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Si è tentato in questo capitolo di fare emergere più che altro quelle regole che consentono di tracciare il profilo del fideiussor

iudicio sistendi causa ‘idoneo’, non trascurando la critica testuale

e mantenendo uno sguardo allargato sul sistema giustinianeo, tendenzialmente chiuso, che risalta dalla Compilazione.

A ben guardare il detto profilo è essenzialmente ricostrui- bile alla luce di non pochi brani escerpiti per lo più dai com- mentarii ad edictum dei giuristi severiani: Ulpiano e Paolo130. Ul- Giustino I in esame; infine, la locuzione «viri clarissimi fisci patroni» richiama quel ti- tolo di clarissimus che veniva riconosciuto all’advocatus fisci, attivo presso la prefettura del pretorio, dopo l’uscita dalla carica (v. in merito DERUGGIERO, v. ‘Advocatus fisci’,

129).

La disposizione dell’imperatore Zenone era ricompresa in una più ampia riforma dell’amministrazione giudiziaria, a cui si accenna in Nov. Iust.82.pr. e 1; la re- lativa costituzione doveva essere inclusa nel Codex giustinianeo nel titolo 3.3: cfr. l’e- dizione del KRÜGER, 125 nt. 3 (ad C.3.3.6); in dottrina cfr. BETHMANN-HOLLWEG, Civil-

prozess III, 122 s.; GIFFARD, Études, 244 nt. 4; JONES, Empire I, 501 (= Impero, 720);

diffusamente, LIVA, Ricerche, 186 ss.

129Anche l’espressione «pedaneis…arbitris» allude, a nostro giudizio, ad una funzione riferibile ai «clarissimis eloquentiae luminibus…» (i.e. gli advocati fisci), anzi- ché ad un distinto collegio di giudici (chiamati arbitri pedanei) costituito da avvocati (diversi dagli advocati fisci), come ritiene LIVA, Ricerche, 187.

130Di Ulpiano cfr. D.4.4.7.3; D.46.1.3; D.2.8.7.pr.-1; D.2.5.1; D.2.8.2.pr.; di Paolo cfr. D.2.6.1; D.2.8.8.1; adde di Gaio D.2.8.5.1.

piano, in particolare, occupandosi della figura del vindex «locu-

ples pro rei qualitate» contemplata nell’editto del pretore (sotto il

titolo: De in ius vocando), si era interrogato sul significato attri- buibile a ‘locuples’ in quel contesto, pervenendo alla individua- zione del requisito della facilitas conveniendi131 che è stato poi considerato, come vedremo, imprescindibile nella tradizione ro- manistica; lo stesso giurista, verosimilmente, si era anche dedi- cato al lemma ‘rei’ della locuzione edittale sopra riportata, la- sciando intendere che il parametro per misurare la solvibilità del

fideiussor avesse un carattere composito, segnato, com’era, dal

valore della causa ma anche dallo status giuridico (più che eco- nomico) del convenuto132. Tale incidenza dello status giuridico del reus bene risaltava già nella clausola dell’editto pretorio (col- locata sempre sub titulo: De in ius vocando e tramandataci ancora attraverso i commentarii ad edictum dei giuristi di età severiana) la quale permetteva di derogare al requisito della idoneitas nel caso in cui il vocatus avesse un vincolo di necessitudo col vocans133. I compilatori giustinianei inseriscono tale materiale classico sotto i titoli 2.6 e 2.8 del Digesto dedicati alla cautio iudicio sisti, non apportando sostanziali novità, a quanto pare, in ordine ai re- quisiti richiesti al garante della comparizione, ma limitandosi più che altro a sostituire al vindex la nuova figura del fideiussor iudi-

cio sistendi causa; né particolari innovazioni sono riscontrabili

per quanto attiene all’obbligo del vocatus di rinnovare la garan- zia nel caso di sopravvenuta insolvenza del fideiussor134. Nello stesso titolo 2.8 per altro i commissari giustinianei collocavano un frammento di Paolo (D.2.8.8) nel quale (v. il § 1) il fonda- mentale requisito della capacità di obbligarsi come fideiussor iu-

dicio sistendi causa veniva considerato con specifico riguardo a

talune categorie di persone (mulier, miles, minor viginti quinque

annis), di cui si è sottolineata l’incapacità solo tendenziale135. 131Cfr. supra, 121 s.

132Cfr. supra, 107 ss. 133Cfr. supra, 114 ss.

134Cfr. in merito supra, 112 ss. 135Cfr. supra, 94 ss.

Se poi le Institutiones non sembrano occuparsi dei requisiti richiesti al nostro fideiussore, alcune costituzioni imperiali ac- colte nel Codex, che abbiamo esaminato nel precedente capitolo, ci confermano come le valutazioni operate dall’exsecutor litis circa l’idoneità del fideiussor praesentiae potessero essere ampia- mente condizionate dallo status giuridico del vocatus. Si tratta di ipotesi – differenti rispetto a quelle caratterizzate dal vincolo di

necessitudo sussistente tra le parti processuali, ma pur sempre ri-

spondenti ad una logica di privilegio – in ordine alle quali si ha un’individuazione normativa del fideiussore idoneo che priva l’exsecutor di quel margine di discrezionalità solitamente ricono- sciutogli nel momento dell’acceptio136.

