L’origine didattica delle difficolt`a nell’approccio all’algebra non riguarda so- lamente le pratiche attuate nell’insegnamento della sola algebra. Di seguito saranno illustrati studi e ricerche sperimentali che dimostrano che gi`a il modo in cui viene insegnata l’aritmetica pu`o far insorgere alcuni di quei fenomeni
che causano gli errori pi`u frequenti nel lavorare con espressioni algebriche o con equazioni e disequazioni.
Il forte legame fra aritmetica e algebra, dal punto di vista dei processi di insegnamento e apprendimento, `e evidente se si guarda la storia della mate- matica e la struttura del pensiero algebrico usando la lente della comognizione (Sfard, 2009). Sfard (1995), inquadrando lo sviluppo e la struttura della ma- tematica in questo quadro teorico e applicando il concetto di reificazione6 ai
passaggi salienti della storia dell’algebra, sostiene che
the formation of mathematical knowledge is more or less a cyclic process, a process in which the transition from a level to another follow some constant course. The particular scheme that will be used here pictures mathematics as a hierarchy in which what is conceived operationally on one level is reified into an abstract object and conceived structurally on a higher level. (ivi, pag. 16) Secondo questa visione ogni stadio dello sviluppo della matematica `e vi- sto come un discorso sullo stadio precedente, quindi un discorso i cui oggetti erano stati concepiti come processi nello stadio precedente. L’algebra elemen- tare `e quindi concepita come un discorso sull’aritmetica. Questa concezione viene ritenuta utile per tracciare una traiettoria che guidi gli insegnanti nella didattica, infatti:
if each layer in the hierarchy is a discourse about its predecessor, an introduction of a new layer before the student mastered the preceding one carries the risk that the learner would simply not know what the new discourse is all about. (Caspi & Sfard, 2012, pag.47)
Alcuni studi mostrano addirittura che non tutte le difficolt`a nascono nel momento in cui gli studenti incontrano l’algebra ma rivelano che alcuni degli errori pi`u frequenti derivano da errori presenti gi`a in aritmetica. Linchevski e Livneh (1999) partendo dai risultati di una loro precedente ricerca, basa- ta sulla risoluzione di alcune equazioni, si chiedono se gli errori commessi dagli studenti siano dovuti al fatto che negli esercizi fossero presenti delle incognite o se abbiano radici nei comportamenti aritmetici esistenti. Stu- denti provenienti da classi corrispondenti al primo e al secondo anno della
6Termine con il quale Sfard (2009, pag.71) indica la trasformazione, all’interno di un
discorso, di un processo in un oggetto; trasformazione che si compie concretamente con il passaggio da una frase verbale a una nominale e che `e l’inizio del processo di oggettivazione che avviene quando qualcosa che `e concepito operazionalmente viene pensato e trattato dal punto di visto discorsivo, e quindi cognitivo, come un oggetto astratto.
scuola secondaria di primo grado italiana, che quindi non avevano nessuna conoscenza di algebra, hanno risolto equazioni di primo grado in cui era pre- sente un solo termine contenente l’incognita e in cui comparivano somme e sottrazioni con numeri naturali (gli studenti non conoscevano le operazioni con i numeri interi). Sono stati registrati errori frequenti che denotano una mancanza di structure sense quali: separazione di un termine dall’operazio- ne indicata, salto all’operazione successiva, ordine scorretto delle operazioni. Per investigare sulla natura di questi errori `e stato realizzato un secondo esperimento in cui veniva chiesto agli studenti di risolvere brevi espressio- ni puramente aritmetiche aventi la stessa struttura di quelle algebriche che costituivano un membro delle equazioni dell’esperimento precedente. Sono stati registrati gli stessi tipi di errori che quindi sono dovuti, non a difficolt`a legate all’operare con le lettere ma a misconcezioni gi`a presenti in aritmetica.
L’ipotesi che il modo di insegnare l’aritmetica possa generare degli osta- coli nel successivo lavoro algebrico ha portato all’elaborazione di proposte didattiche mirate ad eliminare o affievolire tali ostacoli.
Alcune di queste partono gi`a dalla scuola primaria e parlano di algebrizza- zione dell’aritmetica. Questo approccio si propone di insegnare l’aritmetica andando a cercare e concentrando l’attenzione sulle componenti del pensiero algebrico che si possono trovare lavorando in un contesto esclusivamente nu- merico (ad esempio Brizuela & Lara-Roth, 2001). In Blanton e Kaput (2001) si descrive un tale tentativo da parte di un’insegnante in una 3aprimaria che,
ad esempio, ha sfruttato la facilit`a con cui i suoi studenti hanno imparato la tabellina del 5 per introdurre problemi del tipo “5 × a = 20” che gli studenti sono stati subito in grado di risolvere. O ancora ha utilizzato la metafora della bilancia per interpretare i problemi degli addendi mancanti. Alla fine di questa esperienza l’insegnate scrive:
They [gli studenti] understood what the ‘=’ sign means. When writing a number sentence such as 9=?+5, they were able to arrive at an answer. What I think is so significant about this is not one of the students said that the problem was written incorrectly. In the past, if the answer were written first, many of the children would be confused. (Blanton & Kaput, 2001, pag. 90)
Contemporaneamente, nei primi anni 2000, nasce in Italia il Progetto ArAl, un progetto che, abbracciando l’idea di algebrizzazione dell’aritmeti- ca, realizza studi sperimentali soprattutto nella scuola primaria. Una delle ipotesi su cui le attivit`a del progetto sono basate riguarda, appunto, il fat- to che alcuni aspetti dell’insegnamento dell’aritmetica, possano giocare un
ruolo fondamentale nel successivo apprendimento dell’algebra elementare, soprattutto dal punto di vista del brusco cambiamento dei metodi di insegna- mento e del significato dei simboli matematici nel passaggio dall’aritmetica all’algebra:
nell’insegnamento dell’aritmetica [. . . ] l’uguale `e essenzialmente un operatore direzionale: 4+6=10 significa ‘4 pi`u 6 fa 10’. [. . . ] Poi, quando l’alunno incontra l’algebra, l’uguale improvvisamen- te assume un significato del tutto diverso, di tipo relazionale. (Navarra, 2009, pag. 17)
Allo stesso modo ad esempio il simbolo “+” in 3 + 2 `e in aritmetica un’operazione da svolgere, mentre in algebra la scrittura x + 2 `e il risultato dell’operazione di addizione e viene trattato come un unico oggetto.
Cusi e Malara (2012) spiegano che gli obiettivi sui quali le ricerche basate sull’algebrizzazione dell’aritmetica si sono concentrate sono appunto: supe- rare le difficolt`a classiche quali l’interpretazione unidirezionale del simbolo di uguaglianza o la mancanza di chiusura delle espressioni algebriche; indurre una visione strutturale delle espressioni aritmetiche e una consapevolezza del ruolo giocato dalle propriet`a delle operazioni; aprire la strada alla generaliz- zazione e alla soluzione di problemi ed equazioni mediante metodi esplorativi e procedure informali.
La seconda ipotesi sulla quale si basano gli studi sperimentali del pro- getto ArAl `e che il linguaggio algebrico e quello naturale vengano appresi con le medesime modalit`a e quindi il ruolo dell’insegnante in questo senso sia centrale. Per questo motivo le attivit`a e le ricerche portate avanti non riguardano solo gli studenti ma anche gli insegnanti e la messa a punto di me- todi e strumenti a loro supporto con lo scopo di “verificare se la prospettiva linguistica associata ad un approccio anticipato al pensiero algebrico possano motivare gli allievi nello studio dell’algebra riducendone le difficolt`a.”7.