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I NUOVI MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA SOCIAL MEDIA E NEW GENERATION

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Corso di laurea magistrale in Filosofia e Forme del Sapere

TESI DI LAUREA

I NUOVI MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA SOCIAL MEDIA E NEW GENERATION

RELATORE Prof. Dei Fabio

CORRELATORE

Prof.ssa Di Pasquale Caterina

CANDIDATO Bonuccelli Serena

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Indice

Introduzione 1

1 Antropologia e nuovi mezzi di comunicazione

1.1 Social network, rete sociale e social media 6

1.2 Chi sono i nativi digitali? 10

1.3 Come in passato...I nuovi strumenti di comunicazione 13

1.4 I new media digitali 16

1.5 Prospettiva etnografica 18

2 I Social Media

2.1 Antropologia dei media 26

2.2 Breve storia dei siti di social 28

2.3 Socialità modulabile 31

2.4 Le piattaforme più conosciute 33

2.5 Utilizzo dei social media 36

2.6 Relazioni online e offline 40

2.7 Immagini visive 43

2.8 Digital Literacy 48

3 Lo Smartphone 50

4 Ricerca Etnografica

4.1 Gli obiettivi della ricerca 56

4.2 I partecipanti 58

4.3 La ricerca

4.3.1 Uso del cellulare come oggetto i sé 60

4.3.2 Le App e i Social 65 Conclusione 81 Appendice A 92 Bibliografia 94 Sitografia 96

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Introduzione

Nella premessa alla prima edizione di Antropologia culturale di Fabio Dei, viene fatta questa asserzione riguardo al volume in esame «Questo è un testo di introduzione all'antropologia culturale (o alle «discipline demoetnoantropologiche», come si chiamano oggi in Italia con una brutta espressione). È pensato in modo particolare per quegli studenti dei corsi umanistici che affrontano per la prima volta la disciplina nel loro curriculum. In molti corsi di laurea, questa prima volta sarà anche l'ultima»1.

Ho sostenuto l'esame di antropologia culturale scegliendo questo corso quasi per sfida, lo vedevo come un'opportunità di crescita e di conoscenza di qualcosa di nuovo che non avevo affrontato precedentemente nel mio percorso di studio. Era veramente la prima volta che mi affacciavo su questo mondo variegato, fatto di comprensione dei cambiamenti, di una lettura attenta di ciò che ci circonda e che riguarda la consapevolezza di come agiamo e di cosa utilizziamo per agire nel quotidiano.

La mia prima volta con l'antropologia non è stata l'ultima, anzi come si può vedere. Importante è stato capire la potenziale rilevanza e la sensibilità dell'approccio antropologico rispetto a una vasta gamma di questioni che occupano oggi la sfera pubblica, le nostre preoccupazioni etico-politiche e scientifiche.

Citando solamente alcuni campi di ricerca, si può capire il raggio d'azione e 1 Fabio Dei, Antropologia culturale, il Mulino, Bologna 2016, p. 14.

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d'interesse dell'antropologia culturale. Si inizia dagli albori, dal folklore, dalla cultura popolare, dalla cultura di massa, dall'etnografia del consumo culturale fino ad arrivare ad analizzare il corpo, la memoria, il dono, lo spazio, le culture globali e non da ultimo l'ambito della scuola, dell'educazione.

La ricerca etnografica nel panorama scolastico, il cosiddetto schooling in ambito anglosassone, che pone l'accento più sui processi o le pratiche del fare scuola o della scolarizzazione che non sulla istituzione scolastica in sé, è molto utile per capire, comprendere e spiegare i comportamenti dei bambini e degli adolescenti. Da una semplice analisi della gestualità o del modo di rapportarsi con i coetanei, possono seguire migliorie non solo in ambito interdisciplinare. Inoltre l'etnografia è importante anche per i docenti, per capire loro stessi il metodo di insegnamento più efficiente per un approccio più costruttivo con gli studenti. L'antropologia è la disciplina che più da vicino studia i processi di inculturazione e gli aspetti socio-culturali che influiscono, così come quelli psicopedagogici, sulla formazione della soggettività dei discenti. Infatti il Decreto Legislativo n. 59 del 13 aprile 2017, in cui sono stabilite le nuove modalità per la formazione iniziale e il reclutamento dei docenti della scuola secondaria, ha incluso fra i nuovi requisiti il possesso, oltre alla laurea magistrale, di 24 crediti universitari in discipline pedagogiche, psicologiche, antropologiche e in metodologie e tecnologie didattiche. Un riconoscimento di rilievo per l'antropologia. È evidente l'interesse e la necessità di una maggiore focalizzazione nei confronti dell'antropologia soprattutto in relazione ai processi

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che sempre più ci riguardano e ci coinvolgono, come quelli migratori o la globalizzazione, che portano alla multiculturalità delle classi. I concetti di cultura, etnia, genere e generazione, già ampiamente affrontati e dibattuti, vanno ripresi, contestualizzati e attualizzati. Il contributo più importante e di più immediata utilità nella formazione dei docenti è un'etnografia che si concentra sulle forme di comunicazione non verbale, sulla cultura incorporata nell'organizzazione degli spazi, negli oggetti, sulle posture dei corpi, sui comportamenti abituali e ritualizzati e su tanti altri aspetti che non sono manifesti nei vari soggetti che interagiscono nel contesto scolastico.

L'idea della mia ricerca inizialmente era più orientata verso l'analizzare la diffusione e la modernizzazione tecnologica nell'istituzioni scolastiche ma, nel corso di una lezione di antropologia culturale, abbiamo affrontato la tematica di Facebook soffermandoci in particolare a riflettere sugli amici che abbiamo e che accettiamo sui social, sulla loro provenienza e la nostra reale conoscenza dei medesimi. Questo argomento ha suscitato interesse tra i partecipanti al corso portando a un confronto di idee e di pensieri molto costruttivo. Fino ad allora non mi ero mai soffermata a valutare l'entrata dei social nel nostro quotidiano, la loro ripercussione e influenza sui giovani, il loro far parte del nostre giornate, come il fermarsi a prendere un caffè sia stato sostituito da un like di Facebook. Cominciando a navigare sul Web, alla ricerca di notizie, spunti d'indagine, libri, mi sono resa sempre più conto, dell'interesse che i social stavano suscitando tra gli studiosi. A riguardo non si è detto tutto, c'è sempre da scoprire, conoscere e

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capire come realmente analizzare e valutare i nuovi mezzi di comunicazione. Ci sono ottimi contributi e spunti di riflessione per una buona conoscenza dei social provenienti non solo dall'Italia, ma anche dall'estero, come ad esempio il contributo di Daniel Miller e degli altri otto studiosi che con lui hanno contribuito a un eccezionale ricerca sul campo in varie parti del mondo, ognuno trascorrendo quindici mesi in nove posti differenti per osservare e analizzare i modi in cui le persone usano i social media. Ne è venuta fuori un'opera conclusiva e riassuntiva di notevole importanza, dal titolo Come il mondo ha

cambiato i social media, che descrive a pieno la realtà in cui stiamo vivendo.

La mia tesi riguarda gli adolescenti e l'uso che fanno degli smartphone e dei

social media, in particolare come questi entrano nella loro vita e cosa i ragazzi

ne pensano a riguardo. Nella prima parte affronterò la tematica dei social vista da un punto di vista antropologico, di come l'antropologia studia questi strumenti, per passare a un'analisi più dettagliata e specifica di social come Facebook, Instagram e Whatsapp. Da ultimo analizzerò ed esporrò le mie conclusioni scaturite da una ricerca etnografica sul campo che ho svolto dal 26 aprile al 10 giugno 2019 presso il Liceo scientifico statale Enrico Fermi di Massa e che ha coinvolto gli alunni di quattro classi quinte e tre classi terze, le quali si sono rese molto disponibili e interessate al mio progetto di lavoro. A loro va il mio più sentito ringraziamento. Durante il lavoro sul campo ho dapprima somministrato un questionario articolato in domande aperte e a scelta multipla, per poi concentrarmi, con l'aiuto della mia tutor, la Professoressa Silvia Francini,

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sui focus group, più di un focus group per classe in diversi giorni, durante i quali gli studenti venivano registrati mentre rispondevano, discutevano e si confrontavano sulle domande che venivano poste loro.

