CAPITOLO 2 IL JARDIELISMO
2.1 Il teatro «jardielesco»
2.1.4 Il teatro d’avanguardia: affinità e divergenze
«EDITOR.— ¿Qué le parece el Teatro de vanguardia de España?
AUTOR.— Espero que me lo
presenten.»
(Valls y Roas 2000, p. 358 - da Enrique Jardiel Poncela, «Interviú del editor con el autor», en De Blanca al gato pasando
por el bulevard)
Il movimento d’avanguardia criticato da Poncela poiché ritenuto «una estupidez creada a la medida de los tontos» (cit. in Valls y Roas 2000, p. 358), spiega e giustifica, in realtà, il suo teatro in quanto parte di un insieme letterario appartenente alla prima metà del Novecento, che lo influenzò in ogni suo aspetto. Nel nostro drammaturgo si riunirono teatro, avanguardia e umorismo e, al fine di comprenderlo, è pertanto necessario conoscere il periodo in cui visse e in cui si sviluppò il suo ingegno, assieme a quello del gruppo di umoristi de «La
otra generación del 27», quel gruppo di autori che creò un umorismo che
appartiene interamente a Jardiel e che si basa su quella «fantasía que se alimenta con humor contradictorio porque el humor [del tiempo], a fuerza de paradojico, nos descubre en su envés toda la angustia del hombre actual» (López Rubio in Huerta Calvo 2003, p. 2708).
Il contesto di Poncela era segnato da autori come Unamuno, Azorín, Valle-Inclán, Lorca, rispetto ai quali si parla di innovazione o sperimentazione teatrale; questi misero in atto una campagna di sensibilizzazione sul teatro, in accordo con le esigenze di un pubblico abituato all’alta commedia borghese. Indubbiamente, in tale circostanza e incluso negli anni immediatamente precedenti la guerra, Enrique Jardiel Poncela si distinse per il suo impero innovatore del teatro comico, come sottolinea López Rubio:
[Poncela] experimenta todo [...] la muerte, la conciencia, el diablo, los aparecidos, los que dan marcha atrás en sus vidas, [...] criados ingeniosos, últimos representantes de esa especie hoy desaparecida en el teatro. Una mujer que es
58 dos, Blanca por fuera y Rosa por dentro. […] Mujeres con dos hombres, sin adulterio y adulterios decentes. Y médicos, médicos […] hijos más viejos que sus padres. (cit. in Huerta Calvo 2003, p. 2709)
In Spagna la corrente teatrale antirrealista aveva iniziato a definirsi concretamente nel primo decennio del XX secolo, includendo drammaturghi quali Unamuno, Azorín e i fratelli Machado. Nonostante il surrealismo fosse un fenomeno diffuso all’epoca, Conde Guerri sottolinea la singolarità di Jardiel in quanto risulta essere l’unico che pose l’inverosimile alla base della sua estetica teatrale, come confermano le sue stesse parole:
Desear lo vulgar es perderse en la masa maloliente del rebaño. Desear lo inverosímil es acercarse a la Divinidad. Lo inverosímil es el sueño. Lo vulgar es el ronquido. La humanidad ronca pero el artista está en la obligación de hacerla soñar. (cit. in Conde Guerri 1993, p. 84)
Conde Guerri espone, in La vanguardia y el teatro de Enrique Jardiel
Poncela, una breve analisi della relazione che esiste tra i movimenti
dell’avanguardia spagnola nata nel primo dopoguerra e l’influenza che questa esercitò sul teatro «jardielesco». Il 1926 fu un anno di crisi del teatro spagnolo in generale, in cui, secondo Poncela, i protagonisti del mondo drammaturgico, fossero essi attori, critici o persino autori, non si occupavano «ni del arte ni del espíritu» (Conde Guerri 1993, p. 80). Crisi nel mondo interiore dell’autore in questione, che esprime a chiare parole il suo desiderio di prendere le distanze dal teatro precedente, alla ricerca dell’innovazione:
En 1926 yo tenía la certidumbre de que todo cuanto llevaba escrito era lamentable y mugriento. Ya no me gustaba escribir por escribir. Ya empezaba a sentir, respecto al Teatro, un impulso y un propósito definido. Ya me repugnaba lo dramático. Y ya adoraba lo cómico pero de cierto modo.
