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LE IMMAGINI LAICHE E PROFANE.

60. Tedaldo degli Alisei (III,7); Filippo Balducci (IV, intr.); guardia del podestà d

Brescia (IV, 6); fante di un castello romano (V, 3); Pietro di Vinciolo (V, 10); caricatura di Gianni Lotteringhi (VII, 1), Giovanni Boccaccio, Decameron, ms. Hamilton 90, Staatsbibliothek, Berlino, 1370.

223 Ivi, p. 515.

224 I casi di autori che illustrarono le proprie opere, fornendo interessanti indicazioni sulla

autoconsapevolezza dei propri testi, sono piuttosto rari nel Medioevo; si possono ricordare il monaco benedettino inglese Matthew Paris (1200-1250) che illustrò le sue opere storiche scritte in francese e in anglonormanno, e il fiorentino Francesco da Barberino (1264-1348) che disegnò le miniature dei suoi Documenti d’amore: infra pp. 117-119.

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Nel libro in volgare, dunque, le illustrazioni erano rivolte ad un pubblico privilegiato e colto e venivano impiegate solo per i testi che godevano di particolare considerazione.

Non a caso, dopo la metà del Quattrocento, quando i maggiori rappresentanti della borghesia mercantile si convertirono alla cultura umanistica dedicandosi alla lettura di tesi in latino, diventa sempre più difficile trovare codici in volgare miniati e si verifica una graduale eliminazione delle tipologie di maggior prestigio: il libro registro di lusso e il libro cortese in volgare. Si crea una sorta di bipolarismo: da una parte i libri «cortesi» umanisti, di livello sempre più raffinato e scritti in latino, e dall’altra quello dei libri in volgare, di livello sempre più basso e di fattura trascurata225.

Nel Quattrocento i codici cortesi di lusso riccamente miniati, destinati alla lettura privata di personaggi socialmente e culturalmente eminenti e rivolti a un pubblico signorile o principesco, contengono, infatti, esclusivamente testi di autori classici latini.

In un’epoca di grande passione per la cultura classica, questi codici, di piccolo formato e caratterizzati dall’essere spiccatamente miniati, non contengono mai testi in volgare; a conferma del fatto che le miniature venivano impiegate solo per testi considerati importanti; l’unica eccezione è costituita dalle Rime e dai Trionfi di Petrarca, un autore considerato padre spirituale dell’Umanesimo, autorità prestigiosa e degna, quindi, di particolare attenzione. Esistono, infatti, numerosi «petrarchini» di lusso prodotti nei maggiori centri italiani fra gli anni

225 Sull’evoluzione del libro illustrato in volgare si veda A. Petrucci, Il libro

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Sessanta del Quattrocento e il Cinquecento, tutti caratterizzati dalla presenza di ricca ornamentazione e di miniature226.

3.3. Le immagini nei codici in volgare.

Prima del Quattrocento gli autori di opere in volgare si confrontarono in svariati modi con le potenzialità molteplici offerte dalle illustrazioni227. L’immagine inizia, pertanto, a svolgere un ruolo di notevole rilievo già sulle carte dei primi libri in volgare228; in essi il testo iconico diviene nel pieno Duecento

«complemento interpretativo a tutti gli effetti, così fedele e affine alla funzione testuale da farci pensare non a una pur possibile identità pictor-scriptor, bensì all’esistenza di un preciso vettore teso al Bilderbuch che è sostitutivo, perché altrettanto completo, del Text»229.

La lauda jacoponica costituisce un interessante esempio della precocità dei poeti italiani nel prestare attenzione all’elemento visivo del testo. In

226 Ivi, p. 523. Si vedano in proposito G. Frasso, G. Mariani Canova, E. Sandal,

Illustrazione libraria, filologia e esegesi petrarchesca tra Quattrocento e Cinquecento. Antonio Grifo e l’incunabolo queriniano G V 15, Padova, Antenore, 1990; L. Battaglia Ricci, Immaginario trionfale: Petrarca e la tradizione figurativa in AA.VV., I Triumphi di Francesco Petrarca: Gargano del Garda (1-3 ottobre 1998), a cura di C. Berra, Bologna, Cisalpino, 1999, pp. 255-298; M. Ciccuto, Triumphi, ovvero itinerari di codici figurati tra Petrarca e Boccaccio, «Rivista di storia della miniatura», IV, 4,1999, pp. 79- 81; AA.VV., Petrarca nel tempo. Tradizione letteraria e immagini delle opere, Catalogo della mostra, (Arezzo, 22 novembre 2003-27 gennaio, 2004), a cura di M. Feo, Pontedera, Bandecchi e Vivaldi, 2003.

227Sull’argomento si veda C. Ciociola, Scrittura per l’arte, arte per la scrittura, in

AA.VV., Storia della letteratura italiana, Il Trecento, a cura di E. Malato, Roma, Salerno Editrice, 1995, II, pp. 531-580.

228Si vedano in proposito M. Ciccuto, Guinizzelli e Guittone, Barberino e Petrarca: le

origini del libro volgare illustrato, «Rivista di storia della miniatura», II, 2, 1997, pp. 77- 89 e dello stesso autore, Icone della parola…, cit.

