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l’esempio di Savona alla fine del Quattrocento

Le strette correlazioni con il problema dell’usura, con il prestito ebraico, con il contrasto tra francescani e domenicani, in sostanza con alcuni temi di grande respiro teorico e di notevoli implicazioni pratiche, hanno in qualche modo deviato l’attenzione della storiografia da altri elementi documentari e da diverse suggestioni ricostruttive cui pure dà luogo il sorgere e l’affermarsi dell’istituto dei Monti di Pietà nella seconda metà del XV secolo 1.

Pur ricacciati nell’ombra dalle appassionanti dispute sulle questioni ge-nerali di principio e sui loro riflessi nella vita delle relazioni economiche, rimangono aperti e in attesa di risposta tutta una serie di problemi, forse più spiccioli o addirittura banali, legati al funzionamento quotidiano di questi enti appena nati, alle regole tecniche che si sono dati e all’umanità che ad es-si es-si rivolgeva per trovare una soluzione e uno sbocco, magari momentaneo, alle necessità personali e familiari, spesso impellenti e indilazionabili.

La documentazione contabile più antica dei Monti di Pietà, sopravvissuta purtroppo in minima parte, può offrire risposte più o meno complete a chi la interroghi su questi argomenti, e non si può escludere che una migliore cono-scenza dei primi esiti e dei primi riscontri dati alle comunità interessate dagli istituti appena costituiti, possa essere di valido ausilio per un migliore inqua-dramento dei più generali problemi teorici di cui si discorreva all’inizio 2.

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* Pubblicato in: Aspetti della vita economica medievale, Atti del Convegno di Studi nel X anniversario della morte di Federigo Melis, Firenze-Pisa-Prato, 10-14 marzo 1984, Firenze 1985, pp. 530-540 e in MASSA 1995a, pp. 233-244.

1 Della vasta bibliografia sui Monti di Pietà sono ancora utili alcune opere che possono considerarsi classiche, quali i saggi dei due volumi Archivi Storici 1956; il lavoro di GARRANI

1957, e la monografia di MARAGI 1973. Per una rassegna più dettagliata, aggiornata special-mente sui lavori di storia locale, vedi MUZZARELLI 1979. Si possono aggiungere per il periodo più recente, i saggi su Attività di prestito 1983, e l’articolo di PRODI 1982. Sul complesso pro-blema dell’usura e sull’ampio dibattito che esso suscitò, rimandiamo al volume Etica economi-ca 1974, con ampio apparato bibliografico, e al sopra ricordato articolo di P. Prodi.

2 Si veda, da ultimo, MASSA 1980. Altri esempi in COMPOSTELLA 1973; DE SIMONE 1974;

CAPECCHI - GAI 1976.

Credo sia quindi opportuno richiamare l’attenzione sulle potenzialità storiografiche dei libri contabili dei Monti di Pietà, anche nel ricordo di un Maestro, Federigo Melis, che ha mostrato come le scritture contabili, al di là dei dati tecnici, possano essere strumento conoscitivo non secondario 3. Il caso concreto cui si fa riferimento è limitato, ma può porsi come un esem-pio di utilizzazione di questa fonte.

La scelta è per certi versi occasionale e per altri necessitata, ed è opportu-no darne una spiegazione. L’occasione è quella offerta dalla esistenza del Regi-stro di impostazione e di primo funzionamento del Monte di Pietà di Savona, nel 1480: un mastro che concerne cioè l’anno iniziale di attività dell’ente 4.

In questo libro, oltre ai religiosi, sono proprio gli artigiani le uniche persone di cui è possibile rilevare la professione, indicata accanto al nome.

La circostanza consente pertanto di cogliere alcuni elementi quantitativi e di operare alcune brevi valutazioni sui rapporti di queste categorie con il Monte appena istituito.

