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3.3. Forme

3.3.2. Il modello “a scala”

Il primo prototipo di modello partecipativo è rappresentato dalla “scala della partecipazione” proposta da Sherry Arnestein nel 1969.

L'intento della Arnestein era quello di chiarire le differenze tra la quota zero della partecipazione, la manipulation, e il top della scala, il citizen control.

Per Arnestein, la partecipazione era un modo per riformare la società, ridistribuendo il potere ai cittadini esclusi dai processi politici ed economici.

Le sue riflessioni erano maturate dall'analisi dei punti di debolezza delle politiche in alcune città americane, dove i cittadini erano invitati a partecipare alla pianificazione urbana e ad avere un ruolo di primo piano della conduzioni dei programmi (Community Action Programs, Model Cities Programs, Public Housing Program, Urban Renewal Federal Programs), con la consapevolezza che la gente doveva essere resa capace di prendersi cura della propria vita nel proprio ambiente. Il primo segmento della scala di Arnestein, individua lo stadio di Non- partecipation nella quale i politici tendono a manipolare le opinioni e i comportamenti degli abitanti, per condurre una sorta di “terapia di gruppo” (secondo livello dei cittadini, piuttosto che un coinvolgimento effettivo.

Il terzo segmento viene definito di Informazione, il quarto di Consultazione, il quinto di Smorzamento, livelli che la Arnestein raggruppa sotto l'etichetta peggiorativa detta Partecipazione di facciata, in cui la comunicazione spesso è a senso unico, e in cui le considerazioni, pur espresse dai cittadini, rimangono a un livello di rito e poco considerate.

Solo gli ultimi tre step della scala di Arnestein individuano i “Gradi di potere dei cittadini” dal sesto segmento, il Parternariato, il settimo, la Delega del potere, l'ottavo, il Controllo da parte dei cittadini.

Si può, quindi, per la Arnestein, effettivamente parlare di partecipazione quando i cittadini entrano in relazione con i detentori del potere, facendo negoziare le proprie scelte tra diverse alternative, e di conseguenza facendo oscillare i valori urbani. La completa delega di gestione si ha, dopo il potere delegato, con il Citizen Control. La differenza tra gli ultimi due segmenti sta nel capire a chi spetta l'ultima parola quando si tratta di decidere o di porre un veto.

Esaminiamo nel dettaglio i livelli di partecipazione della scala di Arnestein:

Non partecipazione.

Nell'assenza di partecipazione, la strategia politica più diffusa è ualificata come “decidi - annuncia - difendi”1. Il decisore agisce

secondo i propri programmi e in isolamento rispetto al mondo esterno, giungendo ad ascoltare i cittadini in una fase molto tarda, quando oramai tutti i parametri fondamentali dell’approccio strategico (obiettivi, mezzi e piano operativo) sono stati fissati. “Il decisore agisce istintivamente secondo meccanismi o percorsi amministrativi che tendono ad escludere l’intrusione di altri interessi. Un modello che riferito sia a uno stato burocratico che a uello uno stato paternalista, se non autoritario. In uno stato altamente burocratico, nell’accezione peggiorativa del termine che si d nel linguaggio comune, travolti da un approccio fondato solo sull’applicazione di procedure, non ci si pone neanche il problema di coinvolgere i cittadini. Molto spesso, in questi casi, nemmeno il decisore sa bene cosa stia succedendo e potrebbe descrivere in termini di razionalità perché si è giunti ad una certa decisione. In un modello di stato paternalista, si potrebbe dire che il decisore suppone di sapere cosa è meglio per il benessere dei propri cittadini. Infine, secondo una terza possibile interpretazione, il decisore sta solo cercando di giungere rapidamente alla decisione con il consenso di pochi altri attori, sperando di non essere “beccato” o di poter poi scaricare il problema della “difesa” a ualcun altro” 2.

Informazione/Comunicazione.

La diffusione delle informazioni presuppone l'avvio di un approccio inclusivo, perché uesto è il primo livello della partecipazione dei cittadini alla gestione pubblica. La dimensione comunicativa è la dimensione principale in cui prende forma e si realizza la partecipazione. Si ha quando il decisore ritiene utile e doveroso aggiornare più o meno regolarmente gli altri attori e i cittadini dell’evoluzione del processo nelle sue diverse fasi e delle scelte che si stanno valutando, prendendo o che sono state prese. Il decisore accetta uindi che vi sia un’intrusione dall’esterno, anche se solo da parte di “osservatori”, senza aspettarne la conclusione del processo. La cessione d’informazioni da parte del decisore ai cittadini è giustificata da un diritto alla trasparenza, dalla volontà del decisore di esporre il proprio lavoro al giudizio dei cittadini. Oltre alla trasparenza, l’informazione rilasciata dal decisore può però essere funzionale a promuovere e stimolare comportamenti, nonché forme di apprendimento, ad esempio per uello che riguarda l’adozione di comportamenti più ambientalmente sostenibili quali la pratica della raccolta differenziata. L’informazione ha cioè la capacit di produrre degli effetti, azioni e reazioni in chi la riceve. La capacità del decisore pubblico di diffondere informazioni significative comporta un aumento della capacità di controllo del processo stesso da parte dei cittadini.

