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In due testi della Compilazione giustinianea si prevede l’e- ventualità che gli exsecutores abbiano a dubitare dell’idoneità del

fideiussor presentato dal vocatus111. Tale dubbio poteva in verità aprire la via ad un procedimento incidentale deferito ad un arbi- tro o ad un collegio arbitrale. Già abbiamo avuto modo di in- contrare l’arbiter ad fideiussores probandos constitutus esami- nando D.4.4.7.3112; vediamo adesso quei frammenti giurispru- denziali che riguardano più da vicino tale ausiliario del magistrato:

D.2.8.9 (Gai. 5 ad ed. prov.): «Arbitro ad fideiussores

probandos constituto, si in alterutram partem iniquum arbi- trium videatur, perinde ab eo atque ab iudicibus appellare li- cet»113;

D.2.8.10.pr. (Paul. 75 ad ed.): «Si ab arbitro probati sunt

fideiussores, pro locupletibus habendi sunt, cum potuerit que- rella ad competentem iudicem deferri, qui ex causa improbat ab arbitro probatos, alias improbatos probat»114;

111Cfr. la locuzione «…vel, si dubitetur, adprobatum fideiussorem iudicio sistendi

causa…» di D.2.8.5.1 (v. supra, 90), nonché l’espressione «Eij de; ajmfisbhtoi`en oiJ

pravktore"…» di C.1.4.26.12 = C.3.2.4.4 (v. supra, 43); si accenna invece ad un atteg- giamento timoroso in D.2.8.7.pr. («…metuat…»; v. supra, 122).

112Cfr. supra, 96. Per un accostamento tra gli arbitri ad fideiussores probandos e i cognitores praediorum menzionati negli statuti municipali di Malaca e di Irni del I se- colo d.C. (T. Malac., capp. 63-65; T. Irn., capp. 63-65) cfr. DERNBURG, Pfandrecht I, 33

nt. 24; RIVIER, Untersuchungen, 67.

113Gaio, a nostro avviso, accennava alla probatio dell’arbiter già nel primo libro del commentario ad edictum provinciale: cfr. D.2.8.5.1 (cit. qui supra, nt. 111). Per il PERROT, Appel, 85 ss., «iudicibus» è compilatorio e avrebbe sostituito il gaiano “recu-

peratoribus”.

114La virgola, che anticipa la frase «qui ex causa-probat» e che le conferisce un senso plausibile, è inserita dal CUIACIO, In lib. LXXV Paul. ad ed., 1384: «Cum potue-

rit, inquit, querela ad competentem judicem, id est, ad eum, qui arbitrum dedit, deferri,

D.49.2.2 (Paul. l. sing. de appell.): «Quaesitum est, in ar-

bitros, qui ad fideiussores probandos dantur, an appellare li- ceat: quamvis hoc casu et sine appellatione quidam putent ab eo, qui eum dedit, sententiam eius corrigi posse»115.

L’inserimento da parte dei compilatori dei primi due brani riportati sotto il titolo 2.8 consente fondatamente di ritenere che i fideiussori, oggetto di probatio, in essi menzionati siano i fi-

deiussores iudicio sistendi causa; d’altra parte D.49.2.2, che sem-

bra ricordare un’antica questione dibattuta tra i giuristi classici circa l’appellabilità delle sentenze degli arbitri ad fideiussores pro-

bandos constituti116, è chiaramente collegabile, quanto ai conte- nuti, a D.2.8.10.pr. Dunque la valutazione se i nostri fideiussori fossero idonei, o meno, poteva essere deferita dal magistrato competente117 ad un arbiter datus118, la cui decisione119 sarebbe

probat, qui scilicet Praetor vel judex competens ex causa improbat ab arbitro probatos, alios improbatos probat. In Florentinis haec male punctis distincta sunt». Poco rilevano

qui, al solito, i rilievi critici diretti a fare risaltare il contenuto classico del brano (cfr. al riguardo SOLAZZI, Insolvenza, 338; RAGGI, Studi, 75 nt. 74).

115Per l’interpolazione della frase «quamvis-posse» cfr. PERROT, Appel, 91 nt. 2; desta sospetti, in effetti, il passaggio dal plurale «arbitros» ai singolari: «eum», «eius». 116Su tale controversia – che vedrebbe Paolo propendere per l’appello, in con- trapposizione ai non meglio precisati quidam, orientati verso la diretta correzione della decisione arbitrale operata (spontaneamente o su informale richiesta della parte insod- disfatta) dal magistrato delegante – cfr. LITEWSKI, Appellation I, 425 s.; VINCENTI, Stu-

dio, 72, 83; ID., Sententiam, 23; non ritiene, invece, di cogliere alcun spunto significa-

tivo per la ricostruzione del pensiero paolino DEGIOVANNI, Giuristi, 96.

117L’espressione iudex competens di D.2.8.10.pr. è, come è noto, tipicamente giustinianea.

