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L’equiparazione al fideiussor solvente «in necessariis per-

2. La solvibilità »

2.3. L’equiparazione al fideiussor solvente «in necessariis per-

sonis»

Nel Digesto giustinianeo sono riportati, o richiamati con di- scorso indiretto, frammenti dell’editto del pretore dai quali ve- niamo a sapere che la regola per cui il nostro fideiussor deve di- sporre di un adeguato patrimonio, in rapporto, come si è visto70, alla qualitas della causa considerata nei suoi aspetti oggettivi e soggettivi, non è priva di eccezioni. Nel caso, infatti, in cui vi sia una relazione parentale, patronale, coniugale o di affinità – pre- ciseremo tra quali soggetti –, o, detto altrimenti usando il lin- guaggio delle fonti, nel caso in cui vi sia una relazione fra neces-

sariae personae71, il vocatus potrà fornire (e l’exsecutor dovrà ac- cettare) un mallevadore anche non solvibile; quest’ultimo, infatti, nel caso di specie dovrà essere valutato e accettato in ogni caso come se disponesse dei requisiti di tipo economico richiesti dal- l’editto pretorio, come se, cioè, fosse un fideiussor locuples («pro

68Su D.2.8.10.pr. v. infra, 126 ss.

69Cfr. praecipue D.36.4.4 (supra, 111 nt. 59). 70Cfr. supra, 105 ss.

71Cfr. D.2.6.3 («…in necessariis personis»). Su ‘necessarius’ come equivalente di ‘propinquus’ v. FERNÁNDEZBARREIRO, Vindex, 401 nt. 38.

locuplete»)72. Vediamo dunque i brani di origine giurispruden- ziale che qui rilevano.

Alla clausola edittale citata testualmente nel titolo 2.8: D.2.8.2.2 (Ulp. 5 ad ed.): «Praetor ait: “Si quis parentem,

patronum patronam, liberos aut parentes patroni patronae, li- berosve suos eumve quem in potestate habebit, vel uxorem, vel nurum in iudicium vocabit: qualiscumque fideiussor iudi- cio sistendi causa accipiatur”»,

corrisponde, invero solo in parte, il contenuto di essa che i com- pilatori hanno voluto ricomporre nel titolo 2.6, coordinando un testo di Paolo con uno di Callistrato:

D.2.6.1 (Paul. 1 ad ed.): «Edicto cavetur, ut fideiussor iu-

dicio sistendi causa datus pro rei qualitate locuples detur ex- ceptis necessariis personis: ibi enim qualemcumque accipi iu- bet: veluti pro parente patrono»;

D.2.6.2 (Call. 1 ad ed. monit.): «item pro patrona liberi-

sve suis vel uxore nuruve. tunc enim qualiscumque fideiussor accipi iubetur»73.

È pacifico poi che l’eccezione prevista per le necessariae per-

sonae riguardava il profilo della idoneitas del fideiussor, né si

apriva certamente la via ad una derogabilità dei restanti requisiti, di capacità e di facile convenibilità in giudizio, richiesti al malle- vadore74. Lo si evince dal «pro locuplete» del seguente testo pao- lino:

72Cfr. ancora D.2.6.3 (infra, in questo §, riportato).

73Abbiamo parlato di corrispondenza solo parziale: il «veluti» esemplificativo di D.2.6.1, del resto, giustifica pienamente l’omissione di taluni rapporti personali (inter- correnti tra il liberto, da un lato, e i figli o i parentes del patrono o della patrona, d’al- tro lato, inoltre tra il pater familias e il soggetto a potestà diverso dai liberi) che sono invece menzionati in D.2.8.2.2: («…liberos aut parentes patroni patronae… eumve

quem in potestate habebit…»).

