Accelerazione radiativa di ossigeno e ferro in un modello stellare di 1.5 M e metallicit`a Z = 0.02, a 30 Myr, per le misture indicate.

Figura 4.15: Accelerazione radiativa di ossigeno e ferro in un modello stellare di 1.5 M, Z = 0.02, a 30 Myr (linea rossa a tratti) e 504 Myr (linea scura a

La diffusione microscopica nel

codice evolutivo

In questo capitolo descriver`o le modifiche effettuate sulla subroutine di diffusione microscopica gi`a presente nel codice evolutivo per estendere il meccanismo dif- fusivo fino alle regioni pi`u esterne di una stella. Successivamente presenter`o i risultati ottenuti riguardo alle abbondanze superficiali in modelli stellari specifici. Lo scopo del lavoro sulla diffusione `e quello di riprodurre le abbondanze superficiali osservate.

5.1

Il problema degli strati superficiali

Nel mio lavoro ho dovuto affrontare un problema che ha richiesto anche un notevole sforzo di ricerca nella letteratura scientifica: quello della trattazione della diffusione negli strati superficiali.

Le equazioni di diffusione che adottiamo sono quelle di Thoul et al. (1994), de- scritte nel capitolo 1; tali equazioni derivano dal formalismo di Burgers (1969). Tuttavia, a causa delle condizioni nelle zone esterne di una stella (come mino- re temperatura e densit`a), tale formalismo non descrive sempre bene la realt`a; questo `e un problema di natura fisica generalizzato in letteratura. Dal punto di vista computazionale, per come eseguiamo il calcolo diffusivo nella nostra routine, la velocit`a diffusiva di ciascun elemento diverge andando verso l’esterno, a causa della divergenza dei gradienti di temperatura e pressione nelle zone periferiche. Per stelle con inviluppi convettivi (stelle di sequenza principale inferiore con me- tallicit`a non troppo piccole) il problema viene risolto dalla presenza dell’inviluppo convettivo stesso; i moti convettivi, infatti, rimescolano la materia inibendo gli effetti diffusivi nelle zone esterne. Ma all’aumentare della massa stellare lo strato convettivo superficiale regredisce, spostandosi sempre pi`u verso la superficie fino a scomparire (almeno in fase di sequenza principale); anche la diminuzione della metallicit`a porta alla diminuzione dell’inviluppo convettivo (a causa della diminu- zione di opacit`a da metalli). Come vedremo pi`u avanti, in letteratura si ipotizzano

rimescolamenti di materia di tipo turbolento che inibiscono la diffusione nelle zone esterne di una stella; questi fenomeni e le relative trattazioni saranno descritti in seguito.

Come abbiamo visto nel capitolo 3, il codice evolutivo FRANEC tratta la zona semisuperficiale di una stella come zona detta subatmosferica: essa non `e che una zona in cui le equazioni di struttura stellare sono risolte usando come variabile indipendente la pressione. La ragione `e che nelle zone esterne la variabile massa tende a saturare, raggiungendo il suo valore asintotico, dunque le grandezze fisiche presentano grandi variazioni per unit`a di massa. Si tratta di una scelta puramen- te computazionale, legata a problemi di precisione numerica di calcolo, che non ha un corrispondente fisico nella struttura stellare. Inolte in subatmosfera viene assunta una composizione chimica omogenea corrispondente a quella dell’ultimo mesh dell’interno. In assenza di diffusione, tale scelta `e giustificata dal fatto che in tali regioni esterne le fusioni nucleari sono ovviamente inefficienti; ma in presenza di diffusione considerare la composizione chimica omogenea `e accettabile solo in zone prossime all’atmosfera, in cui si pensa sia comunque efficiente un rimesco- lamento dovuto a turbolenze. `E dunque necessario rimuovere (o almeno ridurre) la zona subatmosferica impostando nel codice che tutta la massa appartenga al- l’interno, cio`e la parte di stella dove la variabile indipendente per le equazioni di struttura stellare `e la massa (si veda il capitolo 3). Questa procedura implica che le zone precedentemente trattate come subatmosfera vengano ora trattate come parte interna, e attivando di conseguenza la diffusione in queste zone dove prima la diffusione era invece disabilitata; trattandosi di regioni esterne questo porta, dal punto di vista fisico, alla gi`a discussa divergenza delle velocit`a diffusive, che va inibita in qualche modo. Inoltre, a seconda del grado di riduzione subatmosfe- rica (e quindi della zona dove vengono fatti diffondere gli elementi), si ottengono diverse abbondanze superficiali.

