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2.5 Traiettorie di emancipazione

2.5.2 Il risveglio delle coscienze

Prima che il neofemminismo formuli la teoria sulla differenza sessuale, il percorso di

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Papa Paolo VI, Humanae vitae, lettera enciclica del sommo pontefice alla regolazione della natalità, Libreria S. Vittore, Varese 1968.

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costruzione identitaria si snoda per le donne lungo un sentiero solitario, insidioso, privo di riferimenti culturali e che rivela fin da subito la scarsa utilità del dialogo intersessuale. Il più delle volte, infatti, tale confronto è viziato da pregiudizi sui ruoli di genere che rendono impossibile una soluzione pacifica della sottomissione sociale, culturale ed economica imposta alle – e generalmente accettata dalle – donne. Nella seconda metà del decennio, l’impossibilità di relazionarsi alla pari con l’altro sesso si rafforza proprio all’interno di ambiti culturali in apparenza più progressisti. Basti pensare ai collettivi studenteschi che mentre rivendicano il rifiuto della struttura sociale data, della politica delegata, delle sue forme di organizzazione partitiche e statali, sono ben lungi dal mettere in discussione la sua intrinseca gerarchia sessista.159 Proprio perché enfatizzano le aspettative di una generazione ardente di cambiamento, la marginalizzazione delle donne nei collettivi acuisce la frizione tra i sessi. L’impossibilità di uguaglianza effettiva porta le donne a solidarizzare tra di loro, a discutere sulla propria condizione e a ricercarne le motivazioni.160 I gruppi femminili che ne derivano corrispondono a una mobilitazione di ben più ampia scala che a livello internazionale assume una precisa fisionomia già diversi anni prima.161 Già nel 1966 Betty Friedan istituisce il National Organization of Woman (NOW), fondendo i vari gruppi di attiviste, mentre in Inghilterra Juliet Mitchell dà vita a un movimento analogo e pubblica Donne. La rivoluzione più lunga, uno dei capisaldi teorici del femminismo. Tentativi questi che non avranno un immediato sbocco in Italia, arroccata fin sul finire

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V: P. Ortoleva, I movimenti del ‘68 in Europa e America, Editori Riuniti, Roma 1988; N. Balestrini, Nanni; P. Moroni, L’orda d’oro, 1968-1977. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed

esistenziale, Feltrinelli, Milano 2007; B. Cartosio, I lunghi anni Sessanta: movimenti sociali e cultura politica negli Stati Uniti, Feltrinelli, Milano 2012.

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A Roma, la scissione interna è siglata nel 1968 dal ciclostilato elaborato dai collettivi femminili dell’università che recita: «sono i compagni stessi di lotta che non conoscono la portata dell’emarginazione della donna dal suo ruolo storico e produttivo, che non vedono la sacca di sottosviluppo e la sua funzionalità al sistema capitalistico in cui è relegata la donna, che non avvertono il ghetto economico e ideologico che essi contribuiscono a perpetuare, e che fa della donna il naturale alleato del sottoproletariato e del negro, un potenziale eversivo enorme, che ben poco ha da perdere se non la sua schiavitù “dorata”, ma che anche per la sua condizione sottoproletaria, ideologicamente instabile, è la più importante massa di manovra del sistema» Ciclostilato, in G. Parca, L’avventurosa

storia del femminismo, Mondadori, Milano 1976, p. 123. A Trento, invece, viene istituito il Cerchio

Spezzato, gruppo autogestito di donne fuoriuscite dalla sinistra e impegnato nell’analisi marxista di tutti i meccanismi e condizionamenti dell’economia capitalista, considerati responsabili dell’oppressione femminile.

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V: E. J. Hobsbawm, Age of Extremes. The Short Twentieth Century 1914-1999, Michael Joseph, London 1994, trad. it., Il secolo breve, 1914-1991, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 2007. Per un approfondimento sullo sviluppo dei movimenti femministi negli Stati Uniti si veda: F. Davis, Moving the

Mountain: The Women's Movement in America since 1960, University of Illinois press, Urbana e Chicago

72 del decennio sulla linea politica indicata dall’UDI.

Proprio sulla spinta delle rivendicazioni d’oltreoceano e delle mobilitazioni europee vengono istituiti il Movimento di Liberazione della Donna (Mld) voluto dal Partito Radicale e il Fronte Italiano di Liberazione Femminile (Filf), ispirato al femminismo americano e impegnato prevalentemente sul terreno dei diritti civili e legislativi.162

Nonostante l’impatto che il movimento studentesco ha sull’evoluzione artistica e critica di quegli anni, è difficile cogliere ricadute dirette sulle neoavanguardiste. La risposta estetica alle mobilitazioni studentesche si rintraccia nell’adozione di comportamenti anti-artistici, tesi a rivendicare per l’arte una funzione sociale e a denunciare il sistema borghese della mercificazione degli oggetti.163 Si lotta essenzialmente contro il sistema arte, in quanto mondo chiuso nelle proprie logiche e nelle proprie sacralità istituzionali, mosso soltanto da esigenze mercantilistiche, contro la necessità di ricerca e sperimentazione propria del linguaggio artistico. Vanno modificandosi i rapporti tra artisti e mondo dell’arte, prende forma la consapevolezza dell’inutilità sociale e politica del fare arte dentro le gallerie, a favore dell’uscita dai luoghi di potere, di azioni collettive, di processi condivisi. L’artista deve rivedere il suo ruolo, ripulirsi dalle sovrastrutture della cultura borghese e adottare nuove pratiche di coinvolgimento del pubblico. Muovendosi nel cuore di questa rivoluzione, sicuramente le artiste si assicurano un maggior margine di manovra. Ciò le induce ad avviare – più o meno inconsapevolmente – un’indagine introspettiva, a trasporre sul piano estetico la memoria del proprio vissuto e a cimentarsi in nuove forme d’intermediazione col pubblico; con il risultato di accentuare il taglio di genere della loro produzione.