(cit. in Conde Guerri 1993, p. 80)
In effetti, prosegue Conde Guerri, fino al 1922 la produzione di Jardiel Poncela era stata legata al teatro precedente, basato sul sentimentalismo arnichesco e sui giochi verbali e situazionali, derivati dall’astracán. L’apporto dell’autore alle riviste umoristiche, Buen humor nel 1922 e Gutiérrez nel 1927, produsse in lui un cambiamento importante: l’autore maturò una nuova
59 concezione del gusto comico che lo accomunò a un’intera generazione comprendente, tra gli altri, Miguel e Jerónimo Mihura e José López Rubio. Pérez commenta che «Todos los humoristas de esta generación tienen en común la reivindicación de la literatura humorística, la lucha por dignificar su profesión y poner de relieve la categoría intelectual del humorismo» (1990, p. 43).
Poncela esordì nel teatro spagnolo nel momento in cui il drammaturgo più importante risultava essere Jacinto Benavente. Di questi il nostro autore apprezzò l’ingegno, le frasi a doppio senso e l’ironia, e cercò di farsi spazio nell’ambiente riprendendo la commedia benaventina e rielaborandola in chiave umoristica. Le altre due figure importanti come influenza innegabile sono Oscar Wilde e Francisco de Quevedo. Poncela esprime inoltre gratitudine verso un personaggio a lui contemporaneo e prossimo a essere dimenticato: il commediografo Enrique García Álvarez, il vero creatore dell’astracán. Il motivo del riconosciumento era dato dalla convinzione che questi avesse dato vita a un teatro comico violento, grottesco, fantastico, variegado e senza precedenti in Spagna.
Nel terreno dell’umorismo si trovava anche la figura di Muñoz Seca, grande manipolatore del linguaggio e inventore di alcuni tipi comici alquanto singolari, come il fresco, la figura più importante all’interno dell’astracán. Muñoz Seca appertenne alla generación del 14, precedente quella di Jardiel, la prima a staccarsi dal sainete e a parodizzare il teatro storico del modernismo letterario spagnolo e le convinzioni e i temi del teatro classico spagnolo del Siglo
de oro.
La commedia moderna di Poncela includeva, così, personaggi appartenenti alla classe medio-alta borghese e, di pari passo, domestici e denaro, coinvolti in intrecci apparentemente normali, ma avvolti in un tocco di scandalo, celando adulteri, crimini passionali e amori impossibili. Le radici provenienti dalla commedia borghese sono inoltre visibili nel teatro «jardielesco» se pensiamo che l’autore «utiliza sutilezas del lenguaje, alusiones, juegos de palabras y situaciones intelectualmente aguda, cuya temática y personajes pertenecen a la clase burguesa» (Cuevas García 1993, p. 197), oltre al fatto che
60 abbracciò la tipica suddivisione scenica dell’esposizione del tema, del nodo e della conclusione.
Per quanto concerne i temi, dichiara Jardiel nel prologo di Eloísa, «son limitados y ya conocidos. La originalidad en el teatro la constituyen la manera del diálogo y del enfoque de los conflictos y situaciones» (cit. in Cuevas García 1993, p. 206). Seguendo quest’ottica, i drammaturghi dell’alta commedia
borghese, come Valle-Inclán e Azorín, furono i riferimenti di Poncela per
attingere quelle tematiche che riprese in chiave parodica.
Villaba García commenta che, in effetti, «los ejes temáticos de Jardiel son el amor, la mujer y el dinero» (1993, p. 206), ovvero i nuclei della commedia borghese, i cliché della società felice tipica dei romanzi rosa dei «felici anni venti» del XX secolo, dove obiettivo principale era la ricerca dell’amore e della ricchezza. A proposito del tema amoroso, Jardiel ne illustra una visione priva di sentimento e distaccata, un amore concepito come dimensione fugace e sportiva della vita. Per quanto riguarda la società e la sua presenza all’interno delle opere di Poncela, questi non si focalizza in aspetti concreti, ma critica e parodizza i generi letterari apprezzati dal pubblico a lui contemporaneo, quali il dramma neoromantico, il romanzo erotico-galante e quello poliziesco; Jardiel «elige la evasión de lo real a modo de compromiso estético» (Cuevas García 1993, p. 89).