Da questi incontri che coinvolgevano a volte l'intera classe, a volte un numero limitato di alunni, altre volte classi divise in più gruppi per avere risposte più esaurienti e per poter realizzare un'analisi più approfondita, sono emerse considerazioni e realtà molto interessanti, che necessitano una lettura attenta e una prospettiva di studio sfaccettata.

Questa esperienza è stata molto importante e costruttiva per un eventuale futuro lavoro come docente. Si è trattato del mio primo approccio con la cattedra, con il mondo degli adolescenti, che mi ha fatto capire ancora di più l'importanza della ricerca empirica. Solo con essa si può realmente arrivare a comprendere le varie tematiche di studio, le problematiche e i punti di vista di chi è coinvolto. Capire osservando gli atteggiamenti, il modo di porsi, la gestualità e capire ascoltando il modo in cui una persona risponde o cerca di farti capire il suo punto di vista, questa è l'antropologia.

Ringrazio in particolar modo la Professoressa Francini per la sua disponibilità ed incredibile esperienza senza la quale non sarei riuscita nel mio intento.

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1. Antropologia e nuovi mezzi di comunicazione 1.1 Social network, rete sociale e social media

Si possono dare diverse definizioni di social network, ma tutte girano attorno al significato della traduzione letterale italiana del termine, ossia reti sociali. Con questa espressione usata nella social network analysis, si indicano gruppi di persone connesse tra loro da un qualsiasi tipo di legame, che si relazionano costituendo una società. Si tratta quindi di una struttura sociale, una rete che nasce dalla relazione tra persone che condividono un interesse o un valore; non di strumenti o applicazioni che caratterizzano invece i social media. I social network online sono nati più di recente e non sono altro che la trasposizione virtuale di queste comunità sociali. Dunque i social network non vengono quindi

usati dalle persone, ma vissuti per condividere obiettivi e interessi. Possono

quindi essere considerati come un sottoinsieme dei social media, una loro parte. I social media sono siti che consentono di mettere le persone in contatto, che permettono loro di comunicare e condividere momenti della propria vita con altri utenti che vivono ovunque nel mondo. Per entrare a far parte della comunità di un social network è necessario effettuare una registrazione, compilando un apposito form di richiesta dati per il profilo, pubblico o semipubblico, del nuovo utente. Attraverso la creazione di un profilo personale chi si iscrive può raccontare qualcosa di sé, pubblicare foto, condividere link, musica e video, può decidere di partecipare a gruppi tematici, come ad esempio Sono di Pisa se..., partecipare alle relative discussioni o può anche decidere di interagire con altri

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utenti in vari modi. È possibile ricercare persone specificando alcuni criteri come età, sesso, luogo di residenza, interessi comuni. I social si configurano quindi come delle piazze virtuali2 che espandono la nostra possibilità di

comunicare, anche in ambito politico e sociale, trasformandoci in agenti attivi di campagne a favore di quello in cui crediamo.

Il social ha totalmente aperto e modificato le frontiere della comunicazione digitale con il suo integrare in un solo contenitore vari servizi, anche quelli che da principio erano nati autonomamente, come blog, messaggistica, download musicali, gallerie fotografiche, community.

Ma facciamo ordine e cerchiamo di capire il significato e la nascita dei diversi termini che sono essenziali nella nostra analisi.

Si parla di rete sociale ma cosa si intende con questa definizione? Secondo Maria Ranieri e Stefania Manca, autrici del libro I social network

nell'educazione, per rete sociale si intende «una struttura composta da un

qualsiasi gruppo di attori […] connessi tra loro da diversi legami sociali. Si tratta, quindi, innanzitutto di una rete fisica che può riferirsi a una comunità lavorativa, culturale, sportiva, religiosa, ecc. Una rete è costituita da una serie di nodi (gli individui) e di legami (le relazioni tra gli individui), la cui configurazione interna caratterizza la struttura di ogni specifica rete»3.

E social network? «In italiano con questo termine si intendono quei servizi 2 http://www.davide.it/whitepaper/2010/giugno/social_network.pdf.

3 Maria Ranieri e Stefania Manca, I social network nell'educazione. Basi teoriche, modelli applicativi e linee guida, Erickson, Fano, 2018, p. 20.

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telematici atti a ospitare una rete sociale ed è stato introdotto appositamente per riferirsi a quelle nuove configurazioni socio-tecniche che rispondono ai nomi Facebook, Twitter o MySpace […]»4.

La definizione coniata da Boyd e Ellison nel loro scritto Social Network Sites:

Definition, History and Scholarship riportata nel libro di Ranieri e Manca

definisce i siti di social network come «servizi web che consentono alle persone di 1) costruire un profilo pubblico o semipubblico all'interno di un sistema definito, di 2) articolare una lista di altri utenti con cui instaurare delle connessioni, e di 3) visualizzare e navigare la lista di connessioni di questi utenti e quelle di altri all'interno del sistema»5.

Riportare questa definizione che sintetizza i punti già esplicitati in precedenza sembrerà una ripetizione, ma in realtà i tre punti che troviamo schematizzati ci sono utili per distinguere la categoria dei social network all'interno di quella più vasta del social media, ci consentono di individuare in maniera univoca i siti di social network nel panorama più ampio dei social media.

Infine analizziamo il significato di social media, il termine più importante per la mia ricerca e che ogni volta che citerò in maniera abbreviata, social, sarà a questo termine che mi riferirò. Per dirlo usando le parole di Andreas Kaplan e Michael Haenlein, docenti di Marketing e Comunicazione all'Università di Berlino, i social media sono un gruppo di applicazioni basate sul web e costruite

4 Ivi, p. 25. 5 Ibidem.

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sui paradigmi del Web 2.0 che permettono lo scambio e la creazione di contenuti generati dagli utenti6. Social media deriva da medium che in latino significa

mezzo, strumento, come un modo per condividere contenuti con un vasto pubblico. In questo senso i social media sono dei software o delle applicazioni che permettono a chiunque e a basso costo di condividere testi, immagini, video o file audio e raggiungere immediatamente un pubblico globale. I social media sono nati diciamo dallo scambio di mail tra due personal computer e sono loro a rendere possibili i social network che, nel senso di rete sociale, esistono da sempre.

Se già a metà degli anni novanta sul web iniziano a fare la loro comparsa servizi fatti per ospitare comunità online, che si focalizzavano sull'uso di chat room e incoraggiavano gli utenti a condividere idee e informazioni personali, è solo alla fine del decennio che si afferma l'idea del profilo personale che consente agli tenti di creare una lista di amici e di poter effettuare la ricerca di altri utenti basata sulla condivisione di interessi simili. Il primo di questi servizi fu SixDegrees.com creato nel 1997, seguito da Friendster nel 2002, da MySpace nel 2003, da Facebook nel 2004, da Twitter nel 2006, da Instagram 2010, da Google + nel 2011 e ce ne sono tanti altri questi solo per citarne alcuni e per rendersi conto del ciclo di diffusione e sviluppo di queste piattaforme che non sin esaurisce7.

6 https://it.wikipedia.org/wiki/Social_media.

7 Cfr. Maria Ranieri e Stefania Manca, I social network nell'educazione. Basi teoriche, modelli applicativi e linee guida, Erickson, Fano, 2018.

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Ciò a cui abbiamo assistito negli ultimi vent'anni, o poco più è stato un passaggio progressivo da applicazioni web che includevano reti sociali con funzionalità limitate all'adozione di strumenti che consentono di gestire la rete sociale e le caratteristiche della propria identità. Questo connubio ha portato i siti di social ad un'evoluzione tale da essere da supporto alla rete sociale.

I social media hanno avuto una grande diffusione soprattutto grazie alla telefonia mobile, gli smartphone che grazie alle cosiddette app, applicazioni, di facile e spesso gratuita installazione hanno portato le persone a essere sempre connesse, sempre presenti sulla rete e a mettere un like in qualunque momento della giornata.

