CAPITOLO 3 UN MARIDO DE IDA Y VUELTA
3.3 L’umorismo verbale
Linguaggio e umorismo procedono di pari passo nel mondo drammatico di Jardiel Poncela: le opere «jardielesche» sono contraddistinte da dialoghi divertenti e agili, come li definisce Escudero (1981, p. 118), pieni di giochi di parole e modi di dire interpretati letteralmente, che donano un ritmo sostenuto e divertente all’opera.
Poncela riprende elementi appartenenti alla commedia borghese quali la metafora, l’aforisma ramoniano, l’ironia, il contrasto e il paradosso, ma ne fa un uso peculiare e se ne distanzia attraverso l’utilizzo del dialogo inverosimile. In
117 effetti, nella sua lotta contro il «teatro asqueroso», l’inverosimile rappresenta la meta e la base fondamentale del mondo drammatico di Jardiel.
Uno dei meccanismi usati da Jardiel Poncela per creare l’umorismo a livello linguistico e che riporta Peneva (2008, cap. 4.3.2.2) è lo scambio di lettere di una parola o metatesi. Nel primo atto dell’opera Un marido de ida y
vuelta si realizza una scena molto comica in cui Leticia e il nipote Sigerico
scambiano un dialogo privo di senso e mirato a ridicolizzare i due personaggi, soprattutto il ragazzo: nell’inscenare un dialogo apparentemente colto, il passaggio palesa la difficoltà di questi nel pronunciare la parola unísono.
SIGERICO.— Dos corazones de artista que laten al unínoso. LETICIA.— Unísono.
SIGERICO.— Unínoso.
LETICIA.— Unísono. Sigerico, no seas imbécil.
SIGERICO.— Somos dos corazones de artista, que laten al unísono… (Por el
primero izquierda entra PEPE, que se dirige a la mesita).
LETICIA.— (Que ve a PEPE, furiosa). Pero ¿otra vez? SIGERICO.— Ahora lo he dicho bien.
LETICIA.— ¡No te digo a ti! (A PEPE). ¿Otra vez aquí, sin haber empezado a
afeitarte, Pepe? ¡A las once menos diez! (Espasa-Calpe 1998, p. 156)
La stessa scena riporta anche il comico gioco di parole dato dalla ripetizione del pronome que, in uno scambio di battutte prive di contenuto tangibile e mirate a esprimere l’affinità mentale tra Sigerico e la zia:
SIGERICO.— Porque tú y yo, tía Leticia, llevamos dentro, desde niños, un no sé
qué…
LETICIA.— Precisamente. ¡Un no sé qué!… ¡Qué bien lo expresas!
SIGERICO.— Un no sé qué que nos hace sentir… qué sé yo qué cosa, ¿no es
cierto?
LETICIA.— Es cierto.
SIGERICO.— Y que a ratos nos pone cualquiera sabe cómo, ¿eh?… LETICIA.— Eso, eso…
SIGERICO.— … haciéndonos pensar a saber qué, ¿no?… LETICIA.— Sí.
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SIGERICO.— … sin que podamos decir lo que sentimos ni lo que pensamos,
¿verdad?
LETICIA.— ¡Precisamente! Yo me analizo, y eso es lo que me pasa
precisamente.
(Espasa-Calpe 1998, p. 157)
L’idea è ripresa più avanti quando Cristina, che sta evidentemente mantenendo una relazione con Sigerico, ricorre a Leticia per chiederle aiuto, piangendo, perché non sa come affrontare la critica del partner che l’accusa di non comprenderlo:
CRISTINA.— (Llorando). ¡Tiene él la culpa, tía Leticia, tiene él la culpa! Se
empeña en que no le comprendo; y te aseguro que le comprendo todo lo que hay que comprender. Lo único que no comprendo es qué es lo que él quiere que yo le comprenda.
SIGERICO.— (A LETICIA). ¿Ves cómo no me comprende? No hay manera de
meterle en la cabeza que un artista como yo es incomprensible y que la mujer que le ame debe comprenderlo.
