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Dall’obbligo di separazione contabile a quello di divisione societaria?

Come si è visto, la possibile interferenza tra le attività di servizio pubblico e quelle di mercato è stata risolta dal legislatore, sia comunitario che nazionale, tramite lo strumento della separazione contabile tra attività oggetto di contribuzione pubblica e le altre prestate in regime di libertà d’impresa, mentre in qualche caso gli ordinamenti regionali hanno arricchito tale prescrizione con il divieto di utilizzo in attività “di mercato”, di autobus acquistati anche solo in parte con denaro pubblico.

Tale condivisibile approccio è assolutamente neutro circa la qualificazione del soggetto che svolge l’attività di autotrasporto, risultando indifferente se esso sia o meno partecipato dalla pubblica amministrazione.

La dottrina ha messo in luce che la separazione contabile è sufficiente ad evidenziare la misura e la rilevanza dei fondi pubblici attribuiti alla società, nonché la commistione tra

questi e le risorse impiegate per competere nel mercato impedendo ogni investimento in grado di alterarne la posizione rispetto agli altri competitors256.

La sufficienza della separazione contabile è stata, tuttavia, a più riprese messa in discussione dall’AGCM.

L’Autorità Antitrust, con una serie di provvedimenti che costituiscono oramai una prassi consolidata257, ha evidenziato che l’articolo 8, comma 2-bis, della legge n. 287/90 dispone che le imprese, le quali offrono servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, qualora intendano svolgere attività in mercati diversi da quelli in cui agiscono per l’adempimento degli specifici compiti loro affidati, devono agire attraverso società separate.

Inoltre, in base al successivo comma 2-ter, la costituzione di società e l’acquisizione di posizioni di controllo, in società operanti nei mercati diversi di cui al comma 2-bis, sono soggette a preventiva comunicazione all’Autorità.

Nel caso dunque in cui una società svolga oltre ai servizi di interesse generale di trasporto pubblico locale di linea anche servizi in regime di libero mercato soggiacerebbe al regime di cui ai commi 2-bis e 2-ter dell’art. 8 della l. n. 297/1990. In merito all’argomentazione addotta dalle società oggetto d’indagine, secondo le quali l’articolo 8 della legge n. 287/90 sarebbe inapplicabile al settore del TPL in quanto norma generale derogabile dalle norme speciali di settore che prevedono solo la separazione contabile, l’Autorità ha osservato che ai sensi di quanto disposto dalla normativa nazionale vigente in materia di TPL, in particolare il Decreto Legislativo n. 422/97, i servizi di trasporto pubblico regionale e locale – con qualsiasi modalità effettuati e in qualsiasi forma affidati - sono espressamente individuati e disciplinati quali “servizi di interesse economico generale”; conseguentemente, le imprese che li prestano risulterebbero soggette agli obblighi di cui al citato articolo.

256 Cammelli M., Dugato M., Le società degli enti territoriali alla luce dell’art. 13 del D.L. n. 223/2006,

in Studi in tema di società a partecipazione pubblica, a cura di M. Cammelli e M. Dugato, Torino, 2008, p. 348.

257 AGCM provv. n. 24878, del 9 aprile 2014, “SP151 - A.IR autoservizi irpini-servizi di trasporto interregionali di competenza statale”; n. 24889 del 16 aprile 2014 “SP131 – “Consorzio Prontobus- Arpa”; n. 25322 dell’11 febbraio 2015 “SP153 - Viaggi Di Maio-Servizi di Trasporto e di Noleggio; n.

26252 del 22 novembre 2016 “SP158 – Alilaguna – servizi di trasporto pubblico locale nella Laguna di

Venezia”. Il G.A., peraltro, sull’interpretazione dell’art. 8, comma 2-bis, della l. 287/1990 non si è

espresso, annullando talvolta i provvedimenti dell’AGCM ma per errores in procedendo, v. in tal senso T.A.R. Lazio, 04.07.2011, n. 5843,

Secondo l’AGCM priva di pregio risulterebbe altresì l’asserita presunzione di “cedevolezza” della norma nazionale rispetto alla specifica disciplina comunitaria in materia di TPL che, in base al regolamento (CE) 1370/2007, impone la misura della separazione contabile fra attività compensate e soggette ad obblighi di servizio pubblico ed altre attività.

A tale riguardo l’Autorità ha osservato che il legislatore nazionale non ha inteso sottrarre il settore in questione dall’applicabilità delle disposizioni di cui all’articolo 8, commi 2-bis e 2-ter, che hanno portata generale e risultano applicabili a tutti i settori economici.

