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Mescolamenti extra rispetto alla diffusione

Molti autori (vedere per esempio Richer et al. 2000, Richard et al. 2005), nel tentativo di ridurre gli effetti della diffusione microscopica in stelle con inviluppi convettivi poco estesi che porterebbero ad un disaccordo con le osservazioni, intro- ducono un extra mescolamento alla base della zona convettiva; tali mescolamenti sono in genere espressi in termini di un parametro libero, in modo da ricercare un accordo con le osservazioni, e spesso sono ricondotti agli effetti non ancora precisamente definiti di turbolenze negli esterni stellari.

La turbolenza `e un fenomeno fisico dissipativo in cui l’energia viene trasportata, tramite vortici di dimensioni via via decrescenti, da scala di lunghezza macrosco- pica a scale sempre minori; ciascun vortice produce vortici di dimensioni minore, i quali a loro volta collidono dando origine a vortici minori e cos`ı via. Kolmogorov (1941) ha sviluppato i princ`ıpi della teoria fisica della turbolenza, predicendo che, tramite la sequenza di vortici di dimensioni decrescenti, l’energia finisce col fluire a livello molecolare; secondo Kolmogorov, la stessa viscosit`a `e prodotta dalla tur- bolenza. Una trattazione dettagliata della turbolenza `e al di fuori degli scopi di questa tesi; possiamo comunque citare il celebre risultato ottenuto da Kolmogorov, che dedusse lo spettro delle fluttuazioni in energia E in funzione del vettore d’onda

k (k ∝ 1/s dove s `e la scala di lunghezza considerata) e del rate di dissipazione

energetica ϵ (energia dissipata per unit`a di massa e di tempo):

E(k)∝ ϵ2/3k−5/3. (7.2)

Ci`o che interessa in questa sede `e il modo in cui la turbolenza influenza le variazioni di composizione chimica. I moti turbolenti trasportano un elemento di materia con velocit`a V per un tratto l, al termine del quale si ha rimescolamento con la materia circostante. La velocit`a media Vm dell’elemento di materia risultante da

questo processo risulta essere legata al gradiente di abbondanza numerica n dalla relazione niVm = 1 3⟨lV ⟩ dni dx (7.3)

dove l’operazione di media `e da intendersi sulle distribuzioni di velocit`a e lunghezze d’onda della turbolenza. Si ha dunque una relazione di tipo diffusivo che lega il flusso di materia ad un coefficiente di diffusione che, stavolta, `e di tipo turbolento. Si pu`o dunque identificare la velocit`a turbolenta

Vm = 1 3⟨lV ⟩ 1 ni dni dx ≡ −DT dlnni dx (7.4)

dove DT =13⟨lV ⟩ `e il coefficiente di diffusione turbolento (Vauclair et al., 1978).

La velocit`a di drift totale `e dunque la somma della velocit`a diffusiva e di quella turbolenta: introducendo la concentrazione in massa Xi dell’elemento i-esimo si

ha:

vi = vdiff,i+ vturb,i = vdiff,i− DT

∂lnXi

∂x . (7.5)

Il calcolo del coefficiente di diffusione turbolento rappresenta un problema aperto in fisica. La comprensione attuale della fisica della turbolenza nelle stelle presenta diverse lacune; nel caso di interni stellari `e ancora oggetto di dibattito su come si formi (overshooting, rimescolamenti dovuti alla rotazione differenziale stellare) e come vada modellizzata. A differenza di altri fenomeni fisici come la diffusione (cui va aggiunta per descrivere in modo pi`u completo l’evoluzione della composi- zione chimica) la turbolenza non `e attualmente predicibile a partire da principi primi; non si `e ancora capaci di predirla a partire da una teoria fisica che la de- termini in modo univoco, quindi non si `e in grado di calcolare un valore di DT

in maniera abbastanza precisa come avviene per esempio nel caso dei coefficienti di diffusione (capitolo 1). L’approccio comunemente adottato `e dunque quello di

esprimere la turbolenza in forma parametrica, determinando il valore dei parametri dal confronto con le osservazioni.

La parametrizzazione della turbolenza che adotto in questo lavoro `e quella di Ri- cher et al. 2000, Richard et al. (2002, 2005), usata in letteratura per lo studio delle abbondanze superficiali delle stelle di ammasso globulare. La parametrizzazione usata `e la seguente: DT = f DHe,0 ( ρ0 ρ )n (7.6) dove il coefficiente di diffusione turbolento `e proporzionale al coefficiente di dif- fusione dell’elio DHe,0 ad una certa posizione di riferimento (indicata dal pe-

dice “0”) ed inversamente proporzionale ad una qualche potenza della densit`a (n = 2, n = 3, n = 4 sono i casi analizzati in letteratura). La parametrizzazione

7.6`e scelta da Richard et al. in modo tale da minimizzare la riduzione superficiale di litio ad opera della diffusione, e poter cos`ı cercare di riprodurre nel miglior modo possibile le abbondanze misurate dello Spite plateau. La profondit`a di riferimento a cui sono calcolate le quantit`a nell’equazione 7.6 pu`o essere fissata in due modi: tramite densit`a e tramite temperatura. Nel primo caso si fissa il valore di ρ0, e il

coefficiente diffusivo dell’elio DHe,0 viene valutato a quel valore di densit`a, ovvero

DT = f DHe|ρ=ρ0 ( ρ0 ρ )n (7.7) Nel secondo caso si fissa invece una temperatura T0, e le altre quantit`a sono va-

lutate in corrispondenza di quel valore di temperatura; in questo caso anche la densit`a di riferimento `e la densit`a che si trova nel punto in cui la temperatura `e proprio T0:

