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Il profilo sociale della partecipazione “a bersaglio”

3.3. Forme

3.3.5. Il profilo sociale della partecipazione “a bersaglio”

Nell'analisi dei processi di partecipazione si ritiene che la prima fase sia quella della comunicazione.

A tal proposito occorre preliminarmente distinguere tra l'informazione, che di per sé si limita a lanciare dei messaggi senza una verifica della ricezione da parte dei destinatari, e la comunicazione propriamente detta, intesa come messaggio che si vuole fare arrivare al destinatario e che implica la codificazione delle risposte possibili. Ovviamente, affinché una comunicazione giunga efficacemente al suo destinatario essa deve essere e uivalente al “target” di chi riceve il messaggio, affinché la comunicazione stessa sia efficace.

Questo acquista maggior rilevanza se il livello di interazione coinvolge il cittadino e la pubblica amministrazione. Se, cioè un ente pubblico vorrà comunicare un progetto di rigenerazione urbana, o di trasformazione urbana, il luogo migliore per la sua presentazione non potrà che essere il luogo fisico interessato al progetto, anche se esistono modalit di “marketing urbano”, curato da uffici pubblicitari con sede distante dal luogo della trasformazione.

Altri fattori da considerare sono poi la natura del mezzo di comunicazione scelto e le caratteristiche dei messaggi comunicati, vale a dire il codice della comunicazione.

Per uesto, nel modello “a bersaglio” occorre ipotizzare una strategia comunicativa “multitarget”, proprio per evitare i rischi che i messaggi lanciati possano tagliare fuori qualcuno o non essere capiti da una fetta della popolazione.

La comunicazione deve essere poi costante durante tutto il processo partecipativo.

Se, infatti, nella prima fase si corre il rischio di escludere qualcuno, per ragioni di natura, sociale, spaziale o temporale (un esempio per tutti: la scelta di un luogo fisico come l'oratorio che, per ragioni confessionali, è impraticabile ai seguaci di altre religioni), nelle fasi successive può accadere che alcuni attori siano passati a livelli successivi di partecipazione, escludendo coloro che, invece, sono rimasti allo stato iniziale.

Ecco spiegato, perché, ad esempio, i leader del quartiere che in principio sono un'interfaccia ideale con il resto della comunità, diventano poi gli unici interlocutori dell'amministrazione, in processi definiti allargati e inclusivi.

Il concetto di animazione, nell'ambito di un processo partecipativo, comprende una gamma di azioni di mobilitazione del territorio in forme di forte valenza espressiva e artistica.

Momenti che incidono sulla popolazione non solo sul piano delle conoscenze, ma su quello delle emozione, dei sentimenti identitari, e di appartenenza al territorio.

È una fase che ha ragione di essere curata per la creazione di eventi, di promozione e di manutenzione di un buon livello di vivacità territoriale locale e il recupero di situazioni sociali di estrema marginalità.

L'animazione può scandire l'inizio, la fase intermedia, la fine, di un progetto di partecipazione urbana.

Poi vi sono anche le iniziative di partecipazione che lavorano ai temi immateriali della città e che, magari attraverso la storia di vita degli abitanti, suggeriscono soluzioni di scenari urbani sostenibili, sempre attraverso la progettazione partecipata.

Altro genere di animazione è identificata nel potenziamento dell'associazionismo locale, o di operatori territoriali che organizzino attività diversificate per gruppi di popolazione, di solito per fasce di età o di interessi. Ciò permette di far sviluppare le comunità e di rafforzare le reti di solidarietà esistenti.

Un limite può essere ravvisato nei costi che occorre mettere in conto per organizzare iniziative di qualità, tante volte sproporzionate rispetto al costo complessivo del processo di rigenerazione. E talvolta il problema rimane quello di non approfondire i problemi del territorio. Resta comunque valida come azione che intensifica i rapporti all'interno della comunità e che rafforza le reti solidali in quello specifico territorio.

