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3. Incipit della Divina Commedia Dante Alighieri, Divina Commedia, ms lat 4776,

1.4. Immagine e testo: gli strumenti del filologo.

Diversi sono i modi in cui l’illustrazione può giovare al lavoro del filologo.

Essa può aiutare a cogliere le diverse interpretazioni di cui è stata fatto oggetto un genere letterario nei vari ambienti o epoche in cui si è diffuso. Le miniature dei canzonieri provenzali e i rapporti di queste con i testi scritti, ad esempio, possono «chiarire i meccanismi e i caratteri dell’interpretazione dell’esperienza trobadorica corrente fra XIII e XIV secolo»74.

Le miniature dei circa trenta canzonieri rimastici sono state, infatti, evidentemente progettate in stretto rapporto con questi e sembrano voler incrementare la quantità delle informazioni relative all’argomento specifico dei manoscritti, la poesia occitanica, testimoniandoci l’alto interesse cui godette questo tipo di poesia per tutto il Duecento.

73 M.L. Meneghetti, Il pubblico dei trovatori…, cit., p. 17. 74 Ivi, p. 22.

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Poiché non sono di area provenzale, ma veneta, e poiché sono databili tra la fine del Duecento e la prima metà del Trecento, questi canzonieri sono stati confezionati in una realtà ricezionale profondamente diversa da quella che li aveva prodotti; la distanza geografica e cronologica ha generato, profonde variazioni dei presupposti culturali della fruizione e, pertanto, l’indagine iconografica sui manoscritti miniati trobadorici fornisce indicazioni importanti sulla ricezione e interpretazione della lirica occitanica in area veneta, a questa altezza cronologica.

Attraverso le miniature cogliamo, difatti, la differenza fra i fruitori che hanno creato quel tipo di poesia e i lettori che l’hanno ricevuta e interpretata più tardi:

«Le immagini dei manoscritti tardo-duecenteschi o proto- trecenteschi confezionati in area veneta, testimoniano il tenace desiderio di questi ultimi fruitori della poesia cortese di conoscere interpretare e ricreare un mondo che ormai non c’era più»75.

Maria Luisa Meneghetti osserva in tali miniature l’assenza, nella rappresentazione figurata dei poeti, di elementi volti a sottolineare la letterarietà dei testi, la loro natura di prodotto dell’elaborazione artistica o il momento della performance e dell’esecuzione del testo, molto comuni, invece, nelle illustrazioni dei canzonieri provenzali. Sottolineando questa differenza nella rappresentazione dei poeti, la studiosa deduce che i creatori di queste miniature dovevano essere «convinti di rievocare una situazione biografica»76: le immagini dei manoscritti veneti, evidenziano, infatti, «la verosimiglianza

75 Ivi, p. 276. 76 Ivi, p. 251.

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dell’histoire d’amour, lo spessore reale dell’esperienza lirica cortese»77.

Osservando, poi, le singole miniature dei diversi codici due- trecenteschi in maniera dettagliata, è possibile trarre ulteriori informazioni circa il tipo di lettura che il miniatore dà dei testi che intende illustrare e cogliere, ancora una volta, le differenze rispetto alla cultura che li ha prodotti.

Nel manoscritto N78, ad esempio, gli unici protagonisti delle miniature

sono l’amante-poeta, Amore e midons; tutto il mondo della corte, mariti, lauzengiers, rivali, sebbene così importante nei testi trobadorici, non è raffigurato:

«c’è una cesura sociale nettissima e insieme una curiosità esclusiva per «il caso» sentimentale, per un rapporto a due libero da condizionamenti esterni […]. Siamo dunque ben lontani dalla sensibilità così fortemente ideologizzata che aveva ispirato, in origine, i testi qui illustrati»79.

Le illustrazioni forniscono anche importanti indizi sull’evoluzione della committenza, e, dunque, della destinazione, dei prodotti artistico- letterari medievali, permettendoci, ad esempio, di cogliere l’ingresso di esponenti della classe borghese nel mondo del consumo di prodotti prima destinati alle classi alte.

77 Ibidem.

78 L’analisi del rapporto-testo immagine di questo manoscritto si trova anche in S. Huot,

Visualization and Memory: the Illustration of Trobador Lyric in a Thirtheenth-Century Manuscript, «Gesta», XXXI, 1, 1992, pp. 3-14; si veda inoltre G. Mariani Canova, Il poeta e la sua immagine: il contributo della miniatura alla localizzazione e alla datazione dei manoscritti dei canzonieri provenzali AIK e N, in AA.VV., I trovatori nel Veneto e a Venezia. Atti del Convegno Internazionale (Venezia, 28-31 ottobre, 2004), a cura di G. Lachin, Roma-Padova, Editrice Antenore, 2008, pp. 43-77.

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Le immagini del manoscritto Manesse, confezionato per un membro dell’alta borghesia zurighese nei primi anni del XIV secolo e contenente la lirica dei Minnesanger, mostrano

«le tracce di uno spirito aperto e vivace, di un desiderio di «liberare» la poesia cortese dalle eccessive astrazioni, da quelle rigidezze formali che ne avevano fatto, per lungo tempo, il modello espressivo prediletto dei ceti aristocratici»80.

A conferma di questo nuovo atteggiamento i ritratti dei diversi

Minnesanger sono collocati al centro di scenette buffe o licenziose e

spesso messi alla berlina.

Analizzando le miniature dei codici, è possibile anche rintracciare riferimenti intertestuali nascosti, scoprendo nuovi significati all’interno del testi81.

Attraverso le rappresentazioni figurate della novella di Nastagio degli Onesti (Decam.,V 8), Vittore Branca è giunto ad un’interpretazione inedita di essa.

Secondo lo studioso «le visualizzazioni più arcaiche nei codici […] fanno intuire nella caccia della novella di Nastagio anche, e forse, il profilo e il movimento o almeno la suggestione della favola di Atteone»82.

L’immagine della donna in fuga, così come la presenza nelle miniature e in generale nelle rappresentazioni figurative di cani da caccia e di

80 M.L. Meneghetti, La cultura visiva (affreschi, rilievi, miniature), in AA.VV., Lo spazio

letterario del Medioevo. Il Medioevo volgare, La circolazione del testo, a cura di P. Boitani, M. Mancini, A. Vàrvaro Roma, Salerno Editrice, 2002, II, 2, p. 487.

81 Si veda M. Simon, La mort des amants dans le Tristan en prose. Quand la légende

révéle à travers l’image son ancrage biblique, «Le Moyen Âge», CX, 2, 2004, pp. 345- 366.

82 V. Branca, Interespressività narrativo-figurativa e rinnovamenti tipologici e

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cervi, non giustificati dal testo, richiamerebbe, secondo Vittore Branca, il mito di Atteone, interpretato da Boccaccio, non secondo la tradizione classica, ma secondo la rilettura di Fulgenzio: Atteone come figura

Christi83.

Cogliendo questo riferimento intertestuale con l’ausilio delle miniature e della tradizione figurativa successiva, Vittore Branca illumina di un nuovo significato la novella di Nastagio:

«da immagine di punizione infernale, la caccia nella foresta si colora di una funzione catartica, di lieto fine: risolutrice, redentrice e salvatrice, la donna sbranata, così come Atteone, redime la Traversari»84(fig. 4).