CRISTINA.— (A LETICIA). Yo le digo que cómo voy a comprenderlo si es
incomprensible…
SIGERICO.— Y yo le digo que, para comprenderme, tiene que comprender que
soy incomprensible. ¡Pero no comprende que comprender que soy incomprensible es comprenderme!
CRISTINA.— (A Leticia). ¿Lo comprendes tú?
SIGERICO.— ¡Ya lo creo que lo comprende ella! Si a ella, precisamente, le
ocurre lo que a mí: que no la han comprendido ni su primer marido ni el segundo…
(Espasa-Calpe 1998, p. 205)
Escudero parla anche di greguería: breve frase che ricorda l’aforisma e che esprime un concetto filosofico, ricorrendo anche alla metafora. Poncela ne fa un uso ironico, utilizzandone l’ingegno per sottolineare il paradosso presente in molte delle nostre abituali riflessioni o situazioni. Escudero ne riporta un paio di esempi estratti da Es peligroso asomarse al exterior e che sono totalmente attinenti alla linea di pensiero presente in Un marido: «…la muerte por amor es la única que le permite a uno seguir viviendo» e «…le parecía más fácil morir por una mujer que vivir con ella» (Escudero 1998, p. 47).
119 Peneva (2008, cap. 4.3.2.2.2) segnala inoltre il ricorso di Jardiel Poncela a nomi propri famosi per introdurre paragoni. Per esempio, Pepe al riferirsi a Paco per quanto riguarda la poca riservatezza del diario segreto della moglie, lo paragona a Paulowa, famosa ballerina russa degli inizi del XX secolo:
PEPE.— Además tú no tienes la culpa. PACO.— (Sorprendido). ¡Pepe!
PEPE.— Habrás leído el Diario de Leticia, ¿verdad? PACO.— (Más sorprendido). ¿Cómo?
PEPE.— Te lo habrás encontrado encima de algún mueble, así como olvidado al
azar…
PACO.— No. Me lo ha dado ella misma. PEPE.— Eso es nuevo… […]
PEPE.— El Diario de Leticia danza más que la Paulowa.
(Espasa-Calpe 1998, p. 166)
Allo stesso modo, Paco esprime a Elías il proprio dolore causato dall’impossibilità di baciare Leticia e per questo si paragona al conte di Montecristo, sottolineando ancora una volta che l’unico motivo per cui valga la pena di stare con la moglie è a livello carnale:
PACO.— Surgen cosas raras a nuestro alrededor, interrumpiéndonos todos los instantes afectuosos, que hace ya meses, ¡meses!, que la señora y yo no nos podemos dar un beso.
ELÍAS.— (Consternadísimo). ¡Señor! (Compasivo). ¡Qué desgraciado debe de
ser el señor!
PACO.— (Con cara de víctima). Soy el conde de Montecristo de la época
moderna, Elías. Porque… tú no sabes lo que es estar meses enteros sin besar a la señora.
(Espasa-Calpe 1998, p. 185)
Tecnica ricorrente ed efficace usata da Poncela per creare humor a livello verbale e contemporaneamente superare i topoi linguistici del teatro borghese è l’interpretazione letteraria di frasi fatte; citando Henri Bergson: «si ottiene un effetto comico quando si finge di intendere un’espressione in senso proprio, mentre era utilizzata in senso figurato» (1990, p. 72).
120 Si tratta di una strategia che verrà abbondantemente usata nel teatro successivo da drammaturghi quali Tono e Mihura e che caratterizzò lo stile umoristico della rivista La Codorniz, tanto da prendere il nome di stile
codornicesco, secondo quanto segnalato da Escudero (1981, p. 49). Ne sono un
esempio il breve scambio di battute tra Elías e Díaz (ELÍAS.— ¿Eh? ¿Qué dice usted? DÍAZ.— Lo que oyes, 1998, p. 204) e il dialogo tra Paco e Pepe riguardo ai sentimenti di Leticia: «PACO.— ¡Soy un idiota! ¡Reconozco que soy un idiota!… ¡No me contradigas! PEPE.— No iba a contradecirte» (1998, p. 166).
