Negli ultimi decenni del XV secolo si costituiscono in molte città ita-liane i primi Monti di Pietà, nati per liberare i poveri dal peso spesso insop-portabile dell’usura, soprattutto ebraica, e sovente trasformatisi in seguito in istituti bancari attraverso il ricorso ad operazioni attive per finanziare l’opera di beneficenza 1.
Al 1462 risale il Monte di Perugia (probabilmente il primo 2), che opera senza interesse per i prestiti di sussistenza e con un modico tasso sulle somme più rilevanti 3; dello stesso anno è il Monte di Gubbio e del successivo quello di Orvieto; del 1468 sono quelli di Macerata e di Urbino; rispettivamente al 1471 ed al 1472 è riportata la fondazione dei Monti di Viterbo e di Siena; al 1473 quella di un «bancum qui vocabitur Mons pietatis» a Bologna, per ri-cordare solo i centri più importanti 4.
Con il terzo venticinquennio del secolo i Monti di Pietà superano i con-fini delle regioni del centro Italia e si diffondono soprattutto nel Nord 5: del
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* Pubblicato in: Savona nel Quattrocento e l’istituzione del Monte di Pietà, Savona 1980, pp. 305-330.
1 Cfr. A SAPORI 1956, p. VII; History 1934, pp. 357-384.
2 Il primato del Monte di Perugia è stato di recente rimesso in discussione da PAGNANI 1972;
la questione è stata anche ripresa, a favore di Ascoli Piceno da PENCO 1977, p. 577. L’influsso della normativa che regolava il Monte di Perugia sull’organizzazione dei Monti successivamente fondati è però fuori discussione. Si veda da ultimo MAJARELLI - NICOLINI 1962, spec. pp. 203-213.
3 Su questo Monte si veda MIRA 1956. Si tratta di due volumi pubblicati a cura dell’As-sociazione Bancaria Italiana con oggetto quasi esclusivamente i Monti di Pietà: nel primo so-no riuniti – come riportato nel piaso-no dell’opera – alcuni saggi moso-nografici e dei cenni storici sulle Aziende di credito dotate dei principali archivi (Banco di Napoli; Banco di Santo Spirito; Banco di Sicilia; Monte di Pietà e Cassa di Risparmio di Firenze; Monte di Pietà e Cassa di Risparmio di Roma; Istituto Bancario S. Paolo di Torino; Monte dei Paschi di Siena; Monte di Bologna;
Monte di Pietà di Milano; Monte di Pietà di Parma; Monte di Pietà di Faenza). Il secondo volu-me comprende invece l’inventario-guida degli archivi storici di questi stessi istituti.
4 Cfr. SOLMI 1930, p. 788 e, più recentemente, GIACCHERO 1970b, p. 8.
5 MIRA 1956, p. 349.
1479 è infatti il Monte di Savona, che precede di quattro anni quello di Ge-nova (per molti aspetti simile ad esso) 6 ed è seguito da istituzioni dello stesso genere in molte altre località.
A questi organismi, numerosi e variamente organizzati, hanno dedicato la loro attenzione studiosi, anche insigni 7, ma – come è stato di recente messo in rilievo 8 – gli aspetti più accuratamente investigati concernono i rapporti prestatori ebraici – Monti di Pietà, quelli Monti di Pietà – Santa Sede (collegati al finanziamento degli istituti stessi), l’opera francescana, le accuse di usura, l’organizzazione amministrativa ed il carattere bancario di questi en-ti, quali risultano dalle analisi delle varie redazioni statutarie o da altre fonti 9. Mancano quasi completamente, e la carenza di documentazione ne è certo la maggiore responsabile, gli studi sulla «pratica quotidiana» dei Monti 10 e sul loro inserimento nella realtà cittadina, per cui restano ancora largamente ignorati la posizione sociale dei clienti, la natura merceologica degli oggetti offerti in pegno più frequentemente, il loro valore, l’importo medio dei pre-stiti (sia in cifra assoluta, sia per persona sovvenzionata), la durata media delle sovvenzioni stesse, il compenso trattenuto dal Monte (cioè l’interesse), il sistema delle registrazioni e della tenuta dei conti.