74Cfr. in tal senso, POTHIER, Pandette I, 145 nt. 2; GLÜCK, Commentario, ad tit. 2.8, § 246, p. 342 nt. 1; ZANZUCCHI, Divieto, 258 nt. 5; FERNÁNDEZBARREIRO, Vindex,

D.2.6.3 (Paul. 4 ad ed.): «quoniam pro locuplete accipi-

tur fideiussor in necessariis personis»75,

e ancora meglio dal commento di Ulpiano alla locuzione edittale

«qualiscumque fideiussor accipiatur»:

D.2.8.2.4 (Ulp. 5 ad ed.). «Quod ait praetor: “qualiscum-

que fideiussor accipiatur”: hoc quantum ad facultates, id est etiam non locuples».

Come al solito, interessa maggiormente qui la portata della regola nel sistema della Compilazione piuttosto che la ricostru- zione dell’originaria clausola edittale, ricostruzione che in pas- sato ha stimolato proposte anche ardite76e diversi sospetti di in- terpolazioni77. Non risulta in verità chiaro se il vincolo di neces-

situdo debba intercorrere tra il fideiussor e il vocatus o tra il vocans e il vocatus78. Per la prima soluzione si esprimeva chiara-

75Sul rapporto tra questo passo e D.2.6.1, tratto invece dal primo libro del com- mentario edittale di Paolo, v. i recenti rilievi, in chiave palingenetica, di MANTOVANI,

Integrazione, 177 nt. 77.

76Il LENEL(EP., 69) assume una posizione piuttosto conservativa rispetto al te- sto che figura in D.2.8.2.2 (elimina solo la locuzione «eumve-habebit», sostituisce ius a

iudicium e, al solito, vindex a fideiussor iudicio sistendi causa); non così lo ZANZUCCHI,

Divieto, 254, per il quale l’originale editto avrebbe avuto il seguente tenore: “ Si quis parentem, patronum patronam, liberos aut parentes patroni patronae, liberosve suos eumve quem in potestate habebit, uxorem nurumve in ius vocatos vindicabit, qualiscum- que sit, ut vindex accipiatur”. Tale formulazione, dalla quale emerge un legame di ne- cessitudo tra il vindex e le diverse categorie di vocati, è stata tuttavia respinta da GUA- RINO, Adfinitas, 65 ntt. 34 e 37, e più recentemente nella sostanza (attraverso la critica

a FERNÁNDEZBARREIRO) da STOLFI, Studi II, 94 nt. 73.

77Cfr. in particolare LENEL, EP., 69 nt. 3; ZANZUCCHI, Divieto, 259 nt. 1; GUA-

RINO, Adfinitas, 65 nt. 38; KASER, Geschichte, 109 nt. 4; WACKE, Actio, 80 e nt. 13;

FERNÁNDEZBARREIRO, Vindex, 398, 402 nt. 42.

78Alimenta dubbi in particolare il commento di Ulpiano alla locuzione della clausola «liberosve suos» ripreso in D.2.8.2.3 (Ulp. 5 ad ed.): «Quod ait praetor “liberos-

ve suos”, accipiemus et ex feminino sexu descendentes liberos. parentique dabimus hoc be- neficium non solum sui iuris, sed etiam si in potestate sit alicuius: hoc enim Pomponius scribit. et filius fideiussor pro patre fieri potest, etiam si in alterius potestate sit. nurum etiam pronurum et deinceps accipere debemus»; ivi in effetti si parla di una relazione pa-

rentale tra il garante (filius) e il convenuto (pater), come sottolinea lo ZANZUCCHI, Di-

mente, a metà del Settecento, il Pothier nelle sue Pandectae79. In tempi a noi più prossimi avanzava una medesima opinione lo Zanzucchi, nell’ambito di un più ampio tentativo di collocare gli obblighi di reverentia fra coniugi nell’età giustinianea; l’Autore, tuttavia, con un certo successo presso la dottrina posteriore80, scorgeva il detto legame tra garante e vocatus solamente in rap- porto all’età classica81, mentre con riguardo all’età giustinianea si mostrava propenso a considerare come necessariae personae le parti processuali82.