Il documento ufficiale di nascita è opera di un savonese, che occupava in quel momento la cattedra pontificia, Sisto IV, un Della Rovere che volle, attraverso questo atto, dimostrare benevolenza verso i propri concittadini, sottraendoli ai prestatori privati, soprattutto ebrei. I primi passi dell’istitu-zione non sono agevoli per le difficoltà provocate dall’Arcivescovo di Savona, il domenicano Pietro Gara, che, seguendo i dettami del suo ordine, è uno strenuo oppositore dei Monti e si fa, nell’occasione, addirittura scrittore, con la redazione di un libello polemico. Il Papa è costretto ad un intervento d’imperio, con l’investitura di pieni poteri ad Angelo da Chivasso, il quale, esaminati gli Statuti e constatatene la liceità e la mancanza di disposizioni usurarie, ridà slancio all’istituto 5.

Nato quindi in circostanze particolari, concesso più che richiesto, il Monte di Pietà di Savona è la prima istituzione di questo genere che sorge nel territorio della Repubblica di Genova, seguito, a qualche anno di distan-za, nel 1483, per impulso dello stesso Angelo da Chivasso, da un analogo Monte nella città dominante 6.

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3 Si vedano, ad esempio, MELIS 1950; MELIS 1972.

4 Su questo registro, V. MASSA 1980, pp. 313-330.

5 FIASCHINI 1980, pp. 207-227.

6 BRUZZONE 1908, e GIACCHERO 1970b, in parte riedito in GIACCHERO 1988.

ARTIGIANI, CREDITO E MONTI DI PIETÀ: LESEMPIO DI SAVONA

Il primo mastro savonese, a noi pervenuto, all’interno di un fondo archi-vistico che ha conservato appena quattordici libri di natura diversa per il pe-riodo fino al 1741 7, contiene scritture che vanno dal 2 gennaio 1480 al 31 gennaio 1481 (l’anno finanziario iniziava infatti il primo febbraio), di un pe-riodo cioè in cui le strutture economiche cittadine sembrano attraversare una congiuntura abbastanza favorevole. Sono ancora vivi e frequenti i moti di in-dipendenza verso Genova, che inducono Savona ad appoggiare i nemici della Repubblica, in una lotta che la vedrà perdente, e destinata a subire da Andrea Doria, qualche decennio più tardi, nel 1528, l’onta dell’interramento del porto ed un ridimensionamento politico ed economico. I traffici marittimi sono infatti l’asse portante dell’economia savonese, naturale sbocco al mare della regione piemontese, emporio adibito al transito, ma anche alla trasforma-zione dei prodotti provenienti sia dalla pianura padana, sia dall’oltremare 8.

A questo compito erano addette le organizzazioni corporative artigianali, cresciute in numero e potenza all’interno del Comune, in antitesi politica, ma spesso in consonanza economica e commerciale con la tradizionale aristocra-zia mercantile: dai rilevamenti operati dal Varaldo appare che nel decennio 1471-1480, tra i soci finanziatori di imprese commercial-marittime, normal-mente documentate dai contratti di commenda, gli artigiani sopravanzano gli aristocratici, e tra gli artigiani i più ricchi e potenti sono i rappresentanti delle corporazioni più numerose, operanti nei settori della lana e del cuoio 9.

Le categorie artigianali appaiono, nella Savona della fine del Quattro-cento, in una posizione di notevole prestigio economico e sociale 10, e direi che questo giudizio generale viene in buona misura confermato dall’esame dei rapporti che gli appartenenti a talune di esse instaurano con il Monte di Pietà, istituzione nata con compiti umanitari e caritativi, che non dovrebbe riguardare, se non marginalmente, categorie ricche e altrimenti protette 11.

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7 MASSA 1980, pp. 311-313.

8 All’economia savonese del secondo Quattrocento ha dedicato di recente un dettagliato saggio VARALDO 1980a, a cui si rimanda per i riferimenti bibliografici.

9 VARALDO 1980a, pp. 58-61.

10 Ibidem, pp. 38-40 e 11 e sgg.

11 Questa affermazione fa riferimento all’ideologia che è alla base della fondazione dei Monti di Pietà e che sembra accompagnarli nei primi anni di vita. Su eventuali mutamenti di scopi o degenerazioni successive che caratterizzano alcuni istituti, v. GARRANI 1957, p. 47 e sgg., e da ultimo PRODI 1982, pp. 217-223.