Sigerico prende parte a questo tipo di humor verbale, esasperando la citazione di frasi fatte popolari e nominate senza alcuna coerenza:
LETICIA.— (Suspirando). La felicidad… (Hace un ademán de desaliento,
digno de Sara Bernhardt). ¿Sabemos siquiera lo que es felicidad?
SIGERICO.— Tienes razón. No sabemos nada. Ni siquiera sabemos por qué
después de tomar alcachofas el agua que se bebe está dulce.
LETICIA.— Eso no es tuyo.
SIGERICO.— No. Eso se lo he oído decir a Paco Yepes. Pero como ahora venía
bien… (Volviendo al tono de antes). (Espasa-Calpe 1998, p. 157)
Escudero (1981, p. 53) associa tale tecnica al motto di spirito studiato da Freud in Il motto di spirito e la sua realazione con l’incoscio, in cui questi sostiene il trionfo dell’automatismo rispetto al dialogo ragionato, anche se va contro a ciò che è ritenuto più appropriato in una determinata circostanza.
Altro esempio è la scena in cui Pepe tituba nel tagliarsi l’amata barba, solo per compiacere Leticia; possiamo notare un gioco di parole e di logica in cui emerge quanto Pepe, nonostante sia vestito da torero, si faccia sempre torear dalla moglie:
LETICIA.— ¡No digas más tonterías!
PEPE.— Sí, mujer, sí; ya te oigo. ¡Qué se va a hacer! Me la quitaré… Claro que
la llevo desde hace veinte años, y no niego que la tengo cariño, y que…
LETICIA.— ¡Pepe, ni una palabra más! Ni una palabra más, porque hoy no
estoy dispuesta a permitir que me torees. (Espasa-Calpe 1998, p. 147)
121 Altre caratteristiche che Jardiel Poncela attinge dal tradizionale dialogo umoristico della commedia borghese sono l’uso reiterato e costante di cultismi, volgarismi, regionalismi e termini tratti dall’argot, giochi di parole, come in Un
marido de ida y vuelta, nella conversazione tra Letizia e il nipote, la ripetizione
reciproca delle parole monosillabiche «yo ya, ya yo». Ancora, squilibrio tra causa ed effetto, cambi di categoria grammaticale, equivoci creati per assonanza e consonzanza, allitterazioni, polisemia o associazione di idee, insieme al paradosso e alla metafora. Esempio di paradosso è il commento di Pepe nel vedere entrare il medico Ansúrez nella stanza per soccorrerlo durante il suo attacco di cuore: «PEPE.— Que no entre el médico, que quiero morirme de
muerte natural» (Espasa-Calpe 1998, p. 175).
Poncela riprende il concetto di metafora, già rilevato da Ortega e Gasset e di importanza fondamentale nell’arte nuovo, seguendo l’ottica avanguardista della ricerca di nuove e molteplici prospettive. Il drammaturgo, sottolinea César Oliva, si cimenta pure nel creare nuovi significati per parole comuni, come succede nel primo atto di Amor se escribe sin hache, in cui il termine fumar acquista in bocca di German accezione erotica:
Humo que a los dos evoca // fundiendo nombre con nombre, / por lo cual ansia el hombre / llevarse ambos a la boca; / y el final siempre ha de ser / idéntico de sencillo: / o fumarse el cigarrillo / o fumarse la mujer.