Nell’impostazione originaria del codice la subatmosfera costituisce una frazione della massa totale pari a 2.6· 10−4. Ho verificato che l’impostazione della frazione subatmosferica direttamente a 0 per`o genera solitamente il crash della simulazione; `

e plausibile che il repentino cambiamento dell’estensione di zone trattate nume- ricamente in modo diverso generi delle instabilit`a, per cui il codice non riesce ad integrare numericamente le equazioni di struttura. Per aggirare tale problema di instabilit`a numerica ho fatto ricorso ad un processo di graduale spostamento verso l’esterno del bordo inferiore della subatmosfera nei primi passi della simulazione. Una routine appositamente scritta prende una parte della massa della subatmo- sfera e la va ad aggiungere alla massa interna, scalando di conseguenza la massa subatmosferica. Schematicamente si ha, ad ogni passo temporale,

msubatm → msubatm− ∆m (5.1)

minterna → minterna+ ∆m (5.2)

dove la massa trasferita `e uguale ad una certa frazione f della massa della subat- mosfera:

Il valore del parametro f varia durante il processo, assumendo valore pi`u piccolo all’inizio (ovvero, rimuovendo subatmosfera pi`u blandamente) per poi aumenta- re; `e stato infatti verificato che la simulazione non subisce instabilit`a con questa procedura e coi valori impostati.

La procedura di riduzione subatmosferica `e stata accompagnata anche dalla modi- fica della riduzione delle velocit`a diffusive vicino alla superficie. Come spiegato nel capitolo 3, nella versione storica della routine di diffusione `e presente uno smorza- mento artificiale delle velocit`a, inserito allo scopo di portare gradualmente a zero le velocit`a diffusive al bordo della parte interna della struttura; se vdiff(i) `e la velocit`a diffusiva del generico elemento i allora si pone

vdiff(i) → vdiff(i)θ (5.3)

dove la funzione θ assume valore unitario a circa 50 mesh dalla superficie per poi scendere a gradualmente fino a zero nell’ultimo mesh. Tale smorzamento `e stato rimosso in quanto arbitrario, e soprattutto perch´e, per una pi`u realistica descrizione fisica, appare necessario inserire rimescolamenti di tipo turbolento ai fini di inibire la diffusione nelle regioni esterne. La rimozione dello smorzamento non pregiudica il principio di conservazione della massa, in quanto la diffusione agisce su N − 1 mesh, e l’ultimo mesh `e strutturato appositamente per garantire la conservazione della massa al bordo della struttura.

In seguito a queste modifiche, tuttavia, la routine di diffusione va spesso incontro a problemi di instabilit`a numeriche, per cui l’abbondanza di qualche elemento va fuori scala. In figura 5.1 vediamo un esempio, relativo alla simulazione di una 1.5 M, del profilo di abbondanza di azoto poco prima del crash; l’abbondanza dell’elemento `e diventata negativa verso la periferia della struttura, e dalla figura `

e visibile, nelle zone esterne, un’oscillazione che condurr`a al crash.

Tenendo conto di ci`o, e del fatto che in letteratura sono presenti schemi numerici alternativi, ho effettuato un aggiornamento della routine di diffusione, usando uno schema numerico implementato in modo simile anche in un codice di evoluzione stellare (MESA, Paxton et al. 2011) con cui effettuer`o una serie di confronti pi`u avanti nel lavoro. Il nuovo trattamento delle equazioni di diffusione (Iben et al.1985, Meynet et al. 2004) garantisce una maggiore stabilit`a numerica di calcolo; inoltre ciascuna equazione del sistema accoppia i valori delle abbondanze nel mesh k con i due circostanti k− 1 e k + 1, caratteristica assente nel vecchio sistema numerico di risoluzione. I dettagli dello schema numerico saranno descritti dettagliatamente nel prossimo paragrafo.

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