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2. La solvibilità »

2.2. Il problema della sopravvenuta carenza di solvibilità »

Nel diritto romano, non solo quello emergente dal Corpus

Iuris Civilis, i problemi relativi alla insolvibilità del garante so-

pravvenuta dopo la sua assunzione si presentano caratterizzati da

55Cfr. infra, 114 ss.

56Cfr. C.1.4.26.11 = C.3.2.4.3, da leggersi insieme a B.7.6.20 (supra, 43, 46 nt. 87); C.1.3.25.1 (supra, 31); C.10.11.8.7 (supra, 37).

57Cfr. C.1.3.25.1 (supra, 31); C.1.3.32(33).2 (supra, 41); C.1.3.32(33).3 (supra, 32 e la congettura di p. 34 nt. 39); C.12.20.6(2).pr. (supra, 36 nt. 46); C.12.25(26).4.1 (su-

pra, 35); C.12.26(27).2.2 (supra, 36 nt. 46); C.12.29(30).3.pr. (supra, 35).

una certa trasversalità, sollecitando risposte normative in diversi ambiti non solo del diritto privato ma anche del diritto pubblico. Tali problemi affiorano, quanto meno, in collegamento con la sa-

tisdatio legatorum servandorum causa (dove la disciplina risente

chiaramente della distinzione tra insolvibilità iniziale e sopravve- nuta)59, e con riguardo alla divisione dell’azione inter fideiusso-

res60; per quanto attiene al ius publicum, è sufficiente qui ricor- dare il costante orientamento volto a non ravvisare la responsa- bilità del magistrato che avesse accettato garanti nell’esercizio delle sue funzioni, qualora il loro dissesto finanziario si fosse ve- 59Cfr. i seguenti brani del Digesto, che vengono presentati dai compilatori giu- stinianei in stretta connessione sequenziale e logica: D.36.4.3.3 (Ulp. 52 ad ed.): «Si se-

mel fuerit satisdatum, quaesitum est, an etiam rursus cavendum sit, si forte dicatur ege- nos fideiussores esse datos. et magis est, ut caveri non debeat: hoc enim divus Pius re- scripsit Pacuviae Licinianae: ipsam enim facilitati suae expensum ferre debere, quae minus fideiussores idoneos accepit: neque enim oportet per singula momenta onerari eum, a quo satis petitur»; D.36.4.4 (Pap. 28 quaest.): «Plane si nova causa allegetur, ve- luti quod fideiussor decesserit aut etiam rem familiarem inopinato fortunae impetu ami- serit, aequum erit praestari cautionem». Se dunque, sulla base del rescritto di Antonino

Pio ripreso da Ulpiano, il legatario che avesse accettatto fideiussori dall’erede, te- mendo poi di avere compiuto un’errata valutazione della loro solvibilità, non avrebbe più potuto richiederne di nuovi, una soluzione differente si impone alla luce del passo di Papiniano, nel caso in cui si adduca una nova causa, quale l’improvviso e inatteso dissesto finanziario sopravvenuto dei fideiussori: in questo caso, infatti, il legatario può chiedere il rinnovo della cautio. Sui due testi v. praecipue DERUGGIERO, Satisdatio, 117

s. nt. 1; SOLAZZI, Insolvenza, 337 s.

È principio dai tratti generali che il creditore debba sopportare le conseguenze della sua scarsa cautela adoperata nella valutazione della condizione economica del fi- deiussore prima dell’accettazione; l’imputet sibi! risulta, oltre che da D.36.4.3.3, anche da D.46.1.3 (Ulp. 43 ad Sab.): «plane si non idoneum fideiussorem dederit, magis est, ut

satisfactum sit, quia qui admisit eum fideiubentem, idoneum esse comprobavit» (su cui v. supra, 10 e nt. 26). Si veda inoltre il seguente passo, in cui l’effetto negativo per il cre-

ditore ereditario, che ha accettato dall’heres fideiussori non idonei, consiste nel non poter più chiedere la separatio bonorum: D.42.6.1.11 (Ulp. 64 ad ed.): «Item quaeritur,

si satis acceperunt ab eo, an impetrent separationem. et non puto: hi enim secuti sunt eum. forte quem movebit: quid ergo, si satis non idoneum acceperunt? et sibi imputent, cur minus idoneos fideiussores accipiebant»; sul testo cfr. BAVIERA, Commodum, 51 s.;

