«El público paga y la crítica pega» (Conde Guerri 1973, p. 39)
32 Enrique Jardiel Poncela fu un drammaturgo al centro del mirino della critica, dalla quale non fu pienamente compreso. Dalla prima all’ultima delle sue creazioni, l’autore dovette affrontare gli attacchi feroci dei critici, scagliategli contro in nome di una concezione della scena comica piuttosto tradizionale.
Ciò era dovuto al costante e riuscito tentativo di Poncela di inscenare un
humor nuovo, lontano dal teatro borghese di Benavente e Mihura, tipici e diffusi
in quegli anni. Questo permise a Jardiel anche di guadagnarsi amicizie profonde e leali tra gli scrittori, come, a parte il sopracitato Marqueríe, il primo fra tutti, Gómez de la Serna, e, a seguire, Gregorio Martínez Sierra e César González Ruano, l’impresario del Teatro della Commedia, Tirso Escudero, l’editore José Ruiz Castillo. Inoltre, di rilievo furono gli sceneggiatori e drammaturghi José López Rubio e Fernando Fernán Gómez, che prestarono a Jardiel Poncela aiuto economico quando questi, a fine carriera e stremato dal cancro, si ritrovò in una situazione di miseria.
In tale periodo, l’autore era dimenticato dalla maggior parte del pubblico e chi lo ricordava lo faceva per rivolgergli critiche, come per esempio Max Aub, che lo definì «perditempo prostituto», nel suo Discurso de la novela española
contemporánea del 1955. Molto probabilmente, il termine era collegato all’idea,
diffusasi tra le malelingue, che Poncela fosse stato un drammaturgo spagnolo con la forte aspirazione di andare in scena nei teatri più importanti del momento e la cui produzione subordinò la scelta dei temi e la costruzione drammatica alla ricerca di fama e denaro.
Contemporaneamente, un gruppo di giovani scrittori quali Alfonso Sastre, Jesús Fernández Santos, Ignacio Aldecoa, Medardo Fraile e Alfonso Paso, erano soliti radunarsi nel Café Gijón, dove seguivano e appoggiavano Poncela, trattandolo con il giusto rispetto dovuto a un maestro.
Negli ultimi anni l’opera di Enrique Jardiel Poncela ha suscitato interesse e riconoscimento in autori come Eduardo Haro Tecglen, Carlos Edmundo de Ory, Francisco Umbral, Carlos Pujol, Rai Ferrer, Terenci Moix, José María Merino, Manuel Longares, Mercedes Abad, Cristina Fernández Cuba e Javier García Sanchez.
33 La produzione di Jardiel comprende ottantanove opere teatrali, nove romanzi lunghi e ventinove brevi, otto libri di tema vario, diciannove saggi, ventiquattro copioni, più di mille articoli di giornale, una miriade di scritti di ogni genere e ventitré conferenze.
A parte il primo periodo da drammaturgo condiviso con il collega Adame Serafín, che non godette di grandi attenzioni da parte del pubblico, l’opera teatrale prodotta in gioventù da Poncela ha in parte risvegliato l’attenzione dei critici e si è distinta positivamente. Il giovane Enrique del tempo era pieno di energia, inventiva e desiderio di sfondare nel mondo teatrale; non si fece abbattere dall’insuccesso nel 1930 di El cadaver del señor García e pubblicò, nel 1932, Usted tiene ojos de mujer fatal, dramma di grande successo. Da tale anno inaugurò il periodo di gloria del nostro autore, tra la collaborazione con la Fox e la messa in scena di Angelina o el honor de un brigadier, nel 1938.
Nel 1935 avvene la prima rappresentazione di Las cinco advertencias de
Satanás, nel Teatro de la Comedia di Madrid il 20 dicembre del 1935, occasione
in cui l’attrice Gadalupe Muñoz Sampedro affermò entusiasta: «¡Muy preciosa! Es una comedia que, si la hacemos bien y gusta, será un éxito»(cit. in Gallud Jardiel 2001, p. 105).
