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5. Sperimentazione didattica e risultati

5.2. Chi troppo stroppia: riflessioni critiche sui risultati raggiunti

5.2.1. Il raggiungimento degli obiettivi disciplinari

Da un punto di vista generale, posso affermare che il percorso proposto è riuscito nell'ambizione di intercalare, con l’aiuto di una struttura ad incastro, storia mondiale e storia regionale. Le diverse introduzioni, in effetti, sono riuscite a legare in modo soddisfacente i vari approfondimenti al quadro di insieme rappresentato dal percorso dell'argento spagnolo. In questo senso, al di là dell’elevato numero di approfondimenti, gli allievi sono riusciti a non perdere mai di vista il contesto nel quale i vari temi andavano ad inserirsi. Da un punto di vista generale, credo di poter affermare con certezza che essi hanno dunque capito quel che l'argento rappresentava: un simbolo attraverso il quale affrontare la “protoglobalizzazione” che unisce, a partire dal XVI secolo, le varie regioni del mondo.

Molto più complicato è stato invece portare gli allievi a ragionare sulle strutture gerarchiche di questa protoglobalizzazione, come si proponeva di fare la terza domanda del test finale. I brevi estratti dalle risposte degli allievi, raccolti nell’allegato 16, ci forniscono in effetti diversi spunti di riflessione.

Innanzitutto, mi sembra giusto rilevare come, indipendentemente dal raggiungimento degli obiettivi che mi ero posto, l'attività ha sicuramente permesso agli allievi di ampliare il loro orizzonte geostorico, e di interrogarsi in maniera più consapevole su alcuni dei processi chiave che hanno concorso alla formazione del mondo moderno. Gli allievi si sono sforzati di spiegare una problematica complessa (il cosiddetto “miracolo europeo”), sulla quale la storiografia stessa discute ancora senza giungere a conclusioni univoche, e lo hanno fatto argomentando e sfruttando le conoscenze a loro disposizione. Al di là, dunque, del raggiungimento concreto degli obiettivi, ritengo che l'attività sia stata molto proficua.

In secondo luogo, si può notare dagli estratti che quasi tutti gli allievi hanno rilevato l'impatto fondamentalmente negativo della tratta atlantica sull'economia africana.

Decisamente più problematica è stata invece l'analisi della disuguaglianza di prodotto pro capite tra l'Europa occidentale e i due grandi paesi asiatici. In primis, alcuni allievi (a e d) hanno considerato le cifre riguardanti la Cina come “relativamente alte”: se questo non è di per sé sbagliato, è chiaro che un tale approccio ha condotto questi allievi – che pure hanno capito alcuni dei punti centrali del

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percorso svolto – a concentrarsi sulla differenza tra la parabola europea e cinese e la traiettoria seguita invece dal resto del mondo, piuttosto che cercare di spiegare la differenza tra Europa e Cina. Su quest'ultimo punto, molti allievi hanno colto la necessità di uscire dal paradigma di un'Asia sottosviluppata che diventa preda del colonialismo europeo, e in diversi estratti si può notare la consapevolezza dell'elevato grado di sviluppo raggiunto dalle economie asiatiche durante l'Età moderna.

Non essendo tuttavia potuti entrare nei dettagli della “grande divergenza” (siccome il nostro quadro di analisi si fermava al 1750 si è unicamente menzionata l'importanza della rivoluzione industriale nell'origine di quest'ultima), gli allievi si trovavano per così dire “sprovvisti” delle conoscenze necessarie per spiegare il divario tra l'Europa occidentale e le grandi potenze asiatiche. Questo li ha condotti – invece di limitarsi ad un semplice “il divario tra Europa e Cina non può essere fatto risalire al periodo studiato” – ad elaborare spiegazioni che erano per così dire “costruite sulla sabbia” e che, se in alcuni casi si sono rivelate solide, in altri casi risultavano per certi versi decisamente contrarie a quelli che erano gli obiettivi del lavoro.

Si è in effetti notato, in molte risposte degli allievi, una difficoltà di fondo di abbandonare il paradigma dell'espansione europea, anche se quest'ultimo si presenta sotto forme più edulcorate. Risulta in effetti estremamente difficile, per molti studenti, separare concettualmente l'iperattivismo commerciale dispiegato dall'Europa durante l'Età moderna da un effettivo predominio economico esercitato da quest'ultima nei confronti del resto del globo.

Si tratta però, come già detto, di temi estremamente complessi, e la domanda è volutamente posta in modo largo (forse troppo largo): per certi versi, infatti, è ovvio che l’origine dell’odierna ricchezza dell'Europa può essere fatta risalire ai secoli XVI-XVIII (si pensi, ad esempio, al ruolo delle risorse americane). Agli allievi, che si sono sforzati di argomentare sfruttando le conoscenze a loro disposizione, vanno dunque fatti i complimenti. Tuttavia, forza è di costatare che se il flusso d'argento, cui terminale ultimo è costituito dalle grandi economie asiatiche, doveva servire per spingere l'allievo a rimettere in discussione il “primato europeo” durante i secoli XVI-XVIII allora l'obiettivo numero due non è stato totalmente raggiunto.

Rimane da valutare il raggiungimento del terzo obiettivo (è possibile fare la storia del mondo senza perdere di vista la storia europea?). A questo proposito, si è fatto ricorso all'esercizio n.2 del test finale, nel quale si chiedeva agli allievi di definire due importanti concetti relativi alla storia economica europea dei secoli XVI-XVIII. I risultati figurano nell’allegato 18: se gran parte degli

allievi è risultata sufficiente, i risultati sono però tutt'altro che brillanti: se questo sia dovuto alla modalità didattica adoperata (il lavoro di gruppo) o al fatto di aver allargato il quadro di analisi su una scala oltremodo più ampia, allo stato attuale delle informazioni a mia disposizione non posso purtroppo stabilirlo.

Per concludere sugli obiettivi disciplinari, il bilancio risulta molto positivo su alcuni aspetti (l’aver allargato gli orizzonti geostorici degli alunni, l’essere riusciti a trovare un buon “macrotema” sul quale innestare le singole esplorazioni, l’aver spinto gli allievi a riflettere sulle origini della globalizzazione contemporanea, etc.) ma decisamente più sfumato su altri. Proprio su questi punti negativi, devo fare una parziale autocritica: riguardando il percorso a posteriori, mi rendo conto che esso era sicuramente troppo denso e ambizioso rispetto alle tempistiche a disposizione e alle potenzialità dei ragazzi. Si tratta infatti di temi complessi, sui quali la stessa storiografia è in continua evoluzione, e che devono quindi essere trasposti in maniera più sintetica a dei ragazzi di sedici-diciassette anni. Se dovessi ripetere l'attività, manterrei dunque sicuramente l'idea di “sfruttare” il “macrotema” dell'argento spagnolo, ma ridurrei senz'altro sia il numero di “esplorazioni più fini” – che hanno reso il quadro d'insieme troppo denso e complesso – sia gli obiettivi da raggiungere con i ragazzi.