La fonte contabile è indubbiamente la più adatta per un’analisi di que-sto genere ed alcuni contributi più recenti, per Napoli, ma specialmente per Pistoia, hanno già dato risultati incoraggianti in tal senso 11.
Le lacune storiografiche sopra rilevate potranno difficilmente essere colmate per il periodo più antico dell’attività dei Monti, in quanto, allo stato attuale delle nostre conoscenze archivistiche, non risultano sopravvissuti
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6 Sul Monte di Genova ed i suoi rapporti e somiglianze con quello di Savona, v. BRUZZONE
1908 e GIACCHERO 1970b, pp. 7-102.
7 Non è questa la sede per un esame della bibliografia sui Monti di Pietà, che ancora di recente si è arricchita di numerosi ed importanti contributi. Per una rassegna completa e ra-gionata rimandiamo a MUZZARELLI 1979.
8 Ibidem, p. 165 e sgg.
9 Oltre alla numerosa bibliografia locale citata dalla Muzzarelli, si veda il sempre valido lavoro di MIRA 1956, p. 346 e sgg. Confronti puntuali tra gli Statuti di diversi Monti di Pietà in GARRANI 1957.
10 MUZZARELLI 1979, p. 180.
11 DE SIMONE 1974; CAPECCHI - GAI 1976, dove viene trascritto e analizzato un « Qua-derno della vendita del Pegni» del Monte (giugno-settembre 1491).
LA CONTABILITÀ DELL’ANTICO MONTE DI PIETÀ DI SAVONA
sistenti fondi di documentazione contabile 12. Per questa ragione i registri fi-nora poco conosciuti dell’Archivio dell’Antico Monte di Pietà di Savona, che con quattordici volumi coprono il periodo 1480-1741, costituiscono una fonte di primaria importanza, certo meritevole di un auspicabile studio spe-cifico. Le pagine che seguono sono dedicate ad una presentazione di questo materiale.
I registri contabili superstiti dell’antico Monte di Pietà di Savona
In un tentativo di suddivisione della storia dei Monti di Pietà, Mario Maragi 13 ne ha classificato in modo indicativo le vicende in tre periodi: il primo, tra la fine del XV secolo e la Rivoluzione francese, contrassegnato dall’autogoverno dei singoli istituti; il secondo, durante l’Ottocento, nel quale i Monti, dopo la disciplina generale ed uniforme del 1807, agiscono come opere pie o istituti pubblici di assistenza e beneficenza; il terzo, fino ai nostri giorni, caratterizzato dalla notevole accentuazione delle funzioni creditizie degli istituti.
I registri contabili superstiti dell’antico Monte di Pietà di Savona qui pre-si in conpre-siderazione sono quelli anteriori al 1807: pre-si riferiscono pertanto al primo periodo, cioè ai secoli in cui il Monte è disciplinato in via fondamentale dai propri Statuti (che subiscono peraltro numerose revisioni ed aggiorna-menti) ed è amministrato da organi dotati di ampi poteri decisionali, salva l’approvazione di una autorità superiore per gli oggetti più importanti 14. È agli Statuti pertanto che si farà riferimento ogni qual volta, nelle pagine che seguono, si vorrà controllare la liceità di una impostazione contabile o di un’operazione, oppure la corrispondenza tra il dettato normativo e la pratica quotidiana.
I quattordici volumi superstiti coprono – come si è già detto – il periodo 1480-1741 e, in particolare, forniscono materiale documentario per i seguenti anni: 1480, 1483 e 1486 (solo II semestre) nel XV secolo; 1500 e 1580 (due
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12 Cfr. per tutti, Archivi Storici 1956, II. Fra i libri contabili più antichi, allo stato attuale delle conoscenze, ricordiamo, oltre al «Libro della vendita dei pegni» citato alla nota prece-dente, i «giornali di contabilità» del Monte di Bologna, che si posseggono dal 1473, anno di fondazione, (Ibidem, pp. 267 e 276-278 e MARAGI 1973) e un «Libro giornale» (1506-1535) del Monte di Pietà di Milano (COMPOSTELLA 1973).