Esaminiamo adesso la documentazione dei primi tredici mesi di attività del Monte: dal 2 gennaio 1480 al 31 gennaio 1481 il numero delle persone che ricorre al Monte di Pietà è di 1.650; esse compiono complessivamente 4.310 operazioni di pegno, con una media di 2,5 a testa, depositando presso l’istituzione 6.143 oggetti.

È inoltre possibile fare alcune considerazioni sulla composizione socio-economica della clientela del Monte stesso e specialmente di quella che potremmo chiamare «clientela abituale o ricorrente» per il particolare rapporto instaurato con l’ente.

La tipologia della clientela del Monte di Pietà di Savona nel 1480 com-prende uomini e donne, in misura pari al 7% della popolazione del distretto 12, per la quale era previsto il credito secondo gli Statuti del 1489, i più antichi a noi pervenuti 13.

Utilizzando un dato di poco posteriore, relativo alla composizione dei

«fuochi» del savonese 14, ogni cliente può però essere considerato come il rappresentante di un nucleo ipotetico di 4,5 persone: in questo caso è quasi un terzo (31%) della popolazione della città e di un ristretto contado, con una agricoltura diffusa ma non prospera, che trae dal prestito su pegno un aiuto non sempre soltanto occasionale, a basso interesse 15.

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12 Cfr. VARALDO 1975, pp. 24-27 e 53-55, n. 113 in cui l’A. fa il punto sulle vicende de-mografiche savonesi. In assenza di fonti documentarie specifiche per la seconda metà del Quattrocento e in considerazione del trend discendente che caratterizza l’economia e la demo-grafia savonese, anche per la presenza di pestilenze nel 1501 e nel 1504, l’A. ritiene di poter riferire agli ultimi decenni del XV secolo i dati demografici dei primi anni del Cinquecento:

18.000 persone per il centro urbano e 25.000 per l’intera giurisdizione comunale. Si veda an-che VARALDO 1980a, pp. 31-32, n. 50.

13 «Mutuabunt autem officiales predicti omnibus civibus distrectualibus et habitatoribus Savone et illis de episcopatu qui morantur a Sancta Nicolao montis Vadorum citra versus Savo-nam usque ad civitatem ipsam et a mari usque ad iughum in dicto spatio ...». Cfr. FIASCHINI

1980, p. 237 e p. 247.

14 Questo dato, ricavato da VARALDO 1975, p. 27, n. 54, sulla base di documentazione della metà del XVI secolo, è riferito alla città e al distretto.

15 L’interesse richiesto è di denari 1,75 per ciascuna lira concessa e per ogni mese, pari all’8,75% annuo, spesso arrotondato nei calcoli a denari 2 per lira e per mese (9-10%) (MASSA

1980, p. 327). La mancanza di documentazione coeva, economica e demografica (v. VARALDO

1980a, pp. 9 e 21), non consente di individuare a quali cespiti di reddito i prestiti del Monte di Pietà più frequentemente si aggiungessero e in quale misura integrassero i redditi familiari.

ARTIGIANI, CREDITO E MONTI DI PIETÀ: LESEMPIO DI SAVONA

Dopo un lento avvio nel primo mese di attività (gennaio 1480), in cui solo 64 persone ricorrono al Monte, nei due successivi ben 621 sono gli utenti che per la prima volta si rivolgono alla nuova istituzione: non solo rappresentano il 36% della clientela complessiva dell’istituto in quell’anno, ma ad essi va riferito il 50% delle operazioni compiute dal 1o febbraio 1480 al 31 gennaio 1481, cioè nel periodo normale di durata di un esercizio.

La prima caratteristica posta in evidenza da questi dati è quindi la pre-senza di una clientela che tende a divenire abituale nel suo ricorso al pegno, compiendo cioè nel corso dell’anno, un numero elevato di operazioni. Se analizziamo, infatti, i singoli dati che producono la quota media di 2,5 ope-razioni a testa, scopriamo che i nuovi clienti, iscritti da agosto in poi, sono molto spesso titolari di non più di una o due operazioni: tra i «correntisti» più vecchi, invece, c’è chi torna a presentarsi all’Ufficio alcune decine di volte 16, talora anche impegnando e disimpegnando gli stessi oggetti.