118Comune è l’opinione che fosse un arbiter datus e non compromissarius: cfr., non solo con riguardo all’età giustinianea, e in relazione ai tre passi riportati, PERNICE,

Ordo, 146; WLASSAK, v. ‘Arbiter’, 411; RAGGI, Studi, 75 nt. 74; LITEWSKI, Appellation II,

270 nt. 133; PALAZZOLO, Potere, 230 nt. 58; VINCENTI, Studio, 71; PERGAMI, Appello,

348 ss.; GORIA, Ricusazione, 161 nt. 22, 191 nt. 87. V. altresì gl. ‘appellare’ ad D.2.8.9

(ed. Venetiis, 1621, c. 191), su cui PADOASCHIOPPA, Ricerche, 55 nt. 87. Per un diverso

caso in cui il giudizio dell’arbiter sull’adeguatezza dei fideiussori è fondato sul com-

promissum cfr. D.4.8.32.16, su cui si veda TALAMANCA, Ricerche, 7 nt. 14, e GALLO, Sy-

nallagma II, 130 ss.; v. anche D.4.8.25.2 col commento del CUIACIO, In lib. XIII Paul.

ad ed., 296 s.

119Non si tratta in senso proprio di una sententia: cfr. LITEWSKI, Appellation I, 425 nt. 198; ID., Appellation II, 243 nt. 41.

stata impugnabile, tecnicamente, con una appellatio120, dalla parte insoddisfatta davanti al iudex delegante, al pari di una nor- male sentenza del giudice (v. in particolare D.2.8.9); e questo, sia nel caso di una decisione arbitrale asseverativa della idoneitas e pertanto contraria agli interessi dell’attore rappresentati dall’ex-

secutor (v. D.2.8.10.pr.: «…qui [scil. il iudex delegante] ex causa improbat ab arbitro [scil. fideiussores] probatos…»), sia nel caso

di una decisione dell’arbiter che non riconoscesse l’adeguatezza patrimoniale del garante proposto e che fosse dunque sfavore- vole al reus (v. D.2.8.10.pr.: «…qui [scil. il iudex delegante]…alias [scil. fideiussores] improbatos probat»).

Con riguardo a questo procedimento di carattere interlocu- torio è opportuno interrogarsi sull’estensione della valutazione arbitrale. È d’appurare in special modo se l’arbiter fosse chia- mato a misurare solamente l’adeguatezza del patrimonio del fi-

deiussor, oppure se potessero essere oggetto di accertamento an-

che gli altri requisiti di cui abbiamo trattato (capacità speciale,

facilitas conveniendi). Invero la frase «pro locupletibus habendi sunt» di D.2.8.10.pr. farebbe pensare ad un giudizio riguardante

più che altro la solidità economica del garante presentato; altre fonti paiono confermarlo121. Va tuttavia tenuto in conto il brano ulpianeo accolto in D.4.4.7.3 su cui ci siamo sopra soffermati122: in esso, come si diceva, sembra inclusa nel giudizio arbitrale an- che la verifica circa la regolare assunzione dell’obbligazione fi- deiussoria da parte del minore di venticinque anni; un profilo, 120Non pare doversi distinguere in verità tra appellatio in senso tecnico e la que-

rella menzionata in D.2.8.10.pr.: così, LITEWSKI, Impugnazioni, 228; ID. Appellation I,

425 nt. 199; VINCENTI, Sententiam, 23 nt. 43; ma si veda già gl. ‘querela’ ad D.2.8.10

(ed. Venetiis, 1621, c. 192): «id est, appellatio». Contra, tuttavia, RAGGI, Studi, 76 nt.

74; PERGAMI, Appello, 350.

121In C.2.7.25.pr., che esamineremo tra poco, si parla di «arbitris… fideiusso-

rum vires aestimantibus…»; il collegio arbitrale menzionato in C.1.4.26.12 = C.3.2.4.4

giudica dell’adeguatezza economica del fideiussore («…koinh`/ suniovnta eij" taujto; to;n qeofilevstaton ejpivskopon tovn te patevra tovn te e[kdikon th`" povlew" krivnein to;n ajxiovpiston fainovmenon ejgguhth;n pro;" th;n th`" ejnagwgh`" posovthta…»); sul passo v.

supra, 43 ss.

dunque, attinente senza dubbio al requisito della capacità di ob- bligarsi come fideiussore. Aggiungiamo poi che non v’è alcuna fonte, a nostra conoscenza, da cui si possa desumere che gli ar-

bitri ad fideiussores probandos constituti risolvessero dubbi ri-

guardanti la facilitas conveniendi. Dal quadro delineato è possi- bile quindi affermare che il giudizio arbitrale aveva un carattere essenzialmente economico, vertendo sulla adeguatezza del patri- monio del fideiussor in relazione al valore della lite; esso, tutta- via, avrebbe potuto esprimere verosimilmente anche valutazioni di natura giuridica sull’idoneità del fideiussore.