13 MARAGI 1956.
14 Ibidem, p. 295 e sgg.
voll.) nel XVI; 1640 (due voll.) e 1670 (due voll.) nel XVII; 1740 (due voll.) e 1741 (due voll.) nel XVIII. Il loro numero complessivo non è elevato, considerati i quattro secoli ai quali si riferiscono ed il vario e complesso ap-parato di libri contabili di cui certamente era fornito il Monte, se non al momento dell’istituzione, almeno nei secoli successivi.
Un inventario della prima metà del Settecento 15 fornisce al proposito alcune informazioni e nello stesso tempo conferma che i registri contabili relativi al XV secolo erano già allora in qualche misura mancanti, in parte a causa dell’incuria dimostrata dagli stessi funzionari per ciò che veniva rite-nuto «antico» e quindi non più utile. Nell’elenco vengono distinti vari tipi di libri: primi fra tutti i Libri Rossi, il più antico dei quali risale all’anno di fondazione, cioè al 1480. Ognuno di essi concerne un esercizio annuale che copre il periodo durante il quale rimangono in carica gli «Ufficiali», cioè dal-l’inizio di febbraio alla fine di gennaio dell’anno successivo: i volumi relativi al XV ed a buona parte del XVI secolo rappresentano, con molta probabilità, i mastri generali delle entrate e delle uscite del Monte 16, la cui attività all’ini-zio consiste esclusivamente nel pegno e nello «spegno» di oggetti diversi.
Quando in seguito si affianca e prospera la raccolta di depositi, questi mastri continuano a conglobare solo la gestione delle operazioni di credito su pegno e ad essi si affiancano i Libri Mastri e Manuali del Ristretto (cioè «mastri» e
«giornali» più sintetici) con la gestione complessiva dell’istituzione (pegni, depositi, legati, beni immobili acquisiti, etc.). La serie del secondo tipo di registri, ognuno relativo a più esercizi, risulta infatti iniziare nel 1575. Ai Libri Rossi si affiancano i Libri di note (o libri giornale) tenuti dal «nottista», nei quali le operazioni della gestione generale erano registrate cronologica-mente prima di essere trasferite nel mastro in termini sistematici 17.
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15 Il testo dell’inventario, del 1721, è trascritto da FIASCHINI 1980.
16 La terminologia usata anche in seguito nel definire tecnicamente i vari registri fa rife-rimento alle norme per la catalogazione dei registri contabili privati predisposte dall’istituto di Storia economica dell’Università di Genova. Sui mastri e l’uso di contraddistinguerli con il colore della sovracoperta, fin dal XIV secolo, v. MELIS 1972, p. 618.
17 Occorre ricordare però che la differenziazione tipologica dei registri contabili si af-ferma solo con Luca Paciolo alla fine del Quattrocento. Secondo il citato inventario tutti que-sti libri risultano conservati negli armadi della «prima stanza de’ pegni», tranne quelli relativi agli ultimi dieci anni (cioè quello che oggi definiremmo archivio corrente), tenuti nella Can-celleria dei Ministri del Monte.
LA CONTABILITÀ DELL’ANTICO MONTE DI PIETÀ DI SAVONA
Numerosi altri libri particolari risultano menzionati nell’inventario ci-tato: i Libri dei custodi dei pegni, relativi al carico ed allo scarico fisico degli oggetti impegnati dai locali dove venivano conservati; quelli concernenti i pegni scaduti e la loro vendita all’asta; i Libri di poste, probabilmente con la registrazione dell’emissione delle polizze.
Dalla complessità delle rilevazioni contabili, quale traspare dalla varietà dei libri elencati nell’inventario, ci si può facilmente rendere conto che registri di diversa natura offrono informazioni differenti non solo nel tipo, ma anche nell’importanza. Per questa ragione alla descrizione esterna dei singoli pezzi, è opportuno affiancare qualche precisazione sulla natura contabile dei vari re-gistri, sia per un’esatta catalogazione, sia per il diverso apporto che il conte-nuto può offrire ad una puntuale ricostruzione dell’attività del Monte.