Gli stessi compilatori del Digesto utilizzano inoltre alcuni frammenti giurisprudenziali dai quali si può evincere che già in età classica il giudizio sulla idoneità del vindex poteva essere de- ferito ad un arbiter, datus dal magistrato giurisdizionale, il quale operava in posizione di terzietà rispetto all’attore e il convenuto. Una lettura ex mente Iustiniani di tali testimonianze, orientata da quanto sappiamo sul processo per libellum, induce a ritenere che le controparti in tale fase procedimentale di carattere interlocu- torio fossero piuttosto l’exsecutor e il convenuto; e altre diffe- renze sono senz’altro rilevabili per quanto riguarda l’organo de- legato giudicante, che è identificabile con l’advocatus fisci, in rap- porto alla giurisdizione del praefectus praetorio (Orientis), e con un collegio composto dal vescovo, dal pater civitatis e dal defen-

sor civitatis, in rapporto alla giurisdizione del governatore pro-

vinciale137.

136Le dette leges sono richiamate supra, 110 nt. 57. 137Cfr. supra, 129 ss.

LINEE EVOLUTIVE

NELLA TRADIZIONE ROMANISTICA

SOMMARIO: Premessa. – 1. L’istituto della fideiussio iudicio sistendi causa verso la desuetudine: l’esperienza europea prima dell’età delle codificazioni. – 2. Sviluppi concernenti i requisiti del fideiussor iudicio sistendi causa. – 3. L’idoneità del fideiussore nei codici civili dell’Europa continentale. – 4. Osservazioni conclusive.

Premessa

Nel corso del presente capitolo tenteremo di cogliere le prin- cipali linee di sviluppo riguardanti la fideussio iudicio sistendi

causa nella tradizione romanistica in Occidente e (in minor mi-

sura) in Oriente, assumendo come base di partenza il medesimo istituto così come l’abbiamo visto delineato1 nel quadro della Cautionsordnung di età giustinianea. Ci soffermeremo in partico- lare sulle novità concettuali, riscontrabili nei secoli successivi a Giustiniano, in ordine ai requisiti di idoneità del fideiussor prae-

sentiae. Passeremo quindi a trattare del profilo attuale del fi-

deiussore idoneo in senso generale, alla luce dei principali codici civili europei e delle collegate elaborazioni dottrinarie e giuri- sprudenziali, con una indagine prevalentemente incentrata sul Code Napoléon, sui codici di ispirazione francese (i codici civili italiani del 1865 e del 1942, il código civil spagnolo2), nonché sui

1Cfr. supra, 20 ss.

2Sull’influenza esercitata dal Code Napoléon sul codice civile spagnolo v., da ul- timo, TORRENT, Fundamentos, 300.

codici di area germanica. Avremo così la possibilità di rilevare in quale misura l’esperienza romana maturata in ordine ad un fi- deiussore del tutto particolare, qual era il fideiussor praesentiae, abbia potuto influire sulle moderne legislazioni, che pure non av- vertono più l’esigenza di garantire (con la fideiussione o con altro mezzo) la presenza in giudizio del convenuto3. È la storia di un istituto romano, quello della fideiussio iudicio sistendi causa, che ha, come vedremo, un curioso destino: esso, a partire dal me- dioevo, va incontro ad un progressivo decadimento, ma la sua di- sciplina per certi versi si preserva, operando in campi diversi, dove la prestazione della garanzia fideiussoria si fonda non solo su di un provvedimento giudiziale (s’intende, non diretto ad or- dinare la comparizione in tribunale), ma anche sulla libera deter- minazione delle parti negoziali e sulla legge4.

Certamente esistono diversità, negli elementi strutturali, tra la figura del fideiussor iudicio sistendi causa idoneo romano e quella del fideiussore idoneo dei nostri tempi, ma vi sono altresì indubbie comunanze. Di fronte a queste l’atteggiamento può es- sere duplice: le si possono sbrigativamente liquidare come ana- cronismi privi di una qualsivoglia aderenza al mutato contesto economico-tecnologico5; oppure chiedersi più proficuamente se quelle regole provenienti dal Corpus Iuris Civilis, per la bontà delle ragioni giustificative che le accompagnano, siano ancora meritevoli di essere salvaguardate, magari inserendo alcuni limi- tati adattamenti; tanto più in una fase, qual è quella attuale, dove si nutre la forte aspirazione alla costruzione di un diritto privato 3Residuano tuttavia spazi per fideiussioni giudiziarie con differente finalità: per l’Italia, cfr. MASTROPAOLO-CALDERALE, Fideiussione, 379 s.; quanto alla Germania, la fi-

deiussione è certamente ricompresa fra quei modi di garantire richiamati in ZPO, § 108, I: «In den Fällen der Bestellung einer prozessualen Sicherheit kann das Gericht nach freiem Ermessen bestimmen, in welcher Art und Höhe die Sicherheit zu leisten ist».

4Circa le fideiussioni legali dei nostri tempi e limitandoci all’ordinamento ita- liano, un esempio può essere dato dalle malleverie (bancarie e assicurative) dirette a tutelare l’ente pubblico creditore in materia di opere pubbliche; cfr. in proposito PO- MIATO, Sistema, 409 ss.

comune per l’Europa, costruzione che potrebbe valersi – anche in materia di fideiussione – di una matrice romana condivisa da diversi ordinamenti nazionali6. È inutile dire che la nostra prefe- renza va a questo secondo tipo di approccio.

1. L’istituto della fideiussio iudicio sistendi causa verso la desue-