La commedia Un marido de ida y vuelta andò in scena nel 1939 nel teatro della Infanta Isabel e fu magnificamente accolta da spettatori e critici. Poncela ne fu pienamente soddisfatto, tanto da considerarla una delle sue migliori produzioni; così spiegò il segreto del suo successo:
Un marido de ida y vuelta alcanza justo el punto, altitud y posición
artística perseguidos en su realización y – cosa que ocurre con muy pocas obras de arte – tiene padre y madre. […] El padre se llama HUMORISMO y la madre, POESÍA. Humorismo violento, a veces acre y descarnado, a veces ingenuo y bonachón; profundo y superficial; en juego a menudo con las ideas y con frecuencia saturado de gracia verbalista; es decir, humorismo español – comicidad – cien por cien. […]
Y poesía universal. Porque la poesía no cambia con las razas ni con los climas. (cit. in Gallud Jardiel 2001, p. 130)
34 L’anno successivo, nel 1940, il famoso commediografo inglese Noel Coward plagiò interamente l’opera e la mise in scena, come se fosse originale e propria, con il titolo Blithe Spirit. Allo stesso modo, l’opera inglese The trasure
home di Farrell e Perry del 1950, risultò essere una copia di Eloísa, mentre la
prima parte di Les poissons rouges di Jean Anouilh riprese Madre (el drama del
padre).
A partire da tali episodi, Jardiel inserí all’inizio delle sue opere il seguente avvertimento: ES PROPIEDAD DEL AUTOR – Derechos reservados.
La traducción, la adaptación, el robo y el plagio se perseguirán a tiros sobre motocicleta blindada, único procedimiento eficaz ya en el mundo.
Poncela accusò di plagio non solo Noel Coward, ma anche Miguel Mihura e Víctor Ruiz Iriarte e considerò le proprie opere superiori a quelle di Oscar Wilde, che allo stesso tempo ammirò e prese d’ispirazione. Per questo e non solo, i due curatori dell’edizione di Cuatro corazones con freno y marcha
atrás e Los ladrones somos gente honrada, Valls e Roas, dicono di Poncela che
«era la vanidad y la imprudencia personificada, aunque él se justificara llamándolas sinceridad» (2000, p. 11).
Nel dicembre 1941 andò in scena Madre (el drama del padre); la commedia opera piacque molto al pubblico, ma la critica la definì immorale, per essere la parodia di melodrammi riguardanti storie di figli perduti e di amori impossibili, in voga in televisione. Nello stesso anno, non ricevette la stessa sorte El amor solo dura 2000 metros; secondo Gómez Yebra il fallimento dell’opera sarebbe dovuto all’atteggiamento di Poncela nei confronti dei critici, per i quali riservava termini dispregiativi, salvando solo il fedele Marquerie. Yebra riporta in nota un’autoanalisi, alquanto sarcastica, dell’autore, in cui ammette che la causa dell’odio reciproco risiedesse nel suo errore iniziale di pensare che i critici potessero essere capaci di svolgere il loro lavoro:
Pero también yo, cuando empezaba, les traté injustamente afirmando que tenían talento. […] En España casi todos los críticos pretenden ser autores, y ahí está el daño, pues lo bueno que tiene el autor es lo que tiene de crítico, y lo malo que tiene el crítico es lo que tiene de autor. Y cuando un crítico se convierte en autor es cuando ve más claro lo mal crítico que es.
35 A tal proposito, nel suo libro Agua, aceite y gasolina, Poncela riportava una dedica a Marqueríe seguita da una contraddittoria ai critici che lo combatterono sempre. A suo avviso, questi si potrebbero distinguere in due gruppi: da una parte, i critici meritevoli, la cui opinione è sempre da tenere in considerazione; dall’altra, coloro che lavorano come critici per cercare di inserirsi nel mondo del teatro, che lo fanno per amicizie o motivi personali o per esclusione rispetto alle possibilità lavorative. I critici affidabili, secondo Jardiel, non sono molti perché: «un verdadero crítico debe reunir en sí inteligencia, sagacidad, cultura, sensibilidad, buen gusto, criterio propio, rectitud, cortesía, generosidad, sinceridad, modestia y un hígado en perfecto funcionamiento. Y son demasiadas calidades para que se den juntas a una persona» (cit. in Gallud Jardiel 2001, p. 194).
Los ladrones somos gente honrada, il 25 aprile del 1941, fece rinascere
Poncela dalle proprie ceneri nel Teatro de La Comedia, dove l’autore ottenne anche un successivo trionfo con la commedia Blanca por fuera y Rosa por
dentro.