116 Un arbore è da Deo plantato la presenza di deittici al verso «fui a cquest’arbore menato» (v. 22) autorizza a pensare che il testo dovesse

accompagnarsi in origine ad una illustrazione. Secondo Claudio Ciociola nel testo compaiono evidenti riferimenti verbali ad una probabile illustrazione affiancata230. La lauda diventa così luogo di circolari correlazioni tra testo scritto e testo iconico, coinvolgendo religione, arte e letteratura.

Negli anni seguenti, contro il rifiuto dell’apporto extra-testuale da parte degli stilnovisti231, legati ad una visione logocentrica della poesia, Guittone D’Arezzo fu fra i primi a cogliere l’importanza dell’apparato figurativo. Egli intese organizzare, infatti, il proprio Trattato d’Amore «sul piano di una paritetica collaborazione ermeneutica fra parole e figure allo scopo di incrementare la portata del messaggio morale solitamente affidato ai soli versi»232. Un’importante conferma si trova nel manoscritto conservato a Madrid, presso l’Escorial (ms. e. III. 23), dove alle carte . 74r e 74v sono chiare le tracce di un corredo iconico progettato e mai realizzato.

All’origine della letteratura volgare, i guittoniani, dunque, guidati dal proprio caposcuola, ritennero l’immagine strumento affine o addirittura equivalente alla parola; in ciò essi si posero consapevolmente nel solco di una ampia tradizione di poesia illustrata, quella dei canzonieri trobadorici233, in cui l’illustrazione, come si è già osservato, aveva assunto la funzione di commento sullo stesso piano delle vidas e delle

230 C. Ciociola, “Visibile parlare”: agenda, «Rivista di letteratura italiana», VII, I, 1989,

pp. 22-27.

231Sulla resistenza da parte degli Stilnovisti all’uso del corredo illustrativo e sulla

polemica relativa a tale argomento con Guittone d’Arezzo si veda M. Ciccuto, Icone della parola…, cit., pp. 13-37.

232 M. Ciccuto, L’esegesi nel testo…, cit., p. 253. 233 Ibidem.

117 razos. E forse poté influire su tale interesse per la miniatura anche il

modello di Brunetto Latini, che potrebbe aver provveduto all’illustrazione del proprio Tesoretto, secondo l’interpretazione di

Maria Grazia Ciardi Duprè Dal Poggetto234.

Su questa linea, già nel codice Banco Rari 217, uno dei canzonieri in volgare più antichi rimastoci (XIII sec.) e l’unico manoscritto di lirica italiana delle origini provvisto di miniature, l’illustratore si mostra straordinariamente competente in materia poetica, «e capace di espandere all’extra-testo la compattezza della scrittura, ormeggiando il

Lai d’Aristote all’inizio della canzone di Guido delle Colonne Amor, che lungamente m’hai menato, citando la conversione guittoniana per

la canzone Ahi, quant’ho che vergogni e che doglia aggio, o specialmente rappresentando Guido Guinizzelli nell’atto di additare gli astri (per il testo di Al cor gentil rempaira sempre amore): ciò che costituisce interpretazione avanzata e aggiornatissima delle nuove sostanze stilnovistiche»235 (fig. 61).

Un ulteriore esempio del valore ermeneutico delle immagini, rispetto al testo scritto, nei codici in volgare del Due-Trecento, è rappresentato dai

Documenti d’Amore di Francesco da Barberino. Scritti in volgare, ad

234 M.G. Ciardi Duprè Dal Poggetto, Nuove ipotesi lavoro scaturite dal rapporto testo-

immagine nel Tesoretto di Brunetto Latini, «Rivista di storia della miniatura», 1-2, 1996- 1997, pp. 89-98; M. Ciccuto, Tradizioni illustrative attorno a Tresor e Tesoretto, in AA.VV., A scuola con ser Brunetto: indagini sulla ricezione di Brunetto Latini dal Medioevo al Rinascimento. Atti del Convegno internazionale di studi, (Università di Basilea, 8-10 giugno, 2006), a cura di I. Maffia Scariati, Firenze, Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini, 2008, pp. 3-12.

235 M Ciccuto, L’esegesi nel testo…, cit., pp. 258-259. Sul rapporto testo-immagine nel

codice Banco Rari 217 si vedano anche V. Moleta, The Illuminated «Canzoniere», Ms. Banco Rari 217, «La Bibliofilia», LXXVIII, 1, 1976, pp. 1-36; H.W. Storey, Sulle orme di Guittone: i programmi grafico-visivi del codice Banco Rari 217, in Studi vari in onore di Giuseppe Velli, Varese, Cisalpino, 2000, pp. 93-105, e M.L. Meneghetti, Il corredo decorativo del Canzoniere Palatino, in AA.VV, I Canzonieri della lirica italiana delle Origini. Studi Critici, a cura di L. Leonardi, Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2001, IV, pp. 393-415.

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essi si accompagna una traduzione latina con commento in latino dello stesso autore e un ricco apparato figurativo «che è di volta in volta allegoria, sintesi, traduzione visiva, talvolta addirittura realizzazione

massima, del messaggio verbale primitivo»236.