1.2 Chi sono i nativi digitali?

L'origine del termine nativo digitale8 si deve allo scrittore statunitense Marc

Prensky che nel suo libro intitolato Digital Natives and Digital Immigrants9

definisce con tale appellativo i giovani nati dalla seconda metà degli anni ’80, quando cominciarono a diffondersi i primi computer a interfaccia grafica e le prime console, identificando con tale termine coloro che fin dalla nascita hanno vissuto a contatto con i mezzi di comunicazione digitali e le svariate tecnologie, ad esempio i social network, blog, tablet, smartphone e computer. Tutte le

8http://www.italiano.rai.it/articoli/nativi-digitali/22394/default.aspx

Valeria Della Valle docente alla Sapienza spiega la nascita dell’espressione nativi digitali. Viene dalla corrispondente espressione inglese digital native, in cui si sono accostati due elementi: digital che significa relativo ai mezzi informatici; e native che significa nativo, indigeno.

9 Cfr. Marc Prensky, Digital Natives. Digital Immigrants, MCB University Press, 2001.

https://marcprensky.com/writing/Prensky%20-%20Digital%20Natives,%20Digital%20Immigrants%20-%20Part1.pdf

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persone nate prima di questa data sono definiti immigrati digitali, cioè persone che si sono approcciate al linguaggio digitale soltanto in una fase successiva della loro vita. I nativi digitali sono dunque i madrelingua di questo linguaggio. Ciò che differenzia il nativo digitale da un immigrato digitale è stato esposto, sempre da Prensky in un suo articolo intitolato H. Sapiens Digital: from Digital

Immigrants and Digital Natives to Digital Wisdom10. Prensky sostiene che

l’introduzione delle tecnologie informatiche, in particolare di internet e del web, abbia portato a un’evoluzione del genere umano, ecco da cosa deriva l'espressione homo sapiens digital, cioè alla formazione dell'essere umano cresciuto a stretto contatto con le tecnologie digitali, che accetta il loro aiuto in quanto lo rendono più saggio. Quello che realmente differisce tra l'immigrato digitale e il nativo digitale è il significato di saggezza digitale e stupidità digitale.

Questi termini definiscono i vantaggi derivanti dall’uso delle tecnologie digitali, le quali permettono di accedere alla conoscenza in una misura superiore rispetto a quanto consentono le normali potenzialità. L'utilizzo della tecnologia per Prensky serve per migliorare le nostre capacità tenendo presente che queste non può sostituire la capacità di giudizio o l'intuizione stessa, ma piuttosto migliorarle permettendo di raccogliere più dati di quanto potremmo fare senza l'uso di questi strumenti. Prensky parla di persona digitalmente potenziata di

homo sapiens digital come colui che accetta il potenziamento come fattore

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integrante dell’esperienza umana. Saggezza digitale significa capacità di prendere decisioni più sagge perché potenziate dalla tecnologia, contrariamente a quanto accade per gli stupidi digitali che fanno un uso inappropriato della tecnologia.

Negli ultimi anni molte ricerche si sono focalizzate sul problema del rapporto tra la tecnologia e l’apprendimento dei ragazzi. I risultati di tali studi sono positivi: i ragazzi con le nuove tecnologie apprendono in maniera più efficiente, veloce e soprattutto in una maniera più coinvolgente. Ovviamente le infinite possibilità della tecnologia devono essere sfruttate in modo adeguato. Essere nativi digitali non significa saper utilizzare in automatico la tecnologia: per questo il ruolo della scuola è essenziale; la scuola ora più che mai ha il compito di saper insegnare il corretto uso della tecnologia.

Ovviamente riguardo alle affermazioni di Prensky c'è chi è favorevole e chi è contrario, sostenendo che la capacità di multitasking attribuita ai nativi digitali non è una loro specifica caratteristica, ma che si può riferire anche a molte persone che lavorano in un ambiente altamente tecnologico, senza essere nati dopo il 1985, svolgendo contemporaneamente più attività grazie alla tecnologia.

Net generation, cyberkid, new millennium learner sono formulazioni che

tendono a sottolineare la familiarità e la maggiore competenza con cui i giovani si relazionano alle nuove tecnologie, legittimando il loro utilizzo.

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spiegare determinati cambiamenti che si sono susseguiti nel tempo. La cosa evidente è che un'evoluzione anche in ambito generazionale c'è stata ed è tutt'ora in corso. Nel 2016 l'Istat, l'Istituto Nazionale di Statistica, ha pubblicato un rapporto riguardante la classificazione delle generazioni secondo l'anno di nascita11 in cui possiamo renderci conto di questa evoluzione, anche

semplicemente dai nomi con cui le generazioni sono state chiamate. 1.3 Come in passato... I nuovi strumenti di comunicazione

L'introduzione e la diffusione di un nuovo strumento di comunicazione ha sempre comportato un importante dibattito. Come è avvenuto per l'introduzione della scrittura, per l'invenzione della stampa a caratteri mobili e per l'avvento dei nuovi mezzi di comunicazione di massa nel Novecento, oggi assistiamo a un acceso dibattito riguardante i new media, la loro utilità, il loro utilizzo e l'influenza che hanno sulla nuove generazioni.

Platone in due celebri testi, il Fedro12 e la Settima lettera, ci fornisce una delle

prime critiche dei mezzi di comunicazione, una critica riguardante l'introduzione della scrittura. Platone segna la presa di coscienza riguardo l'importanza del passaggio da culture basate sull'oralità a culture basate sulla scrittura.

Il filosofo afferma che la scrittura è incapace di comunicare la vera conoscenza: «Perché, o Fedro, questo ha di terribile la scrittura, simile, per la verità, alla pittura: infatti le creature della pittura ti stanno davanti come se vivessero; ma se

11 https://www.istat.it/it/files//2011/01/Generazioni-nota.pdf

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domandi loro qualcosa, se ne stanno zitte, chiuse in un solenne silenzio; e così stanno anche i discorsi. Tu crederesti che parlino, pensando essi stessi qualcosa, ma se, volendo capire bene domandi loro qualcosa di quello che hanno detto, continuano a ripetere una sola e medesima cosa. E una volta che un discorso sia scritto, rotola da per tutto, nelle mani di coloro che se ne intendono e così pure nelle mani di coloro ai quali non importa nulla, e non sa a chi deve parlare e a chi no. E se gli recano offesa e a torto lo oltraggiano, ha sempre bisogno dell'aiuto del padre, perché non è capace di difendersi e di aiutarsi da solo»13.

Si evince la convinzione che un cambiamento nel medium di trasmissione del sapere comporti un necessario impoverimento della qualità del sapere stesso. Paolo Rossi in un libro intitolato, La memoria del sapere. Forme del sapere e

strutture organizzative dall'antichità ad oggi, afferma che «le tecnologie di

comunicazione non solo ci offrono nuove cose sulle quali pensare ma anche nuove cose con le quali pensare. Al momento della sua comparsa il libro stampato […] ha fornito anche un modello di organizzazione del pensiero, dove venivano pienamente valorizzate chiarezza, logicità, linearità […] ossia gli aspetti che costituiscono i criteri propri della scienza moderna. La forma del libro è dunque diventata la forma del sapere»14.

Nelle parole di Rossi si nota la positività nei confronti del cambiamento e l'importanza dei nuovi mezzi, oggi equivalente alla conoscenza dei motori di 13 Platone, Fedro, trad. it. di Giovanni Reale, Rusconi, Milano, 1993, pp.161-163.

14 Pietro Rossi, La memoria del sapere. Forme del sapere e strutture organizzative dall'antichità ad oggi, Laterza, Roma-Bari, 1988, p. 170.