L’autore si mosse dunque in un ambiente compreso tra la letteratura di consumo popolare e i movimenti avanguardisti, il cui punto di partenza ed epicentro era rappresentato da Gómez de la Serna, suo grande amico e ispiratore fino alla fine dei suoi giorni; a lui si riferì nel seguente modo:
La comicidad española empieza con Lope de Rueda, sigue con Quevedo, Goya, Larra, y aquí salta a Gómez de la Serna de quien todos somos descendientes directos. Sin Ramón muchos de nosotros no seríamos nada. Lo que el público no puede digerir de Ramón se lo damos […] y lo acepta sin pestañear. Ramón le dio una voltereta a la literatura española y creó una nueva escuela. Cuando él desaparezca y se haga un detenido estudio de sus obras se podrá apreciar su decisiva importancia en nuestras letras.
61 Per proseguire: «Sin Ramón Gómez de la Serna, muchos de nosotros no seríamos nada. Lo que el público no puede digerir de Ramón se lo damos nosotros bien masticado para ser digerido, y lo acepta sin pestañear». (cit. in Cuevas García 1993, p. 84)
Tra le influenze più rilevanti delle avanguardie europee e dei maestri nazionali sulla produzione di Poncela, troviamo il filosofo Ortega y Gasset e, soprattutto per quanto concerne il piano estetico, il drammaturgo e critico teatrale Francisco Ruiz Ramón, che si possono considerare come suoi padri teorici. La base dell’umorismo fu data da Ortega che, nel suo saggio La
deshumanización del arte e ideas sobre la novela, parlò della necessità della
distorsione della realtà come tecnica di produzione dell’arte nuevo o arte joven, ovvero la linea artistica presente in Spagna a partire dal 1905. Consisteva questa nel distanziarsi dal piano reale per poter osservarlo oggettivamente e riprodurlo attraverso la metafora, l’ironia e il gioco. Jardiel ne riprese l’aspetto ludico, aggiungendo però che, mentre la composizione drammatica risulta facile e spontanea, quella umoristica richiede un cammino di perfezionamento e di profonda intellettualizzazione della vita per raggiungere l’effetto comico. Il drammaturgo abbracciò inoltre l’idea di finalità del teatro teorizzata dal noto filosofo, come dimostra la seguente affermazione pubblicata in Obra inédita del 1967:
Lo que aquí adentro ocurra tiene que ser lo más diferente posible a lo que pueda ocurrir fuera. Y cuanto más diferente, más inverosímil. Y cuanto más inverosímil, más se acercará a lo que debe ser teatro […]. En esa especie de alféizar que es la batería, el público tiene que apoyarse para contemplar siempre un inusitado espectáculo; esta valla de luz debe ser la frontera que separe dos mundos que no son sólo diferentes, sino distintos, opuestos, antagónicos: ahí, en la penumbra, la vida cotidiana, los problemas domésticos, lo corriente, lo normal; aquí, mil juegos de luz, lo puramente imaginario, lo imposible, lo absurdo, lo fantástico; ahí la realidad; aquí el sueño; ahí lo natural; aquí lo inverosímil; ahí las preocupaciones, las pesadumbres, la tristeza repetida; aquí – como compensación divina ofrecida por el arte – la despreocupación, las alegrías, la risa renovada.
62 García Ruiz e Torres Nebrera parlano di «teatro “humanizado” en el sentido orteguiano del término; es decir, un teatro de sensibilidad profundamente romántica» (2003, p. 92) riferendosi a quel tipo di arte teatrale mimetica che funzionava per «contagio psíquico-sentimental» rispetto al pubblico a cui dava storie e personaggi verosimili. Il Nuevo humor, sulla scia di Ortega, cercava di
deshumanizar l’arte al fine di ottenere un prodotto puro, «solo arte», e Jardiel ne
rappresenterebbe «el mejor ejemplo [con su] tenaz exploración en lo Inverosímil» (García Ruiz e Torres Nebrera 2003, p. 93).
