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Il regime giuridico dei “servizi aggiuntivi”.

Se, dunque, il “servizio minimo” costituisce il nucleo forte del servizio pubblico di autotrasporto di linea, avente caratteri non solo soggettivi ma anche oggettivi, espressione del diritto alla mobilità dei cittadini e correlato al livello essenziale delle prestazioni, il “servizio aggiuntivo” ha contorni più sfumati, che sembrano lasciare all’ente locale maggiore discrezionalità nella sua individuazione.

Le uniche limitazioni legislative che si riscontrano nel D.lgs. n. 422/1997 e nelle leggi regionali sono che tali servizi devono essere compatibili con la rete dei servizi minimi, che per il loro affidamento è necessario stipulare contratti di servizio e che e la relativa responsabilità finanziaria è in capo ai soggetti che li istituiscono.

Gli elementi oggettivi del servizi pubblico che faticosamente si sono ricostruiti per il servizio “minimo”, appaiono qui dissolversi.

Certamente, questa opzione normativa costituisce una valvola di sicurezza per il sistema delle autonomie locali che attribuisce loro un’ineliminabile tasso di scelta sull’organizzazione e soprattutto sull’estensione del servizio pubblico, che diversamente verrebbe deciso a livello regionale132.

131 In tal senso, Panzera C., I livelli essenziali delle prestazioni secondo i giudici comuni, in Giur. cost., 4,

2011, p. 3374.

132 Si ricorda, infatti, che l’articolo 14 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni,

dalla l. 30 luglio 2010, n. 122, come sostituito, dall’art. 19, comma 1, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012, n. 135, ha previsto tra le funzioni fondamentali dei comuni l’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale.

Tuttavia, la discrezionalità attribuita agli enti locali non può certo trasformarsi in arbitrio, dato che altrimenti gli stessi confini del servizio pubblico sarebbero lasciati alla mera volontà autoritativa dell’ente133.

Innanzitutto, i servizi “aggiuntivi”, sono pur sempre servizi “programmati”, per cui negli strumenti di pianificazione e programmazione di bacino e comunali, e nei rispettivi procedimenti per la loro adozione, la discrezionalità viene, in parte, consumata.

Inoltre, se gli enti locali, sono autonomi nella definizione delle finalità d’interesse generale da perseguire, questa autonomia deve essere coordinata con le esigenze della tutela della concorrenza, anche sulla base del vincolo comunitario di cui all’art. 117, comma 1, della Costituzione134, per cui vi è la necessità di un’adeguata ponderazione di tutti gli interessi coinvolti nella scelta d’istituzione del servizio135.

Come si è visto, poi, se la nozione dei SIEG non ha portata definitoria, essa può avere funzione delimitativa dell’intervento pubblico.

Tale convinzione è rafforzata dall’omologazione operata dalla Corte Costituzionale tra nozione europea dei SIEG e quella interna dei servizi pubblici locali, poiché entrambe sarebbero riferite a servizi resi mediante un’attività economica intesa in senso ampio, che forniscono prestazioni necessarie nei confronti di una indifferenziata generalità di cittadini136.

Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia137, anche se lo Stato membro dispone di un ampio potere discrezionale circa la determinazione di ciò che considera un servizio d’interesse economico generale, ciò non lo dispensa, quando invoca l’esistenza e la necessità della tutela di una missione di servizio di interesse economico generale, dal vigilare che quest’ultima soddisfi taluni criteri minimi comuni e dal dimostrare che tali criteri sono effettivamente soddisfatti nella specie.

133 Perfetti L. R., Contributo ad una teoria dei pubblici servizi, cit., p. 92.

134 Merloni F., L’assunzione/istituzione dei servizi pubblici (locali) tra ordinamento italiano e comunitario, in Scritti in ricordo di Francesco Pugliese, Napoli, 2010, p. 623.

135 Caia G., I servizi pubblici, cit., p. 986.

136 Corte cost. n. 325 del 2005, in www.cortecostituzionale.it. Per un commento, v. Cuocolo L., La Corte costituzionale “salva” la disciplina statale sui servizi pubblici locali, in Giornale dir. amm., 2011, 5, p.

484 ss; Sabbioni P., La Corte equipara SPL di rilevanza economica e SIEG, ma ammette soltanto tutele

più rigorose della concorrenza, in Giur. cost., 6, 2010, p. 4654 ss.

137 Tribunale primo grado CE, 12 febbraio 2008, C-T289/03, British United Provident Association Ltd.

Si tratta, in particolare, della presenza di un atto della pubblica autorità che investa gli operatori di una missione del genere nonché del carattere obbligatorio di tale missione, inteso nel senso che gli operatori incaricati della missione sono tenuti ad offrire il servizio di cui trattasi rispettando gli obblighi di servizio pubblico che ne regolano la prestazione.

La Corte del Lussemburgo ha precisato che l’assenza di prova da parte dello Stato membro del fatto che tali criteri siano soddisfatti è tale da costituire errore manifesto che la Commissione deve sanzionare, pena incorrere essa stessa in errore manifesto. Inoltre, lo Stato membro deve indicare le ragioni per le quali ritiene che il servizio di cui trattasi meriti, per il suo carattere specifico, di essere qualificato come servizio di interesse economico generale e distinto da altre attività economiche.

Infatti, senza una siffatta motivazione, un controllo, anche marginale, da parte delle istituzioni comunitarie, vertente sull’esistenza di un errore manifesto commesso dallo Stato membro nell’ambito del suo potere discrezionale, non sarebbe possibile.

Alla luce di questa giurisprudenza, la concreta individuazione del “servizio aggiuntivo” dovrà rispondere ai criteri di necessità, proporzionalità138 ed effettività dell’esistenza dell’interesse generale.

Per necessità s’intendono tutti i casi di acclarato fallimento del mercato, determinato dall’assenza di imprese disponibili ad a offrire i servizi alle condizioni previste dal regolatore pubblico; proporzionalità si ha se l’intervento di assunzione del servizio non eccede la misura necessaria alla cura dell’interesse generale; l’effettiva esistenza dell’interesse generale rinvia, infine, alla discrezionalità del decisore pubblico e lo costringe a motivare la sua scelta.

Un illustre ha concluso: “L’amministrazione deve procedere, quindi, ad una prima

individuazione di queste condizioni; deve dichiarare, cioè, in via preventiva, quali servizi debbano essere erogati, con quale qualità, a quali tariffe. Successivamente si devono accertare la situazione di mercato e la disponibilità delle imprese private ad

138 Sul principio di proporzionalità nell’ordinamento europeo e in quello nazionale cfr. Galetta D. U., Il principio di proporzionalità, in Studi sui principi del diritto amministrativo, a cura di M. Renna e F.

erogare il servizio alle condizioni previste. Solo in caso di esito negativo di questa verifica è legittima una decisione di assunzione/istituzione di un servizio pubblico”139.

139 Merloni F., L’assunzione/istituzione dei servizi pubblici (locali) tra ordinamento italiano e comunitario, cit., p. 635.

CAPITOLO 2.

Il trasporto pubblico locale tra servizio pubblico e libertà d’impresa.

1. Il rapporto tra servizio pubblico e diritto di esclusiva nel trasporto pubblico locale. 2. Il servizio pubblico come “rete” o come “sommatoria di linee”: il pericolo della sussidiazione incrociata e del cd. “cream skimming”. 3. L’opzione dell’attribuzione di diritti speciali. 4. L’orientamento del Testo Unico su servizi pubblici locali d’interesse generale e la sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016. 5. Il trasporto pubblico

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