In merito alla questione illustrata, credo sia utile dapprima osservare come le argomentazioni addotte dallo Zanzucchi per l’età classica non sempre si confanno all’epoca giustinianea, alla luce di quanto sappiamo in ordine al principium litis del pro- cesso per libellum e in merito al ruolo attribuito all’exsecutor litis in tale fase della vicenda giudiziaria. L’Autore, tra l’altro, chiama in causa:

D.2.6.2 (Call. 1 ad ed. monit.): «…et in eum, qui non ac-

ceperit, cum sciret eam necessitudinem personarum, quinqua- ginta aureorum iudicium competit»,

pro patre fieri potest, etiam si in alterius potestate sit» potrebbe essere un richiamo ge-

nerico alla capacità del filius familias di fideiubere pro patre (v. al riguardo, supra, 101 nt. 25); nel qual caso da tale frase non si potrebbe ricavare alcun elemento utile per chiarire tra chi dovesse sussistere il vincolo di necessitudo secondo l’editto.

79Cfr. POTHIER, Pandette I, 145: «Qui osserveremo soltanto che, sebbene di re- gola sia necessario che il fideiussore sia ricco, pure è da fare eccezione quando trattasi di persone che hanno uno stretto legame con quella per cui prestano cauzione. Infatti nell’Editto si prescrive che il fidejussore, dato per guarentire che comparirà in Giudi- zio, debba essere ricco in proporzione della cosa di cui si tratta; eccettuati i parenti pei quali è ordinato che si accetti chiunque, come sarebbe pel padre, o pel patrono»; sulle

Pandectae in novum ordinem digestae e sul loro obiettivo v. BIROCCHI, Ricerca, 148 s.

Una simile posizione è attribuibile già prima a BARTOLO DASASSOFERRATO(v. qui infra,

nt. 87).

80Cfr. FERNÁNDEZ-BARREIRO, Vindex, 400 ss.; ID., Etica, 82; GOMEZ-IGLESIAS, Ci-

tación, 95 s.

81Cfr. ZANZUCCHI, Divieto, 250 ss., il quale sviluppa un’intuizione del NABER (Observatiunculae, 377); v. anche qui supra, nt. 76.

82Cfr. ZANZUCCHI, Divieto, in part. 258, 261 s., seguito da FERNÁNDEZ-BARREIRO,

e così si esprime: «Se il vincolo di necessitudo…intercede tra con- venuto e vindex – come noi sosteniamo – niente di più facile che l’attore non lo conosca e niente di più naturale che il giurecon- sulto tenga presente questa possibilità. Ma se il vincolo interce- desse tra attore e convenuto in verità non dovrebbe essere facile che l’attore non lo conosca (non conosca che quella donna è sua moglie! che quell’uomo è suo figlio!); e in verità non dovrebbe far poca meraviglia che il giureconsulto abbia pensato a questa ipotesi tanto strana, che par quasi impossibile»83. Orbene, l’even- tualità (lasciata trasparire nel passo di Callistrato con la frase: «cum sciret eam necessitudinem personarum») che colui che com- pie l’acceptio del garante non conosca il vincolo di necessitudo tra

vocans e vocatus non può certo dirsi così peregrina in epoca giu-

stinianea, considerato che chi compie l’acceptio del fideiussor non è direttamente l’attore, bensì l’exsecutor (il quale può ben igno- rare le relazioni personali che legano l’attore e il convenuto)84. D’altra parte, lo stesso tenore della clausola edittale, così come è stata versata in D.2.8.2.2, soprattutto per quanto attiene al rap- porto tra padre e figlio, fa indubbiamente pensare ad un padre nel ruolo di attore e ad un figlio nel ruolo di convenuto («Si

quis… liberosve suos…in iudicium vocabit»)85. Ad eliminare, in- fine, ogni residuo dubbio in merito ai soggetti legati dal vincolo di necessitudo nella visuale dei giustinianei, soccorre la prima parte del brano dei Basilici corrispondente a D.2.6.1-3:

B.7.12.5 (BT 368,20 ss.; Hb 1,299): «To;n ejpi; th`/ para- stavsei ejgguwvmenon eu[poron ei\nai dei` pro;" th;n uJpovqesin, eij mh; suggenei`" eijsin oiJ dikazovmenoi: tovte ga;r oiJosdhvpote ejgguhth;" eij doqh`/ ajnti; eujpovrou ejstivn…»86,

83Cfr. ZANZUCCHI, Divieto, 257 s.