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ricerca e di Internet, risorse di sapere che possono e devono essere sfruttate. Ogni volta che uno strumento di comunicazione si impone nei processi di trasmissione del sapere, i fruitori sono rappresentati come manipolabili e facilmente influenzabili; lo abbiamo riscontrato con l'avvento della televisione o del cinema, per citarne solamente due. Sembra un copione che si ripete ogni qualvolta ci troviamo di fronte a una novità. Va tenuto conto che l'adozione di una tecnologia incide sulla cultura, ma che subisce anche un riadattamento sociale e culturale come ad esempio è avvenuto per il telefono, forse il mezzo che più di altri ha subito una trasformazione, modellandosi alle innovazioni e alle esigenze del momento, arrivando a essere uno strumento essenziale per il mantenimento dei rapporti sociali e amicali. Comunque i nuovi mezzi di comunicazione non sostituiscono mai completamente i vecchi, ma vi si affiancano: ad esempio la scrittura elettronica ha liberato chi scrive da regole ben precise, forse diffondendo uno stile informale più colloquiale forse da leggere accompagnato da una perdita delle competenze ortografiche e sintattiche o forse più semplicemente un cambiamento della vita sociale che va studiato e compreso. «Va ricordato che le nuove tecnologie hanno il potere di influenzare il cambiamento sociale, ma la direzione del cambiamento dipende da scelte individuali e decisioni politiche che si esercitano su molteplici, complessi livelli di interconnessione mai riconducibili a un singolo piano interpretativo»15.

«Ciò che noi chiamiamo tecnologia è un modo di costruire un ordine per il 15 Angela Biscaldi, Vincenzo Matera, Antropologia dei social media, Carocci Editore, Roma, 2019, p.25.

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nostro mondo. Molti sistemi e dispositivi tecnici che sono importanti nel quotidiano contengono potenzialmente svariati modi di dare un ordine alle attività umane. In maniera consapevole o meno, deliberata o inavvertita, le società scelgono le strutture tecnologiche che influiscono sul modo in cui le persone lavorano, comunicano, viaggiano, consumano, e questo per un arco di tempo molto lungo»16.

1.4 I new media digitali

L'espressione nuovi media è entrata a far parte del lessico della comunicazione alla fine del Novecento per indicare i mezzi di comunicazione informatizzati. C'è chi pensa che la novità degli attuali media stia nel loro adattamento da parte di chi li usa. C'è anche chi sostiene che l'espressione media digitali sia più idonea della suddetta, in quanto sottolinea la sua caratteristica principale, ossia quella di diffondere informazione digitale17. Quale che sia l'espressione che

preferiamo usare, in base all'aspetto che vogliamo marcare, questi media hanno la capacità di essere pervasivi e hanno avuto una straordinaria diffusione. I nuovi media digitali sono interattivi e sociali e favoriscono uno stile di vita always

on(line).

Non mancano studi riguardanti le trasformazioni che possono aver portato i social media nei nostri processi cognitivi e relazionali. C'è chi analizza il fenomeno in maniera più negativa affermando che stiamo perdendo la capacità

16 Ivi, pp. 22-23.

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di interpretare la comunicazione non verbale e l'interazione faccia a faccia. Non mancano posizioni di segno opposto, che vedono nella possibilità di usare Internet un modo di sperimentare un nuovo stile di apprendimento e considerano le nuove tecnologie digitali stimolatori della creatività.

Lee Rainei e Barry Wellman hanno proposto il concetto di networked

individualism18, individualismo di rete, per interpretare il ruolo delle nuove

tecnologie nella società contemporanea. Secondo questa prospettiva l'individuo contemporaneo tende ad appartenere a differenti reti sociali in ognuna delle quali può agire e mostrare un aspetto particolare della sua identità. Queste reti sono relazioni create sulla base della priorità dell'individuo, che sceglie a quale rete appartenere in base ai propri interessi. Per usare un'espressione conosciuta, di Daniel Miller, ricercatore e professore di Antropologia presso l'University College of London che analizzeremo più da vicino nel prossimo capitolo, l'etnografia studia come il mondo ha cambiato i social media.

Secondo Miller, la diffusione delle nuove tecnologie è accompagnata da una sorta di panico, come accennavamo precedentemente in riferimento all'avvento dei nuovi mezzi di comunicazione, che spinge a pensare che la conseguenza di queste sia la perdita di alcuni elementi essenziali della nostra autentica umanità; «al contrario sarebbe importante riconoscere che qualsiasi cosa facciamo con le nuove tecnologie deve essere latente nella nostra umanità, ossia qualcosa che, in quanto esseri umani, abbiamo sempre avuto la possibilità di fare e di essere. Tale 18 Cfr. Lee Rainei, Barry Wellman, Networked. Il nuovo sistema operativo sociale, Guerini, Milano, 2013.

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abilità è oggi acquisita come un risultato delle nuove tecnologie»19. Questa

teoria non pretende di giudicare qualsiasi nuova azione fatta mediante i social ma riconoscere che questa nuova abilità oggi è diventata parte di noi e di ciò che possiamo fare.

Se confrontiamo la posizione di Rainei e Wellman con quella di Miller possiamo notare la loro divergenza. Miller afferma che è un errore dire che in tutti i contesti culturali, i social network portano all'emergere di reti egocentriche, in quanto a ricerche etnografiche risulta esattamente il contrario, ossia che i social possono essere utilizzati per rafforzare i legami sentimentali o parentali e per tenere unite le famiglie transnazionali. Prendiamo come esempio il Cile; nei luoghi in cui gli uomini lavorano per lunghi periodi di tempo nelle miniere, i social rivestono un ruolo fondamentale nell'aiutarli a rimanere in contatto con la famiglia.

1.5 Prospettiva etnografica

Bronislaw Malinowski è considerato il padre dell'etnografia e artefice di espressioni riprese e contestualizzate da autori successivi come vedremo a breve. Prima di Malinowski, gli studiosi di antropologia svolgevano lavori sul campo esclusivamente tramite interviste strutturate, senza immergersi nella vita quotidiana dei soggetti studiati.

Nell'Ottocento gli studiosi non svolgevano in modo diretto la ricerca sul campo.

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In Primitive Culture20 Tylor comparava e discuteva fonti tratte da un'amplia

letteratura su popoli antichi, racconti di missionari, mercanti e altri viaggiatori che riportavano in modo più o meno approfondito gli usi e i costumi dei paesi visitati. Il lavoro di ricercatore sul campo non era ritenuto inutile, ma era considerato distinto da quello teorico. Due ruoli differenti che dovevano essere svolti separatamente. Con l'avvento del ventesimo secolo, osservazione e interpretazione scientifica sono divenuti aspetti che hanno necessità l'uno dell'altro, che fondano la figura di antropologo con quella di ricercatore sul campo. Questa figura trova diversi interpreti negli Stati Uniti e in Inghilterra, ma è con Bronislaw Malinowki che si delinea la moderna ricerca sul campo. Tra il 1914 e il 1918, egli trascorse periodi di studio nell'arcipelago melanesiano delle Trobiand e definì i dettagli dell'osservazione partecipante, enfatizzando l'importanza dei contatti quotidiani tra lo studioso e i propri informatori.

Nella sua opera Argonauti del Pacifico Occidentale21, del 1922, lo studioso ha

riassunto, nella sua opera l'obiettivo della ricerca antropologica nell'afferrare il punto di vista dei soggetti osservati, all'interno delle loro relazioni quotidiane, per comprendere la loro visione del mondo. Con l'osservazione partecipante si riesce a entrare in sintonia con i nativi, una sintonia soggettiva che i ricercatori da tavolino non potranno mai avere. Viene messo in gioco il vissuto e l'esperienza quotidiana dell'etnografo per poi mettere a punto la riflessione 20 Cfr. Edward Burnett Tylor, Primitive Culture. Researches into the Development of Mithology, Philosophy, Religion, Language, Art, and Custom, (1871), tr. di G. B. Bronzini: Alle origini della cultura, Edizioni dell'Ateneo, Roma, 1985.

21 Cfr. Bronislaw Malinowski, Argonauts of Western Pacific, (1922), tr. Argonauti del Pacifico occidentale, Newton Compton, Roma, 1978.

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teorica.

Malinowski aveva parlato di phatic communion, comunione fatica, in riferimento a pratiche comunicative proprie delle società primitive. Mentre nelle società sviluppate la lingua è uno strumento del pensiero, in quelle primitive essa diventa una forma di attività mirata a stabilire o consolidare i rapporti sociali, un tipo di discorso in cui si crea un legame sociale col puro scambio di parole, come nel chiacchiericcio che si leva fra i selvaggi della Nuova Guinea quando ci si siede tutti insieme intorno al fuoco nel villaggio.