Il teatro di Poncela era inteso quindi come possibilità di evasione dalla routine quotidiana, con i suoi problemi domestici, le sue preoccupazioni e il suo carico di ansie e stress: di fronte alla scena che adotta l’umorismo, lo spettatore può distogliersi da pensieri e doveri e lasciarsi andare al gioco dell’immaginario, dell’assurdo logico e si libera in una risa che risulta spontanea, perché leggera e spensierata. L’inverosimile è quindi il vero fulcro di ogni tema presente nella produzione di Poncela.
Secondo sua figlia Evangelina, Jardiel era cosciente di essere un innovatore, ma non si inserì mai ufficialmente in nessuna avanguardia; in effetti, la sua reputazione al riguardo, come abbiamo visto all’inizio di questo paragrafo, era tutt’altro che positiva. Aggiunge Conde Guerri a tale dichiarazione:
El teatro laboratorio es absurdo porque la producción escénica es una realidad que el público va a contemplar hecha ya. Al público hay que darle la medicina ya resuelta metida en un tubo.
(cit. in Cuevas García 1993, p. 86)
Per quanto concerne l’atteggiamento misogino presente nelle commedie di Poncela, Pueo Domínguez (1994, p. 313) sostiene che fosse un aspetto ricorrente nella produzione letteraria spagnola del XX secolo, che si riscontra anche in vari autori europei. La situazione femminile negli anni venti del Novecento era molto migliorata rispetto agli anni precedenti e Poncela si divertiva a fare humor fingendo di non vedere le differenze concrete e paragonando la donna piuttosto emancipata della sua contemporaneità con la donna «di altri tempi». Domínguez aggiunge che le influenze europee giunte
63 all’opera «jardielesca» sarebbero state: dall’Italia, Pitigrilli, Achille Campanile, Massimo Bontempelli e Alfredo Panzini; dalla Francia, insieme ad autori precedenti come Maupassant e Georges Courteline, Pierre Cami e Pierre Mille; in Ungheria, Gábor Vaszary e Ferenc Molnár.
Il teatro di Jardiel Poncela apportò innovazioni sulla scena e non solo per quanto concerne l’umorismo: il drammaturgo inventò lo scenario mobile, spinto dall’influenza hollywoodiana che provocò in lui il desiderio di dare al teatro una velocità simile a quella cinematografica, eliminando l’intervallo e fornendo allo spettacolo nuove possibilità estetiche. Lo chiamò «Nuevo sistema de maquinaria escénico-teatral que permite la transformación y permutación rápida de múltiples escenarios premontados» (cit. in Gallud Jardiel 2001, p. 207).
Altra invenzione dell’autore consistette nel cercare di ricreare a livello olfattivo l’ambientazione della scena, così che il pubblico potesse immedesimarsi con più facilità nell’atto di finzione. Si trattava di un refrigeratore che spargeva odori nella sala, accompagnato da un macchinario che permettesse di sfruttare al massimo la luce a disposizione. Purtroppo, nonostante Benavente avesse espresso il proprio giudizio positivo e fiducioso riguardo l’invenzione, ritendendo che «El invento de Jardiel alarga en cuatro siglos la vigencia del teatro. Porque con este teatro nacerá una nueva técnica de escribir» (cit. in Gallud Jardiel 2001, p. 209), il progetto, presentato da Poncela al sindaco di Madrid Moreno Torres, venne sospeso e non si realizzò anche per le peggiorate condizioni di salute del drammaturgo.
Olarte Stampa (1993, p. 290) definisce l’idea di teatro che ebbe Poncela come un sogno utopico con atteggiamento corrosivo, il cui scopo fu quello di distruggere gli elementi dell’alta commedia borghese, parodizzandoli ed estremizzandoli, come forma di protesta verso una realtà cinica e materialista.
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