(cit. in Oliva 1993, p. 207)
Il ricorso a tali procedimenti è necessario al fine di creare situazioni surreali, in cui i protagonisti pronunciano frasi o riflessioni illogiche, che per questo provocano divertimento. Jardiel Poncela passa dalla comicità di tipo linguistico a quella di radice ideologica, processo che aveva appreso dalle riviste
Buen humor e Gutiérrez. Si crea così un non sense alla ricerca dell’impatto
umoristico, prodotto dalla differenza che esiste tra il contentuto illogico di quanto detto e la forma razionale in cui esso viene espresso, una «asociación incorrecta de elementos lingüísticos [...] que desembocan siempre en el sinsentido» (cit. in Cuevas García 1993, p. 207), come lo definisce Villaba
122 García Pavón. María José Conde Guerri segnala, nell’edizione critica a Cuatro
corazones:
Ya no se trata de una sucesión de chistes intercalados en el diálogo sin más propósito que el de aprovechar la risa fácil; el chiste o la frase ingeniosa se integran ahora plenamente en un discurso que, sustentándose sobre situaciones inverosímiles o absurdas, tiene, sin embargo, una coherencia, una «lógica» interna.
(cit. in Valls y Roas 2000, p. 41).
La miglior forma letteraria per realizzare tale processo comunicativo è, evidentemente, la struttura dialogata, punto forte di Jardiel e maggiormente studiato nella sua produzione. Questi dialoghi racchiudono l’importante compito di presentare i personaggi, introducendo il loro carattere e la loro logica ben caratterizzati, a differenza dei topoi che riempivano le scene dell’alta commedia. L’innovazione nell’opera «jardielesca» è data dal fatto che i dialoghi o le battute provochino divertimento nel pubblico quando ricorrono all’interno del proprio contesto, ossia perdono il loro humor se decontestualizzate, proprio per la loro natura che rompe la logica della situazione del momento e non ricorre alle tipiche frasi fatte.
A prescindere dalle influenze del passato a lui prossimo, Poncela fu un autore complesso e contraddittorio e il suo teatro inverosímil risulta variegato e creativo; come affrontato in precedenza, l’autore si basò su una nuova idea dell’humor, prodotto di un’insoddisfazione personale e generazionale, che si era lasciato alle spalle l’astracán e che dette soluzioni del tutto originali a temi già visti. La sua esaltazione dell’inverosimile riflette tale sensazione, entrando in contrasto con lo vulgar dell’esistenza e distorgendo la logica quotidiana, attraverso situazioni insolite e sorprendenti, elementi di mistero e intriga, dialoghi cinici, giochi di parole, desumanizzazione dei personaggi e momeciclo. Quest’ultimo elemento rappresenta un’invenzione di Jardiel, che Juan Carlos Pueo, nella sua biografia dell’autore intitolata Como un motor de avión, definisce, riprendendo la dichiarazione stessa che Jardiel riporta in Treinta
123 del cuento y de la novela corta como de la idiotez con gotas de desequilibrio» (Pueo 2016, p. 122) 14.
Si tratta di una narrazione colma anche di camelos, ovvero parole che mantengono l’illusione del significato, visto che non contraddicono nessuna regola grammaticale, ma che non apportano che la propria realizzazione fonetica. Jardiel difendeva il camelo perché era mosso dall’idea che la gente non fosse abituata ad ascoltare ciò che veniva detto, bensì quello che volesse sentirsi dire. La sua ferma sfiducia verso il genere umano aveva avuto inizio nell’anno 1926, quando si separò dal collaboratore drammaturgo Serafíne Adame e divenne un individualista radicale15. A tal proposito, per esempio, reputava che una decisione che fosse presa in massa e unanimemente fosse in automatico sinonimo di scelta sbagliata. Formulò quest’idea nel seguente modo:
Regla general, condensada de un largo y atento estudio de la Humanidad: cuando todo el mundo, absolutamente todo el mundo, esté de acuerdo en afirmar una cosa, negadla sin temor: es mentira. Y, por el contrario, cuando todo el mundo, absolutamente todo el mundo, esté de acuerdo en negar una cosa, afirmadla sin titubeos: es verdad.