In uno dei suoi saggi il linguista russo, Roman Jakobson22, riprende il termine

dell'antropologo modificandolo in funzione fatica o di contatto. Con tale termine si esplicano i messaggi, privi di autentica carica informativa e referenziale, che servono essenzialmente per stabilire, prolungare e mantenere la comunicazione. Sono da considerare essenzialmente fatici i convenevoli e gli enunciati di cortesia che si producono nelle comuni interazioni verbali, come ad esempio

ciao, come va?, gli attacchi di conversazione, in particolare quelli con cui si dà

inizio a una telefonata Pronto, le formule rituali e vuote di significato come Ti

sento, continua pure.

Anche l'interazione attraverso i social è alimentata dalla componente fatica della comunicazione, in quanto si tratta di una comunicazione centrata sulla necessità di mantenere un contatto, di condividere una rappresentazione del Sé tramite uno scambio di testi, video, foto invece di una comunicazione verbale.

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Internet è considerato un oggetto culturale e, in quanto tale, qualcosa di esistente, riconoscibile e indagabile. Ciò che rende Internet un oggetto culturale sono i discorsi che si fanno su di esso, ossia quando le persone, gli utenti, ne parlano, riconoscendolo come oggetto culturale. Come afferma Christine Hine, la stessa tecnologia può avere differenti significati culturali in differenti contesti e, allo stesso tempo, può essere vista come formata da un contesto culturale. La percezione dell'utilità di un medium e di cosa stia a significare è importante nel determinarne l’uso. Hine afferma altresì che gli utenti della rete sono essi stessi coinvolti nella costruzione delle tecnologie e questo avviene in due sensi: attraverso la pratica con la quale comprendono la rete e attraverso i contenuti che essi stessi producono23.

L’utilizzo dell’etnografia per investigare la rete è stato ampiamente discusso negli ultimi anni. Si parla anche di un paradosso del condurre un'etnografia non tradizionale riguardante un non luogo, utilizzando strumenti tradizionali. Da allora, diverse cose si considerano in maniera molto differente. Dagli inizi degli anni Duemila, si sono diffusi i social che hanno arricchito ulteriormente i mezzi comunicativi; si è smesso di utilizzare termini come realtà virtuale o non luogo, considerando questi spazi come nuovi spazi del reale che, come afferma Castells24 nei suoi numerosi scritti, si legano alla vita offline all’interno di un

unico flusso. Quindi, una questione di primaria importanza nell’uso dell’etnografia in internet riguarda il fatto che dobbiamo dimenticare la 23 Cfr. Christine Hine, Virtual ethnography, London.

(24)

dicotomia tra mondo virtuale e mondo reale, tra online e offline.

I Social Network. Come internet cambia la comunicazione25, i sociologi Cavallo

e Spadoni affermano che il cyber-spazio è un nuovo punto d'incontro, dove realtà e virtualità si incontrano. Qui quando gli utenti entrano con il login, non si disconnettono dalla società, ma essa li accompagna nelle relazioni, nelle esperienze che vivono e nei loro obiettivi. Non si tratta di una realtà virtuale, ma di una virtualità reale. Ne consegue che nella nostra società dobbiamo considerare Internet come una dimensione sociale reale, in quanto espressione di ciò che siamo. Per questo un esame etnografico è necessario e utile per arrivare a una conoscenza più completa possibile; i risultati di questo fieldwork possono portare a un uso di Internet e dei social più consapevole e più efficiente.

Bisogna tenere presenti diverse questioni quando usiamo gli strumenti etnografici in rete. Ad esempio, gli etnografi che studiano il web adottano gli strumenti metodologici classici oppure trasformano l’atto dello scrivere in parlato. Il tipo di comunicazione virtuale pone due importanti questioni di cui tenere conto: la prima è la mancanza di una relazione faccia a faccia che rende non disponibile il linguaggio corporeo non verbale; la seconda riguarda il tempo che occorre nel tramutare il pensiero in parola, che è diverso nella relazione faccia a faccia e nella relazione pensiero-scrittura della comunicazione in rete. Il risultato stesso della comunicazione è diverso, poiché il secondo è

25 Cfr. Marino Cavallo, Federico Spadoni, I Social Network. Come internet cambia la comunicazione, Franco Angeli, Milano, 2015.

(25)

maggiormente organizzato. Internet è un’enorme banca dati, che varia ad alta velocità; non si tratta di dati tangibili, non sono su carta, non sono un libro. Ciò che è vero per un sito, ossia che ha un unico autore e che non c'è confronto immediato, non è vero per un social dove le persone sono linkate in una comunità di centinaia di persone.

Clifford Geertz, antropologo di spicco della seconda metà del Novecento, sosteneva che il modo migliore per comprendere cosa sia realmente l'antropologia fosse osservare cosa facciano gli antropologi, scrivere e fare etnografia. Percepire i particolari dei gesti, delle espressioni, delle interazioni tra soggetti, il cercare di interpretali e comprenderli è ciò che l'etnografo tenta di fare quando si reca sul campo26. Geertz sostiene che l'antropologia non può

mettere da parte la dimensione soggettiva, l'esperienza dell'etnografo ci aiuta a mettere a fuoco come conosciamo l'altro, come ci poniamo verso l'altro e come lo interpretiamo.

Nel corso della seconda metà del Novecento, l'antropologia ha, man a mano ampliato il suo campo d'azione; non più solo l'interesse verso i primitivi e le culture altre a noi sconosciute, ma lo sguardo si è rivolto all'interno dell'area di provenienza degli etnografi. Uno dei contesti maggiormente analizzato, attraverso il quale studiare le forme culturali che ci appartengono, è stato quello della scuola e in generale dei processi di scolarizzazione, lo schooling.

«Una prospettiva etnografica con tutto il suo portato di stanziamento e di 26 Cfr. Clifford Geertz, Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna, 1987.

(26)

straniamento, ci impone di guardare la scuola e i soggetti che la abitano con occhi diversi, considerandola come composta da discorsi e pratiche quotidiani, ordinari, non meno di quanto sia costituita da circolari ministeriali e principi pedagogici»27. E così va considerato il mondo virtuale, il Web, i social, come

pratiche quotidiane e discorsi ordinari. Vanno analizzati partendo dagli utenti, dai fruitori, per la mia ricerca dagli adolescenti, per capire il loro modo di approcciarvisi, di utilizzarli, della reale necessità delle loro funzioni e della loro utilità per i rapporti sociali e culturali.

In generale, l'etnografia della vita online si basa sull'osservazione dei modi in cui nelle comunità virtuali e sulle varie piattaforme disponibili, gli utenti si presentano o si modificano rispetto all'offline mantenendosi legato a quest'ultimo. Ci troviamo di fronte ad una forma di riproduzione o negoziazione dell'identità di classe, genere, origine tra gli utenti o tra le forme di socialità28.

Come mostrano dettagliatamente le etnografie prodotte da Daniel Miller, già citato nei paragrafi precedenti, le azioni online prodotte e realizzate dai social sono radicate in contesti molto concreti e percepite come moderne. Modernità forse solo immaginata, in quanto è come se si proiettassero in un universo parallelo senza uscire dal luogo in cui vivono. Come il telefono e la televisione stanno dentro le case delle persone, Internet e i dispositivi elettronici non stanno in disparte rispetto al mondo, ma vi si trovano dentro e per questo non sono

27 F.abio Dei, Cultura, scuola, educazione: la prospettiva antropologica, Pacini Editore, Pisa, 2018, p. 78 28 Cfr., Angela Biscaldi, Vincenzo Matera, Antropologia dei social media, Carocci Editore, Roma, 2019, p.87.

(27)

immuni da condizionamenti e controlli. È un errore metodologico partire da una distinzione netta tra online e offline, pensare a due etnografie distinte. Le attività che si svolgono nelle comunità online non possono essere comprese senza considerare l'offline, gli individui conservano sempre appartenenze dentro contesti sociali, politici e culturali della loro vita.

(28)

2. I Social Media 2.1 Antropologia dei Media

La branca di studio chiamata antropologia dei media ha avuto negli ultimi anni una grande espansione. Numerosi libri sono stati scritti a riguardo e abbiamo assistito anche alla nascita dell'EASA, European Association of Social

Anthropologists, che mira a favorire la discussione e la collaborazione

internazionale sull'antropologia dei media, cercando di contribuire allo sviluppo teorico ed empirico di questo campo antropologico.