I registri del XV secolo (nn. 1, 2, 3) costituiscono indubbiamente il nucleo più importante, sia per la vetustà, sia per la natura contabile. Si tratta di tre mastri generali delle entrate e delle uscite che appartengono al gruppo dei c.d. Libri Rossi e sono contraddistinti con le lettere A, D e G2. Essi compendiano tutta l’attività del Monte nei due anni e mezzo a cui si riferi-scono e rappresentano quindi una fonte fondamentale: al primo registro, impiantato al momento di fondazione del Monte, saranno dedicati, in modo particolare, i paragrafi successivi.
I volumi del XVI secolo hanno invece natura diversa. Il primo (n. 4) è un libro giornale generale delle entrate e delle uscite (Libro di note) e prende in ordine cronologico tutte le operazioni relative alla gestione com-plessiva del Monte dal I febbraio 1500 al 30 gennaio 1501. Gli altri due vo-lumi (nn. 5 e 6) sono invece dei mastri particolari o partitari, concernenti esclusivamente il movimento di cassa per operazioni di pegno e di riscatto degli oggetti. Oltre al conto cassa vi sono quelli accesi ai soggetti impe-gnanti durante l’anno 1580, mentre le corrispettive operazioni di «spegno» avvengono entro il termine massimo concesso, cioè – come vedremo – en-tro i successivi tre anni.
A questo tipo di registro ed al corrispondente libro giornale (giornale di cassa per operazioni di pegno e di riscatto di oggetti) sono riconducibili gli altri otto libri superstiti relativi alla contabilità del Monte nei secoli XVII e XVIII: i nn. 9, 10, 11 e 12 sono i partitari di cassa relativi ai pegni del 1670 e del 1740 ed al loro successivo riscatto; i nn. 7, 8, 13 e 14 contengono le analoghe operazioni del 1640 e del 1741, disposte però in ordine esclusiva-mente cronologico.
Si tratta pertanto di registri le cui informazioni sono parziali rispetto alla gestione complessiva dell’istituzione; tuttavia queste fonti offrono egual-mente un materiale di notevole importanza per ricostruire l’impegno finanzia-rio del Monte di Pietà nel settore dei pegni e per individuare le caratteristiche delle sovvenzioni e degli oggetti ceduti. Essi appartengono ad un sistema di contabilità ormai evoluto, che comprende una serie articolata di registri differenziati rispetto ai semplici «librum» e «nota» prescritti dagli Statuti nel 1480, al momento dell’istituzione del Monte savonese.
Il libro mastro generale impiantato alla fondazione del Monte
Nel gruppo dei registri quattrocenteschi una particolare attenzione de-ve essere dedicata al primo cartulario, relativo al 1480. Le scritture iniziali portano la data del 2 gennaio di quell’anno, primo giorno di attività del Monte di Savona; l’inizio normale degli esercizi successivi sarà stabilito, in-vece, dagli Statuti, per il I febbraio.
Si tratta di un Libro rosso (o «Librum») contrassegnato con la lettera A, la cui «nota» o giornale non ci è pervenuta; secondo gli Statuti quattro-centeschi la sua compilazione era affidata allo «scriptor libri» 18, eletto ogni anno e retribuito con un salario annuale di centocinquanta lire savonesi. Le disposizioni sulla tenuta delle registrazioni non sono particolareggiate: ci si limita a prescrivere che nel «Libro» non possa essere inserita alcuna scrittura che non abbia prima trovato la propria sistemazione cronologica nella « No-ta» e che, all’inverso, ogni partita del giornale trovi giusta collocazione nel DARE e nell’AVERE dei conti del mastro, affinché in ogni momento risulti chiaro «quicquid debet habere aut dare Mons predictus» 19.