All’inizio della decada degli anni quaranta, Jardiel era considerato un uomo famoso, in Spagna e all’estero. Era amato in America Latina, dove era conosciuto con l’affettuoso appellativo di “el gran peque”, che si riferiva alla grandezza della sua opera e alle sue piccole dimensioni fisiche. Alcune città, come Città del Messico o San Luis de Potosí, diederono persino il nome del drammaturgo ad alcune strade, in segno di riconoscimento e onore e anticipando di anni la capitale spagnola in questa decisione. Gallud Jardiel riporta un episodio in cui il conosciuto cantante e attore messicano Jorge Negrete andò in viaggio in Spagna e alla Radio Nacional dichiarò che la sua visita era dovuta a due motivi, ovvero visitare la madrepatria e conoscere personalmente Jardiel Poncela.
Durante i primi anni della dittatura franchista, alcune delle opere del commediografo vennero censurate. Il titolo Angelina o el honor de un brigadier fu ridotto semplicemente ad Angelina, dato che l’ideologia reazionaria della dittatura considerava infamia contro l’arma l’allusione all’onore di un brigadiere, e furono proibite le commedie Madre (el drama del padre) e Usted tiene ojos de
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mujer fatal, a causa del libertinismo che trattavano. Paradossalmente, le stesse
opere erano state bandite anche dalla fazione comunista durante la Guerra Civile, per questo il nipote Gallud commenta: «Jardiel es el único hombre de letras conocido cuyas obras han sido censuradas por dos ideologías antagónicas» (Gallud Jardiel, p. 153).
Gómez Yebra afferma che il declino dell’autore si possa situare a partire dall’anno 1944 e giustificare con tre circostanze che lo hanno causato: la rovina economica, la delusione amorosa e la morte del padre. In effetti, nel febbraio di quell’anno Poncela decise di intraprendere un viaggio in Sudamerica dove, come abbiamo visto, era ben noto, al fine di realizzare una tournée sostenuta con i propri risparmi. Era convinto di riscuotere successo e di restare in cartellone per più di un mese, ma gli esiliati spagnoli presenti a Buenos Aires e Montevideo videro nella sua figura un ambasciatore franchista. Data la grande opposizione, i direttori dei teatri furono costretti a rifiutare l’opera di Jardiel, segnando così la sua rovina. In questo periodo, come abbiamo visto, l’autore ricevette anche la notizia per fax della morte del padre e venne abbandonato dalla compagna.
I successivi anni furono di alti e bassi. Jardiel non cedette e continuò a produrre, alla ricerca di acclamazione e di guadagni che lo sostenessero economicamente. Il 1945, fortunatamente, segnò un altro successo con El
pañuelo de la dama errante. Al contrario, Agua, aceite e gasolina ricevette
critiche totalmente negative. La produzione ottenne nuovamente un meritato riconoscimento nel 1946, quando El sexo débil ha hecho gimnasia venne onorato del Premio Nacional del Teatro. L’anno successivo, Poncela tornò all’insuccesso con la commedia Como están mejor las rubias es con patatas e nel 1949 scatenò uno scandalo generale con l’opera Los tigres escondidos en el
alcoba. Torrente Ballester ricorda questo periodo con parole significative, in cui
afferma che era come se il pubblico si stesse prendendo il risarcimento per ogni risata provocata dalle commedie «jardielesche»; parla di pateos vendicativi, a cui associa la principale causa della morte del commediografo:
Yo, señores, he sido testigo de los furiosos pateos con que algún estreno de Jardiel fue recibido. Parecía como si el público quisiera resarcirse de los aplausos que no había tenido más remedio que otorgar en otras ocasiones. Eran pateos vengativos. Esos pateos tan conocidos de los artistas, esos pateos con los
37 que, a la primera ocasión, se les castiga por tener talento. Como a los toreros por tener valor. Pues bien: pateos como aquellos llevaron a la muerte de Jardiel, que se murió de pena por haber fracasado.
(cit. in Cuevas García 1993, p. 75)
A questo punto, Poncela era dimenticato da tutti e il suo tentativo di ultimo apporto al mondo drammatico ¡Oh, París, ciudad sirena, que estás
siempre junto al Sena!, rimase incompiuto. Eduardo Haro scrisse al riguardo
nella rivista Teatro:
Probablemente E. J. P. ha tenido que escuchar más gritos del público y más denuestos que ningún autor de nuestro tiempo. Se le gritaba que aquello no tenía nada que ver con Muñoz Seca –y por tanto, […] con toda la tradición del teatro español-, y él insistía y creaba su teatro y luchaba por convencer.