84Dunque in età giustinianea sarà l’exsecutor stesso il legittimato passivo nel- l’azione concessa al vocatus per conseguire la pena di 50 aurei.

85Cfr. anche B.7.14.2 (= D.2.8.2.2; BT 373,12 s.; Hb 1,302): «…kai; o{te ti" kalei` tou;" ijdivou" pai`da"…» (trad. Hb.: …et cum quis liberos suos in ius vocat…).

86Trad. Hb.: Fideiussorem iudicio sistendi causa datum pro rei qualitate locu- pletem esse oportet, nisi litigatores cognati sint: tunc enim qualiscunque fideiussor da- tus fuerit, pro locuplete habetur.

dove è chiaro che il rapporto di suggevneia (cioè, di propinquitas) deve interessare le parti processuali (oiJ dikazovmenoi).

Dimostrato dunque che i congiunti sono il vocans e il voca-

tus, risulta più agevole affrontare la collegata questione relativa

alla ratio della norma di origine edittale. Infatti, una volta re- spinta l’opinione di coloro che (instaurando il vincolo di necessi-

tudo tra garante e vocatus) hanno pensato ad una diminuzione

del rischio che si potesse verificare la contumacia87, non si può, a nostro avviso, che leggere la facoltà riconosciuta ai congiunti del- l’attore di fornire all’exsecutor un fideiussore «etiam non locu-

ples» come uno dei numerosi privilegi88 che segnano, come si è avuto modo di constatare più volte in precedenza, la disciplina della fideiussio iudicio sistendi causa. E si tratta di un privilegio che contribuisce a plasmare con ogni probabilità quei rapporti personali che l’ordinamento giustinianeo, sulla base di valori e regole già formulati in età classica, vuole impostati sul rispetto, sulla reverentia89.

87Lo ZANZUCCHI(Divieto, 258), in riferimento all’età classica e alla luce della sua tesi (cfr. qui supra, nt. 81), osserva: «Il vincolo coniugale o parentale, di affinità o di patronato che esiste tra convenuto e vindex offre all’attore una garanzia morale che può tener luogo della garanzia patrimoniale (facultates) qui non richiesta. Lo in ius vo-

cans può esser certo che il vocatus comparirà, perché il vocatus sa che se egli non com-

parisse l’in ius vocans farebbe condannare e magari imprigionare il congiunto suo che si è prestato come vindex»; similmente FERNÁNDEZ-BARREIRO, Vindex, 400. Ma già in

una prospettiva ben diversa BARTOLO DASASSOFERRATO, Commentaria III, ad gl. ‘Scien-

dum’ (ad D.2.8.15), Augustae Taurinorum 1589, p. 79, accostando D.2.8.15 a D.2.6.1-

2 (e appoggiandosi, se bene abbiamo inteso, su gl. ‘Item pro patrono’ ad D.2.6.2, ed. Venetiis 1621, c. 178), giustificava l’obbligo di accettare una persona non idonea con la cessazione della praesumptio fugae, dando ad intendere che il vincolo di necessitudo dovesse intercorrere tra fideiussor e vocatus.

88In D.2.8.2.3 si parla in effetti di “beneficium” concesso al parens.

89Da più parti (KASER, Geschichte, 109; PUGLIESE, Processo II, 386; v. anche STOLFI, Studi II, 94 nt. 73) si è sottolineata la coincidenza, pur parziale, tra i legami di

natura personale considerati dalla nostra clausola e quelli per i quali l’editto vietava la

vocatio in ius senza l’autorizzazione dal pretore (cfr. Gai. 4.183; praecipue D.2.4.4.1; adde, per l’aggiunta del rapporto liberto-uxor manumissoris, C.2.2.1 [imp. Alex. Sev.,

a. 230]); divieto, questo, che era chiaramente fondato sulla reverentia, sull’honor, sul- l’obsequium dovuti nei rapporti di parentela e di patronato: cfr. al riguardo D.2.4.13;