(cit. in Gallud Jardiel 2001, p. 36)
Alcuni dialoghi della commedia Un marido risultano essere, come fa notare Peneva (2008, cap. 4.3.2.2.5), piuttosto inverosimili: essi portano avanti
14 Estratto da una lettera di Joliño G. F. al Consultorio Psicoanalítico de la Revista H.H.:
Momeciclo eran comedias cortas o relatos pequeños hechos con palabras inexistentes. Rimbombantes, sí, más o menos bien encuadradas en el contexto, pero totalmente inventadas. Y que, sin embargo, podían darle al texto cierto significado subliminal, que de cien lectores más de la mitad entendería.
Tenga, pues, la entrada que hoy hago, dos referencias muy claras: la primera, el amigo Rubén. Que con un comentario sobre un desliz que cometí en mi último artículo, me dio pié a que se me ocurriera éste.
Y la segunda, el Gran Maestro Enrique Jardiel Poncela... Uno de nuestros escritores muy, muy, muy conocido, pero absurdamente poco leído hoy día. Creador de las más delirantes comedias, autor de artículos, cuentos, relatos, poemas, novelas... y creador del Momeciclo. Y todo de Humor... cosa fácil.
(http://masducados.blogspot.com.es/2012/09/momeciclo-maestro-jardiel-poncela.html)
15 L’individualismo fu un atteggiamento ideologico che mantenne anche rispetto alla politica. Lo
scetticismo verso l’uomo era tanto profondo in Poncela che questi sosteneva come l’uomo parlasse, generalmente, secondo frasi fatte e automatiche. L’autore, a tal proposito, si divertiva a mettere in pratica questa teoria allo scopo di persuadere i suoi amici: come riporta il nipote Gallud, un esempio consisteva nel congedarsi dai commensali in ristorante pronunciando parole inventate come «¡Escabeche! ¡Escabeche!», e ricevere con soddisfazione la risposta «¡Muchas gracias!» (Gallud Jardiel 2001, p. 153).
124 un argomento poco logico e poco fondato, come se chi parla non fosse pienamente razionale. Un esempio lampante è lo scambio di battute tra Leticia e la domestica Gracia a proposito dei musicisti arrivati per partecipare all’organizzazione della festa carnevalesca, in cui Leticia continua ad ovviare l’unica risposta logica:
AMELIA.— (Desde la puerta, a LETICIA). Señora: dicen de abajo que han
llegado los músicos y un camión con los instrumentos.
LETICIA.— ¡Qué barbaridad! ¡Un camión con instrumentos!… ¿Y dónde
metemos nosotros un camión con los instrumentos? Eso no puede ser… Que se queden los músicos, pero que se lleven el camión con los instrumentos.
AMELIA.— Sí, señora. (Medio mutis).
GRACIA.— (A LETICIA). Mujer, si se llevan los instrumentos, ¿cómo van a
tocar los músicos?
LETICIA.— Tienes razón. (A AMELIA). Entonces que dejen los instrumentos y
que se vayan los músicos.
AMELIA.— Sí, señora. (Medio mutis).
GRACIA.— Pero Leticia, si se van los músicos no podrán tocar los
instrumentos…
LETICIA.— ¡Pues es verdad!
DÍAZ.— Yo sugiero que se queden los músicos y los instrumentos y que se vaya
el camión.
LETICIA.— ¡Eso es! (A AMELIA). Que se vayan los músicos y los instrumentos
y que se quede el camión. ¡Bueno, al revés! En fin, ya sabes lo que quiero decir, Amelia.
(Espasa-Calpe 1998, p. 145)
Dialogo assurdo è anche quello che si realizza tra Leticia e Gracia a proposito di Díaz, in cui la protagonista cerca di sostenere il proprio argomento con tesi assolutamente contrastanti:
GRACIA.— (Siempre desde el diván, a LETICIA). Oye, ¿quién es este señor? LETICIA.— Un especialista en trajes antiguos.
GRACIA.— ¿Y a qué se dedica?
LETICIA.— Nunca se lo he preguntado. (Ayudada por AMELIA, se pone el
cíngulo, el collar y las pulseras).
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LETICIA.— Ha venido a ver si Pepe le coloca en su Compañía de Seguros. GRACIA.— Entonces, ¿vive de los Seguros?