Lo stabilizzarsi quasi immediato di una clientela abituale e ricorrente dimostra quindi che, passato il primo periodo di diffidenza, è nei confronti della popolazione più bisognosa, «per il soddisfacimento dei bisogni indif-feribili, urgenti» 17, ma anche ricorrenti, di gente cioè umile e molto povera, che il nuovo ente ha circa la metà della propria esposizione finanziaria.

Se la presenza delle donne ha un certo rilievo (il 15% dei clienti), esse non sono però tra i frequentatori più assidui: sono infatti compiute da donne nel corso del periodo preso in considerazione, 677 operazioni, pari al 16% del volume complessivo. È pur vero, peraltro, che spesso gli oggetti portati al Mon-te dagli uomini sono gioielli, collane, cinture, anellini, talora cappe e manMon-telli

«a domina», a significare l’apporto femminile all’economia familiare anche quando l’operazione di pegno è compiuta materialmente dal capo famiglia.

Di poco rilievo è la presenza di religiosi: 13 persone, pari a meno dell’1%

dei clienti.

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16 Il numero maggiore di operazioni sono compiute rispettivamente da Elisabetta Butina, cliente per quasi tutti i tredici mesi, con 46 pegni dal 13 gennaio alla fine dell’esercizio, e da Gia-como Guasco, titolare di 41 prestiti a partire dalla fine di febbraio, che si presentano quindi al Monte in pratica ogni 8 giorni. Altri 15 clienti, il cui rapporto con l’ente inizia tra gennaio e mag-gio, risultano titolari di un numero di operazioni di pegno compreso tra 17 e 27, con frequenza quindi variabile. Non bisogna sottovalutare però la posizione di chi nei soli mesi dal novembre 1480 al gennaio 1481 ha necessità di ricorrere al prestito anche 7 o 8 volte, cioè ogni 11-13 giorni.

17 GARRANI 1957, p. 8.

Più notevole, anche se non certo massiccia, la presenza di artigiani, cioè di clienti maschi accanto al cui nome è indicata la professione. L’accuratezza dello scrivano in tutte le registrazioni (le generalità dei singoli clienti sono sem-pre riportate con molta sem-precisione e accanto al nome di molte donne è registrato anche quello del marito), offre una certa affidabilità alla effettiva costanza dell’indicazione delle qualifiche professionali: persino in due casi in cui si pre-sentano al Monte donne il cui marito ha o ha avuto un preciso inquadramento corporativo, esso viene annotato nella scrittura contabile 18. Così, ad esempio, troviamo registrata la presenza del cintraco del Comune e di un notaio.

Di fronte a questa caratteristica di particolarità nella registrazione della qualifica professionale, sorge spontaneo l’interrogativo se anche il credito richiesto sia particolare, se si ponga cioè in collegamento con l’attività di lavoro, come finanziamento produttivo, o rientri invece in un rapporto di tipo assistenziale.

I 52 artigiani che fanno ricorso al Monte, titolari complessivamente di 153 operazioni di pegno, rappresentano circa il 4% della clientela maschile. Si tratta quindi di una presenza marginale rispetto alla numerosità delle 23 cate-gorie produttive in cui essi sono inquadrati e che costituiscono una parte so-cialmente ed economicamente importante della popolazione savonese 19.

Se per più di un terzo di essi (20 su 52) il ricorso al credito su pegno è, nel corso dell’anno, un evento occasionale e non ripetuto, per gli altri la fre-quenza e la ripetitività delle operazioni 20 mettono in luce il loro

inglobamen-———————

18 Si tratta di «Margaritina, uxor relicta quondam magistri Iohannis Iuppi, sartoris» (Li-bro rosso segnato A., c. 133) e di «Nicoloxia, uxor magistri Martini, peliparii» (Ibidem, c. 280).