Possiamo considerare la ricerca di Miller e degli altri dieci ricercatori come il punto di svolta nella studio antropologico dei social. Siamo in ritardo nello studio dei media digitali e questo è dovuto al legame con costrutti rigidi e intenzionati a difendere ambiti e specificità, come ad esempio la nozione di campo che analizzeremo in seguito. Così come il telefono e la televisione stanno dentro le nostre case anche Internet, gli smartphone e i tablet stanno dentro il nostro mondo e non fuori e non sono esenti da controlli e limitazioni; ecco perché vanno studiati come un qualsiasi altro oggetto sociale.

Il costrutto della nozione di campo lascia il posto a una sorta di agency

etnografica che si esprime in un'interpretazione continua di un campo sempre

agente, che porta lo studioso verso aspetti non previsti, verso costrutti non specifici e verso significati non standard. Il ricercatore deve sempre essere aperto verso aspetti nuovi, non circoscritti. Il campo non è un territorio

(29)

delimitato ma è un insieme di relazioni sociali e locali. Non c'è un'unica dimensione da analizzare ma diverse pratiche di costruzione del significato in continuo cambiamento e costituito da diverse realtà: le piattaforme.

Nella mia indagine, che presenterò nell'ultimo capitolo, mi sono soffermata a osservare cosa gli adolescenti fanno sui social, ad analizzare le reti sociali online e le ideologie di Internet, a comprendere cosa pensano della rete e come la considerano. Ecco cos'è concretamente fare etnografia di Internet, in Internet. Anche se questo campo etnografico non implica un viaggio fisico per raggiungere un luogo, si focalizza attorno a certi eventi e i temi studiati diventano rilevanti se messi in relazione a località specifiche. Per studiare la comunità online bisogna frequentare le persone che navigano, chattano, linkano. Un'evoluzione dell'etnografia è la netnografia, un approccio destinato a essere utilizzato nelle ricerche di marketing. In Netnography: Doing Ethnographic

Research Online29, Kozinets, intende la netnografia come un metodo di ricerca

digitale finalizzato a ottenere una migliore comprensione dei consumatori attraverso lo studio delle comunità online, in cui le persone discutono temi relativi a prodotti e servizi presenti sul mercato. Nel processo netnografico, secondo Kozinets, ha una rilevanza centrale l’uso dell’osservazione partecipante. Sebbene molti ricercatori abbiano sviluppato forme di netnografia che non fanno uso di questa tecnica, Kozinets segue più da vicino la tradizione antropologica, sostenendo che si tratti di una componente essenziale per 29 Cfr. Robert Kozinets, Netnografy: Doing Etnographic Research Online, Sage, London, 1998.

(30)

raggiungere una comprensione profonda della cultura studiata. Essere in contatto con i membri della comunità online, inoltre, garantisce al ricercatore vantaggi fondamentali come poter discutere con loro le interpretazioni emerse dalle sue analisi, così convalidarle, metterle in discussione e ampliarle. Va tenuto anche conto che la comunità online non è solamente tale ma i suoi membri si incontrano anche al di fuori rapportandosi faccia a faccia.

2.2 Breve storia dei siti dei social

L'idea che tramite i singoli computer, collegati elettronicamente, si potessero costituire reti, un'ampia interazione sociale, fu ipotizzato già alla fine degli anni Settanta. In questa direzione si svilupparono molte iniziative che, prima ancora della nascita del World Wide Web, nel 1992, consentivano agli utenti collegati in rete di interagire attraverso reti di comunicazione mediate dal computer.

A metà degli anni Novanta sul Web iniziano a fare la loro comparsa servizi predisposti a ospitare comunità online che utilizzavano chat room, dove gli utenti potevano condividere idee e informazioni personali. Alla fine degli anni Novanta si è affermata l'idea del profilo personale che consente agli utenti di creare liste di amici e di poter effettuare la ricerca di altri utenti che condividono interessi comuni. Probabilmente la storia dei social media inizia in Corea con il successo di Cyworld piattaforma lanciata nel 1999 molto diffusa tra i giovani coreani. Successivamente è stata sostituita da Facebook.

(31)

Facebook, Twitter, e Instagram nel 2010, e altri. La storia dei social non ha un

percorso lineare; alcune idee erano troppo in anticipo rispetto ai tempi e non hanno avuto un supporto tecnico e finanziario idoneo. A ogni modo, negli ultimi vent'anni, abbiamo assistito a un passaggio progressivo da applicazioni web che ospitavano reti sociali con funzionalità limitate all'adozione di altri strumenti del Web 2.0, che consentono di gestire sia la rete sociale sia le caratteristiche della propria identità.

Perché parliamo di Web 2.0? questo concetto ha fatto la sua prima comparsa durante una sessione di brainstorming tenuta da Tim O’Reilly nel 200430. La

discussione partiva da una valutazione circa gli effetti dell’esplosione della bolla della Net Economy. La rete, nonostante il fallimento della Net Economy, non era crollata, le imprese sopravvissute al collasso avevano tutte delle caratteristiche comuni, l’ipotesi era che il Web stesse vivendo una nuova era denominabile, 2.0. Il termine Web 2.0 è diventata l’etichetta di nuovi servizi e nuove piattaforme web come Google e Youtube; nuovi servizi chat come Windows Messenger o

Skype, blog, social network31.

Questa dicitura indica genericamente la seconda fase di sviluppo e diffusione di Internet, caratterizzata da un forte incremento dell’interazione tra sito e utente; maggiore partecipazione dei fruitori, che spesso diventano anche autori. Assistiamo a una più efficiente condivisione delle informazioni, che possono

30 Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Web_2.0.

31 Cfr. http://www00.unibg.it/dati/corsi/92083/73164-lezione%20SIMONE%20CARLO%202015_2016%20da %20pubblicare.pdf

(32)

essere più facilmente recuperate e scambiate con strumenti peer to peer o con sistemi di diffusione di contenuti multimediali come Youtube. Assistiamo anche all'affermazione dei social network. Nuovi linguaggi di programmazione consentono un rapido e costante aggiornamento dei siti web, anche da parte di chi non possiede una preparazione tecnica specifica. Il Web 2.0 costituisce anzitutto un approccio filosofico alla rete che ne connota la dimensione sociale, della condivisione, rispetto alla mera fruizione. Sebbene dal punto di vista tecnologico molti strumenti della rete possano apparire invariati, forum, chat e

blog, esistevano già nel Web 1.0 è proprio la modalità di utilizzo della rete ad

aprire nuovi scenari, fondati sulla compresenza nell'utente della possibilità di fruire e di creare o modificare i contenuti multimediali.

Le principali caratteristiche di questi media sono la multimedialità e l’usability, la possibilità di poter caricare il contenuto da parte degli utenti e di renderlo visibile.

La pioniera nello studio dei social media è stata Danah Boyd e il suo articolo più importante, già citato, Social Network Sites: Definition, History and

Scholarship32 afferma che i primi siti di social networking negli USA si

trovavano dove le persone potevano attivamente creare una rete di contatti, per trovare amici di amici o per riconnettersi ad amici. Dopo un po' questi siti furono trasformati dai loro utenti in luoghi di interazione più costante

32 Cfr. Danah Boyd, Nicole B. Ellison, Social Networked Sites: Definition, History and Scolarship, Journal of Computer-Mediated Communication, 13: 210–230.

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riguardando sempre meno un networking espansivo. In un certo qual modo i siti di social networking diventarono social media. Danah Boyd descrive questi ultimi come networked publics. Li caratterizza affidandogli quattro punti fondamentali: la persistenza, la visibilità, la capacità di disseminazione e la capacità di avviare ricerche. Queste terminologie erano molto utili per gli anni in cui si assisteva al grande successo di Friendster e Myspace, seguiti da Facebook, molto utili per la loro comprensione.

Ciò che ha portato ad una diffusione di massa queste reti sociali virtuali sono gli oggetti di cui la modernizzazione ci ha circondato. Dapprima si sono diffusi tramite computer, successivamente tramite gli smartphone.

