IL RUOLO DELL’ASSISTENTE SOCIALE
2.1 CHI E' L'ASSISTENTE SOCIALE
2.1.3 Il ruolo e metodologia dell'assistente sociale
L'assistente sociale è un operatore che svolge una attività professionale complessa, all'interno di un rapporto interpersonale che viene definito processo di aiuto.
L'assistente sociale ha un'azione consapevole e non improvvisata, si caratterizza per:
SAPERE, inteso come bagaglio delle conoscenze tecniche organizzate;
SAPER FARE, inteso come competenze, come la capacità di applicare e di
trasformare in operatività quanto si è appreso sul piano teorico;
SAPER ESSERE, inteso come la maturità e la capacità di azione, come la
capacità attitudinale.
Il procedimento metodologico alla base del sapere professionale è rappresentato dall'intrecciarsi della prassi con la teoria.
L'acquisizione di conoscenza è correlata al “contesto” definito dall'utenza, dal territorio e dall'organizzazione del servizio in cui l'assistente sociale opera. L'assistente sociale deve avere un “ruolo attivo” all'interno dell'organizzazione: l'operatore deve essere capace di orientarsi e poi posizionarsi e quindi promuovere processi di comunicazione tra professionisti per partecipare attivamente alla costruzione della propria organizzazione.
La legge 84/1993 ha delineato il profilo e le funzioni del professionista:
l''assistente sociale opera con autonomia tecnico professionale, svolgendo attività didattico formativa e nei servizi ha facoltà di gestione, organizzazione, programmazione, coordinamento e direzione secondo principi e valori.” (legge 23 marzo 1993 n. 84
“Ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell'albo professionale”)
L'assistente sociale agisce attraverso procedure e strumenti propri e di fronte ad un problema o ad una situazione complessa attiva un lavoro di coordinamento tra gli interventi specifici e tecnici. La professionalità dell'assistente sociale è data dall'insieme di principi, conoscenze, metodi e tecniche in grado di prevenire e/o risolvere situazioni di bisogno.
L'assistente sociale agisce all'interno dell'organizzazione assumendo una funzione organizzativo-gestionale per orientare, adeguare e cambiare le risorse, servizi e prestazioni con il modificarsi dei bisogni e della domanda sociale. L'assistente sociale interviene anche all'esterno dell'organizzazione in una funzione prevenzione e promozione per favorire processi di integrazione fra servizi sulla base di una progettualità condivisa, di orientamento della politica sociale territoriale in funzione del modificarsi della realtà sociale.
Come sottolinea Fargion sull'assistente sociale come agente del cambiamento che:
“opera in una realtà sociale in continuo mutamento: il mutamento rappresenta una risorsa per la stabilità dell'organizzazione che può adattandosi alla diversificazione dei contesti rimanere autoreferenziale”.(Fargion 2009)
La legge 328/2000 riconosce alle figure professionali sociali un ruolo chiave per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali:
• l'assistente sociale partecipa alla stesura dei Piani di zona (programmazione partecipata)
• opera in sinergia con altri soggetti sul territorio (lavoro di rete) • lavora per progetti.
Il nucleo fondante del Servizio Sociale ha le sue basi nel concetto di centralità della persona intesa come valore in sé, portatrice di diritti di cittadinanza da salvaguardare e realizzare. Il metodo si articola in fasi che seguono in ordine logico e sono strettamente connesse l'una con l'altra:
1.Individuazione del problema (individuale o di gruppo collettivo) che viene presentato nella domanda di intervento o di aiuto;
2. La raccolta di informazioni e di dati che caratterizzano la domanda e il suo contesto ambientale;
3. L'analisi della situazione 4. La valutazione
5. La definizione del piano di lavoro 6. La realizzazione del piano di lavoro
7. La verifica dell'andamento del processo di aiuto e dei risultati ottenuti 8. La conclusione del processo di intervento
Sui metodi e tecniche dell'assistente sociale prendiamo in considerazione due definizioni. Come si esprime Ferrario:
“Il metodo di intervento nel servizio sociale è rappresentato dalla
identificazione partecipata tra professionista e utente del processo di aiuto, atto a contenere lo stato di disagio nel recupero delle proprie capacità.” (Ferrario, 1996)
Secondo Dal Pra Ponticelli:
“l'elemento centrale del servizio sociale è sempre stato e rimane il processo di aiuto alle persone che si attiva, a partire da situazioni individuali e collettive. Attraverso il processo di aiuto e con un adeguato uso della relazione interpersonale professionale nei confronti dell'utenza nonché attraverso lo studio e l'analisi degli elementi significativi del problema, della persona, del contesto di riferimento, vengono promosse le risorse personali, istituzionali e collettive. (Dal Pra Ponticelli, 1986, p. 35)
L'obiettivo del processo di aiuto è quello di aiutare le persone a capire meglio la propria situazione problematica, a fronteggiarla e trovare soluzioni per uscirne, a saper utilizzare, per gli scopi appena detti, tutte le risorse possibili: le proprie capacità personali, le risorse della propria famiglia e della propria rete primaria, le risorse della comunità, le risorse istituzionali. Il processo di aiuto ha come obiettivo quello di aiutare l'utente a cogliere i vari elementi della sua situazione problematica, ad affrontarli e a risolverli attraverso un uso adeguato delle risorse che le strutture pubbliche e private mettono a sua disposizione.