LEVY, Sponsio, 92 s.; DEMARTINO, Garanzie I, 46 s.; SOLAZZI, Concorso, 64 s. nt. 1;

VOCI, Diritto I, 670 e nt. 13; GIUNTI, Ius, 100 nt. 18; LÓPEZ-BARAJASMIRA, Separatio,

247 s.

rificato successivamente all’acceptio61; a carico del magistrato, tuttavia, v’era il non facile compito di provare in sede proces- suale l’iniziale idoneitas del mallevadore62.

Se passiamo ora a considerare il fideiussor iudicio sistendi

causa, è fondato supporre che l’exsecutor – per altro verso re-

sponsabile nei modi visti nei confronti dell’attore in caso di as- sunzione di un mallevadore non idoneus nel momento (iniziale) dell’acceptio63 – fosse legittimato a chiedere il rinnovo della ga- ranzia al vocatus nell’ipotesi della sopravvenuta insolvenza del garante occorsa dopo l’accettazione. È già possibile argomen- tarlo invero dal generale principio, riguardante le stipulationes 61Cfr., già per il diritto municipale del I secolo d.C., il rescritto contenuto nella

Tabula Vardacatensis (edd. Arangio-Ruiz, Vogliano, in Athenaeum 20, 1942, 3), ll. 10

ss.: «Magistratus qui parum idoneos prades acceperunt cum cavendum esset rei publicae

ipsi obligati sunt. quod si praedes tunc quidem idonei fuerunt cum acciperentur postea vero aliqua ex caussa minuerunt facultates non est fortuna praedum magistratibus impu- tanda»; v. a proposito dell’iscrizione TRISCIUOGLIO, Sarta, 213 nt. 26; in nessun altro te-

sto, a quanto pare, viene affrontato il problema della sopravvenuta insolvenza del ga- rante dato per un credito del municipio (così, ARANGIO-RUIZ- VOGLIANO, Rescritti, 8).

Similmente si configura la responsabilità del magistrato municipale per l’acceptio di fi- deiussori forniti dal tutore nominato per il pupillo: cfr. D.27.8.1.11 (Ulp. 36 ad ed.): «…quod si (scil. magistratus) satis exegit et idoneum exegit, quamvis postea facultatibus

lapsi sint… fideiussores, nihil est, quod ei qui dedit imputetur: non enim debent magi- stratus futuros casus et fortunam pupillo praestare»; ne consegue che lo stesso magi-

strato (e il suo erede), in caso di sopravvenuta insolvenza, non sarà efficacemente ci- tato in giudizio con l’actio subsidiaria dal pupillo: cfr. D.27.8.6 (Ulp. 1 ad ed.): «…si (scil. magistratus) vero cavit et tunc idonei (scil. fideiussores) fuerunt et postea desierunt,

sicut et ipse magistratus probe recusaret hanc actionem, ita et heres multo iustius. novis- sime non alias ait in heredem actionem dandam, quam si evidenter magistratus cum mi- nus idoneis fideiussoribus contrahunt»; su tale passo e sull’actio subsidiaria si possono

consultare: SOLAZZI, Insolvenza, 337 nt. 4; BONFANTE, Corso I, 640; MARTINI, Problema,

104 ss.; VOCI, Responsabilità, 137 ss.; METRO, Denegatio, 120 s.; MACCORMACK, Culpa,

180 nt. 159; D’ORS, Litem, 385 s.; BRIGUGLIO, Fideiussoribus, 122 s.; DICENTAMORENO,

Responsabilidad, 297 ss.; GRELLE, Datio, 430 ss.