La nozione di affordance è di difficile traduzione in italiano, indicante una sorta di invito all'uso che gli oggetti ci rivolgerebbero. Via via che la tecnologia si fa più sofisticata, l'affordance dei dispositivi che usiamo per comunicare aumenta. La rigidità di piattaforme e dispositivi elettronici non giova alla loro popolarità; gli utenti non amano essere costretti dagli oggetti ma; vogliono sentirsi liberi di usare gli oggetti e i media secondo i loro desideri e le loro necessità.

2.3 Socialità modulabile

Un nuovo termine coniato dal gruppo Why We Post coordinato da Daniel Miller e che merita attenzione è scalable sociality, ossia socialità modulabile. Questo tiene in considerazione i vari livelli di privacy e le diverse dimensioni dei gruppi.

(34)

«[...] ciascuna piattaforma corrisponde ad una a una posizione di maggiore o minore privacy e a gruppi più stretti o più larghi. Non ci sono regole oltre queste. I gruppi e le piattaforme si possono sovrapporre, ma per lo più troviamo piattaforme legate a generi specifici di comunicazione che le persone ritengono adatte al gruppo coinvolto tramite quella particolare piattaforma. […] in ogni caso, la socialità modulabile può esistere esattamente allo stesso modo dentro una singola piattaforma. Qualcuno può postare un commento o un'immagine sul proprio social media, ma questi post avranno senso solamente per le persone che gli sono vicine, che capiscono a che cosa ci si riferisce.» 33

le piattaforme sono il centro della nostra analisi dato che queste sono le unità primarie attraverso le quali noi usiamo i social media.

Fig.1 Socialità modulabile

(35)

I social superano la vecchia distinzione tra comunicazione pubblica e privata, lasciando nelle nostre mani l’apertura maggiore o minore. E ovviamente i social si modificano e cambiano per effetto di tutto quello che vi fluisce sotto l’impatto delle nostre azioni quotidiane. Gli antropologi si interessano della socialità, ossia di come le persone si relazionino fra loro all'interno della società. In precedenza, i media erano principalmente privati o pubblici, ma ora i social media sono costituiti da piattaforme che hanno occupato lo spazio tra questi due estremi. Non siamo stati noi a scegliere i termini social media e, prima di quello, social networking. Tuttavia l'antropologia segue i termini e i comportamenti delle persone che studia. I nostri termini e i nostri approcci cambieranno di pari passo con l'evoluzione dei social media e rifletteranno usi diversi all'interno di società diverse. I social media non sono una categoria scientifica, ma un'espressione comune sempre soggetta ai cambiamenti della semantica pubblica.

2.4 Le piattaforme più conosciute

Riporto di seguito uno schema tratto dal sito Why We Post. Le piattaforme emerse dalla comparazione dei risultati dei nove ricercatori, che hanno trascorso quindici mesi sul campo, in diversi paesi del mondo, sono le stesse messe in luce dalla mia indagine etnografica che, sebbene circoscritta alla categoria degli adolescenti, ha confermato i risultati dello studio di Miller ( eccezione fatta per QQ e WeChat che sono le piattaforme più utilizzate dagli utenti cinesi).

(36)

maggiormente utilizzati. Nonostante in declino fra i giovani, Facebook è diventato di maggior interesse per gli utenti più maturi, che lo utilizzano per scambiarsi idee e parlano di questioni di carattere sociale e anche politico.

Fig. 2 Le principali piattaforme di social media

È difficile sostenere che il successo di una piattaforma dipenda dall'allineamento culturale o dal suo punto di vista tecnologico. L'antropologia si pone come fine di osservare il modo in cui una piattaforma si localizza, l'attenzione maggiore va al contenuto piuttosto che alla piattaforma; una volta che quest'ultima si popola

(37)

di contenuti locali, l'allineamento culturale segue come conseguenza.

È utile porre lo sguardo e l'attenzione sul report Digital 2019, giunto all'ottava edizione, un'indagine condotta da We Are Social, insieme a Hootsuite, piattaforma leader nel settore del social media management. Questa ricerca mostra lo scenario digitale in Italia nel 2019, con un focus soprattutto sull’utilizzo di Internet, del mobile, delle piattaforme social e dell’e-commerce. Per la mia ricerca mi soffermerò sui punti più attinenti.

Cominciamo con l'osservare quali sono le piattaforme che risultano più attive dall'indagine del 2019. YouTube, Facebook, WhatsApp, Messenger e Instagram continuano a dominare il panorama delle piattaforme social più utilizzate nel nostro paese. Vale comunque un principio di differenziazione già registrato negli anni scorsi, cioè la presenza di più profili su piattaforme diverse.

Fig. 3 Piattaforme social più utilizzate - We Are Social34

(38)

Su scala globale, nel 2018 è stato registrato un forte incremento dell’utilizzo del Web, con oltre un milione di nuovi utenti ogni giorno. La Fig. 4 ci mostra chiaramente come in Italia siano rilevanti il numero di contratti mobile, degli effettivi fruitori di Internet e dei social, ma soprattutto la presenza dei nuovi mezzi di comunicazione mobile.

Fig. 4 Quadro generale – We are social35 2.5 Utilizzo dei social media

Inoltre è stata registrata un’ulteriore crescita di utenti di piattaforme social, ora 35 milioni, +2,9% rispetto al 2018, con ben 31 milioni di persone attive da dispositivi mobili, un incremento del 3,3%.

Questi dati sono destinati a crescere ogni anno e ogni anno i social si arricchiscono di novità e di una sempre maggiore facilità e immediatezza nella loro fruibilità.

(39)

Fig. 5 Utenti attivi sui social più utilizzati36

Sono oltre 35 milioni gli italiani attivi sulle piattaforme social, 31 milioni da mobile. Un dato estremamente rilevante per la nostra indagine anche se orientato su scala nazionale. Riusciamo a renderci conto dell'utilizzo e della massiccia presenza degli smartphone, e del loro sempre più utilizzo. Rispetto all'indagine dello scorso anno, sono cambiati sia le percentuali di uso sia le modalità. Ad esempio, 6 ore e 42 minuti è il tempo che l’utente medio spende online ogni giorno, in lieve calo rispetto all'anno precedente. Un dato non rilevante tenendo conto dei nuovi utenti e del loro tempo di utilizzo rispetto ai nativi e agli esperti, che lo utilizzano anche più di cento volte al giorno. Un rapido calcolo ci porta quindi a prevedere che nel 2019 staremo complessivamente online per 1,2 miliardi di anni37.

36 Ibidem. 37 Ibidem.

(40)

L'indagine condotta nel 2019 da Telefono Azzurro e DoxaKids, Have Your Say.

Di la tua: i bambini e gli adolescenti protagonisti della sfida digitale, è basata

su un campione di seicentoundici tra bambini e adolescenti, di età compresa tra i dodici e i diciotto anni. L'indagine dimostra che lo strumento maggiormente utilizzato per stare on line è lo smartphone seguito dal computer portatile o fisso, anche se, come si evince anche dalla mia indagine, sono sempre meno utilizzati assieme ai tablet.

Tra le app utilizzate più dai ragazzi troviamo WhatsApp con una percentuale pari all’88%, in crescita del 4% rispetto allo scorso anno, in cui emergeva che l’84% dei ragazzi comunicasse con i genitori proprio attraverso questo canale. Anche YouTube appare molto popolare è utilizzato da 7 ragazzi su 10. Se tra gli adolescenti tra i quindici e i diciotto anni 8 ragazzi su 10 accedono a Instagram, il 44% preferisce navigare su Facebook, dato comunque in costante diminuzione come già segnalato anche dalla ricerca di Miller e dei suoi collaboratori. Per contro Twitter, Snapchat, Google+ e Telegram vengono utilizzati in percentuale minore.

Il boom di Instagram tra i giovani ci dice che spesso un’immagine vale più di una parola. Il 79% dei ragazzi italiani dai dodici ai diciotto anni possiede un profilo su Instagram. Tra questi, il 5% ha più di un account. I giovani tra i quindici e i diciotto anni sono i più presenti su Instagram, 83%, contro il campione compreso tra i dodici e i quattordici anni che si attesta a 62%.

