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Le lettere che Cecchi scrisse al marchese Sardini tra il 1790 e il 1795, confermano il suo rientro in patria. Nell'ottobre del 1790 il pittore inviò una lettera al nobile scrivendo:

Mi vien differito ancora di qualche giorno il desiderato momento di rivenire alla Pieve, atteso che anche venendovi non potrei occuparmi per mancanza dell'azzurro oltremarino terminato nella figura della Signora Eleonora Bernardini; è ben vero però che senza di questo colore posso dipingere nel quadro di famiglia attesi gli accessori e di campo ed altre cose in cui non vi occorre, ma nel suo Ritratto non se ne può fare a meno, onde avendo tanto il nobil signore Carlo quanto io scritto a Roma dell'ordinario scaduto a Tofanelli, si spera che l'avremo fra otto giorni circa. E allora senza indugio alcuno sarò alla Pieve nel tempo stesso a vedere ciò che mancherà al ritratto della Distintissima Signora Teresa. Il tempo che vienmi accordato è di solo giorni otto, ed io farò il possibile di sbrigarmi in quel tempo298.

La Pieve ha cui fa riferimento Cecchi è ovviamente la Pieve di Santo 298) ASL, Sardini 141, lettera n. 210, 30 ottobre 1790.

Stefano, dove si trovava la dimora di campagna del marchese Sardini, che il pittore era solito frequentare durante il suo soggiorno a Lucca. Durante questo periodo eseguì dei ritratti per alcuni esponenti della nobiltà, una delle sue committenti fu proprio la moglie di Sardini, Teresa. Il Cecchi, una volta terminati i colori, se li faceva spedire direttamente da Roma. Una delle commissioni che ebbe in questo periodo fu quella che gli venne proposta nel 1792 da Chiara Garzoni. Al pittore fu chiesto di eseguire un disegno del giardino e della villa di Collodi appartenente alla famiglia Garzoni. La villa era una tra le più maestose tra quelle edificate nei territori della lucchesia e possedeva uno spettacolare giardino che veniva così descritto da Eugenio Lazzareschi:

La scena architettonica di un vero teatro floreale, digradante a verdi terrazzi, archeggiato a nicchie colme di procaci deità, e spartito da una doppia scala marmorea, offre la villa di Collodi presso Pescia, che chiude con una visione di bellezza naturale ed artistica la rigogliosa magnificenza del ferace piano della Lucchesia. Il giardino del castello dalle cento finestre aperte sulla ridente Val di Nievole, fu costruito nel 1780 da Romano Garzoni sui disegni del bizzarro patrizio lucchese che fu Ottaviano Diodati: il quale vi profuse la fantastica originalità del suo genio di architetto, di musico, di poeta. La fama di questo hortus deliciarum, spiegato fra piano e monte come un immenso scenario di prodigioso effetto coreografico, andò tanto lungi che ne fu richiesta la copia nel 1792 dal re di Polonia Stanislao II Poniatowski per i suoi giardini di Varsavia299.

Paolo Lodovico, unico erede della famiglia Garzoni, nel 1792 si trovava a Varsavia a seguito di un gruppo di ambasciatori lucchesi. Durante la sua permanenza nella città entrò nella corte del Re di Polonia Stanislao II, il quale, conoscendo le proprietà del Garzoni come le più belle della Toscana, gli chiese espressamente di poter avere una copia o un disegno della Villa di Collodi e della campagna 299) Lazzereschi 1931, p.344.

circostante. Così il Garzoni scrisse alla madre in una lettera del 7 marzo 1792:

Domenica passata trovandomi a cena con il Re, SM mi domandò nella maniera più graziosa e obbligante se avessi potuto procuragli una stampa o un disegno della mia Villa, sapendo d'essere una delle più belle d'Italia. A S.M. Fu da me replicato che stampe della villa non n'esistevano, ma non credei poi dovergli far gran difficoltà sulla possibilità di fargliene avere un disegno.

La signora Garzoni cercò a lungo un pittore a cui affidare l'opera e il 14 maggio faceva sapere al figlio per la prima volta il nome dell'artista al quale pensava di affidare il lavoro:

si pensa al disegno della Villa ma vedo anderà in longo di mesi particolarmente se doverà farlo il Cecchi (Francesco) non sapendo a chi altri ricorrere, perchè altri Forestieri che si aveva in vista non riesce farli venire anche con non leggiera spesa, perchè tutti sono occupati. Vi vorrebbe un Architetto, ma qui non vi è che sia capace300. Il 27 di quel mese il Cecchi si recò a Collodi per vedere se può impegnarsi a fare il noto disegno, il quale anderà facendolo molto in longo avendo de' preventivi impegni301. Solo il 3 giugno la signora

Chiara fu in grado di assicurare il figlio del preciso incarico preso dal Cecchi, il quale iniziò il suo lavoro a novembre. Paolo Garzoni intanto inviò alcune note alla madre su come far eseguire il disegno:

crederei che l'unico modo di far bene la stampa fosse di dividerla in due: nell'una delle quali fosse rappresentato il Giardino non in perfetta prospettiva ma un poco inclinato, e posta nella carta più strada al piede, e più campagna intorno che fosse possibile; nell'altra fosse rappresentata la casa, questa pure non posta nella carta in 300) ASLu, Archivio Garzoni filza 100 n. 279.

perfetta prospettiva, ma voltata, mostrando più fianco nella parte del bosco, e più bosco e più ponte al bosco, e simili parti che fosse possibile. L'idea come l'ho io in mente sembrami farebbe un buon effetto, ma credo difficile ne sarebbe l'esecuzione302.