62Cfr., in merito alla datio tutoris, D.22.3.11 (Cels. 11 dig.): «Non est necesse pu-

pillo probare fideiussores pro tutore datos, cum accipiebantur, idoneos non fuisse: nam probatio exigenda est ab his, quorum officii fuit providere, ut pupillo caveretur»;

D.27.8.1.13 (Ulp. 36 ad ed.): «Probatio autem non pupillo incumbit, ut doceat fideius-

sores solvendo non fuisse cum acciperentur, sed magistratibus, ut doceant eos solvendo fuisse»; WACKE, Beweislast, 446 nt. 104.

praetoriae, che emerge dal seguente brano di Paolo accolto nel

Digesto:

D.46.5.4 (Paul. 75 ad ed.): «Praetoriae stipulationes sae-

pius interponuntur, cum sine culpa stipulatoris cautum esse desiit»64.

La massima è certamente adattabile anche alla nostra fi- deiussione, dato che, come abbiamo visto, le stipulationes quae

fiunt iudicio sistendi causa appartengono al novero delle stipula- tiones praetoriae (communes)65. Dunque, se viene meno la garan- zia – una causa potrebbe certamente essere il dissesto finanziario che ha colto il fideiussore – non per culpa dello stipulator (trat- tasi nel nostro caso dell’exsecutor), si può chiedere una nuova ga- ranzia stipulatoria, che nel brano viene evocata dall’espressione «saepius interponuntur».

Disponiamo poi di un altro brano di origine paolina (rica- vato parimenti dal libro settantacinquesimo ad edictum) concor- dante con i contenuti di D.46.5.4, ma riferibile con maggiore im- mediatezza alla nostra fideiussio, essendo stato accolto dai com- pilatori nel titolo 2.8 del Digesto:

D.2.8.10.1 (Paul. 75 ad ed.): «multoque magis, si sua vo-

luntate accepit fideiussores, contentus his esse debet. quod si medio tempore calamitas fideiussoribus insignis vel magna inopia accidit, causa cognita ex integro satisdandum erit»66. La frase «multoque magis-debet» sembra contrapporre il caso trattato nel § 1, in cui l’accertamento della solvibilità del fideius-

sor iudicio sistendi causa (fuit: vindex) viene compiuto dall’exsecu- tor (fuit: actor) secondo il suo discernimento («sua voluntate»)67, al caso trattato nel principium del frammento dove lo stesso ac-

64Cfr. sul testo DERUGGIERO, Satisdatio, 117 nt. 1; SOLAZZI, Insolvenza, 336. 65Cfr. supra, 84, in margine a D.46.5.1.pr.-3.

66Per i non pochi sospetti di interpolazioni v. SOLAZZI, Insolvenza, 338 s. 67In effetti, non si può fare a meno di considerare, quale soggetto di «accepit» e di «debet», l’exsecutor litis dato il suo ruolo di assuntore del fideiussor più volte emerso nel corso della presente trattazione.

certamento viene rimesso all’arbiter68. La proposizione conclusiva introdotta dal «quod» può tuttavia essere rapportata (né ve- dremmo ragioni contrarie) sia ai fideiussori approvati dall’arbiter sia a quelli approvati solamente dall’exsecutor. Dalla chiusa del brano quindi si ha una ulteriore conferma del fatto che un tra- collo finanziario («magna inopia») sopravvenuto («medio tem-

pore») del fideiussor avrebbe consentito all’agente notificatore di

chiedere una nuova satisdatio («ex integro satisdandum erit»). La

satisdatio iudicio sistendi causa non presenta pertanto, a ben ve-

dere, una diversa regolamentazione rispetto alla satisdatio legato-

rum servandorum causa69, a causa della comune appartenenza alla categoria delle stipulationes praetoriae,,le quali... «saepius interpo-

nuntur, cum sine culpa stipulatoris cautum esse desiit» (D.46.5.4).