(cit. in Cuevas García 1993, p. 74)
Valle-Inclán offese apertamente il commediografo affermando che non avesse mai sentito parlare di nessun uomo di nome Jardiel Poncela e che non avesse nessun interesse a conoscerlo. Poncela, conseguentemente e ironicamente, per farsi giustizia, dette l’appellativo di Valleinclán a uno dei personaggi del romanzo ¡Espérame en Siberia, vida mía!. Si tratta di Celedonio Carrasca, un ladro appartenente al gruppo degli assassini disoccupati, che si dedica a perseguitare il protagonista per ucciderlo.
Solamente un piccolo gruppo di persone, composto dalle figlie Evangelina e Mariluz, la compagna Carmen e gli amici Serafín Adame e César Gónzález, rimase vicino al Jardiel fallito e morente. Si racconta che l’amico stretto Gómez Serna, soffrendo di ipocondria, non si recò mai in visita da Poncela, una volta che questi dichiarò di avere il cancro.
Benavente gli scrisse una lettera incoraggiante quando la malattia si aggravò. Seppe apprezzare i valori del teatro «jardielesco» e, come lui, molti critici riconobbero le innovazioni apportate dall’autore al teatro spagnolo.
Quando Poncela venne a mancare, il 18 gennaio del 1952, Evangelina scelse come epitaffio le parole del padre: «Si queréis los mayores elogios, moríos». La sua condizione pubblica era tanto degradata che la proprietaria della casa in cui era morto, in calle Infantas, numero 40, rifiutò il gesto, richiesto dagli
38 amici dell’autore, di un’affissione in ricordo dell’autore. Anni dopo, nel 1968, la Sociedad General de Autores de España fece affiggere una targa in ricordo di Poncela nella casa in cui era nato, il 15 ottobre 1901, in calle del Arco de Santa María, numero 29, a Madrid.
Il giorno successivo alla scomparsa di Poncela, venne pubblicato sul quotidiano locale Arriba, un articolo di González Ruano, di cui riportiamo un estratto significativo che sottolinea la drammatica condizione di oblio in cui si trovava Jardiel, attraverso la toccante metafora del «bosco di schiene» che gli era stato rivolto, e la magnificenza umoristica che aveva toccato in Spagna:
Agotado y casi eclipsado, disminuido por un bosque de espaldas, cuando mejor indiferentes, Enrique Jardiel Poncela entra hoy por derecho propio en la Plaza Mayor del Recuerdo, ocupando, con su mínimo volumen, el caballo ecuestre de la estatua que le corresponde en la historia de nuestra literatura española como el humorista más completo que nuestro siglo ha dado.
(cit. in Cuevas García 1993, p. 123)
Gli fa eco Montero Padilla (1993, p. 134), riportando due ulteriori citazioni a commento della triste e immeritata condizione di abbandono subita da Poncela. Gómez de la Serna scrisse nel prologo alle sue Obras completas che Jardiel morì «por lo mucho que había hecho sufrir el teatro dejándole poco a poco como a cangrejo vacío…» e Sastre terminò il capitolo dedicatogli in Drama y sociedad con la seguente considerazione: «Jardiel llegó a ese momento destruido y estragado de la lucha. Esta es la pena que hoy ahoga a los amigos. La pena de saber que este hombre se ha ido solo y desamparado a la muerte, destruido y deshecho del camino, vencido y roto» (cit. in Cuevas García 1993, p. 11).
Torrente Ballester sottolineò il dramma attribuendo un filo di responsabilità ai contemporanei di Poncela: «la muerte de Jardiel es algo que los españoles de mi generación llevamos clavada en el alma y de la que nos sentimos algo culpable» (cit. in Huerta Calvo 2003, p. 2714).
Valls e Roas (2000, p. 16) ritengono che un simile rigetto fosse dovuto alle idee politiche reazionarie di Poncela, racchiuse nel suo anticomunismo, nella sua anglofobia e nella sua adesione al franchismo, e apportano in nota una riflessione di Sampelayo in cui questi commenta come Jardiel avesse mancato di
39 tenere in conto che i suoi principali lettori fossero studenti rivoluzionari e anarchici.
Per quanto riguarda l’opera, il principale difetto di cui fu accusato l’autore fu la superficialità dimostrata nel trattare determinati sistemi sociali e problemi derivanti.
Il drammaturgo e critico Marqueríe mantenne con Poncela un rapporto di profonda stima, senza risparmiargli critiche produttive relative ai difetti che ritenesse di riscontrare nelle sue opere. Nell’esempio riportato da Valls e Roas, Marqueríe scrive a proposito della maniera che usava l’autore per realizzare l’umorismo verbale: i suoi lunghi dialoghi corrono il rischio, in alcuni casi, di anticipare troppo l’azione, in altri, di parlare a vuoto ripetendo ciò che già è accaduto nei fatti.