In effetti non fu facile per il Cecchi portare a termine questa commissione, ne scriveva anche al marchese Sardini esponendogli i suoi dubbi già nel novembre del 1792:

Dopo molto tempo alla fine che io sono a Collodi questa sera soltanto obbedisco al forte impulso che provo da molte sere di scrivere a vostra illustrissima, mille distinti saluti le invio per parte della Signora Chiara, la quale dice aver particolare stima e inclinazione a lor signori, e fra le altre una volta parlando della sua distinta persona e della sua maniera di scrivere ed operare, disse prontamente il Signor Jacopo fa ogni cosa bene, e lo replicò più volte. Dell'impegno che ò intrapreso ne parlerò in seguito, essendo per me arduo a differirle molto, attesa l'improbabilità di vedersi a buon punto la veduta del Giardino, e la camera ottica e qualunque altro aiuto per me li stimo poco opportuni, perchè non si può veder tutto; e volendosi veder tutto allora non fa buon effetto, e si vedono le cose senza distanza, che credo esser l'anima della prospettiva303.

Questa commissione lo tenne occupato per circa sette mesi, come ricaviamo da una lettera inviata nel marzo del 1793 al Sardini:

Tra oggi e dimani ultimerò il disegno del giardino: cosa sarà riuscito non so, soltanto dico che vi ho faticato moltissimo e molto sofferto ancora; vi sono delle cose che non mi contentano, ma che possono rimediarsi quando lo tradurrò in più pulito. Se fosse fattibile avrei molto desiderato farglielo vedere prima di qualunque altro, ma non essendo mi convien pazientare304.

302) ASL, Archivio Garzoni. Filza 100 n.56

303) ASL, Sardini 141, lettera n. 211, novembre 1792 304) ASL, Sardini 141, lettera n.212, 22 marzo 1793.

L'esecuzione del disegno fu molto gravosa per il Cecchi e snervante per la sua committente che faceva sapere al figlio il Cecchi è sempre a Collodi per quel benedetto disegno, e Dio sa quando sarà ultimato. Non poteva certo prevedersi dovesse esser un'operazione tanto longa305. Ma infine il risultato superò le aspettative, tanto che Chiara

Garzoni scrisse a Paolo Lodovico, allora residente a Londra: L'opera è bella e faticata e il Giovine è ottimo, e corrispondentemente bisognerà soddisfarlo306.

Il pittore rimase in Toscana fino alla primavera del 1795, come riferiva l'Abate Jacopo Chelini, testimone e cronista dei grandi rivolgimenti che investirono la città di Lucca nel periodo a cavallo tra Sette e Ottocento, nel suo Zibaldone lucchese: "è partito per Roma, dopo vari anni di dimora in Lucca, Francesco Cecchi abilissimo Pittore. Ha dipinto in questo tempo molti Ritratti a dame, e cavalieri con grandissimo credito e applauso. Il prezzo di un ritratto semplice, vale a dire la sola testa era di Zecchini n.6. La testa con mezza vita Zecchini 8 e più o meno a seconda della grandezza e della storia che si voleva nel quadro. Nel tempo della sua dimora a Lucca disegnò ancora in acquarello tutto il Prospetto del Giardino, e Palazzo della Villa di Casa Garzoni a Collodi"307. In un altro manoscritto dove si

riconosce la grafia dell'Abate Chelini questi di nuovo si esprimeva in termini favorevoli riguardo ai ritratti realizzati dal pittore, "riusciti eccellenti essendo egli un Giovane di grande abilità"308. Un ulteriore

segno dell'apprezzamento del Cecchi in questo genere viene dalla testimonianza di Giacomo Sardini che in una lettera indirizzata ad un corrispondente non indicato scriveva:

Mi obbliga la memoria che V.E. Conserva della mia cara Genitrice la quale venne a mancare sotto i di lei occhi in Vienna, prima che io qui avessi potuto conoscerla. Il pregiatissimo signore mio amico Abate 305) Ibidem n.322.

306) ASL, Garzoni 99, n.330, Il disegno è oggi a Lucca in collezione Poschi Meuron. D.Corsi 1963, pp.84-110.

307) ASL, Sardini, 158, 1762-1798, c.170.

Vecchi ripieno tuttora per una costante venerazione di vostra eccellenza mi passò il comando del piccolo ritratto ed io fattolo copiare da Francesco Cecchi, uno scolaro del Mengs, l'avrei prima indirizzato a Venezia, se il signor Abate Lena non si fosse voluto assolutamente formare un merito presso di me della esatta custodia di esso fino alle mani dell'eccellenza Vostra, avrei desiderato che i due miei originali di Mainens (Martin van Meytens pittore svedese attivo per la corte imperiale di Vienna) rappresentanti la stessa mia Madre fossero stati fatti più somiglianti, non avrei allora dovuto qui rintracciare un altro in miniatura presso la Dama Parensi col dispiacere poi di non essersi col disegno potuto giungere assai felicemente alla dimostrazione del vero309.

Il rientro in patria forse deluse Francesco Cecchi e non accontentò la sua sete di commissioni, poichè decise di non fermarsi nella città natale ma fece ritorno a Roma nel 1795 per riallacciare i rapporti con artisti e committenti della capitale.

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