L’assistente sociale ha un:
“ruolo intersistemico, lavorando per casi costruisce gradualmente una conoscenza approfondita dell’area e dei suoi problemi, ciò consente di “cogliere come il bisogno dell’utente non sia solo una carenza a cui trovare una risposta, bensì possa rappresentare la spia delle disfunzioni presenti nel territorio” (Ferrario, Gottardi 1987).
Il servizio sociale opera nelle situazioni dove i soggetti interagiscono con il loro ambiente di vita. Secondo Bianchi il punto focale del servizio sociale non è
“l'obiettivo del lavoro dell'assistente sociale non è quella del cambiamento della persona in relazione ad una determinata patologia o disturbo di personalità, né il cambiamento della realtà indipendentemente dalle persone che vi fanno parte […] Si definisce così un ambito sociale di lavoro nuovo, del tutto diverso da quello amministrativo, dalla psicoterapia e dall'azione politica in senso stretto”. (Bianchi 2005, p.185-186)
Nei processi di aiuto sono le persone che devono diventare promotori del proprio cambiamento: nella valutazione formulata come tappa dell'intervento, l'apporto delle persone coinvolte nel processo, è determinante ai fini della formulazione della valutazione stessa.
Un passaggio nodale del processo di aiuto è rappresentato quindi dalla fase di valutazione che viene definito da De Ambrogio, Bertotti e Merlini:
“La valutazione è un oggetto di lavoro importante e significativo per
due ordini di motivi: in primo luogo, perché permette di costruire con attenzione e senso la prospettiva dell'agire successivo, utilizzando metodi che favoriscono la comparazione dei processi e la valutazione degli obiettivi e dei risultati; in secondo luogo, perché quando la valutazione adotta modalità di realizzazione caratterizzate dalla trasparenza e dalla partecipazione dei soggetti coinvolti, attiva il cambiamento, contribuisce alla costruzione di soluzioni sociali nel rispetto del principio di autodeterminazione e potenzia la logica dell'empowerment”. (De Ambrogio, Bertotti, Merlini 2007, p.49)
Il mancato posizionamento su questo aspetto della valutazione, oltre ad essere fortemente motivato da un'imprescindibile correlazione tra conoscenza e valutazione, è dovuto a una generalizzata attitudine degli assistenti sociali a vivere e gestire questa fase del processo di aiuto come risposta immediata alle richieste degli utenti, tralasciando frequentemente una più approfondita conoscenza e valutazione dei problemi da trattare.
L'opportunità di stabilire una relazione significativa nel processo di aiuto permette alla persona/famiglia un cambiamento. A questo proposito, alcuni autori sottolineano il principio dell'autovalutazione ossia:
“il soggetto interessato dalla valutazione è responsabile e primo utilizzatore della propria valutazione e questo è possibile se il lavoro viene svolto secondo i principi della relazione di aiuto. Tuttavia lì dove lo scenario di fondo in cui si colloca l'azione conoscitiva
dell'operatore è contraddistinto da una posizione valutativa forte, in quanto il parere dell'assistente sociale viene utilizzato per supportare le decisioni del giudice, sembra che la dimensione di responsabilità della valutazione oscuri le altre e metta in difficoltà l'assistente sociale, che a seconda dei casi si sente inadeguato, vulnerabile, o fatica a collocarsi nella relazione con l'utente come se il posizionamento possa incrinare la relazione di aiuto”. (De Ambrogio , Bertotti e Merlini 2007, p. 65)