19 Sulle corporazioni savonesi sono sempre validi i lavori di NOBERASCO 1921 e di MIGLIARDI - NOBERASCO - SCOVAZZI 1931-1937, spec. vol. I, pp. 6-30. Anche sulla base dei più recenti lavori di Carlo Varaldo (VARALDO 1975, pp. 37-48 e tav. VII, e VARALDO 1980a, p. 113) rimane confermato (v. anche nota 10) la posizione di rilievo degli artigiani nell’economia savone-se del periodo tra la fine del XV ed i primi decenni del XVI savone-secolo. L’A. individua 32 mestieri nei contratti d’apprendistato del periodo 1450-80 e circa 50 nella documentazione demografi-ca degli anni 1540-1549, ma sulla numerosità delle singole arti non è possibile dare nessuna indicazione affidabile. Si può ancora aggiungere che, secondo gli Statuti del 1489, due dei sei Ufficiali eletti ogni anno per amministrare il Monte di Pietà dovevano essere scelti tra gli arti-giani. FIASCHINI 1980, pp. 235 e 241.

20 Venti artigiani ricorrono al Monte una sola volta nel periodo considerato. Gli altri 32 hanno a loro nome un numero di operazioni che varia da 8 (per un barbiere e un tintore) a 2 o 3 (per 13 soggetti), 4 o 5 (per altri 13), 6 o 7 (per 5 artigiani). Più significativo il dato sulla frequenza o intervallo medio di tempo tra un’operazione e l’altra per chi compie quattro o più

ARTIGIANI, CREDITO E MONTI DI PIETÀ: LESEMPIO DI SAVONA

to, più o meno contingente, nella categoria dei più disagiati, bisognosi e insi-curi anche all’interno del gruppo corporativo di appartenenza: non è un caso d’altra parte che i tre quarti degli artigiani inizino i loro rapporti con il Monte savonese nei primi mesi del 1480 21, quando, progressivamente allontanatisi gli Ebrei da Savona, la folla dei diseredati si rivolge al nuovo istituto 22.

Confermano ulteriormente la loro situazione di indigenza le somme ottenute, generalmente esigue; i lunghi tempi che precedono il disimpegno;

la tipologia degli oggetti impegnati.

L’ammontare delle varie operazioni di prestito compiute da artigiani è di norma. di poche lire; in qualche caso raggiunge le 10-20 lire, solo per do-dici pegni tocca un livello che può portare ad ipotizzare il soddisfacimento di necessità collegate alla gestione degli affari e non solo alla sopravvivenza (da 26 a 50 lire) 23.

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operazioni (19 artigiani): 5 artigiani compiono 30 operazioni di pegno con una frequenza me-dia di 15-30 gg., 6 artigiani necessitano di 36 prestiti ad un intervallo medio di 30-45 gg.; un solo soggetto compie 5 operazioni a circa 2 mesi di distanza una dall’altra; i rimanenti 7 artisti ricorrono al Monte 30 volte, ma con un intervallo di due o tre mesi tra un’operazione e l’altra.

21 Su 52 artigiani, 40 iniziano il loro rapporto col Monte di Pietà entro il mese di aprile, e precisamente: 3 in gennaio, 14 in febbraio, 12 in marzo e 11 in aprile.

22 La documentazione superstite non fornisce importanti notizie sulla portata dell’attività degli Ebrei a Savona e sull’incidenza della loro presenza nel complesso della vita cittadina. Si veda, comunque, da ultimo, FIASCHINI 1980, p. 199 e sgg., con rassegna bibliografica. Sebbene cac-ciati nel 1476, ne viene accertata la presenza anche negli anni successivi e nel 1480 numerose scritture del mastro del Monte di Pietà fanno ipotizzare quasi un riscatto di un certo numero di pegni («habito ab hebreo cazanerio») e la presa in carico dall’istituto, a nome del proprietario.