ρ0 = ρ|T =T0 (7.8)

Il punto di riferimento viene scelto in ogni caso in modo da minimizzare la riduzione di abbondanza superficiale di 7Li ad opera della diffusione prevenendone per`o la

distruzione ad opera delle reazioni nucleari; tenendo conto che il litio brucia a log(T ) ≈ 6.4 gli autori scelgono direttamente la parametrizzazione riferita alla temperatura: DT = f D(He)|T =T0 ( ρ(T0) ρ )n . (7.9)

Per ragioni di semplicit`a computazionale il coefficiente di diffusione dell’elio inoltre `

e approssimato (anche nel mio lavoro) dalla relazione (in cgs):

D(He) = 3.3× 10−15 T

5/2

4ρ ln (1 + 1.125× 10−16T3/ρ). (7.10)

Il coefficiente di diffusione turbolento viene inoltre calibrato in modo tale da essere pi`u piccolo del coefficiente di diffusione alla temperatura scelta. Il coefficiente di proporzionalit`a f ha il suo valore ottimale fissato in letteratura a 400 (Richer et al. 2000, Richard et al. 2001, Richard et al. 2002, Richard et al. 2005, Korn et al. 2007, Mucciarelli et al. 2011), mentre n `e solitamente fissato a 3 per lo studio di ammassi come NGC 6752 (es. Richard et al. 2005); comunque,

Figura 7.1: Andamento dell’abbondanza di litio in funzione della temperatura all’interno di un modello stellare. I profili sono ottenuti includendo la parame- trizzazione turbolenta riportata nell’equazione 7.6; in legenda sono riportati i corrispondenti valori di temperatura T0 (es. T5.5 indica logT0 = 5.5), mentre

gli altri parametri sono costanti. Figura tratta e modificata da Richard et al. 2002.

nel nostro codice evolutivo vario i valori dei diversi parametri, sia per ragioni computazionali (il nostro codice evolutivo `e diverso da quello usato dagli altri gruppi in letteratura, dunque non si pu`o escludere a priori che si debbano usare valori diversi dei parametri), sia per provare a pi`u ampio raggio la gamma di valori possibili per ottenere un accettabile accordo teoria-osservazioni.

In figura 7.1 vediamo gli effetti delle diverse calibrazioni sull’abbondanza teorica di litio all’interno di un modello stellare ottenuto da Richard et al. 2002; i profili sono ottenuti variando la temperatura T0 (il cui logaritmo `e indicato in legen-

da, per esempio T 5.5 significa logT0 = 5.5), mentre i fattori f e n sono costanti

(pari rispettivamente a 400 e 3). Riconosciamo la diminuzione di abbondanza causata dalle reazioni nucleari alle maggiori temperature. Il profilo dovuto alla pura diffusione presenta un massimo ad una data temperatura (corrispondente ad una certa profondit`a nella stella); l’aggiunta del termine turbolento induce al pro- gressivo smussamento di tale massimo di abbondanza all’aumentare dell’efficienza della turbolenza stessa. Notiamo poi che, all’aumentare dell’efficienza turbolen- ta, l’abbondanza superficiale aumenta; superata una certa soglia l’abbondanza esterna torna a calare, segnalando il superamento del livello ottimale di efficienza turbolenta.

La variazione dei parametri precedentemente definiti determina il grado di effi- cienza del rimescolamento turbolento. Un valore pi`u alto di T0 corrisponde ad

un punto pi`u in profondit`a nella stella dove la densit`a `e maggiore, implicando l’aumento del rapporto (ρ(T0)/ρ)3 a parit`a di posizione (e dunque di densit`a).

Il valore di n influisce sulla velocit`a di variazione dell’effetto turbolento al variare del punto nella stella. Date due parametrizzazioni turbolente con diverso indice (n1 e n2) si ha turb1 turb2 = (ρ(T0)/ρ) n1 (ρ(T0)/ρ)n2 = ( ρ0 ρ )n1−n2 . (7.11)

Se n1 > n2 si vede che nelle regioni esterne (ρ→ 0) il rapporto tende alla divergen-

za, mentre diminuisce verso l’interno; viceversa se n1 < n2. Dunque la turbolenza

con minore indice n ha minore effetto nelle regioni superficiali ma estende la zona di rimescolamento nelle regioni interne; anche in tal modo le abbondanze superfi- ciali cambiano abbastanza, come vedremo nei prossimi paragrafi quando saranno illustrati i risultati dei modelli.

In figura7.2 vediamo il profilo di correzione delle velocit`a diffusive ad opera della turbolenza in funzione della profondit`a nella stella (mext `e la massa della shell

esterna al punto considerato). La quantit`a mostrata `e ∆v = −DT∂lnX∂r , cio`e l’ag-

giuta turbolenta alla velocit`a diffusiva di ciascun elemento. Il modello `e di 0.75 M, con [Fe/H] =−1.6, [α/Fe] = 0.3, a 10 Gyr; questi valori sono tipici di quelli che saranno poi usati per confrontare le abbondanze teoriche con quelle osservate. Nelle zone esterne tale termine `e ovviamente nullo, data la presenza di inviluppo convettivo che azzera i gradienti chimici. Nelle zone interne il termine aumenta per poi diminuire a causa dell’aumentare del valore di densit`a (equazione 7.6). Come anticipato, la turbolenza con indice n minore determina un maggiore effetto nella zona interna; a parit`a di esponente e di fattore di proporzionalit`a, l’effetto aumenta all’aumentare della temperatura di riferimento T0.

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