(41)

Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale sull’adolescenza, più i ragazzi crescono e più la loro dipendenza dal cellulare aumenta. E anche nei momenti di pausa restano attaccati al telefono, incapaci di gestire la noia. Su questo aspetto ci soffermeremo nel prossimo capitolo. Ogni giorno passano dalle tre alle sei ore al cellulare, lo usano anche a scuola nonostante i divieti, non sanno più gestire i momenti vuoti e sono in continua attesa di una notifica per sentirsi gratificati. È la fotografia che ci consegna l’Osservatorio nazionale sull’adolescenza che ha raccolto i dati su un campione di ragazzi tra gli undici e i tredici anni e di adolescenti tra i quattordici e i diciotto anni. E se nella scuola secondaria di primo grado è solo l’8% a tirar fuori dalla cartella il cellulare, alle superiori si arriva al 59%. Alle medie, sottolinea Maura Manca presidente dell'Osservatorio e autrice del libro, già citato, I social network nell'educazione, c’è ancora un controllo da parte degli insegnanti, alle superiori sembra non esserci più alcun limite. Se fosse un uso finalizzato alla didattica saremmo di fronte a un elemento significativo ma in realtà si tratta di un uso strettamente personale. Queste percentuali sono necessarie soprattutto per capire la rilevanza che queste nuove tecnologie e applicazioni hanno nel nostro quotidiano e nel quotidiano degli adolescenti. Il punto di vista della psicoterapeuta Manca è, a mio parere, eccessivamente preoccupato, forse basato troppo sul punto di vista medico e dunque un pò parziale, per certi versi sembra di essere di fronte alla critica della scrittura di Platone. Ma di questo parleremo nell'ultimo capitolo.

(42)

2.6 Relazioni online e offline

La dicotomia online e offline resta una modalità primaria secondo cui le persone in tutto il mondo intendono i media digitali e ne fanno esperienza. Offline si riferisce alla natura strettamente privata della socialità, mentre online è inteso come la faccia pubblica di internet. Ad esempio la maggior parte degli utenti intende l'invio di una foto via WhatsApp agli amici più stretti come un azione

offline. La linea di demarcazione in alcuni contesti è molto esigua. Il concetto di framing che deriva dall'analisi di Erving Goffman38 dell'azione sociale è utile a

questa relazione tra i due termini. Negli studi sui mezzi di comunicazione di massa, in sociologia e psicologia il termine framing si riferisce a un processo inevitabile di influenza selettiva sulla percezione dei significati, che un individuo attribuisce a parole o frasi. Il framing definisce la confezione di un elemento di retorica in modo da incoraggiare certe interpretazioni e scoraggiarne altre. I mass media o specifici movimenti politici o sociali, ma anche determinate organizzazioni, possono stabilire dei frame correlati all'uso dei

media stessi. Il framing aiuta a posizionare il confine, con la specificazione delle

regole e delle aspettative che guidano il comportamento. Dovremmo considerare l'online e l'offline come due frame diversi della nostra quotidianità, ma possiamo considerarli complementari. Due frame che si combinano e si integrano vicendevolmente e forniscono una rappresentazione più completa della persona

38 Cfr. Erving Goffman, (1959), Presentation of Self in Everyday Life, New York: Doubleday, tr. it. La vita

(43)

e delle sue relazioni. Piattaforme diverse o differenti account permettono agli utenti di collocare i loro contatti in categorie diverse, un modo questo per utilizzare i social media per separare i propri network sociali.

Interessante è accennare alla prospettiva e alla lettura che il filosofo e sociologo polacco, Zygmunt Bauman, fa della modernità analizzando anche la tematica in questione. La modernità è liquida come un mondo destrutturato che non ha forma propria, assume quella del recipiente che lo contiene39. Esattamente come

la nostra vita online che restituisce identità liquide e mobili perché affrancate da autorità e istituzioni che condizionano l’identità nella vita offline. Le persone passano in media sette ore e mezza davanti a uno schermo, praticamente la metà del tempo di veglia. Tra il tempo online e quello offline non c’è una divisone netta, ma saltelliamo continuamente da una dimensione all’altra. Un tempo che dunque diventa fluido e sfuma i confini tra tempo libero e lavorativo. Questa contaminazione ha delle inevitabili e forti ripercussioni sulle nostre relazioni, da quelle sentimentali a quelle lavorative. Alcuni modi di fare della vita online vengono traslati nella vita offline, rendendo i rapporti più fragili, superficiali e fluidi perché mutano di status con grande facilità. Questo è dovuto alla praticità d'uso delle relazioni. Bauman, in uno degli incontri di Meet the Media Guru, giornate dedicate alla cultura digitale e all’innovazione, sostiene quanto segue «You move your fingers to add friends and move the same fingers to break a relationship. It's easy. In your offline life is more difficult40».

39 Cfr. Zigmunt Bauman, Modernità liquida, Editori Laterza, Bari, 2011. 40 https://www.ninjamarketing.it/2013/10/15/zygmunt-bauman-mmguru/

(44)

Bisogna ricordarsi e tenere presente che quello che facciamo agevolmente

online, grazie a uno smartphone, si ripercuote nella nostra vita offline. E così la

facilità con cui compiamo un’azione online è pari alla difficoltà che avremo nel recuperare offline gli eventuali danni provocati.

Bauman ha proposto una riflessione sulla vita moderna, tra online e offline, evidenziando le implicazioni più critiche della rivoluzione digitale. Egi sostiene che non sempre la migrazione della nostra vita online si traduce in un effettivo potenziamento. Anzi, spesso ci troviamo nella paradossale situazione di non sapere utilizzare al meglio la nuova libertà conquistata. La teoria di Bauman è però chiara: la sua posizione critica è dettata non dagli strumenti digitali in sé, bensì dal modo in cui vengono utilizzati. Internet, sostiene il sociologo, non s’insinua dentro di noi, ci mostra solo ciò che sta dentro di noi. I dispositivi tecnologici si limitano a rendere più o meno realistici i nostri desideri e più o meno veloce ed efficace la nostra ricerca. Solo la coesistenza di pubblico,

online, e privato, offline, garantisce all’individuo una condizione di vita

sostenibile e sana. Bauman tratta i concetti di superficializzazione delle informazioni e della comunicazione e di fragilizzazione dei rapporti umani. Rispetto ad altri critici e scettici della rete, egli articola il messaggio sottolineando come i pericoli legati alla crescente rilevanza di quello che avviene in tempo reale e nella dimensione online della vita non siano il portato delle tecnologie digitali in sé, bensì le conseguenze dello stile di vita moderno. Il vivere attuale tende a eliminare dalle nostre vite ogni esperienza spiacevole,

(45)

faticosa o sconveniente. Bauman sostiene che l’adattamento alle condizioni create da Internet e dall’era digitale renda l’attenzione fragile e soprattutto incostante, incapace di concentrasi a lungo, allenata sì a navigare senza spingersi mai in profondità. Un esempio sono i messaggi elettronici, brevi e semplici, in modo da comunicare tutto il loro contenuto prima che l’attenzione si esaurisca. Da lunghe lettere si è passati a brevi e-mail fino ai messaggi ancora più ristretti dello smartphone. Bauman sintetizza e evidenzia alcuni punti, a mio avviso essenziali alla comprensione della modernità e al modo di rapportarsi all'online. È da puntualizzare l'interesse che Bauman ha per il dinamismo tecnologico che ci circonda sempre tenendo presente il nostro Io.

Chiudo citando una nota frase, dal tono dantesco, dell'autore polacco presente nelle prime pagine del suo famoso scritto Modernità liquida « Abbandonate ogni speranza di totalità, futura come passata, voi che entrate nel mondo della modernità fluida»41. La metafora della liquidità, da lui coniata, racconta l’epoca

attuale individualizzata, privatizzata, incerta, flessibile, vulnerabile, nella quale a una libertà senza precedenti fanno da contraltare una gioia ambigua e un desiderio impossibile da saziare.

2.7 Immagini visive

Sui social la maggior parte di post sono visivi, basta vedere la diffusione che hanno avuto nell'ultimo periodo Instagram e Snapchat, sebbene quest'ultimo abbia avuto in Italia ha avuto meno fortuna.

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