Il decisore, infatti, non può, in uesto caso, mandare all’esterno messaggi non chiari, incoerenti o contraddittori o cercare di manipolare l’informazione per i propri fini perché rischia con il tempo di essere smascherato. Occorre, per l'amministrazione sapere comunicare e fare in modo che le informazioni siano recepite e comprese nella loro interezza dagli attori sociali. Questi tre passaggi costituiscono la chiave per l'efficacia della comunicazione tra ente pubblico e cittadini. Ma anche la comunicazione dal basso, dai cittadini ai decisori è un'importante risorsa nei processi di confronto sociale. Ciò vale di più in un quadro ad ampio spettro in cui la comunicazione, tramite internet, oggi è facilmente accessibile. Se ciò allarga le modalità di reperire le informazioni, non cambia, invece, la regola del sapere comunicare e l'assicurarsi che le informazioni vengano recepite e capite soprattutto se s’intende costruire un sapere collettivo che possa guidare una qualche forma di azione a sua volta comune.

Consultazione.

Con la consultazione entra in gioco l'interazione strutturata su un tema o un problema specifico con un processo di scambio d’informazioni perlomeno bidirezionale (decisore-cittadini) ma spesso multi direzionale tra tutti gli attori coinvolti, in cui, avendo definito un quadro conoscitivo comune del problema e contesto decisionale, si presentano e ascoltano le diverse opinioni in relazione al problema e valutano possibili soluzioni. Il termine consultazione è spesso associato a forme assembleari di confronto e spesso erroneamente e uiparato a uello di “partecipazione” tout-court.

Si tratta in realtà di una modalità particolare di partecipazione che a sua volta ricomprende una varietà di approcci al proprio interno. Riunioni, assemblee, tavoli di discussione, giurie di cittadini, consultazioni via internet, referendum e così via sono tutte forme di consultazione. La particolarità del momento sta nel fatto che il decisore si avvale delle opinioni maturate per definire meglio il problema, per cercare e scegliere soluzioni alternative e costruire consenso. Siamo, quindi, ancora in una fase di top-down, nel senso che la decisione resta in mano al decisore, ma l'uso di sistemi di ascolto e confronto, può contribuire fattivamente all'introduzione di risorse prima sconosciute.

Collaborazione/coinvolgimento attivo.

Con una parziale cessione di potere da parte del decisore, si dà il via a un processo di lavoro comune, sia per la definizione del problema, sia della sua risoluzione. Un'apertura che può derivare dal decisore, ma che può anche provenire dal basso, o da gruppi esterni al processo decisionale che riescono a divenire interlocutori e partecipare al processo. “Il livello della collaborazione e coinvolgimento attiva un’ipotesi di “partenariato” tra tutti gli attori che hanno delle risorse da mettere in gioco. In un rapporto di partenariato, tutti i partner sono

allo stesso livello e hanno egualmente da offrire e scambiare in termini di quantità di risorse”3. Questa categoria riguarda approcci che sono

stati maturati nell'ambito della pianificazione “Advocacy”, secondo metodi di progettazione e pianificazione partecipata maturati in difesa degli esclusi, o anche metodi più imparziali, legata a concetti di “costruzione sociale “ del piano e del progetto.

Autoprogettazione/autoproduzione/autogestione.

Il livello più alto di coinvolgimento prevede idealmente il controllo diretto da parte degli abitanti di tutte le fasi di ideazione, progettazione, produzione e gestione della trasformazione e dei suoi esiti. Si tratta di un livello incentrato sul coinvolgimento diretto nel processo di produzione e trasformazione sia edilizia, sia territoriale. Il dato principale è uindi uello di fare e gestire direttamente la trasformazione fisica, demandandone alcuni aspetti al minor numero di competenze tecniche esterne. “Il concetto di autogestione si applica a molti campi e non solo alla pianificazione e progettazione. Si inserisce in una filosofia che tende a spostare la bilancia della responsabilità e potere di scelta dal settore pubblico o dai promotori di professione agli abitanti, consumatori, utenti finali stessi. In questa prospettiva, muta il ruolo dei tecnici che non rispondono più al settore pubblico o privato ma direttamente ai cittadini. Esperienze di autogestione di spazi ed edifici pubblici, attraverso associazioni o trust specificatamente fondati esistono in molte realt locali, spesso anche con forti radici storiche” 4.

1 In “Le ragioni della partecipazione nei processi di trasformazione urbana”, cit., pag. 17. 2 In “Le ragioni della partecipazione nei processi di trasformazione urbana”, cit., pagg. 17 – 18. 3 In “Le ragioni della partecipazione nei processi di trasformazione urbana”, cit., pag 17. 4 In “Le ragioni della partecipazione nei processi di trasformazione urbana”, cit., pag 22.