Il registro (n. 1) consta di oltre 650 pagine 20 ed è redatto in latino, se-condo l’usanza del tempo; la lingua, non sempre corretta, è ricca di fantasia e
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18 Contemporaneamente veniva eletto anche uno «scriptor note»
19 Nel secolo successivo le disposizioni vengono ripetute e perfezionate: negli Statuti del 1520, ad esempio, è previsto un riscontro mensile di tutte le partite tra il giornale ed il mastro.
Anche nel mastro del 1480, però, le poste sono tutte precedute da una piccola r nel margine sinistro, ad indicare la revisione della registrazione. Ciononostante, non sembra che le regi-strazioni avvenissero con la regolarità raccomandata dagli Statuti: è assai comune, ad esempio, che accanto alla data venga scritto licet ante, o addirittura che l’iscrizione avvenga con ritardo di alcuni mesi (vedi c. CLXVI: «die X maii, licet fuit ultimo ianuarii»).
20 Anche per la descrizione esterna di questo registro si rimanda a FIASCHINI 1980.
LA CONTABILITÀ DELL’ANTICO MONTE DI PIETÀ DI SAVONA
neologismi 21; i valori sono espressi in unità di conto (lire di 20 soldi da 12 de-nari ciascuno) riferibili alla moneta savonese 22; gli importi sono indicati con cifre romane, così come i totali dei singoli conti ed i saldi per il riporto a pagi-na nuova. Quest’ultimo elemento riflette probabilmente la convinzione allora assai diffusa che in tal modo si rendessero più difficili le falsificazioni 23.
Da un punto di vista contabile si tratta di un libro mastro di entrate ed uscite tenuto a partita doppia, con conti a sezioni divise e contrapposte, cioè la forma più evoluta e vicina all’attuale, definita anche partita doppia «alla veneziana» 24. All’epoca del nostro libro il metodo della partita doppia è in-fatti ormai ampiamente diffuso e perfezionato in tutta Italia, anche se avrà la sua consacrazione formale solo una quindicina di anni più tardi con Luca Paciolo 25. Già dal secolo precedente essa è impiegata, ad esempio, nell’am-ministrazione del Comune genovese, i cui registri della Massaria, secondo una recente illustrazione 26, risultano organizzati contabilmente con criteri del tutto simili a quelli che caratterizzano il mastro del Monte di Pietà di Savona. Anche in quest’ultimo registro le scritture sono ripartite per conti, all’interno dei quali vengono tenute in ordine cronologico; ogni conto è poi suddiviso in due sezioni disposte verticalmente sul verso di una carta e sul recto della seguente. A sinistra (DARE), dall’alto verso il basso, si hanno prima l’intestazione del conto seguita dal debet nobis pro ... e successiva-mente la descrizione di ogni operazione con l’importo della variazione a cui dà origine; la sezione di destra (AVERE) inizia con il recepimus e prosegue analogamente con la serie delle rispettive registrazioni 27.
Ogni partita è iscritta due volte, una in DARE ed una in AVERE, ed in ciascun caso si precisa sempre la contropartita e la carta in cui è contenuta.
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21 Nella Repubblica di Genova, ad esempio, i documenti contabili furono redatti in lati-no filati-no all’inizio del sec. XVII. Cfr. BORLANDI 1963b, p. 230.
22 Sul diritto di battere moneta propria ottenuto da Savona nel 1327, v. SCOVAZZI -NOBERASCO 1926-1928, III, pp. 207-208.
23 Cfr. VLAEMMINCK 1956, pp. 54-55.
24 Sui vari aspetti formali che può assumere la partita doppia, v. MELIS 1950, p. 429.
25 Su questo A. vedi, per tutti, l’informato lavoro di VLAEMMINCK 1956, p. 85 e sgg.
Sulle origini della partita doppia e la discussa priorità fra Genova e Firenze, v. DE ROOVER
1937, spec. p. 270 e sgg.; MELIS 1950, pp. 415-416; ZERBI 1952, p. 53 e sgg.; MELIS 1972, p. 58 e la recente messa a punto di CASSANDRO 1976, p. 14.