In relazione al tema della trasformazione spaziale si possono anche codificare alcuni filoni principali delle attività di animazione.

 animazione socioculturale: promossa da associazioni o enti del terzo settore: promozione di eventi con bambini in rete con le scuole, promozione di eventi sportivi in rete, esposizione con strumenti di animazione, eventi teatrali e festival di quartiere;

 animazione di strada: feste, mostre proiezione di film, discussioni di gruppo su temi specifici, laboratori figurativi e teatrali, intese come attività di prevenzione primaria, atte ad evitare la nascita del disagio, ne individua i sintomi e si rivolge alle fasce a rischio della popolazione;

 animazione socio educativa: è un filone in cui prevale l'intento pedagogico e in cui confluiscono le iniziative pubbliche e del privato sociale, non solo workshop e seminari su temi specifici, ma anche micro iniziative di riqualificazione degli spazi pubblici pensate per educare i cittadini contro il vandalismo;

 animazione sociopolitica: è una forma di promozione di eventi che hanno una finalità promozionale come i festival di partito, le

iniziative ricreazionali e ricreative organizzate dai sindacati. Sebbene siano aperti a tutti, il dichiarato schieramento ideologico funge implicitamente da filtro di selezione del pubblico;

 animazione commerciale: consiste in iniziative di quartiere sponsorizzate dai commercianti come, ad esempio, l'apertura di esercizi commerciali in zone poco vivaci della città per il tramite di mercatini biologici, o mercatini delle pulci. In queste attività spesso i commercianti svolgono il ruolo di “controllori naturali” del regolare svolgimento della vita urbana negli spazi, a livello di sicurezza;

 animazione per lavori di riqualificazione fisica: comprende ricerche di marketing urbano e studi di matrice etnografica per scoprire la storia e l'identità dei luoghi percepita dagli abitanti. L'idea che muove gli interventi di animazione è quella di un cambiamento che faciliti i rapporti dell'individuo con sé stesso, gli altri, il contesto e aumenti il benessere collettivo attraverso la partecipazione attiva dei cittadini.

La consultazione è l'attività indirizzata a recepire l'espressione delle esigenze da parte di gruppi organizzati o no, nonché il monitoraggio dell'opinione pubblica attraverso tipi di inchieste e sondaggi. È una fase indirizzata alla raccolta e alla lettura delle idee, delle azioni, delle attese emergenti dai gruppi sociali più organizzati.

I parametri fondamentali della fase di consultazione sono:

 l'applicazione corretta delle metodologie di ricerca;

 la conoscenza contestualizzata all'ambiente di chi viene coinvolto e l'interpretazione dei risultati di tali informazioni;

 la consultazione accompagni il processo nelle diverse tappe; La consultazione è un campo che va dalla raccolta del sondaggio di opinione a momenti formali di espressione da parte dei gruppi organizzati: spazia, dunque, tra livelli di partecipazione molto diversi in fatto di contenuti.

Nelle esperienze italiane ed europee hanno avuto diversi settori di riferimento. Ricorrono soprattutto le inchieste sui servizi assenti o percepiti come tali perché mal funzionanti, sul target dei fruitori di servizi, sia sulle migliorie del patrimonio di edilizia pubblica, sul desiderio di spazi pubblici aperti e coperti e ancora sulla percezione della sicurezza nel quartiere.

Talvolta è utile conoscere non solo l'opinione di chi viene consultato, ma anche il suo ambiente, con l'obiettivo, da parte delle amministrazioni di stabilire delle priorità che giustifichino la spesa pubblica.

In Italia questo approccio è riscontrabile nelle esperienze di coordinamento tra i servizi sociali, da un lato, e gli attori tecnici della rigenerazione dall'altro.

L'obiettivo resta sempre quello di portare i cittadini a discutere su un unico tema, ad elaborare uno scenario territoriale sia a partire dagli

input dei gruppi già organizzati e rappresentati, sia dalle forme di emersione del bisogno di soggetti tradizionalmente esclusi, raccolte con tecniche ad hoc, osservative o interattive.

L'empowerment è un'espressione con la quale si individua un percorso che consente alle persone, ma anche alle organizzazioni e alle comunità, di acquisire consapevolezza e controllo delle vicende che li riguardano. È un concetto, derivato dalla psicologia, che in sé implica l'essere più competenti, accrescere la propria autonomia ed essere più efficaci e capaci di influire sulle decisioni pubbliche.