Cuando Jardiel se olvida del equilibrio que debe existir entre palabra y acción, entre lo que se dice y lo que sucede en la escena, cuando sus personajes dialogan excesivamente y nos cuentan lo que ya sabemos […] o nos preparan con demasiada minuciosidad el ánimo para lo que llegará después –defectos generales de todas sus obras-, cuando el autor reitera un efecto cómico […]. (Marqueríe, En
la jaula de los leones)
(cit. in Valls y Roas 2000, p. 354)
Poncela desiderava produrre negli spettatori delle sue commedie una sensazione di sollievo rispetto alle preoccupazioni quotidiane, fare «soñar al público» (cit. in Huerta Calvo 2003, p. 2718), come lui stesso dichiarava, e per questo preferiva non inserire spunti di critica sociale, ma piuttosto la satira di un teatro contemporaneo che riteneva vecchio e scadente, di cui riportava personaggi, topoi e temi quali denaro e amore. Questo aspetto fu criticato; García Pavón, a tal proposito, lo definisce snob, in quanto interpreta l’assenza di elementi benaventini, di carattere filosofico e profondo, come fonte di inconsistenza:
Jardiel carecía en absoluto de preocupaciones de gran coordenada humana. Lo social, lo ético, lo político, lo filosófico, la misma crítica de costumbres de suavidad benaventina, eran ajenos a su minerva. Fue un hombre sin ideas esenciales […] sin una metafísica por modesta que fuere […] Su inventiva, al servicio de un repertorio más rico de ideas y preocupaciones habría
40 sido más consistente, habría ofrecido hallazgos más profundos […] A su raquitismo doctrinal contribuyó no sólo su textura mental sino su formación. Jardiel Poncela fue un snob.
(cit. in Cuevas García 1993, p. 70)
A prescindere dal deludente comportamento tenuto quando Poncela era sul letto di morte, Gómez de la Serna manifestò affetto e stima nei confronti del nostro autore e gli dedicó una delle ultime edizioni di Pombo:
A Enrique Jardiel Poncela, asiduo y cordial pombiano, renovador del teatro español con plenitud de éxito, además de gran humorista y gran patriota de la España hidalga y eterna, en prueba de admiración y de la más comprobada amistad en los momentos en que el hombre ha sido más insolidario del hombre. (cit. in Conde Guerri 1973, p. 34)
De la Serna inserí anche una critica positiva su Jardiel in Retratos
completos: «Hizo lo mejor que se puede hacer con el teatro, transformarlo,
ensayar sombras y luces, ausencias y presencias removiendo su gran azar» (cit. in Conde Guerri 1973, p. 37).
Gómez de la Serna (cit. in Gallud Jardiel 2001, p. 61) definì la produzione di Jardiel come la allegria del suo tempo, come un treno pieno di ottimismo, mentre Marqueríe scrisse un articolo di elogio alla laboriosità e all’autoironia dell’autore. In esso riconobbe un particolare rilievo alla posizione di Poncela nel creare opere di umore, ovvero che facessero ridere lui stesso per primo, spinto dalla convinzione che fosse altrimenti improbabile divertire il pubblico. Definisce queste sue qualità come un caso raro di onore e sincerità all’interno dell’ambiente teatrale del tempo:
Primero se divierte escribiendo sus comedias porque estima que si no se hace reír al propio inventor, mal podrán, después, causar buena impresión en el público. Y luego, una vez pasada esta prueba de lo que pudiéramos llamar «autohilaridad», las ofrece a los espectadores. Si a Jardiel no le divierten sus propias cuartillas, las rompe. Y espera una oportunidad mejor. […] Caso de honradez y sinceridad artísticas verdaderamente insólito en nuestro tiempo de negociantes y de mercachifles de la escena.
41 Flórez fu un altro personaggio che difese sempre fortemente l’opera «jardielesca», sottolineandone l’aspetto innovativo, che definisce absurdo, in contrasto con il teatro comico borghese convenzionale:
Nos encontramos con un Jardiel perfilado en sus ansias, centrado en su búsqueda teatral para desarrollar más señeramente su vocación definitiva del Teatro del Absurdo (…) frente al teatro cómico degastado (…) y frente al otro teatro, a la comedia convencional, alimentadora de la burguesía y media