• Non ci sono risultati.

2. I Social Media 1 Antropologia dei Media

2.7 Immagini visive

Sui social la maggior parte di post sono visivi, basta vedere la diffusione che hanno avuto nell'ultimo periodo Instagram e Snapchat, sebbene quest'ultimo abbia avuto in Italia ha avuto meno fortuna.

Questi due esempi dimostrano che i social media possono funzionare quando il contenuto centrale è fotografico e il contenuto testuale è periferico. Ci sono ricerche riguardo gli aspetti visivi per gli studi di genere e sulla politica.

«I social media hanno dato alla fotografia una ubiquità senza precedenti, come parte della vita quotidiana»42. Ua volta scattarsi una fotografia era come

celebrare un piccolo evento, adesso dozzine di immagini possono essere postate come se fossero una conversazione. Fondamentale per questa rivoluzione è stat la diffusione dello smartphone in qualsiasi famiglia di qualsiasi ceto sociale. Ma che cos’è la mobile photography? Con questa espressione si intende la fotografia creata e realizzata grazie ad un telefono cellulare, smartphone o

iphone, che con l’avvento del digitale e della tecnologia è andato a sostituire gli

apparecchi fotografici classici.

Si può considerare il postarsi online come qualcosa che ha a che fare con la volontà di mostrarsi in pubblico; tuttavia è da notare che gli studiosi hanno compreso che gli individui sono costantemente impegnati in un processo di costruzione di se stessi mettendosi in mostra e presentandosi in determinati modi. Il selfie è spesso criticato in quanto presentato come pura forma di narcisismo. Come esempio possiamo prendere lo scritto di Luciano Di Gregorio

La società dei selfie in cui dà una lettura del selfie da un punto di vista

psicologico e psicoterapeutico «Il Narcisismo contemporaneo, nella società dei selfie, si manifesta attraverso l'esposizione continua di un Sè incerto che sembra 42 Daniel Miller et al., Come il mondo ha cambiato i social media, Ledizioni, Milano, 2018, p. 196.

essere alla continua ricerca di approvazione, di conferma di valore, sulle pagine Web di un qualche social media43». Collegato ai selfie, il cellulare diventa un

componente del nostro corpo, un allungamento del braccio, una estensione a cui delegare cervello, memoria e sguardo, creando istintiva promozione della nostra esperienza quotidiana e dimensione individuale, nella sfera collettiva, definendoci attraverso le immagini che produciamo. Ma questo bisogno compulsivo di fotografare se stessi evidenzia comportamenti forse dettati da una società e da una cultura narcisista ed egocentrica che punta maggiormente a raccontare di sé, anziché osservare il mondo che ci circonda? Manca l’attenzione verso l’altro, verso ciò che è differente da noi che, di conseguenza, diventa poco importante?

Interrogativi che ho incontrato leggendo articoli web, riviste, libri. Domande che vengono analizzate da diverse angolature e sfaccettature. Durante le interviste, gli adolescenti presi in esame si sono rifiutati di accostare selfie e narcisismo; per loro un selfie è un qualcosa che hanno voglia di fare in quel determinato momento, a cui poter dare visibilità, attraverso un post. Chiaramente il selfie è anche parte dell'auto-espressione dei teenager e del loro profondo interesse per come appaiono, ma ciò non significa necessariamente che questo abbia creato o accentuato questo tipo di attenzione.

Un'immagine visiva che merita attenzione e che attualmente è molto usata sui social è il meme. Oggi i contenuti si diffondono in rete non solo attraverso le 43 Luciano Di Gregorio, La società dei selfie, FrancoAngeli, Milano, 2017, p. 45.

parole, ma anche in un’altra forma. Questo è un contenuto, o un’idea che viaggia di persona in persona ed evolve lungo il suo percorso. A volte sono frasi realmente pronunciate da un personaggio noto che però, inserite in una vignetta, possono dare adito a diverse interpretazioni diventando in questo modo virali. Ma l’origine del termine è tutt’altro che nuova e risiede in studi che nulla hanno a che vedere con la leggerezza e l’ilarità che spesso popola la rete. È infatti stato coniato nel 1976 dallo scienziato Richard Dawkins e aveva una valenza completamente differente. È nato come tentativo di spiegare il modo in cui le informazioni culturali si diffondono. In termini più specifici, un meme sarebbe un'unità auto-propagantesi di evoluzione culturale, analoga a ciò che il gene è per la genetica, quindi un elemento di una cultura o civiltà trasmesso da mezzi non genetici, soprattutto per imitazione. La memetica è la scienza che si occupa dello studio dei memi. Significato differente ma con una caratteristica simile la trasmissione. Si può dire che alcuni meme siano diventati virali poiché hanno raggiunto un pubblico particolarmente vasto e veicolano un messaggio che ha la capacità di diffondersi rapidamente tramite la loro condivisione, proprio come un virus, passando da una bacheca all'altra.

Non si tratta di grandi concetti, ma piuttosto di cose di cui si sorride con gli amici, battute divertenti perché del tutto stupide e prive di significato. Per capire i meme serve una cultura condivisa. Essi possono diventare più importanti per esprimersi per coloro che sono meno capaci di comunicare con le parole in uno spazio pubblico.

Ma i meme utilizzati da giovani e adulti possono rappresentare verità personali, in contrasto con con la maggior parte delle fotografie condivise in rete che sono semplicemente viste come gradevoli e interessanti. La loro interpretazione e il loro apprezzamento online avviene tramite un mi piace o tramite commento personale.

Per concludere, i social media rappresentano una significativa accelerazione della possibilità che la comunicazione possa diventare più visiva; adesso è possibile tenere una conversazione fatta solamente di immagini, priva di parole e voce. Come Snapchat in Inghilterra è la piattaforma di social media più usata dai

teenager, in Italia Instagram la sta eguagliando e il contributo che oggi le

immagini visive danno alla comunicazione è rilevante.

«Ci sono tre principali conclusioni da trarre. […] come la visibilità dei social media sostenga il progetto della conformità sociale […] i social media in quanto socialità modulabile offrano una serie di meccanismi attraverso cui le persone possono trovare un equilibrio […] terza […] dove le persone sentono declinare la socialità comunitaria, allora la componente di gruppo dei social media può essere vista come un modo per mantenere o rafforzare la socialità di gruppo […]»44. Ecco riassunto in queste parole di Miller ciò che anche la mia ricerca si

prefigge di mostrare dati alla mano social media = socialità.

Documenti correlati