“È un costrutto che si esprime a più livelli, implica un senso psicologico di controllo personale o influenza e un interesse per l'effettiva influenza sociale il potere politico e i diritti legali” 1.

L'empowerment aiuta il rafforzamento di poteri diffusi e capaci di rapportarsi al potere, l'autostima personale, facendo emergere la consapevolezza delle proprie possibilità da parte di tutti i soggetti, compresi quelli emarginati, della necessità di manifestare i desideri come rappresentazione dei propri bisogni.

I processi di empowerment puntano a scoprire le esigenze del cittadino attivo, per poi rilanciare la trasformazione dello stato di fatto e che, in esempi concreti, hanno portato gli abitanti a curare i giardini del quartiere, i giovani che hanno incanalato la propria creatività nell'aprire un negozio, arredi urbani concepiti e realizzati dai bambini. Poi si annoverano l'educazione alla prevenzione della criminalità mafiosa, il senso di accrescimento dell'autostima e dell'appartenenza, la conoscenza dei propri diritti e doveri.

Se, dunque, l'empowerment incrementa il senso civico della popolazione, si traduce anche in parametri concreti per le istituzioni che possono manifestarsi in risparmio economico nella gestione dei servizi amministrativi e delle controversie giuridiche.

E il cittadino acquisisce più empowerment, maggiore è la sua partecipazione a decisioni o ad attività significative, in contesti in cui la dimensione spaziale ha un ruolo predominante.

Il successo dell'empowerment dipende dalle sinergie messe in atto dalle altre fasi della partecipazione: la comunicazione, la consultazione e l'animazione e poiché concerne l'accrescimento delle capacità di un individuo, esso è effettivo solo se la decisione assunta porta a risultati concreti e soddisfacenti.

Chiaro che questi dovranno essere in linea con quelli dell'amministrazione, perché, se alla fine del processo, comunque la decisione finale è rinviata o è quella voluta dalle istituzioni non si avrà un effetto di empowerment, ma di disempowerment.

Un caso abbastanza comune che si verifica quando la regia pubblica della partecipazione è debole o assente.

Nelle esperienze europee di rigenerazione urbana, il concetto di empowerment ha assunto diverse declinazioni:

violenza, la microcriminalità, la mentalità mafiosa; azioni per favorire le dinamiche di gruppo, la redazione di ricerche, libri sulla storia del quartiere, giornali e manifesti a cura di redazioni locali;

 di tipo sociopolitico: attraverso la responsabilizzazione di gruppi di persone interessate a praticare forme di democrazia alternative a quella rappresentativa, quanto alla ricostruzione di un rapporto di fiducia con i rappresentanti locali;

 di tipo commerciale e imprenditoriale: attraverso la promozione delle aziende locali, per esempio mettendo in sede le associazioni di commercio d'area;

 di tipo professionalizzante: attraverso progetti di reinserimento di giovani e adulti in progetti di integrazione, educativi, economici, pedagogici;

 di tipo formativo: attraverso corsi professionalizzanti, laboratori pre professionali, iniziative volte a contrastare la disoccupazione, ma anche attraverso micro nidi gestiti dalle “mamme di uartiere”, pre e dopo scuola, attivit di portineria e animazione educativa;

 di tipo edonistico e ricreativo: attraverso le banche del tempo, le giornate tematiche, i workshop a tema, il coinvolgimento delle associazioni sportive nelle attività motorie o in gare di ballo;

 di tipo residenziale: attraverso il reinserimento dell'individuo e del nucleo familiare nel quartiere, basato su fasce di utenza ben individuate, e pensato nel contesto sociale del quartiere stesso. L'empowerment si misura in un incremento di senso civico della popolazione, ma anche, in termini concreti, in soldi risparmiati ogni qualvolta i cittadini si organizzano nell'autogestione dei quartieri, o quando i problemi vengono contenuti e metabolizzati dentro la collettività, senza esplodere in conflitti o controversie giuridiche.

3.4. Strumenti