26 POLONIO 1977, spec. p. 77 e sgg.
27 Ibidem, pp. 79-80.
Queste considerazioni e l’esistenza nella serie dei conti del mastro di un conto del patrimonio e di altri due accesi ai proventi ed alle spese (cioè ai risultati economici della gestione), di cui parleremo in seguito, costituiscono la prova che il metodo contabile del registro è imperniato sulla partita doppia, anche se in esso non si riscontrano tutti i corollari dettati dal perfeziona-mento tecnico successivo 28.
L’analisi del volume conferma inoltre, per la più antica contabilità del Monte, l’esistenza dei due soli libri previsti dagli Statuti 29, la «nota» ed il
«librum».
I conti del mastro non si susseguono secondo un piano determinato 30. Alcuni di essi sono meno importanti ed una coppia di facciate affrontate può essere sufficiente per contenere tutte le operazioni; altri, invece, sono chiusi provvisoriamente e riaperti in carte successive, anche più volte, secondo la lunghezza del conto stesso e quindi l’intensità del rapporto che rappre-senta (è questo di norma il caso del c/cassa): da ciò risulta ovviamente che nel libro il numero dei conti effettivi non corrisponde a quello che a prima vista potrebbe apparire 31.
Indicativamente possiamo classificare i conti del Libro rosso del 1480 in quattro gruppi (su ognuno dei quali si ritornerà ancora nelle pagine se-guenti):
i conti accesi alle fonti del capitale proprio, cioè al complesso delle risor-se che all’atto della fondazione del Monte vengono organizzate e precostituite onde fornire all’istituzione il numerario da erogarsi a credito;
i conti accesi ai clienti per le operazioni di concessione di credito: rappre-sentano il tipo di conto di gran lunga prevalente (occupano in prati-ca i quattro quinti del volume), in funzione del prati-carattere esclusiva-mente erogativo che l’istituzione ha alle origini;
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28 In questo senso si veda ibidem, pp. 80 e 97-98.
29 Numerosi i riferimenti, in sede di chiusura dei conti, al mastro dell’anno successivo, indicato con la lettera B. Per l’abitudine di contraddistinguere i mastri, oltre che con il colore della sovracoperta, con le lettere dell’alfabeto, v. MELIS 1972, spec. p. 618.
30 Solo in taluni casi essi risultano in ordine alfabetico; in altri viene data la precedenza ai conti più importanti.
31 MELIS 1972, p. 49 e sgg.
LA CONTABILITÀ DELL’ANTICO MONTE DI PIETÀ DI SAVONA
i due conti accesi al risultato economico, uno per gli utili e le eventuali per-dite ed uno per le spese di gestione: la Ratio proventuum monete con-cesse et concedende Montis Pietatis e le Expense Montis Pietatis;
i conti che potremmo definire d’ordine, in quanto collegati con tutta la serie di operazioni che si rendono necessarie in sede di chiusura non dell’esercizio, ma del registro, tre anni dopo la fine dell’esercizio stes-so. È questo infatti il termine massimo concesso ai soggetti impe-gnanti per restituire la sovvenzione di cui, peraltro, sono tenuti a rimborsare almeno gli interessi a scadenza più ravvicinata.
La fase di chiusura è indubbiamente quella più particolare di questo
«Librum» in cui risultano registrate le operazioni di pegno dal I gennaio 1480 al 31 gennaio 1481, mentre le scritture di determinazione del risultato di esercizio iniziano nell’autunno del 1483 e si concludono solamente nel 1485.
È solo a partire dal 1483, infatti, che gli oggetti impegnati nel 1480 e non ancora riscattati possono essere individuati, sia materialmente, sia contabil-mente, e successivamente venduti all’asta. Il risultato della vendita può essere
È solo a partire dal 1483, infatti, che gli oggetti impegnati nel 1480 e non ancora riscattati possono essere individuati, sia materialmente, sia contabil-mente, e successivamente venduti all’asta. Il risultato della vendita può essere