23 Le somme ricevute dagli artigiani come corrispettivo di 153 operazioni di pegno, pos-sono essere così raggruppate:

L’80% dei pegni ha quindi un valore inferiore alle 10 lire di Savona, cioè a L. 2,5 di Genova (oc-corrono infatti 4 lire savonesi per avere una lira genovese, cfr. VARALDO 1980a, p. 147); il 13% ha un ammontare un poco più elevato; per l’8% delle operazioni le somme riscosse dai nove artigiani titolari (due calegari, due untori, due fornai, un sarto, un barbiere e un bombaxarius), raggiungo-no un livello più alto. L’importo massimo ricevuto dagli artigiani è di 50 lire di Savona (L. 12,5 di Genova), riscosso quattro volte e corrispondente al valore di mercato, a Savona, nel 1480, di

Più articolato è il discorso sulla durata della immobilizzazione dei pegni:

le giacenze degli oggetti portati dagli artigiani presso il Monte sono talora molto lunghe, anche annuali o addirittura triennali, il termine massimo oltre al quale i pegni scaduti e non riscattati vengono venduti all’asta; accanto a questi casi estremi se ne rilevano altri con una serie di durate mensili estre-mamente variabili, ma concentrate attorno ad un periodo di 2-6 mesi, e al-cuni esempi di momentanee necessità alle quali si pone rimedio nell’arco di pochi giorni 24. Nel complesso il comportamento degli artigiani appare non difforme da quello degli strati sociali bisognosi che tradizionalmente si ri-volgono al Monte di Pietà.

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5,5 mine di grano, cioè di un quantitativo quasi pari al fabbisogno medio annuale di tre persone (il dato sul fabbisogno è però riferito al secolo successivo: cfr. GRENDI 1970, p. 111). Le somme più ingenti non sono però che raramente il corrispettivo di pegni di oggetti singoli, vistosi e par-ticolarmente di valore, ma costituiscono quasi sempre il risultato di un faticoso lavoro di raccolta di piccole cose preziose, anche otto o nove oggetti, palesemente messe insieme quindi da indivi-dui non certo molto più ricchi degli altri clienti che frequentano l’istituto. In tre sole fra le opera-zioni di quest’ultimo gruppo viene impegnato un solo oggetto: si tratta in un caso di 30 palmi di zentonino nero per L. 31.18.9); nel secondo di uno stringicorio d’argento con ornamenti d’ar-gento (L. 50) e, nel terzo, di uno girocollo di perle (L. 33.12). Sul limite massimo del finanzia-mento ottenibile, variato col sec. XVI da 150 a 400 lire, si veda FIASCHINI 1980, p. 222 e p. 278.

24 La classificazione dei tempi di giacenza degli oggetti portati al Monte di Pietà dagli arti-giani in 153 operazioni ha messo in rilievo la netta prevalenza di una durata dei pegni compresa tra 1 e 6 mesi: a questo intervallo sono infatti riconducibili il 42% delle operazioni schedate, con una più marcata concentrazione, all’interno del gruppo, intorno agli intervalli più lunghi, da 3 a 6 mesi. Il limite minimo è invece di 2-3 giorni di giacenza (per 2 casi), ma complessivamente solo il 10% degli oggetti è riscattato entro meno di un mese. Tra i tempi più lunghi si è riscontrato un netto prevalere del periodo di 12-14 mesi, che sarebbe più facilmente collegabile alle scadenze agricole dei clienti del distretto che alla necessità di artigiani cittadini: 48 pegni, cioè il 31,5% del totale, hanno una giacenza compresa entro quest’intervallo. All’interno dell’ultimo gruppo si si-tuano anche 5 pegni che, scaduto il termine massimo, vengono messi all’asta:

Tempi di giacenza degli oggetti N. % % acc.

da 2 a 20 giorni 16 10,5 10,5

fino a 2 mesi 18 12 22,5

fino a 3 mesi 12 8 30,5

fino a 6 mesi 34 22 52,5

fino a 12 mesi 29 19 71,5

fino a 15 mesi 19 12,5 84,0

fino a 24 mesi 11 7 91,0

fino a 36 mesi o asta 14 9 100,0

Totale 153 100

ARTIGIANI, CREDITO E MONTI DI PIETÀ: LESEMPIO DI SAVONA

Gli oggetti impegnati dal gruppo di artigiani presenti nella

Gli oggetti impegnati dal gruppo di artigiani presenti nella