Tuttavia i movimenti artistici condividono con i collettivi studenteschi anche la volontà d’ignorare l’asimmetria sessuale da cui nascono e che alimentano. Le donne, dunque, continuano a occupare una posizione complessivamente meno rilevante rispetto a quella dei loro colleghi, a subire pregiudizi di genere e ad avere un accesso molto più limitato al mercato. Inoltre, a differenza di quelle impegnate nei collettivi studenteschi, le neoavanguardiste mostrano una presa di consapevolezza ancora in fieri, che impedisce loro di assumere un atteggiamento di rivalsa. Sicché, sono portate ad

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V: F. Lussana, Il movimento femminista in Italia. Esperienze, storie e memorie, cit.

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V: E. Crispolti, Arti visive e partecipazione sociale, De Donato, Bari 1977; L. Vergine, Attraverso

l’arte, pagare il ‘68, Ed arcana, Milano 1976; L. Vergine, L’arte in gioco: La funzione del critico il ruolo dell’artista: dal ‘68 a oggi vent’anni di critica militante, Garzanti, Milano 1988.

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adeguarsi, come si vedrà in seguito,164 alle logiche maschiliste del campo dell’arte in cambio di un seppur limitato riconoscimento. Per alcune di loro, la prospettiva cambia solo sulla spinta del dibattito femminista, che sin dal 1969 prende forma attorno alla figura di Carla Lonzi; dibattito a cui aderiscono, come già detto, oltre alle attiviste di Anabasi e del DEMAU, alcune artiste e scrittrici – Carla Accardi, Ginevra Bompiani e Cloti Ricciardi -.165

Questa ricostruzione consente di chiarire il diverso tessuto culturale in cui nasce la produzione di neoavanguardia degli anni Sessanta. A dispetto dell’orientamento internazionalista e filoamericano che mostra il neofemminismo degli anni Settanta, nel periodo d’incubazione di tale fenomeno, l’Italia si presenta come una realtà culturale non del tutto assimilabile a quella estera.166 Qui la stagione femminista deve dunque farsi strada in un contesto reazionario, quanto stratificato in materia d’emancipazione, segnato dalla contrapposizione tra la linea ufficiale dell’UDI e controtendenze di liberazione scarsamente radicate sul territorio o poco influenti. In questo panorama, il percorso d’emancipazione disegnato dalle neoavanguardiste è individuale, solitario e ambiguo, antitetico a quello neofemminista e, nella sua specificità, ne getta le premesse.

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Questo argomento sarà trattato nel paragrafo 3.2.2 Strategie d’affermazione della prima parte della tesi.

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Ciò avviene solo agli inizi del decennio successivo su sollecitazione dei documenti del femminismo statunitense portati a Roma tra l’autunno del 1969 e il gennaio 1970 e presentati da Massimo Teodori al

Seminario di lavoro politico sulla liberazione delle donne. V: V. Angelini e A. Sabatini, Prime esperienze del neofemminismo in Italia, in A. M. Crispino (a c. di), Esperienza storica femminile nell’età moderna e contemporanea, cit., pp. 77-88.

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Cfr. E. De Cecco, Trame: per una mappa transitoria dell’arte italiana femminile degli anni Novanta e

dintorni, in E. De Cecco; G. Romano (a c. di), Contemporanee: percorsi e poetiche delle artiste dagli anni Ottanta a oggi, cit., pp. 13-29.

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3.

Donne degli anni Sessanta: che genere di artiste?

Dopo aver ripercorso alcune tappe della vita privata delle neoavanguardiste, questo capitolo vuole considerare il loro percorso di affermazione. Nello specifico s’intendono analizzare tre aspetti fondamentali: i condizionamenti di ruoli e stereotipi di genere sulla carriera delle donne, le peculiarità della loro traiettoria professionale e la presenza nei circuiti espositivi istituzionali e privati degli anni Sessanta.

Queste artiste esordiscono sul finire degli anni Cinquanta in uno scenario ancora chiuso nei confronti del lavoro femminile. Sulla loro produzione pesa il pregiudizio del dilettantismo, la parzialità della critica sessista e la reticenza del mercato, che è restio a investire su chi presumibilmente subordinerà la produzione all’assolvimento degli obblighi familiari. Nonostante le difficoltà pratiche e le conseguenze psicologiche che i ruoli di genere comportano, le artiste riescono tuttavia a emergere sin da giovanissime e a imporsi al pari dei colleghi come interpreti del loro tempo.

Questo successo è dovuto in primo luogo all’abilità che dimostrano nell’inserirsi in gruppi e movimenti internazionali. Tuttavia, il loro percorso di affermazione va riconsiderato a fronte dei macrocambiamenti socio-culturali che ne costituiscono i presupposti; e perché tale rilettura sia obiettiva, occorre correggere la deformazione prospettica che le poche carriere femminili fruttuose di quel periodo hanno determinato nella critica di oggi.

L’apertura del mondo dell’arte alla partecipazione attiva delle donne è solo una faccia di un più ampio fenomeno di democratizzazione; il limite di questa apertura democratica, però, emerge negli anni Sessanta nel numero delle donne che espongono alle mostre d’arte: una presenza altalenante e limitata da molti fattori.

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luce sul profilo della donna artista degli anni Sessanta: figura che se da un lato rompe coi modelli precedenti, dall’altro si fa strada sfruttando a proprio vantaggio le dinamiche della società patriarcale. Così ricostruito, nella coralità del panorama espressivo, il percorso delle neoavanguardiste appare individualistico, solitario e pragmatico.