Una lettura dei tre passi del Digesto sopra riportati nell’am- bito dell’intera Compilazione giustinianea pone ancora un pro- blema di coordinamento con la costituzione dell’anno 530 di Giustiniano accolta nel Codex come lex geminata (v. C.1.4.26.12 = C.3.2.4.4), dove, come si è visto, la controversia de idoneitate relativa al fideiussor iudicio sistendi causa veniva deferita ad un collegio arbitrale composto dal vescovo, dal pater civitatis e dal

defensor civitatis123. Se dunque il detto collegio trimembre e l’ar-

biter ad fideiussores probandos (ricordato in D.2.8.9, D.2.8.10.pr.

e D.49.2.2) sembrano avere una medesima funzione, quale rela- zione tra i due organi può essere prospettata? Escluderemmo in- vero un rapporto di identificazione, poiché i passi del Digesto fanno riferimento ad un arbiter al singolare124, mentre un adatta- mento compilatorio degli stessi brani che fosse compatibile con la costituzione di Giustiniano del 530 avrebbe adottato presumi- bilmente il plurale arbitri. Dunque i brani del Digesto che ripor- tano la regola della appellabilità della decisione dell’arbiter non possono essere riferibili al collegio richiamato in C.1.4.26.12 = C.3.2.4.4. Molto più probabile, considerato quel che si è posto in evidenza in particolare alla luce della Collectio Tripartita (van der

123Cfr. qui supra, nt. 121; inoltre, 46 ss.

124Anche in D.49.2.2 il plurale «arbitros» non deve far pensare ad un collegio arbitrale, come è provato dai successivi singolari «eum», «eius»; ad un arbitro, al sin- golare, si riferisce del resto il corrispondente brano dei Basilici 9.1.29 (BT 443,28; Hb 1,429).

Wal-Stolte, 64,8)125, è che il collegio arbitrale di cui faceva parte il vescovo dovesse operare esclusivamente in provincia in colle- gamento con la giurisdizione del praeses, mentre gli arbitri a cui pensavano i compilatori del Digesto fossero quelli inquadrati nell’amministrazione giurisdizionale centrale. Ad essi si accenna abbastanza chiaramente in:

C.2.7.25.pr. (Imp. Iust. A Marino pp.): «Restituendae

sunt clarissimis eloquentiae luminibus sexaginta auri librae, quas sub imperio Zenonis divae memoriae pedaneis deputatas arbitris nec non fideiussorum vires aestimantibus, tamen au- ferendas credidit parca posterioris subtilitas principis, ut iam liberalitate nostri numinis viri clarissimi fisci patroni praefa- tam auri summam sine fraude annis singulis consequantur, ab amplissima tua sede pari lance in utrumque dividendam…»

[a. 519]126.

Veniamo dunque a sapere che l’imperatore Zenone aveva assegnato uno stipendio di sessanta libbre d’oro ai patroni fisci127 per svolgere la funzione di arbitri pedanei ed estimatori del pa- trimonio dei fideiussori presso il tribunale del praefectus praeto-

rio (Orientis)128; inoltre, che il successivo imperatore Anastasio (il

125Cfr. supra, 45.

126Sulla costituzione in esame cfr. gl. ‘Restituendae’ ad h. l., ed. Venetiis, 1621, c. 401 (che chiosa il testo, a quanto pare, con gravi inesattezze); brevi cenni in: BETH- MANN-HOLLWEG, Civilprozess III, 122 e nt. 33; BASSANELLI, Legislazione, 121, 146;

BOULVERT, Advocatus, 24, 28; GORIA, Giustizia, 308 nt. 168; ID., Ricusazione, 191 nt.

87; BARBATI, Iudices, 93 nt. 62.

127Agli avvocati del fisco si riferisce l’iniziale espressione «luminibus»: cfr. gl. ‘luminibus’ ad h.l. (ed. Venetiis, 1621, c. 401); sui patroni del fisco nel basso impero v. JONES, Empire I, 509 ss. (= Impero, 729 ss.).

128La dipendenza dal praefectus praetorio è provata dal dispositivo della costitu- zione che, facendo gravare la spesa sulla “amplissima tua sedes”, non può che riferirsi al destinatario della costituzione, cioè il praefectus praetorio (Orientis – così, pur dubi- tativamente, MARTINDALE, Prosopography II, Marinus 7, 727 –) Marino. Si tenga conto,

d’altra parte, che gli advocati fisci radicati presso la prefettura del pretorio erano due (cfr. C.2.7.10) e la lex dispone che proprio tra due occorreva dividere le 60 libbre d’oro («in utrumque dividendam»); aggiungasi che l’ufficio era annuale (cfr. C.2.7.8; C.2.7.10) e ciò pare nuovamente conforme a quel «annis singulis» della costituzione di

“posterior princeps”) aveva revocato tale provvedimento; e che, infine, l’imperatore Giustino I (autore della costituzione) aveva inteso ripristinare lo stipendio annuale di sessanta libbre d’oro a beneficio dei due avvocati del fisco. Costoro dunque esercita- vano presso i tribunali della capitale, quanto meno quello del

praefectus praetorio (Orientis), anche la funzione di valutatori del

patrimonio dei fideiussores, in qualità di organi delegati129. Sem- bra dunque molto probabile che ad arbitri dati di questo tipo si riferissero implicitamente i compilatori giustinianei accogliendo nel Digesto i frammenti giurisprudenziali (D.2.8.9; D.2.8.10.pr.; D.49.2.2) sopra esaminati.