LETICIA.— No. Vive de los trajes antiguos.
GRACIA.— Es que, al parecer, no sabe una palabra de trajes antiguos. LETICIA.— Por eso querrá colocarse en la Compañía de Seguros. GRACIA.— ¿No sabiendo de Seguros?
LETICIA.— No sabiendo de trajes antiguos.
GRACIA.— Pero vamos a ver… Para colocarse en una Compañía de Seguros,
¿importa algo que no sepa nada de trajes antiguos?
LETICIA.— No… Pero ¿quieres decirme qué obstáculo hay para que, no
sabiendo de trajes antiguos, se coloque en una Compañía de Seguros?
GRACIA.— ¡Caramba! ¡Pues el que no sabía nada de Seguros! LETICIA.— ¡Pero mujer, tampoco sabe nada de trajes antiguos!
(Espasa-Calpe 1998, p. 150)
Gracia non può vincere contro la stolta logica di Leticia: lei ha sempre ragione e non c’è modo di farle vedere quanto ciò che sta dicendo non abbia senso. Chiede a Leticia un’aspirina per il mal di testa che le ha provocato conversare con lei e si creano tre concentrati di comicità: il fatto che parlare con Leticia provochi emicrania, che questa non se ne stupisca perché è abituata al marito che reagisce sempre come Gracia e che si generi un’altra conversazione
absurda nel trattare l’argomento:
GRACIA.— (Pasándose una mano por la frente). ¿Dónde tienes la aspirina? (Se
levanta).
LETICIA.— Ahí. (Señalando). En la mesita de Pepe hay siempre dos o tres
tubos.
GRACIA.— (Yendo hacia la mesita del lecho). Está visto… Cada vez que me
enzarzo en una conversación contigo, tengo que acabar tomándome una tableta.
LETICIA.— Lo mismo le ocurre a Pepe; por eso hay siempre dos o tres tubos en
su mesita…
GRACIA.— (Rebuscando en la mesita). Aquí no hay dos o tres tubos: aquí hay
doce o trece…
LETICIA.— Son de otras medicinas. ¿No ves que Pepe se empeña en que está
muy delicado?
GRACIA.— ¿Y cuáles son los tubos de aspirina? LETICIA.— Los vacíos.
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GRACIA.— Entonces, ¿para qué me has dicho que había aquí aspirina? LETICIA.— Mujer, por si alguno de los vacíos estaba lleno…
GRACIA.— Pero ¿cómo habían de estar llenos si están vacíos?
LETICIA.— ¡Ay, Gracia! Preguntas demasiadas cosas… Te pareces a Pepe.
(Espasa-Calpe 1998, p. 152-153)
La conversazione tra Leticia e lo spirito di Pepe che si suppone abbia l’intenzione di essere «romantica», in cui questa dice a suo modo che in realtà il defunto marito le manca, si realizza come un paradosso, una «contradicción absurda» in cui l’idea dell’amore ha come termine di paragone per un buon matrimonio il litigio:
LETICIA.— Siempre que regañaba con Paco me acordaba de ti. PEPE.— ¿Es que Paco regaña peor que yo?
LETICIA.— Tiene otro estilo. No aguanta, se va… Tú no te ibas y se te podía
decir todo lo que una quería. Regañar contigo estimulaba y despertaba el deseo de vivir. Te juro, Pepe, que con nadie he sido tan feliz regañando como contigo.
PEPE.— Gracias, Leticia. Te agradezco de veras esas palabras. Pero ¿por qué te
casaste entonces con Paco?
LETICIA.— Cuando me casé no había regañado nunca con él.
(Espasa-Calpe 1998, p. 224)
Rilevanti nelle opere del drammaturgo sono anche gli a partes con funzione umoristica, che entrano, riportando le parole di Conde Guerri, «dentro del diálogo cómico ilógico, ya que gran parte del carácter inverosímil de sus conversaciones se difuminaría sin doble perspectiva que se nos propone ahora» (cit. in Gómez Yebra 1990, p. 48).