D’altra parte, la norma nazionale di cui all’articolo 8, comma 2-bis, non si pone in contrasto con l’obbligo di separazione contabile previsto dal Regolamento comunitario n. 1370/2007 come una delle misure necessarie in materia di TPL.

L’articolo 8, infatti, prevede un obbligo “rafforzato” di separazione societaria che risulta pienamente compatibile con l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale in materia di servizi pubblici locali, secondo cui è legittimamente concesso al legislatore statale di imporre misure pro concorrenziali di natura trasversale e maggiormente rigorose di quelle previste da norme di armonizzazione comunitaria (Corte Costituzionale, sentenza n. 325/2010).

L’impostazione interpretativa seguita dall’AGCM, ha escluso dall’ambito applicativo dell’art. 8, comma 2-bis, le imprese che esercitano la gestione di servizi d’interesse economico generale ad esito di una procedura ad evidenza pubblica, ciò al fine di evitare che l’obbligo della separazione societaria sia dovuto nei casi in cui il rischio della sussidiazione incrociata non sussiste dato che il mercato è aperto alla concorrenza. Di diverso avviso il Tribunale di Napoli, Sez. imp., Ord. n. 15344 del 22 settembre 2014258, che sulla medesima vicenda ha respinto un ricorso cautelare ante causam ex art. 700 c.p.c. proposto da un’impresa concorrente, volto a inibire lo svolgimento di servizi di trasporto autorizzati in assenza di separazione societaria.

Il G.O. ha evidenziato che sotto il profilo soggettivo la società resistente non gestiva servizi d’interesse economico generale per disposizioni di legge, ma svolgeva servizi minimi di TPL sulla base di contratti di servizio.

La disposizione del comma 2-bis richiede che l’impresa operi per disposizioni di legge, il che farebbe capire come non sia sufficiente un generico richiamo normativo alla fonte contrattuale, ma sarebbe necessaria una disposizione che precisamente individui il gestore dei servizi di interesse economico generale.

Secondo il Giudice partenopeo, del resto, un’interpretazione lata della disposizione come quella operata dall’AGCM, avrebbe l’effetto di produrre un’incontrollabile proliferare di società a partecipazione pubblica con impatto negativo sulla finanza pubblica ed in contrasto con lo spirito e la ratio della normativa comunitaria in tema di mera separazione contabile.

Sul tema è intervenuto il legislatore con l’art. 6 del D.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”.

L’art. 6, comma 1, dispone infatti che: “le società a controllo pubblico, che svolgano

attività economiche protette da diritti speciali o esclusivi, insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato, in deroga all'obbligo di separazione societaria previsto dal comma 2-bis dell'articolo 8 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, adottano sistemi di contabilità separata per le attività oggetto di diritti speciali o esclusivi e per ciascuna attività”.

La norma si applica a tutte le società pubbliche, ha il paradossale l’effetto di introdurre un’immotivata disparità di trattamento tra imprese a partecipazione pubblica e imprese a proprietà privata, anche in contrasto con il principio comunitario di neutralità della proprietà, di cui all’art 345 TFUE. Si tratta dell’ennesimo disallineamento del legislatore italiano rispetto a quello europeo che rischia di creare situazioni palesemente discriminatorie a favore delle imprese a partecipazione pubblica.

Come si è visto, l’idea di trasporto pubblico considerata nella sua sincreticità e complessità, come insieme di servizi che possono essere prestati, ora in regime di servizio pubblico, ora in regime di libero mercato, può essere economicamente credibile soltanto se si consente ad un unico soggetto, la società, di fare da centro di programmazione e gestione dei diversi servizi e di sfruttare in questo modo, le economie di scala, di scopo e di densità che derivano dalla loro gestione unitaria. L’obbligo di divisione societaria è in questo senso troppo penalizzate per i soggetti privati, che come sopra sì è visto sono spesso piccole imprese, ai quali la norma impone sostanzialmente di scegliere tra un’attività di servizio pubblico e quella di mercato.

Per le società a partecipazione pubblica, invece, il semplice obbligo di separazione contabile previsto dal Testo Unico consente loro di avere una flessibilità tale da fagocitare i segmenti di mercato del trasporto collettivo di persone lasciati alla libera concorrenza, per cui si rischia il paradosso di una “pubblicizzazione” di un mercato come quello del noleggio con conducente e dei servizi autorizzati in cui storicamente i piccoli imprenditori privati hanno avuto una significativa presenza.

3. La parabola delle società a partecipazione pubblica nel trasporto pubblico

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